Just Eat taglia 50 posti di lavoro trasferendo operazioni in paesi con manodopera meno costosa

Just Eat, multinazionale anglo-danese fondata nel 2001 e attiva in Italia dal 2011, ha comunicato la decisione di ridimensionare la propria sede di Milano. Il piano di ristrutturazione prevede la soppressione di circa 50 posizioni, concentrandosi principalmente sul settore dell’assistenza clienti. Questa riduzione, che rappresenta quasi il 25% del personale milanese, è stata resa nota attraverso una lettera del Sindacato UGL. Just Eat ha spiegato ufficialmente la scelta citando l’esigenza di ottenere “costi operativi più contenuti e una flessibilità oraria maggiore in linea con il modello aziendale,” annunciando anche il trasferimento di alcune attività in paesi dove il costo del lavoro risulta più competitivo.

La denuncia arriva da una lettera del Sindacato UGL, che pubblichiamo integralmente.

ROMA, 9 NOVEMBRE 2024

È notizia recente che Just Eat abbia annunciato il licenziamento di 50 persone, ossia 50 dipendenti della sua sede operativa di Milano, che gestiscono i servizi dei rider. La ragione è, come facile da intendersi, il mancato raggiungimento degli obiettivi operativi. Tali obiettivi non raggiunti portano, evidentemente, ad una crisi dell’intera azienda e quindi ai licenziamenti.

Il rammarico per i lavoratori che perderanno il posto di lavoro non può che essere accompagnato da una riflessione che offriamo, attraverso queste righe, come contributo ad una crescita del comparto, in virtù delle esigenze, ma anche della sostenibilità, di un tipo di lavoro che non può essere inteso e “inquadrato” con modelli vecchi e inadeguati.

Il mondo del food delivery, più affine ad un modello occupazionale autonomo, continua a fornire, nei fatti, conferme dell’insostenibilità dell’assunzione con modello subordinato.

La complessità e, talvolta, la farraginosità delle procedure operative sono sintomo di una “patologia” di cui sono state affette già altre aziende che applicano quel modello operativo. Basti pensare a Gorillas piuttosto che a Getir, che hanno chiuso i battenti lasciando l’Italia per realtà più vantaggiose.

Siamo sempre più convinti, come Ugl Rider, che la subordinazione in quanto modello organizzativo e operativo non sia sostenibile per il settore del food delivery.

Ricordiamo inoltre nel 2021, una dichiarazione rilasciata da Just Eat ai microfoni della “nazionale” Skytg24, esattamente tre anni fa (11 novembre 2024), che con toni a dir poco trionfanti annunciava che, entro un anno, sarebbero stati “oltre quattrocento i dipendenti del nuovo ufficio di Milano in via De Castillia 23”. La stessa andava avanti con l’illustrazione di un piano di “consolidamento del modello di delivery, con oltre 6.000 rider assunti con contratto di lavoro subordinato, basato sul contratto nazionale della logistica, e l’apertura di hub ulteriori per i rider entro il 2022”. Il modello veniva dunque pubblicizzato come un mezzo per “togliere dall’autonomia lavoratori e inserirla in un sistema con più garanzie”. Ad oggi, dobbiamo constatare che i lavoratori con contratto dipendente nel settore hanno, a nostro avviso, meno garanzie di prima. Sarebbe, inoltre, interessante, nonché necessario, fare chiarezza sul numero reale di dipendenti, inclusi i rider, assunti realmente in questi anni.

Sarebbe corretto che l’azienda convochi le parti sociali per chiarire questi punti sopra elencati e per trattare anche la situazione analoga della controlla Takeaway Express Italia.

L’autonomia, base e fulcro del CCNL Ugl Rider (peraltro, prossimo al rinnovo), è l’unica strada percorribile ed applicabile.

Un’autonomia rafforzata, con ulteriori diritti e tutele per i lavoratori che vadano ad aggiungersi a quelli già acquisiti, è il solo modello che dà, e darà, stabilità a questo settore.

GIANLUCA MANCINI
SEGRETARIO NAZIONALE UGL RIDER