Chi vince e chi perde in Europa con la spesa pubblica

Il Governo italiano ha recentemente promosso una revisione della spesa pubblica. I media ogni giorno mettono in evidenza sprechi e molti italiani sono convinti che la nostra spesa pubblica sia eccessiva. Ma e` vero ?

Ognuno ovviamente puo’ ritenere appropriato un diverso livello di spesa. E` comunque opportuno vedere se la spesa italiana risulta superiore di quella degli altri principali paesi europei

Possiamo osservare come la spesa pubblica italiana al 50,7% del PIL sia una delle piu’ elevate, superata solo da Austria, Belgio, Finlandia e Francia.
La spesa pubblica totale italiana  è del 5.4% superiore a quella britannica e del 5.6% superiore a quella tedesca.
Quindi e` proprio vero che gli italiani si concedono dei lussi illogici ?

Gli economisti distinguono tra spesa pubblica totale e spesa primaria. Questa si ottiene sottraendo alla prima la spesa per interessi sul debito pubblico.
La spesa primaria e` quella che va realmente a beneficiare i cittadini, mentre la spesa per interessi va ai detentori di titoli pubblici; nel caso italiano circa un terzo del debito e` in mano a soggetti esteri. Va detto inoltre che la spesa per interessi normalmente non e` determinata dal governo e dal parlamento, se non indirettamente, mentre e` direttamente determinata dai mercati finanziari.

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Cosa può spiegare lo spread?

Il rendimento di alcuni titoli di stato di paesi che utilizzano l’euro è salito negli ultimi tre anni, perche’ vari investitori hanno ritenuto di venderli o di non comprarli. Conseguentemente, per attrarre nuovi investitori, il rendimento è andato ulteriormente crescendo.

Cio’ non è accaduto in egual misura per tutti i paesi. Per vedere il comportamento di ogni titolo sovrano, si confronta il suo rendimento con quello di un equivalente titolo tedesco. La differenza tra il rendimento del titolo di un dato paese ed il rendimento dell’equivalente titolo tedesco e` detto differenziale o, in inglese, spread. Leggi tutto “Cosa può spiegare lo spread?”

Mario Monti : Torino Puo’ Farcela 1/05/2006

 

Oggi consultazioni, domani il governoDimissioni, feste e tensioni in piazza

 

 

 

 

 

 

 

Le auto citazioni non si dovrebbero fare, ma almeno fanno capire da che parte stiamo.

Ecco cosa diceva Torino Puo’ Farcela 5 anni fa:

 

http://www.quotidianopiemontese.it/torinopuofarcela/2006/05/01/monti_president/

Buon lavoro professor Monti!

 

 

 

 

Scontri di piazza: aiuto a Berlusconi

E` troppo presto poter dire se i violenti delle manifestazioni di questi giorni siano semplici imbecilli deliquenti o veri avveduti provocatori.

Certo e` che in entrambi i casi  vanno a diretto vantaggio di Berlusconi e del suo governo, che nella gestione di tanto disordine trova una ragion d’essere, dopo aver dimostrato di aver fallito in tutti i settori principali.

 

P.S.

L’onorevole Esposito sembra il meglio informato di tutti, quando ci riferisce che i violenti (vorra’ dire una percentuale significativa di essi, se no’ sarebbe una frase senza senso)  si sono allenati in Val Susa.  Purtroppo e` tanto poco poco informato  quando si deve parlare del valore economico di grandi opere, che vuol far pagare ai contribuenti onesti.

Tornano in Piemonte i 40 milioni del Post-Olimpico

I politici piemontesi hanno ottenuto che i soldi destinati alle opere post-olimpiche restino in Piemonte e non vadano a Roma. Ottimo.

Speriamo solo che non li utilizzino per finanziare impianti come quello del bob  di Cesana, che sono dei pozzi senza fondo, con nessuna speranza di andare mai in pareggio.

Il fatto che su quell’impianto si siano sprecati tanti soldi non e` una buona giustificazione per sprecarne altri.

Il valore economico ed ambientale della TAV

Questa notte si temono scontri in Val Susa tra NoTAV e forze dell’ordine.  Cerchiamo di allontanarci dal clamore del momento  e di vedere il tutto in base ai dati disponibili.

Si sta progettando un tunnel sotto le Alpi ad ovest di Torino, la cosi’ detta “TAV”. Dovrebbe essere un’opera grandiosa, un tunnel di piu’ di 50 chilometri di lunghezza e permetterebbe di inviare merci da Torino a Lione  senza doverle portare a 1335 metri s.l.m. come succede ora in treno o in camion, con gran dispendio di energia e con grande inquinamento.

L’opera dovrebbe costare 20 miliardi di euro[1] . Ipotizziamo che:

  • l’opera venga  finita nei tempi previsti, anzi subito[2].
  • nella realizzazione non si incontri alcun tipo di imprevisto tecnico quali laghi sotterranei, filoni di uranio o di  amianto.  In pratica ipotiziamo che  tutte le considerazioni di tipo ambientale sollevate dall’opera stessa siano nulle.
  • le polveri di scavo vengano perfettamente controllate e non diano alcun problema.
  • quest’opera, a lavori ultimati abbia costi di gestione nulli e non deperisca mai, non richiedendo mai lavori di manutenzione ne’ ammortamenti.

I soldi che ogni anno fruttera’ in pedaggi equivalranno ad una entrata netta, da utilizzare solo per rimborsare il debito accumulato per la costruzione, 20 miliardi.

Praticamente noi sappiamo che per l’eternita` ogni anno trarremo un beneficio pari ad  X, solo che i venti miliardi dobbiamo pagarli ora ed il beneficio X arrivera` sia tra un anno, che tra due, tra tre, tra n anni….

Poiche’ so che per fare il tunnel gli stati italiano e francese si indebitano a circa il 2% [3] ci potrebbe interessare capire quanto dovranno essere grandi i pedaggi affinche` l’investimento vada in pareggio.

Matematicamente si tratta di calcolare il valore di una rendita perpetua con rata di valore X e con valore attuale uguale a 20 miliardi. Ogni studente di economia deve sapere che X e` uguale a 400 milioni all’anno.

Il servizio del debito sara’ di 400 milioni di euro all’anno. Questo non include costi di manutenzione e personale di servizio.

Un bilico cisterna oggi paga circa 400 euro per attraversare le Alpi italo-francesi in treno, partendo dal SITO di Orbassano.

Se volessimo che il debito fosse servito interamente con i pedaggi pagati dai mezzi che beneficiano del servizio, per  muoverci secondo una logica di mercato, dovremmo ipotizzare il trasporto di 1.000.000  mezzi.

Il servizio ferroviario per camion quando funziona e va tutto bene, fa quattro viaggi al giorno. In ogni viaggio porta 22 vagoni, per un totale di 88 vagoni, per circa 25,000 vagoni all’anno.

La limitazione non deriva da un limite della galleria del Frejus. Il servizio non ne porta di piu’ perche` la piattaforma di Orbassano ora ha solo questa capacita’ anche se, con un modesto investimento (pochi milioni di euro) , si potrebbe costruire altre piattaforme, cercando di incrementare  i volumi. Questo sarebbe un’investimento certamente utile e di modesta entita` (si tratta di milioni invece di miliardi). Inoltre avrebbe il gran pregio di mettere in evidenza la domanda reale per questo tipo di servizio.

Certo che oggi con gli attuali 25,000  camion trasportati  siamo ben lontani dal 1.000.000 di vagoni per portare l’opera in pareggio e non si coprirebbe nemmeno l’3% dei costi per interessi da sostenere, in queste ipotesi comunque estremamente benevole verso l’opera.

Si dovrebbe concludere che l’opera non la si fa perche` crea ricchezza, ne distrugge, ma perche` protegge l’ambiente, riducendo il numero di tonnellate di CO2 emesse.  Si tenga pero’ presente che il bilancio del  Ministero dell’Ambiente e` di circa 500 milioni all’anno. Questo e` il valore economico che gli italiani attribuiscono alla difesa del loro ambiente. Il Ministero  deve far fronte ad ogni tipo di inquinamento (acque, aria, suoli, rifiuti, impianti industriali, ecc.). Ora  vogliamo dire che l’inquinamento provocato dai camion quando attraversano le Alpi e` superiore alla somma di tutti gli altri inquinamenti prodotti in Italia? No, certamente no.  Finiremmo per spendere soldi per affrontare un problema relativamente minore tralasciando problemi ben piu’ gravi. La cosi’ detta analisi costi/efficacia ci direbbe che staremmo spendendo i nostri soldi in modo non sensato.

 

In termini economici prima di ogni scelta e’ necessario enunciare l’obiettivo che si intende raggiungere e poi si deve verificare se i mezzi utilizzati sono idonei al suo conseguimento al minimo costo.

Se gli obiettivi sono creare ricchezza o salvaguardare l’ambiente italiano, la TAV non va fatta.


[1] Affermazioni di  Mario Virano riportate dal Sole 24 ore on line del 29 giugno 2010 http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-06-29/pronto-progetto-103835.shtml?uuid=AY6YcL3B#continue

[2] In Italia cio’ sarebbe un eccezione. In questo modo non consideriamo gli interessi sul denaro speso in opere via via realizzate, ma non utilizzabili, perche` prive del resto dell’opera. Un po’ come succede oggi con parti del passante ferroviario costruite nei primi anni 90 ed oggi ancora inutilizzate, si veda per esempio la fermata “Zappata” in corso Re Umberto angolo Corso De Nicola, a Torino. La fermata “Zappata” non ha mai generato un centesimo di beneficio per la collettivita`, anche se e` da almeno 10 anni che si e` sborsato dei soldi (milioni di euro per costruirla); presto sara` necessario restaurarla.

[3] A fine maggio 2011 i  titoli decennali francesi  sono al 3.43 % e quelli italiani al   4.72% http://www.economist.com/node/18744702?story_id=18744702 con rispettive inflazioni attese del 2,1  e 2,5 %. Se l’interesse reale e`  dato da interesse nominale meno inflazione attesa si ha degli interesi reali attorno al 2%.

 

La banca a Torino ed il futuro sindaco

Sia la stampa locale che i politici locali almeno di tanto in tanto si occupano di Intesa Sanpaolo e di Unicredit. Il problema pero’ non e` tanto vedere se il tal direttore di provenienza sanpaolina verra` o meno sostituito da un collega  targato Intesa, ne’ se il presidente della Compagnia di Sanpaolo sara` Tizio invece di Caio. Direi perfino che il problema non puo’ limitarsi a vedere quanti posti di lavoro i due principali gruppi bancari nazionali mantengano a Torino. Questo e` certo importante, ma non garantisce nulla e nessuno. Quello che oggi si fa’  a Torino o a Moncalieri domani potra` venire spostato in Romania o in India.

Pensando al futuro di Torino si dovrebbe tenere conto che il settore bancario e finanziario potrebbe essere una fonte di sviluppo e di occupazione di qualita` per la citta` e la regione, cosi’ come lo e` stato per quasi un millennio, almeno da quando i monaci di Staffarda hanno iniziato a prestare denaro. Bisogna pero’ distinguere tra la presenza di sportelli bancari  e la presenza di strutture direzionali centrali. I primi saranno presenti a Torino comunque, almeno finche` a Torino ci sara` qualche attivita` economica; gli sportelli bancari  pero’ vengono sempre piu’ ad assomigliare ad una commodity, ad un bene fungibile e facilmente comparabile con beni simili, quasi si trattasse di grano, petrolio o margarina. Questi beni sono fortemente esposti alla concorrenza nazionale ed internzazionale.  In  essi la riduzione dei salari reali  e la precarizzazione del lavoro ha ed avra’ luogo come in ogni altro settore. Le strutture centrali e direzionali sono  poche. Il tipo di lavoro che essere richiedono e` spesso piu’ qualificato di quello richiesto dagli sportelli e quindi un po’  meno esposto ad una concorrenza basata  solo sul prezzo. Essi sono e saranno capaci di offrire lavoro  meglio retribuito. Non necessariamente pero’ essi dovranno essere presenti a Torino in futuro.  Torino non ha nessun diritto divino ad ospitare delle direzioni bancarie. La partita piu’ interessante consiste nell’aggiudicarsi una fetta consistente di queste ultime. Cio’ accadra’  se ci sara` una banca  che avra`  cuore, mente e portafoglio a Torino.

Purtroppo quando ancora esistevano   Banca CRT e Istituto Sanpaolo, per una visione miope, si e` persa l’opportunita` di fonderle e di creare una banca piu’ grande, fortemente radicata  sotto la mole.  Forse pero’ non tutto e` perduto. Molto dipendera` dal fatto se il futuro sindaco di Torino sapra` rendersi conto che le fondazioni bancarie potrebbero fare gioco di squadra, facendo convergere le loro partecipazioni su di una sola banca, dove a quel punto Torino potrebbe contare maggiormente. Non e` escluso che il ministro del Tesoro si metta di traverso e cerchi di bloccare detto progetto, perche’ non gradito oltre il Ticino, ma almeno meriterebbe fare un serio tentativo, magari nel momento in cui Tremonti venisse sostituito da un ministro del tesoro meno legato agli interessi della Lombardia e della Lega Nord. Nel momento in cui si riuscisse a fare si’ che ci sia`  una banca, dove Torino gioca davvero un ruolo importante, controllando una preponderante maggioranza relativa, sarebbe  possibile vigilare affinche’ le scelte strategiche di quella banca tengano conto delle caratteristiche proprie di Torino e del Piemonte e non penalizzino questa citta’ e questa regione.  Per esempio si potrebbe cercare di far si’ che quella banca sia capace di valutare, selezionare e finanziare progetti ad alto contenuto tecnologico ed innovativo, per i quali Torino ha una speciale vocazione.  Si dovrebbe altresi’ essere capaci di portare a Torino alcune importanti centri decisionali con tutte le conseguenze del caso, sia in termini di visione strategica  che di generazione di indotto. Ogni scelta tecnica e’ influenzabile da considerazioni di tipo politico. Torino non puo’ permettersi di fornire capitale a banche che lascino prevalere gli interessi politici di altri territori sulle loro scelte di investimento e di sviluppo. D’altro canto non sarebbe chiedere troppo che vari uffici centrali avessero sede a Torino e qui generassero alcune commesse di tipo professionale o consulenziale.

Naturalmente perche` un processo del genere abbia luogo sarebbe necessario avere un sindaco che colga la differenza tra investimento diretto ed investimento finanziario o di portafoglio. Quest’ultimo e` finalizzato a raccogliere anche a breve dei dividendi ed una valorizzazione del capitale a fronte di un rischio minimo. Chi si muove in quest’ ottica di investimento di portafoglio cerca di diversificare i propri investimenti, non solo tra aziende diverse dello stesso settore, ma anche tra settori e paesi diversi. Chi invece effettua investimenti diretti o industriali, ha un progetto di medio-lungo termine che si attua influenzando o controllando le scelte di un’azienda, anche giocando un ruolo importante nella nomina dell’amministratore delegato e del presidente dell’azienda. Come si puo’ chiaramente vedere, il Comune di Torino, finora non ha scelto tra l’uno e l’altro tipo di intervento.  Non e` riuscito ad acquisire, tramite le due fondazioni controllate, un ruolo centrale ne` in Intesa-Sanpaolo ne` in Unicredit. D’altra parte non ha nemmeno optato per un tipo di investimento chiaramente finanziario o di portafoglio, che non permetterebbe che gran parte del capitale delle due fondazioni bancarie torinesi sia investito in due sole banche entrambe italiane. Il futuro sindaco di Torino dovra` porsi questo problema in modo chiaro, cercando di dare ad esso una risposta coerente. Naturalmente sarebbe ancora meglio se volesse informare gli elettori cui chiede il voto circa le sue intenzioni. Ad onore del vero va detto che se l’approccio di Chiamparino al futuro del settore bancario a Torino e` stato carente,  le forze di opposizione non hanno mai proposto una visione piu’ chiara e coerente, che andasse oltre la proposta di collocare  qualche loro esponente o simpatizzante in qualche consiglio.

Il passato e` passato, ora e` tempo di parlare seriamente del futuro del settore bancario a Torino.

Draghi studia da presidente BCE

Il Governatore Draghi in un’intervista a FT prende le distanze dall’idea che la BCE possa mettersi a comprare  grossi quantitativi di titoli portoghesi, spagnoli, greci o italiani, facilitando in tal modo la vita dei governi di quei paesi. Draghi dice: no. La BCE non deve fare queste cose, che finirebbero per minare l’ indipendenza della banca stessa. Pensino piuttosto i governi a mettere a posto i loro conti. Si segua l’esempio della Germania che ha saputo fare ordine a casa propria.

Non sara` sfuggito al Governatore che queste parole suonano come musica alle orecchie tedesche. Draghi sa bene che il suo principale concorrente per il lavoro alla BCE e’ il governatore della Bundesbank, il falco Axel Weber. Draghi sa inoltre che senza il benestare di Berlino a Francoforte non si va.

Polonia, Irlanda del futuro

Nel bel mezzo della crisi finanziaria prima e della crisi dell'euro poi "rara avis" la Polonia se la cava bene.

PIL in crescita, debito del 50 e rotti percento del PIL (bassissimo) e tassi di interesse sui titoli decennali molto bassi. Miracolo a Varsavia? Si' e no. La risposta all'enigma si chiama fondo regionale europeo. La Polonia oggi come un tempo Irlanda e Spagna cresce anche e soprattutto grazie ad i fondi provenienti da Bruxelles. Questi finanziano molti progetti sopratutto di tipo edilizio. Se tutto cio' portera' ad accrescere la produttivita` delle imprese polacche, bene, se no, finito tutto questo ben di Dio, ci sara` un'altra bolla che deve scoppiare. Comunque cio' non e` per domani , sara` forse tra 10  o 15 anni .