Riceviamo e pubblichiamo
Mi chiamo Clara Busto, sono una mamma di 43 anni e abito in una delle tante borgate immerse negli alberi di Trana, un paesino della Val Sangone della provincia di Torino.
Da una settimana ormai, stiamo combattendo con gli incendi che divampano intorno al nostro paese e alle valli limitrofe. Per ora non siamo in imminente pericolo di vita, anche se nessuno conosce l’andamento del fuoco alimentato dal vento.
I fumi che respiriamo da giorni di certo non sono un toccasana e molti tranesi – me compresa – convivono con tosse, bruciore agli occhi e mal di testa. Ai bambini viene chiesto di non uscire, ma non possono certo smettere di respirare. Siamo immersi in una nebbia marroncina, tutto e’ ricoperto di cenere grigia.
Dall’ora di pranzo, il vento sembra averla portata via, ma questa non e’ una buona notizia perche’con lui sono ripartiti gli incendi e si teme l’estro di qualche nuovo pazzo. In lontananza, qualche sporadico motore aereo ci fa sperare nel ritorno dei canadair, bloccati da giorni per il troppo fumo. Sembra la scena di un brutto film.
Un ragazzo di 26 anni e’ deceduto per infarto mentre disboscava con la mamma un campo vicino alla sua proprieta’. Ci sono ettari e ettari di boschi bruciati e che bruciano ancora vicino alle case e sulle nostre montagne. Quanti danni devono esserci e quante vite devono essere sacrificate perche’ i media ci ascoltino e lo Stato ci venga in aiuto?
Al momento non e’ stato diramato uno stato di calamita’ tale da mandare risposte significative o un aiuto alla tenacia dei volontari che continuano imperterriti a rischiare per tutti noi. Che dimensioni deve assumere questa tragedia per essere presa in considerazione, e noi con lei?