400 giornalisti di tutta Italia hanno inviato una lettera aperta al premier Matteo Renzi. Denunciano condizioni di sfruttamento, di disparità di diritti e la necessità di un’equa retribuzione dei collaboratori esterni alle redazioni. I lavoratori autonomi – viene ricordato – sono oggi quasi il 65%, in rapida crescita, dei giornalisti attivi, ma “con redditi medi da 11.000 euro lordi l’anno, e nella metà dei casi di circa 5.000. Con spese a carico”.
La lettera aperta – che verrà consegnata oggi al premier – è stata promossa dai rappresentanti dei freelance di 12 regioni nella Commissione nazionale lavoro autonomo della Fnsi, il sindacato dei giornalisti. Vi hanno aderito centinaia di freelance e precari, ma anche redattori, capi-servizio, direttori di testata, pensionati e dirigenti della Fnsi, dell’Ordine dei giornalisti e dell’Inpgi, l’ente previdenziale di categoria. Significative le adesioni alla lettera di giornalisti che si occupano di realtà di frontiera e di inchieste sulla criminalità organizzata, di giornalisti minacciati.
Oltre a riassumere le condizioni del lavoro autonomo, nel testo vengono avanzate al Governo sette richieste per le quali si attendono risposte urgenti: contributi e agevolazioni solo agli editori che pagano equamente e con regolarità; superamento dei contratti atipici; pari diritti e tutele ai giornalisti dipendenti e autonomi; applicazione della legge 233/2012 sull’equo compenso e proroga della sua Commissione d’attuazione; emanazione delle tariffe previste dal Decreto ministeriale 140/2012 per la liquidazione giudiziale dei compensi; imporre tracciabilità e firma di tutti gli articoli, per agevolare i controlli e far emergere il lavoro non retribuito.
«Cerchiamo nella contrattazione tra sindacato ed editori delle risposte per il futuro del settore» sottolineano i promotori della lettera «ma sono anche necessari impegni delle istituzioni e del Governo per tutelare sia la libertà e qualità dell’informazione che la dignità del lavoro, anche autonomo. Ci aspettiamo quindi interventi urgenti in questo senso, e contro lo sfruttamento dei freelance».
L’iniziativa è nata dopo le affermazioni del premier Renzi, all’incontro di fine anno con la stampa, che aveva sostanzialmente negato l’esistenza dello sfruttamento dei lavoratori autonomi, suscitando accese reazioni sui social network.
Il testo della lettera aperta è disponibile presso la pagina Facebook
Signor Presidente del Consiglio,in apertura del 2016 ci rivolgiamo a lei, da freelance attivi nella Fnsi – il sindacato dei giornalisti italiani – e nella sua Commissione nazionale lavoro autonomo, per esprimerle sconcerto per il tono liquidatorio da lei usato, durante l’incontro stampa di fine anno, sul tema dei giornalisti precari sottopagati.Davanti al problema manifestato in apertura dal Presidente dell’Ordine dei giornalisti, lei lo ha negato, dando l’impressione di ignorare le reali condizioni di lavoro della maggioranza dei giornalisti italiani. Condizioni che dovrebbero esserle note, sia per il suo ruolo istituzionale, sia tramite il Sottosegretario all’Informazione ed editoria Lotti, che presiede la Commissione per l’equo compenso per i giornalisti non dipendenti.I dati ufficiali dimostrano che i lavoratori autonomi e atipici sono oggi il 62,6% dei giornalisti attivi, e sono in rapida crescita. Spesso con redditi medi da 11.000 euro lordi l’anno, e nella metà dei casi di circa 5.000. Con spese a proprio carico, e con una netta disparità di diritti, tutele e forza di contrattazione rispetto ai colleghi dipendenti. E queste sono condizioni di oggettiva debolezza, di ricatto occupazionale e sfruttamento del lavoro, che ledono la libertà e la qualità dell’informazione.Dovere deontologico dei giornalisti è di informare correttamente, senza subire condizionamenti. Ma per farlo serve anche non essere costantemente oggetto di ricatti economici ed occupazionali. Che è ciò che accade a gran parte degli autonomi, che contribuiscono significativamente, da collaboratori esterni – senza tutele, sicurezze e quasi sempre senza retribuzioni adeguate – al sistema informazione di questo Paese. E non stiamo pensando solo alle grandi testate, ma anche a quelle minori, alle realtà periferiche, a quelle a rischio come nelle terre di mafia, dove l’informazione riguarda la vita quotidiana dei cittadini.Condizioni di lavoro, queste, che non vengono riequilibrate dai 20 euro lordi ad articolo, o dai 6 euro lordi per un lancio d’agenzia o di un articolo su web, così come individuati nelle pasticciate norme d’attuazione della legge 233/2012 sull’equo compenso giornalistico. Legge peraltro largamente inattuata, e spesso a fronte di retribuzioni anche di molto inferiori.Tutti questi sono problemi che riguardano anche il Governo e i suoi poteri d’intervento.Lo affermiamo con la consapevolezza di chi cerca di trovare nella contrattazione tra sindacato ed editori una risposta a dei temi cruciali per il futuro del settore. Ma proprio per questo ci permettiamo anche di suggerirle, signor Presidente del Consiglio, qualche tema che Governo e Parlamento potrebbero già da oggi utilmente affrontare:– Contributi e agevolazioni pubbliche solo agli editori che dimostrano di pagare equamente e con regolarità i giornalisti– Superamento dei contratti atipici nel mercato dell’informazione, supportando l’emersione dalla precarietà, il lavoro stabile, o comunque il “buon lavoro” equamente retribuito– Garantire pari diritti e tutele al lavoro giornalistico sia dipendente che autonomo– Rimettere urgentemente mano alla delibera d’attuazione dell’Equo compenso giornalistico per i lavoratori autonomi (ora sub judice del Consiglio di Stato, dopo la bocciatura del TAR del Lazio)– Prorogare l’esistenza della Commissione per l’equo compenso, in scadenza nei prossimi mesi, senza la quale la legge 233/2012 che lo prevede sarebbe inapplicabile– Emanazione da parte dal Ministero della Giustizia delle tariffe per la liquidazione giudiziale dei compensi giornalistici, come da Decreto ministeriale 140/2012 sui compensi professionali– Imporre la tracciabilità e l’obbligo di firma di tutti gli articoli, per tutte le testate registrate, anche online, al fine di agevolare i controlli e far emergere il lavoro nero o non retribuitoPer queste ed altre ragioni, e per poter guardare a “un 2016 all’insegna della libertà di informazione”, sono necessarie risposte e impegni urgenti. E non solo dei giornalisti e delle parti sociali, ma anche delle Istituzioni locali, del Parlamento e del Governo.Oggi sta a ciascuno fare la propria parte.Con gli auguri di un produttivo e positivo 2016