Best practice: tenere conto di cosa fanno gli altri.

In tutte le amministrazioni pubbliche e private dovrebbe divenire pratica comune guardare a come un certo problema viene attualmente trattato e magari risolto in altre città ed in altri paesi, non solo europei ma anche extraeuropei. Si può utilmente imparare dalle migliori soluzioni trovate altrove, la così detta “best practice”.  In molti casi si tratterà di esperienze di pubbliche amministrazioni in altri casi si tratterà di esperienze di aziende private.Tante volte non è necessario scoprire la ruota, si tratta piuttosto di adattare al nostro contesto le soluzioni già identificate altrove.

Guardare cosa si fa altrove dovrebbe divenire una routine obbligatoria. Ogni amministrazione, quando presenta la soluzione che intende dare ad un certo problema dovrebbe essere tenuta a mostrare che ha fatto un’indagine sulle situazioni trovate altrove, presentandone i risultati. In molti casi si eviterebbe di ripetere tanti errori.

In alcuni casi saranno sì necessari viaggi all’estero, ma essi andranno fatti solo dopo un approfondito studio su libri, giornali ed internet.Per fare queste indagini sulla “best practice” non è sempre necessario fare viaggi. In molti casi e’ sufficiente un’indagine su internet  ed un po’ di telefonate con i colleghi di altri paesi.  Le telefonate potranno essere a costo zero se si utilizzerà la telefonia via internet e se si saprà coltivare una buona rete di contatti. In certi casi un’indagine potrà anche partire da segnalazioni fatte dai cittadini.

(da un’idea del dott. Nicolas Nervegna).

Vita notturna, sì, ma dove?

Si avvicina il capodanno ed almeno alcuni di noi lo trascorreranno ballando ed ascoltando musica in discoteche e locali in genere. Ma questi locali sono nei posti giusti?

La  situazione oggi e’ che ci sono discoteche sparpagliate in varie parti della città, però normalmente la discoteca non e’ un servizio a domanda  locale come l’edicola o il panettiere e quindi non c’e’ una grande vantaggio da una sua capillare diffusione sul territorio. In compenso e’ frequente andare in una discoteca e non trovare in essa il tipo di gente che uno si aspettava. Il popolo della notte inizia così lunghi pellegrinaggi dall’una all’ altra parte della città o della provincia; peccato che questi pellegrinaggi spesso siano preceduti da bevute di alcool con conseguenti rischi per la circolazione stradale. Chi non ha la patente deve affidarsi ad amici o prendere un costoso taxi.  Ciò raggiunge il culmine quando questi viaggi sono verso le grandi discoteche della cintura e della provincia. D’altra parte le discoteche di città oggi sono normalmente piu’ piccole delle grandi discoteche  fuori porta ed negli attuali luoghi di ubicazione difficilmente lo spazio ed i vicini permetterebbero di ingrandirle. Le discoteche sono anche luoghi di libertà e la libertà a volte può venire abusata da pochi disturbatori; così le discoteche possono attrarre l’attenzione delle forze dell’ordine, le quali, però faticano ad essere nel mezzo della notte in diversi luoghi tra loro distanti. Per le stesse ragioni le forze dell’ordine faticano a controllare i tassi alcolemici degli autisti che escono dai parcheggi delle discoteche; dovrebbero avere pattuglie in troppi posti e le pattuglie sono scarse e preziose. Le statistiche mostrano una correlazione triste tra attività dei locali notturni ed incidenti stradali, con perdite di giovani vite e grossi costi umani ed economici.

Per chi e’ forestiero la vita notturna di Torino e’ quasi nascosta; non è certo pensata per attrarre turisti, privi di conoscenze locali e di un auto. Se sei nel giro giusto, scopri i locali e se no, ti arrangi. Quella che potrebbe essere un’ottima ragione per venire a passarsi un week end a Torino viene meno. Non ci curiamo dei turisti, salvo poi lamentarci perché essi snobbano Torino e l’Italia in generale.

Qualcuno mi dirà che a Torino ci sono i Murazzi ed il Quadrilatero Romano…. Sono sotto gli occhi di tutti la quantità di proteste generate dalla presenza di due sia pur piccoli poli del divertimento in delle zone residenziali con caratteristiche  monumentali. Non sembra quella la soluzione.

In quelle zone sono evidenti le necessità di limitare gli orari ed i decibel dei locali presenti.

Noi vorremmo che i locali notturni fossero in luoghi che:

  • non disturbino,
  • siano facilmente raggiungibili,
  • siano controllabili dalle forze dell’ordine,
  • non richiedano grandi pellegrinaggi notturni al popolo della notte,
  • non contribuiscano troppo agli incidenti stradali,
  • siano possibilmente servibili con mezzi pubblici,
  • possano attrarre anche un pubblico di “non iniziati”, in particolare turisti.

Per ottenere molti di questi obiettivi dovremmo pensare ad un vero e proprio distretto del divertimento notturno, dove concentrare il piu’ possibile le discoteche, senza escludere un po’ di osterie, pubs e ristoranti. Alle discoteche che accettino di collocarsi nel distretto del divertimento dovremmo permettere dimensioni anche molto grandi, libertà di orario e tolleranza del rumore; a quelle che decidano di restarne fuori dovremmo imporre le limitazioni del caso. Un possibile luogo per il distretto della vita notturna potrebbe essere una parte dello stabilimento Fiat di Mirafiori. Ampie superfici sono disponibili, l’area è sufficientemente isolata dalle zone residenziali di Mirafiori e non dovrebbero nascere conflitti di sorta con i residenti. Sarebbe possibile aprire delle mega-discoteche come quelle che oggi si trovano quasi solo fuori Torino. Si potrebbe garantire la sicurezza con un preciso presidio di polizia urbana o stradale. Si potrebbero mettere bus notturni ogni ora verso il centro ed altre parti della città, riducendo l’uso dell’auto da parte di persone stanche per il troppo ballare, la musica forte, il bere e quant’altro.Le forze dell’ordine potrebbero facilmente controllare che nessuno guidi dopo aver alzato il gomito. Sarebbe possibile indirizzare i turisti verso un unico posto di svago e si potrerbbe rinforzare l’immagine di Torino come città che offre una buona e varia vita notturna. Si eviterebbero i pellegrinaggi notturni da locale a locale, si ridurrebbero i problemi ai Murazzi ed in altre parti della città dove oggi la presenza di vita notturna crea problemi, si riciclerebbe parte  di Mirafiori in un settore produttivo, quello dello svago, con più prospettive dell’attuale.  Grandi investimenti non sarebbero necessari, grandi distruzioni ambientali nemmeno. Il comune agirebbe come regolatore piu’ che come imprenditore. Concilierebbe gli interessi di molti ed aumenterebbe l’attrattività della città.

La scelta del tipo di energia

Vorremmo delle  tecnologie per produrre energia che:

  1. permettano di rispettare il Trattato      di Kyoto, perche`  pare che l`effetto serra esista davvero ed i trattati vadano      rispettati;

  2. riducano il nostro grande disavanzo      commerciale;

  3. ci facciano dipendere meno      dall`estero, in particolare da regimi poco democratici;

  4. non riducano ulteriormente la nostra gia`bassa competitivita`;

  5. non dipendano dalla disponibilita` di ottime macchine amministrative, perche’ da noi quelle scarseggiano;

  6. non creino eccessivi conflitti con il collocamento delle infrastrutture e dei residui, perche` fatichiamo molto a risolvere questo tipo di problemi;

  7. non creino dei grossi debiti per le prossime generazioni.

Il carbone, il petrolio ed il metano danno problemi rispetto ai punti 1,2,3 ed in parte 6 e 7.Il cosi’ detto "carbone pulito", pare che non emetta zolfo, ma emetta ossido di carbonio.

Il nucleare supera bene l`esame 1 e forse discretamente 2 e 3, ma ci sono forti dubbi sul punto 4 (recentemente il Governo di sua Maesta` Britannica ha dovuto sborsare 15 miliardi di euro per sanare il deficit della principale azienda inglese produttrice di energia nucleare), ci sono enormi problemi con 5 e consistenti problemi con 6 e 7.

Il solare, l`eolico e le biomasse potrebbero soddisfare bene 1, forse 2 e 3, suscitano dei dubbi su 4, in parte collegati con problemi di economie di scala ed ottimizzazione (sono ancora poco usate), vanno a nozze con 5 e 7 ed infine  se la cavano abbastanza con 6.

Porta Susa Coach Station

Nella realizzazione della nuova stazione ferroviaria  di Porta a Susa a Torino  bisogna tenere in particolare considerazione il collegamento con le corriere e le autolinee in generale. Piu’ le due stazioni sono vicine meglio e’. Non ci devono essere scale e gradini per muoversi dall’una all’altra, l’ideale sarebbe se fossero sovrapposte e ci si potesse  muovere dall’una all’altra con degli ascensori. Se la sovrapposizione delle due stazioni fosse impossibile, allora bisogna puntare a ridurre al minimo la distanza, possibilmente servendo il percorso con un nastro trasportatore. Siamo il paese al mondo con il piu’ alto numero di anziani ogni 100 abitanti. Non possiamo pretendere che persone non giovanissime facciano lunghi trasbordi, magari con del bagaglio pesante.  Dobbiamo cercare di semplificare il piu’ possibile la vita a chi si serve dei mezzi pubblici, in particolare a chi non è un energumeno o un atleta. Tante volte si rifiuta il mezzo pubblico e si sceglie l’auto, non tanto perche’ la seconda garantisca molta comodità in più, ma  perchè troppe volte il mezzo pubblico viene progettato da chi non lo usa, da gente che non considera che per una madre con un bambino piccolo, una valigia ed uno zainetto 500 metri per passare  da un treno al bus possono essere troppi.

Bilancio UE, poteva andare peggio

Italia, Francia e Regno Unito pagheranno la stessa percentuale di PIL, lo 0.45 %.
E` un buon risultato?
E` buono che a Francia e Regno Unito sia applicata un’aliquota almeno uguale alla nostra, perche’ prima essi pagavano aliquote piu’ basse della nostra e cio’ era assurdo. Era semplicemente regressivo. Due paesi piu’ ricchi di noi pagavano una percentuale di PIL piu’ bassa della nostra. Ora almeno paghiamo la stessa percentuale.
E’ un po’ un male che non si sia potuto ottenere che ad essi venisse applicata un’aliquota un po’ piu’ alta.
In generale potremmo dire che si e` trattato di un passo nella giusta direzione.

Resta abbastanza ingiusta la posizione della Germania, che con un reddito pro capite inferiore a quello inglese, ha ricevuto  un`aliquota del  0.55%. Ancora una volta la Germania si e’ sobbarcata un costo piu` grosso di quello che i semplici numeri le attriburrebbero. Tutti noi dobbiamo apprezzare questa dimostrazione di europeismo nei fatti della dottoressa Merkel e dei suoi concittadini.

(Fonte dei dati: BBC, The world at one, 20/12/2005)

Energie alternative: un problema di cultura e di regole

Perche` l`Italia e` indietro rispetto a molti paesi europei nell`uso di
energie alternative? Noi siamo di gran lunga superati non solo dalla piccola
Danimarca, ma anche dalla Germania, dalla non troppo ecologista Gran Bretagna e
perfino dalla latina Spagna. Qual e` il problema in Italia?

Sono vari. Uno di essi dipende dal fatto che ogni tecnologia implica certi modelli di organizzazione del lavoro e certe culture aziendali. Ad esempio gli impianti nucleari, quelli termoelettrici (a gas o  a derivati del petrolio) e  quelli
idroeletrici, spesso richiedono pochi impianti di dimensioni molto grandi. Percio` le
aziende che si sono specializzate a produrre energia da quelle fonti hanno
sviluppato una cultura di grande impresa. Le tecnologie rinnovabili  spesso si adattano bene a  piccoli impianti, presenti in tanti luoghi.

Vi sono ovviamente le eccezioni. Ad esempio gli impianti eolici in mare
aperto possono richiedere organizzazioni alquanto complesse, normalmente
disponibili solo in grandi imprese. Non a caso giganti  dell`energia come BP o Shell sono entrati
abbastanza massicciamente in questo tipo di attivita`, anche utilizzando parte
delle esperienze e delle capacita` da loro acquisite nella gestione di piattaforme petrolifere in
mare aperto.
In Italia gli impianti eolici in mare aperto forse presentano qualche problema in piu`
perche’ non disponiamo di tanti  luoghi
abbastanza lontani da riva che siano allo stesso tempo battuti dal vento e dotati di fondali poco
profondi. Cio` e` molto piu` comune in alcuni paesi del nord Europa, ad esempio
il Regno Unito.

Da noi , finora i principali attori in campo energetico sono stati ENEL ed
ENI. Entrambi hanno comprensibilmente sviluppato delle culture aziendali proprie delle grandi
organizzazioni con una specifica attitudine a trattare relativamente pochi grandi
impianti, con grossi costi fissi e grandi volumi.

Una delle tecnologie che in Italia potrebbe offrire interessanti
prospettive e’ il solare, ma il solare non e` una tecnologia particolarmente
adatta ad essere sfruttata in impianti grandi. Piuttosto il solare si presta
bene come risorsa diffusa, sfruttata un po` dappertutto. Non grandi centrali, ma pannelli piu` o meno
sopra ogni costruzione, abitazione o capannone. Ecco che, per quanto riguarda
il solare, il ruolo delle aziende, che fino ad oggi ci hanno garantito energia,
sarebbe abbastanza modesto. E` cosi’ ingiusto aspettarsi da loro un grande
impegno per il suo sviluppo. Il problema invece e’ negli usi e nelle norme che
regolano l`edilizia. In Italia l`edilizia e` largamente fuori controllo a causa
di frequenti condoni che rendono sostanzialmente inutile il rispetto delle
leggi. Inoltre mentre chi compera un’auto oltre a cercare una bella macchina,
spaziosa o compatta, veloce o tranquilla, chiede anche quanto essa consumi per litro di
benzina, chi compera un’appartamento riceve risposte piu’ confuse. Quando si
pensa al costo, spesso ci si chiede di piu’ quanto sara` la rata del mutuo,
piuttosto di chiedersi l’ammontare delle bollette di riscaldamento, luce, gas
ed acqua. Quelle verranno quasi come una fatalita`.

In queste condizioni e` difficile che case un po’ piu’ costose, ma con
consumi mensili molto piu’ bassi possano avere molto successo. La legislazione
edilizia e quella sui contratti concernenti immobili potrebbero dare una bella
mano. L’una imponendo che il contratto di vendita sia nullo in assenza di una perizia
tecnica sui consumi energetici dell’immobile. Semplicemente l’acquirente non sa
cio’ che compra, se non sa quanto la casa consuma. La legislazione edilizia
dovrebbe imporre che tutte le nuove case ed i nuovi capannoni non consumino
piu’ di un certo ammontare di energia. Queste limitazioni gia` esistono per le
automobili, non si vede perche` non debbano esistere per le case. Infine ci
vorrebbe una riforma costituzionale che preveda che i condoni possano essere
solo introdotti con maggioranze molto ampie, almeno dei 2/3. In tal modo, forse
verrebbero usati piu` parsimoniosamente.

Infine sarebbe bene responsabilizzare le regioni. Da un lato bisognerebbe far funzionare un vero e proprio protocollo di Kyoto nazionale; ogni regione dovrebbe concordare con le altre e con lo stato, la sua quota di riduzione di emissioni inquinanti, con sanzioni per chi non rispetta gli accordi; inoltre ogni regione dovrebbe almeno in parte essere responsabile per il proprio approvigionamento energetico.  Le regioni potranno poi trasferire parte delle responsabilita`  a provincie e comuni. Chi non si da fare per risparmiare e produrre energia  dovra` subirne le conseguenze.

 

 

Targhe alterne, sottopassi, giornate senz`auto e parcheggi.

Le risorse
disponibili per organizzare i trasporti in un`area urbana come quella di Torino
sono  molto limitate. E` quindi indispensabile avere le idee chiare
su cio` che si vuole fare, concentrando
su di esso gli sforzi.
Finora abbiamo
visto l`utilizzo di risorse per la costruzione di parte di una linea di
metropolitana, di parte del passante ferroviario, di alcuni sottopassi
automobilistici e di molti parcheggi. Questo sembra indicare che gli obiettivi
siano due: migliorare il trasporto
pubblico e favorire la circolazione automobilistica. Ma questo non e` tutto. Sono ormai molti anni che
moltissimi giorni all`anno a Torino le auto viaggiano in regime di targhe
alterne  o non viaggiano affatto. Questo in parte e` la conseguenza della specificita`
geografica di Torino, dove, a differenza di Londra o Parigi, raramente c`e` un
po` di vento che porti ad altri i gas di scarico dei locali. A Torino cio` che si
scarica resta sul posto abbastanza a lungo. Le targhe alterne ed i blocchi del
traffico sono anche conseguenza di normative europee che tutelano la nostra
salute.

La domanda di
mobilita` automobilistica e` certamente limitata da molti fattori, quali la
difficolta` o il costo a trovare parcheggio e la presenza di traffico. Di fatto
noi osserviamo solo la domanda di traffico espressa, quella dichiarata da
coloro che, incuranti delle difficolta` di parcheggio e delle molestie del
traffico, decidono comunque di condurre l`auto. Dobbiamo pero’ tenere in conto
anche la presenza di una domanda latente, quella di tutti coloro che prendono
un mezzo pubblico o in genere non usano l`auto, ma che sarebbero al volante, se si offrisse loro
piu` parcheggi e piu’ strade. In pratica l`offerta di parcheggi,
di strade, sovrappassi e sottopassi e` in grado di stimolare  la domanda effettiva di utilizzo dell`auto. Destino
pero` vuole che un`aumentata domanda di circolazione automobilistica si scontri
con i limiti ambientali e le direttive UE. Quindi targhe alterne e giornate del
pedone. Tutto cio` e` abbastanza contraddittorio. Allo stesso tempo si vuole facilitare e
stimolare l`uso dell`auto e poi lo si proibisce. L`introduzione di misure che sono le une in
conflitto con le altre si tramuta in  uno
spreco di risorse ed in una riduzione dell`utilita` collettiva.

Maggiore realismo
condurrebbe a scegliere un solo obiettivo e a riporre su di esso le poche
risorse disponibili. Tenuto conto
dell`oggettiva difficolta` di abrogare le norme UE,  forse bisognerebbe ammettere che spendere le
poche risorse disponibili per costruire sottopassi e parcheggi   nel centro della citta`e` un lusso che non possiamo
permetterci.

Banca d’Italia, articolo 17

Ormai e` ampio il
consenso che qualcosa alla Banca d`Italia debba cambiare, ma come? Qui bisogna
distinguere tra cio` che si puo` fare a brevissimo termine da cio` che si puo`
fare nel giro di qualche mese. A brevissimo termine si puo` garantire alla
Banca d`Italia una dirigenza indipendente e credibile, a medio termine si potra`
pensare a quali funzioni lasciare alla Banca d`Italia e quali trasferire
altrove. Questo intervento cerca di affrontare il primo problema. Cerchiamo di
individuare degli obiettivi desiderabili per poi vedere come ottenerli.
Vogliamo una
Banca d`Italia che :

· sia governata
da persone competenti;

· sia indipendente
dai politici;

· rappresenti
gli interessi del paese.

L`attuale Statuto
della Banca prevede (art. 17  http://www.bancaditalia.it/la_banca/statuto/statuto.pdf )  che
il Governatore sia nominato e rimosso su proposta del Consiglio Superiore della Banca, che e’ una
specie di consiglio d’amministrazione della stessa. Un problema e` che
l`attuale statuto non prevede particolari qualifiche per i membri del Consiglio
Superiore, per cui possono appartenere ad esso anche persone senza qualifiche specifiche,
magari scelte solo per la loro fedelta’ al Governatore. Ancora piu` serio e` il
problema che sempre lo statuto prevede che i 13 consiglieri siano “nominati
dalle assemblee generali dei partecipanti presso le sedi della banca in ragione
di uno per ciascuna sede”. Queste assemblee oggi sono composte  sia dagli “azionisti” della banca, per lo piu`
banche commerciali, che sono in qualche modo eredi delle banche centrali
dell`Italia pre-unitaria, sia da rappresentanti del mondo economico locale,
selezionati dalla Banca stessa. Ne` gli uni, ne’ gli altri hanno un forte
mandato per essere critici controllori dell`operato dell’ente di emissione e
vigilanza. Le banche commerciali in particolare hanno sufficiente realismo per
capire che la loro partecipazione nella Banca e` un retaggio del passato, che
puo` loro fruttare dei dividendi, ma che non puo` dare loro effettivo diritto  di interferire nella gestione della banca
centrale. E` inutile ed estremamente costoso pensare che lo Stato comperi dalle
banche commerciali le loro quote di partecipazione, come formulato nel
progetto dell`ex ministro Siniscalco. Si tratterebbe di inutile
carita` al duomo. Basta formulare per legge quello che gia` accade nei fatti:
le banche azioniste non avranno poteri di gestione nella Banca d’ Italia. Ma
allora chi nominera` il nuovo Consiglio Superiore? Esso potrebbe essere eletto
in larga parte  dal Presidente della Repubblica, dal Parlamento, dai
Presidenti di Regione, dai Sindaci e
dagli eletti italiani al Parlamento Europeo. Bisogna pero` evitare che i membri
del Consiglio Superiore diventino ostaggi di una precisa maggioranza del
momento. Come? Primo facendo votare questi organi separatamente e con ampie
maggioranze (2/3 dei membri), poi garantendo ai consiglieri della Banca d’ Italia dei mandati di almeno
9 anni, infine prevedendo elezioni e
scadenze dei consiglieri scaglionate nel
tempo; si dovrebbe evitare cioe` che una specifica maggioranza possa in un
momento nominare tutto il Consiglio in un colpo solo. Esso diverrebbe una
fotocopia del potere politico del momento.
Una certa
percentuale degli eletti (38 %) potrebbe
rappresentare i funzionari della Banca ed il suo patrimonio di conoscenza
tecnica, che rimane molto alto, anche dopo i recenti tristi eventi.
Infine tutti i
consiglieri eletti dal Presidente della Repubblica, Parlamento, Regioni, Provincie Comuni ed Europa
dovrebbero essere professori ordinari di
materie economiche o bancarie nelle universita` italiane o cittadini europei docenti di materie
economiche nelle 100 migliori universita` del mondo.
Quanto detto si
puo` fare in tempi brevissimi, se lo si vuole. L`idea invece di mettere la nomina del Governatore nelle sole mani  del Governo non sarebbe` una garanzia ne ‘ di autonomia ne’ di competenza.

Tabella
Proposta per il nuovo Consiglio Superiore della Banca d’Italia

N
Consiglieri      eletti da chi         durata dei primi 2 mandati

1                      Presidenza Repubblica       2006-2012 / 2013-2022
1                      Camera                            2006-2015 / 2016-2025
1                      Senato                              2006-2009 / 2010-2019
2                      Presidenti Regioni             2006-2006 / 2007-2016
1                      Presidenti Provincie           2006-2007 / 2008-2017
1                      Sindaci Comuni                  2006-2008 / 2009-2018
1                      Eurodeputati
italiani           2006-2010 / 2011-2020
5                      Funzionari Banca
d`Italia    2006-2011 / 2012-2021

Il traffico in citta` si cura in provincia

Una buona parte
del traffico cittadino e` dato da pendolari o visitatori da varie parti della
provincia e della regione.

E` vero` che la soluzione ottimale sarebbe che
in provincia ci siano linee di pulman locali, che portino dalle frazioni periferiche ed i paesi piu` piccoli
alle stazioni ferroviarie, evitando completamente l`uso dell`auto privata, a
coloro che vogliono prendere il treno. Molto si potrebbe fare in tal senso.
Purtroppo oggi spesso le autolinee fanno dei percorsi che ignorano o trascurano
le stazioni ferroviarie ed i loro orari (penso per esempio al caso paradossale
di Fossano, dove il pulman per Bra si
tiene a debita distanza dalla stazione). Un`autolinea non deve ricevere sussidi
pubblici (da Regione, Provincia o Comune) se non e` coordinata con le ferrovie
e le altre autolinee, quando cio’ e’ possibile.

Ammesso che
moltissimo si puo` e si deve fare per migliorare i servizi di autobus da e
verso le stazioni ferroviarie, bisogna pure ammettere che alcuni abitano in
localita` piu` difficilmente servibili da bus. Per molti di loro ci sono
parecchi incentivi ad usare l`auto.Uno di questi incentivi e` la qualita` dei treni e ne
riparleremo, un altro e` il fatto che quand’anche volessero venire a Torino in
treno, dovrebbero raggiungere la stazione ferroviaria in auto.Per loro ci
vorrebbero dei parcheggi nelle prossimita` della stazione piu` vicina. In luoghi come  Moncalieri,
Trofarello, Nichelino, Collegno, Pinerolo, Venaria, Settimo, Chivasso, Carmagnola,
Fossano, oggi, alle ore di punta,  puo`
essere difficile per molti pendolari lasciare l`auto in prossimita` della
stazione. E` vicino a
quelle stazioni che bisogna attentamente considerare di predisporre dei
parcheggi. Cosi` facendo si renderebbe appetibile a molti prendere il treno e
girare in Torino con i mezzi pubblici. Non solo, quando si garantisse ai
pendolari questi parcheggi vicini alle loro stazioni di partenza, diverrebbe
ancora piu` forte l`argomento per chiudere Torino al traffico automobilistico
pendolare.

Nelle citta` di
provincia si potrebbe combattere una battaglia importante per migliorare la
vita dei pendolari e la qualita dell`aria a Torino.