WEB: TGR PIEMONTE IN COMA DA MAGGIO

E` da  Maggio da quando c’e` stata la festa della Cavalleria che il TGR Piemonte sul web ripete lo stesso telegiornale. Va bene che le elezioni amministrative sono passate, ma da questo ad arrivare all’annullamento dei telegiornali su internet credo che ne passi.

E` triste. Per molti italiani all’estero o in Italia ma fuori regione era un buon modo per mantenere i contatti con la loro regione.

Londra: se vuoi costruire, devi usare tecnologie avanzate

Il Sindaco di Londra ha indetto una gara per imprese edili che desiderino costruire nella zona degradata di  Gallions Park nell’est di Londra. Chi vuole partecipare dovra` usare le tecniche edilizie piu` innovative.; le case infatti dovranno essere riscaldabili ed illuminabili con il minimo consumo di energia non rinnovabile. Dovranno anche riciclare l’acqua e richiedere bassi rifornimenti da parte dell’acquedotto.
Pare che il Sindaco di Londra sia stato stimolato dall’avere visitato la citta` di  Dongtan in Cina, dove 100,000 case sono in costruzione con questi criteri (fonte:FT)

http://www.arup.com/newsitem.cfm?pageid=8295

Noi potremmo fare lo stesso. A Torino in pochi anni la dotazione di case e` aumentata del 15%.Questo puo’ portare Torino ad aumentare le sue emissioni inquinanti di parecchio.

Se fossero state costruite con criteri di efficienza il loro consumo di energia ed acqua potrebbe essere almeno  la meta`.

Una casa a tecnologia avanzata ha una rata del mutuo piu’ grossa, ma bollette di luce, gas e riscaldamento assai piu’ piccole.

Autostrade del mare e balene

Poiche` il trasporto via mare e` uno  di quelli che inquina  poco e costa meno bisognera` cercare di incoraggiarlo. A cio’ si aggiunga che in un viaggio Palermo-Genova un TIR puo’ essere solo difficilmente piu’ veloce di una nave. Il primo deve percorrere 1428 chilometri agli 80 al’ora, se rispetta le leggi vigenti. Se potesse mantenere quella velocita` sempre, ci metterebbe quasi 18 ore; a cio’ si aggiunga qualche fermata, qualche coda e qualche incidente per la strada e facilmente si raggiungono le  20 ore di viaggio. Questo e’ quanto necessario ad una nave per fare Palermo Genova. Sono relativamente pochi i tipi di merce  per i quali poche ore di differenza contano molto. Certo organizzare dei trasporti navali efficienti e veloci non e` una cosa semplicissima, perche’  occorrono non solo porti moderni e ben attrezzati e navi veloci e capaci di caricare e scaricare in fretta e bene, ma anche una capacita` di organizzare il lavoro dentro e fuori i porti in maniera efficiente e competitiva. I porti non possono essere  isole e, se non sono ben collegati con una efficiente rete ferroviaria, divengono molto meno utili. Ancora una volta` l’accento va posto piu’ sull’organizzazione degli uomini che sulle strutture di ferro e cemento. Sono le relazioni tra esseri umani che ci vedono piu’ spesso deboli e perdenti.
Migliorare i nostri porti ed i loro annessi non solo favorira` i trasporti tra nord e sud dell`Italia, ma anche favorira` una partecipazione italiana nel mercato internazionale dei servizi portuali e di logistica, dove il potenziale di crescita e’ notevole.   foto:Stefan Jacobs

060319_balena_nediterraneo

Il mare e` anche abitato da altri mammiferi, le balene. Esse gia` oggi sono spesso vittime di incidenti nautici dove riportano ferite o muoiono.
Probabilmente esiste qualche modo intelligente per  risolvere il problema di questi incidenti. Intanto si puo’ stabilire che le navi seguano il piu’ possibile rotte precise, evitando  cosi’ i posti piu’ frequentemente abitati dai cetacei.  Inoltre gli zoologi marini forse potranno identificare e  suggerire qualche
modo per poter avvertire le balene dell’arrivo delle navi, tenendole  a debita distanza; una specie di clacson per balene.  Non dico di conoscere la soluzione, dico che e` possibile cercarla  e forse anche trovarla.
Il nostro mare ci puo’ aiutare a collegare  il nord ed il sud del paese, ma non per questo dobbiamo rinunciare all’onore e privilegio di ospitare alcune delle piu’ belle comunita` di balene del mondo.

Banda larga: qualche passo in avanti?

C`’e un positivo anche se modesto cambiamento da registrare.
La Regione (assessore Bairati, centro-sinistra) sembra intenzionata ad utilizzare
i soldi del progetto Wie-Pie in modo piu’ flessibile, dando piu’ importanza
ai progetti wireless (internet senza fili) ed ai soggetti minori
(piccoli comuni, piccole e medie aziende di telecomunicazioni,
associazioni).
I soldi sono gli stessi di prima, ma forse verranno spesi meglio.
Ora il progetto prevede che le province si impegnino a cofinanziare i progetti.
In tal senso va detto che anche  tre consiglieri provinciali
(Giacometto, Cerchio e Rossi, centro-destra) stanno spingendo perche`
la provincia di Torino faccia la sua parte.
Pare che anche il consigliere regionale Rabino (centro- sinistra) sia interessato alla questione.
La buona nuova e` proprio che nei due principali schieramenti c`e` qualcuno che inizia a mostrare qualche interesse per questi problemi.
Sta a vedere che quelli di Anti Digital Divide a forza di fare ottengono qualcosa.
G.R.

Un passo avanti verso la banda larga

Domenica 5 febbraio a Diano d’Alba (CN) è stato compiuto il primo
        passo ufficiale del progetto Include per portare la banda larga  (l’internet veloce) nelle
        zone attualmente non raggiunte. L`Associazione Anti Digital Divide ha firmato
        un’accordo con ANPCI -Associazione dei Piccoli Comuni Italiani
        (www.anpci.it), secondo il quale essa presterà la propria consulenza
        tecnica gratuita ai Sindaci di comuni associati all’ANPCI per le
        questioni riguardanti la banda larga. Anti Digital Divide ha firmato anche una seconda
        convenzione con alcuni WISP (Wireless Internet Provider – fornitori di internet senza fili), i quali
        garantiranno uno standard minimo comune per le loro offerte e che
        potranno essere informati da Anti Digital Divide delle richieste dei
        sindaci e degli utenti scoperti.
        Ma l’accordo non si ferma qui, questo è solo il primo passo. Per
        saperne di più, consultate il  minisito:
http://progettoinclude.antidigitaldivide.org/

 

Ricerca: piu’ fondi, competizione e parametri oggettivi.

La ricerca in
Europa, in Italia, in Piemonte e a Torino non e’ solo mediamente molto piu’
povera di quella americana, ma anche
finanziata secondo criteri normalmente meno competitivi.

Spesso i fondi
vengono assegnati da delle commissioni aggiudicatrici in base alla validita’
dei progetti presentati e al curriculum dei presentanti. Inutile dire che
questo tipo di assegnazione si presta ad abusi e assomiglia piu’ ad un concorso
di bellezza che ad una gara su parametri oggettivi. Contano molto i contatti
che si ha a Bruxelles, nelle capitali nazionali, in Regione, a Torino, nelle fondazioni
bancarie…

Il  rischio per la collettivita’ e’ quello di
perdere degli ottimi ricercatori, non abbastanza bravi nel creare reti di contatti.

Sarebbe
decisamente meglio assegnare risorse ai dipartimenti di ricerca in base alla
quantita’ e qualita’ delle loro pubblicazioni negli ultimi cinque anni. Dove
per la qualita’ bisognerebbe usare i criteri di importanza usati dalle
principali riviste scientifiche e nei migliori dipartimenti universitari del
mondo. Per aumentare le possibilita’ di accesso nella serie A della ricerca,
ogni dipartimento dovrebbe sapere che attraendo presso di se’ ricercatori con
pubblicazioni recenti e di prestigio, potrebbe attrarre un relativo rivolo di
denaro. Ci sarebbe cosi’ un incentivo ad attrarre ricercatore bravi. Questo metodo e’
attuabile a tutti i livelli da quello comunitario a quello comunale o di
fondazione bancaria.  Nel caso
dell’Unione Europea e dell’ Italia non si dovrebbe vietare i sussidi pubblici
alla ricerca, in base al principio che distorcerebbero la concorrenza.Cioe’ se la
regione Marche o il comune di Catania volessero sostenere la ricerca delle universita’ operanti sul loro
territorio, perche’ queste potessero divenire piu’ competitive nella
competizione Europea, dovrebbero poterlo
fare liberamente. Oggi e` cosi’ e cosi’ deve rimanere.

 Qualcuno notera’
che questo sistema finira’ per avvantaggiare alcuni atenei a discapito di altri
e lamentera’ l’ingiustizia. Di fatto oggi la ricerca e’ prodotta in ben pochi luoghi e per i ricercatori di
molte zone d’Europa ed Italia non resta che l’emigrazione. Li ritroviamo
ricercatori o professori a Birmingham, ad Harvard o alla London School of
Economics. Questo sistema permetterebbe a loro di tornare in Italia, se lo
volessero,  e forse richiederebbero ad
alcuni ricercatori rimasti a casa di rimettersi a studiare o di riscoprire
delle capacita’ in loro nascoste.

 Inoltre si potra’
notare che perfino la pubblicazione su grandi riviste scientifiche non avviene
secondo un criterio assolutamente oggettivo perche’ anche presso di esse i
“network”, le reti di contatti, contano. E’ vero. L’oggettivita’ assoluta non
c’e’, ma non abbiamo miglior criterio di questo, la pubblicazione su riviste
internazionalmente accettate dalla comunita’ scientifica mondiale. Gli altri
criteri hanno vizi ancora peggiori. Se avessimo delle burocrazie perfette
potremmo assegnare a delle amministrazioni composte di “esperti” il compito di assegnare i fondi, ma questo non sembra essere il caso. E` megio avere meccanismi automatici, che non dipendono da  amministratori esperti ed imparziali.

 Ci vogliono piu’ soldi per la ricerca e
piu’ competizione vera per ottenerli.

Bentornato telefono!

Due anziani
signori ci segnalano che dopo 76 giorni dalla richiesta sono stati riallacciati
alla rete telefonica. Erano  colpevoli di aver esercitato il loro diritto a
passare da un operatore telefonico (Fastweb) ad un altro (Telecom Italia), dopo
averlo precedentemente lasciato.

Torino puo’
farcela e l’Italia puo’ farcela, ma l’Autorita’ Garante delle Telecomunicazioni va dotata dei mezzi
per poter agire e li deve usare.

Attualmente pare
che abbia un quarto dei dipendenti dell’analoga autorita’ britannica. Il
mercato puo’ solo funzionare se ci sono autorita’ di controllo forti ed
indipendenti. Lesinare i soldi ad esse, significa lasciare i piu’ deboli in
balia dei piu’ forti.
Queste non
saranno idee nuove, ma tutti noi abbiamo il dovere di far sentire la nostra
voce su questi temi.

 

La via stretta della banda larga

Quando nel 2004 Gianni ritorno', dopo avere 
trascorso sei anni a Bruxelles, nel paese
della Langa di dove era originario non poteva
credere che li' non fosse possibile lavorare
usando internet.
Certo c`era il telefono ed al telefono si
puo' sempre collegare un modem.
Quello pero' era il modo con cui Gianni
lavorava a meta' degli anni `90.
Nel 2004 sarebbe semplicemente rimasto fuori
mercato e tutti i suoi progetti di creare
un'azienda di terziario avanzato nelle
Langhe sarebbero rimasti un sogno. Da allora
ha dovuto combattere molto, ma le soluzioni
spesso sono raggiungibili e lui forse ne ha
trovata  una.
 L’uso di internet oggi rappresenta quello 
che l’uso della macchina a vapore rappresen-
tava all’inizio della prima rivoluzione
industriale, quello che la diffusione della
ferrovia rappresentava a meta’ dell’ottocen-
to, quello che l’uso dell’auto e dei telefoni
ha rappresentato a meta’ del ventesimo secolo,
insomma quella tecnologia che ti da la misura
dello sviluppo economico di un paese o una regione.

Questo perche’ in un epoca dove i salari
piu’ elevati sono spesso nel terziario
ed i servizi si avvalgono moltissimo di
telecomunicazioni, internet rappresenta
lo strumento di telecomunicazione piu’
potente.
Ecco cosi’ che quelle zone che sono con-
nesse possono accedere a certe possibi-
lita' e ad un certo sviluppo economico e
sociale e le altre no.
Quando parliamo di sviluppo
economico non pensiamo a ciminiere, par-
cheggi, e code, pensiamo a reddito, che
puo’ poi essere speso come ciascuno crede
meglio, non escludendo asili nido, biblio-
teche, scuole, piscine,  servizi sociali
ed arte.
Nella fattispecie un buon collegamento
ad internet e’ sostitutivo di tanti
movimenti non desiderati e quindi rallenta
la crescita del  - o riduce il - fabbi-
sogno di trasporti.
Se vogliamo che ci sia crescita economica
dobbiamo garantire che ci sia una connessione
ad internet che permetta di trasmettere
testi scitti, suoni ed immagini ferme ed
in movimento.
La situazione oggi in Piemonte ed in Ita-
lia e’ che a moltissime comunita’ locali
e’ impedito di vivere e produrre secondo
le modalita’ in uso nelle economie piu’
avanzate nel ventunesimo secolo.
In questo modo non solo si condanna certi
cittadini ad una specie di serie B econo-
mica e sociale, ma anche si riduce
forzosamente le opportunita’ di crescita
della regione e della nazione.
Di chi e’ la colpa? 
Prima di tutto e’ colpa di tutti i citta-
dini, cioe’ nostra. Se fossimo davvero
convinti che l’accesso alla banda larga
(l’internet senza strette limitazioni) e`
un nostro diritto, ci faremmo sentire.
I politici hanno tanti difetti, ma sanno
che se una richiesta e’ forte, essa
diviene un mezzo per guadagnare o perdere
voti e cercano di soddisfarla. Oggi e’
piu’ frequente protestare contro la
retrocessione della locale squadra di
calcio, per il salvataggio di stabilimenti
senza speranza alcuna o per una nuova
circonvallazione che per garantire
l’accesso ad internet a tutti.
 Altri grandi protagonisti di questa 
storia sono Telecom Italia e Fastweb.
Queste due aziende sono proprietarie
in varie parti della penisola di cavi a
fibbre ottiche e non. Esse offrono
connessione la’ dove ritengono che sia
per loro conveniente. Il servizio spesso
lascia a desiderare e molti comuni o
quartieri ne sono esclusi.
Per loro e' anche un problema di cultura
aziendale.
Loro sono abbastanza  brave a far corre-
re fili, ma si sentono meno dominatrici
delle tecnologie senza fili, che di fatto
possono essere gestite da aziende di
dimensioni assai minori. Non vedono una
gran convenienza nello sfruttare una
tecnologia di cui non sarebbero
signore incontrastate.
In Piemonte c’e` il CSI che e’ un ente 
strumentale della Regione ed uno dei
protagonisti del programma
WI –PIE (
http://www.wi-pie.org
).
Questo programma dovrebbe e potrebbe
essere la soluzione del problema, ma
non lo e’.
Non sancisce il principio che tutti i
comuni e tutti i quartieri vadano
raggiunti con l'accesso alla banda larga.
Per quanto riguarda le piccole comunita’
WI-PIE si fissa l’obiettivo di collegare
anche abbastanza approssimativamente i
municipi, le farmacie e pochi altri
sevizi con connessioni che non possono
poi venire estese ad altri utenti.
Praticamente se si trattasse di dare il
gas a questi comuni WI-PIE non
porterebbe un tubo del gas nel concentrico
comunale, ma invierebbe un po’ di gas
in bombole al municipio e ad alcuni altri
servizi, disinteressandosi del destino
di tutti gli altri soggetti (famiglie
e aziende).Restando nell`esempio del gas: non
essendoci una vera condotta di gas
non esisterebbe la possibilita’ per
altri utenti di far partire da li’ un
tubo di derivazione fino a casa loro.
Similmente la connessione che arriva
ai municipi con WI-PIE non e'facilmente
estendibile ad altri soggetti, ma e'
addirittura problematica per chi la riceve.
Noi dobbiamo farci sentire e chiedere
con forza che la banda larga arrivi
in ogni comune del Piemonte e
d’Italia.
Non si tratta di una grossissima spesa.
Nei pressi di Diano d’Alba per esempio
ci sono ben dieci comuni scoperti.
Forse si metteranno d’accordo e con una
spesa modesta e l’uso della tecnologia
wireless, cioe’ senza fili, si doteranno
di accesso internet a banda larga.
Pensano di avere almeno 600 utenti....
Questo forse sara’ un caso fortunato
perche` c`e’ una persona che dopo aver
vissuto alcuni anni all’estero ha
deciso di ritornare alle sue origini,
ma non accetta lo stato delle cose ed
il fatalismo che troppo spesso con-
traddistingue tutti noi.
Quella persona sta spingendo per questa
iniziativa, coinvolgendo alcuni politici
locali illuminati e spiegando come ci
sia una grossa opportunita’ di
sviluppo a portata di mano.
Noi dobbiamo richiedere alla Regione 
Piemonte e allo Stato Italiano che la
connessione senza fili delle piccole
comunita' diventi la regola.
Tutti i comuni devono vedersi garantito
l’accesso alla banda larga e cio' puo'
essere fatto praticamente con
pochissimi oneri per lo Stato e gli enti
pubblici.
 
Per saperne di piu’ vedete anche il 
sito di

http://www.antidigitaldivide.org

Ci chiedono di firmare una loro petizione
per la diffusione della banda larga,
sara’ il caso di farlo.

Energie alternative: un problema di cultura e di regole

Perche` l`Italia e` indietro rispetto a molti paesi europei nell`uso di
energie alternative? Noi siamo di gran lunga superati non solo dalla piccola
Danimarca, ma anche dalla Germania, dalla non troppo ecologista Gran Bretagna e
perfino dalla latina Spagna. Qual e` il problema in Italia?

Sono vari. Uno di essi dipende dal fatto che ogni tecnologia implica certi modelli di organizzazione del lavoro e certe culture aziendali. Ad esempio gli impianti nucleari, quelli termoelettrici (a gas o  a derivati del petrolio) e  quelli
idroeletrici, spesso richiedono pochi impianti di dimensioni molto grandi. Percio` le
aziende che si sono specializzate a produrre energia da quelle fonti hanno
sviluppato una cultura di grande impresa. Le tecnologie rinnovabili  spesso si adattano bene a  piccoli impianti, presenti in tanti luoghi.

Vi sono ovviamente le eccezioni. Ad esempio gli impianti eolici in mare
aperto possono richiedere organizzazioni alquanto complesse, normalmente
disponibili solo in grandi imprese. Non a caso giganti  dell`energia come BP o Shell sono entrati
abbastanza massicciamente in questo tipo di attivita`, anche utilizzando parte
delle esperienze e delle capacita` da loro acquisite nella gestione di piattaforme petrolifere in
mare aperto.
In Italia gli impianti eolici in mare aperto forse presentano qualche problema in piu`
perche’ non disponiamo di tanti  luoghi
abbastanza lontani da riva che siano allo stesso tempo battuti dal vento e dotati di fondali poco
profondi. Cio` e` molto piu` comune in alcuni paesi del nord Europa, ad esempio
il Regno Unito.

Da noi , finora i principali attori in campo energetico sono stati ENEL ed
ENI. Entrambi hanno comprensibilmente sviluppato delle culture aziendali proprie delle grandi
organizzazioni con una specifica attitudine a trattare relativamente pochi grandi
impianti, con grossi costi fissi e grandi volumi.

Una delle tecnologie che in Italia potrebbe offrire interessanti
prospettive e’ il solare, ma il solare non e` una tecnologia particolarmente
adatta ad essere sfruttata in impianti grandi. Piuttosto il solare si presta
bene come risorsa diffusa, sfruttata un po` dappertutto. Non grandi centrali, ma pannelli piu` o meno
sopra ogni costruzione, abitazione o capannone. Ecco che, per quanto riguarda
il solare, il ruolo delle aziende, che fino ad oggi ci hanno garantito energia,
sarebbe abbastanza modesto. E` cosi’ ingiusto aspettarsi da loro un grande
impegno per il suo sviluppo. Il problema invece e’ negli usi e nelle norme che
regolano l`edilizia. In Italia l`edilizia e` largamente fuori controllo a causa
di frequenti condoni che rendono sostanzialmente inutile il rispetto delle
leggi. Inoltre mentre chi compera un’auto oltre a cercare una bella macchina,
spaziosa o compatta, veloce o tranquilla, chiede anche quanto essa consumi per litro di
benzina, chi compera un’appartamento riceve risposte piu’ confuse. Quando si
pensa al costo, spesso ci si chiede di piu’ quanto sara` la rata del mutuo,
piuttosto di chiedersi l’ammontare delle bollette di riscaldamento, luce, gas
ed acqua. Quelle verranno quasi come una fatalita`.

In queste condizioni e` difficile che case un po’ piu’ costose, ma con
consumi mensili molto piu’ bassi possano avere molto successo. La legislazione
edilizia e quella sui contratti concernenti immobili potrebbero dare una bella
mano. L’una imponendo che il contratto di vendita sia nullo in assenza di una perizia
tecnica sui consumi energetici dell’immobile. Semplicemente l’acquirente non sa
cio’ che compra, se non sa quanto la casa consuma. La legislazione edilizia
dovrebbe imporre che tutte le nuove case ed i nuovi capannoni non consumino
piu’ di un certo ammontare di energia. Queste limitazioni gia` esistono per le
automobili, non si vede perche` non debbano esistere per le case. Infine ci
vorrebbe una riforma costituzionale che preveda che i condoni possano essere
solo introdotti con maggioranze molto ampie, almeno dei 2/3. In tal modo, forse
verrebbero usati piu` parsimoniosamente.

Infine sarebbe bene responsabilizzare le regioni. Da un lato bisognerebbe far funzionare un vero e proprio protocollo di Kyoto nazionale; ogni regione dovrebbe concordare con le altre e con lo stato, la sua quota di riduzione di emissioni inquinanti, con sanzioni per chi non rispetta gli accordi; inoltre ogni regione dovrebbe almeno in parte essere responsabile per il proprio approvigionamento energetico.  Le regioni potranno poi trasferire parte delle responsabilita`  a provincie e comuni. Chi non si da fare per risparmiare e produrre energia  dovra` subirne le conseguenze.