Irma Paulon La Moda Dell’Arte

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Quello che ci emoziona e ci conquista dell’arte è spesso l’incontro tra contatto emotivo e il piacere nell’ammirare il bello che esiste in ogni forma d’arte, Irma Paulon è un’artista delicata, originale, e romantica, ed è proprio quel tocco che rende l’arte migliore.

 

Lei vive la sua arte in diverse forme di espressione, non è mai stata una sola cosa, respira le materie prime rendendole animate, legno, vetro, plexiglass, colori acrilici e tempere, colle e olio, pietre dure e tessuti, dona loro la forma unita alle sfumature di energia che ogn’uno di noi istaura nel sperimentare o nell’indossare tali creazioni.

 

 

 

I gioielli devono avere un’anima, un legame col corpo che li sfiora, che l’indossa, perché essi raccontano di noi, Irma Paulon ha il dono e la capacita di trasmettere alle sue forme d’arte il potere terapeutico di liberare energie spirituali intime e profonde.

 

 

Segni particolari, la resina è la grande protagonista delle sue opere e installazioni, Irma la domina, dando vita a perfetti incastri di combinazioni, travolgente e senza fine nelle sue essenze.

 

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Rovigo è la sua terra d’origine, Asolo la sua città dimora, casa. Protagonista del suo atelier, comunicazione che denuncia per sua natura un senso femminile e sensibile che si può recepire in tutte le sue opere d’arte esposte in ogni stanza.

 

 

 

 

Ci sono artiste femminili che con la loro sensibilità fanno emozionare, e ci conquistano senza ragionamenti, Irma Paulon è una di queste artiste, dialoghiamo con lei.

 

 

 

Quale credi sia stata la qualità che ti ha permesso di incarnare la tua personalità all’interno delle tue creazioni.

 

L’Amore e la Passione per quello che faccio dalla più piccola alla più grande opera. E penso che questo la gente lo veda e lo percepisca.

 

Come riesci a creare così tanti oggetti e modelli, e tutti esclusivi e di successo.

 

Attraverso la sperimentazione, la ricerca e l’esperienza, e, direi anche una buona dose di intuizione. La mia arte è connessa con la ricerca dell’equilibrio della natura, e con la dimensione onirica e primordiale che essa scaturisce nella nostra anima

 

C’è un’opera per cui sei particolarmente fiera, e che importanza riveste.

 

Creo Arte in Parchi e Giardini e ci sono quattro allestimenti che mi rimarranno nel cuore, non ho posto nessun limite e mi son lasciata condurre, mi sono massacrata ma ne è valsa veramente la pena. La mostra “Silenzi Incantati” installazioni nel Parco di Casa Malipiero, sono stata scelta in occasione dell’ArtFilmFestival di    Asolo e per me fu un un passaggio importante della mia vita perché decisi di rimanere a vivere in quel Borgo, dove ho ritrovato me stessa.Ho allestito due volte il Parco di Villa Freya sempre ad Asolo e poi l’anno scorso ho allestito una mostra con le installazioni all’Isola di  San Servolo/Venezia nel Parco. Perciò oltre ad esserne fiera sono stati momenti importanti della mia vita.

 

In che modo ti senti diversa quando crei, per te un oggetto è?

 

E’ difficile spiegare quei momenti, ecco lì sono veramente a casa, non esistono tempo e spazio e tutto può succedere…Ogni oggetto, immaginato realizzato e plasmato non è che un frammento di noi stessi. Si raggiunge la bellezza e la si riconosce, soltanto lasciando libere le emozioni. Ciò che faccio si mostra sempre nella sua unicità, irripetibile, come il luogo che lo accoglie.

 

L’arte esalta i sensi, il vino li inebria. “TasteDiVino”, è un criterio di ideazione che lega due elementi molto sentiti per noi Italiani, l’azienda vinicola MASO MARTIS ne è soggetto, in questa collezione ispirata ai vini qual è stato il componente maestro, la scintilla.

 

Come sempre la natura e la spiritualità. Amo i vigneti, la vendemmia e il rapporto con la terra. La vendemmia per me è un rito , il mosto la rinascita.Con l’azienda MASO MARTIS collaboro da tempo, un mix di amicizia, stima e condivisione. Le aziende per me sono stimolo, ed è per questo che metto a disposizione la mia creatività per chi vuol valorizzare i propri prodotti.

 

Irma Paulon è la moda dell’arte, un punto di riferimento che intreccia bellezza e anima, sensibilità e vocazione, un chiaro esempio di emotional art.

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Foto e arte di Stefano Airaghi: artista novarese

Stefano Airaghi abita a Trecate, cittadina al confine tra Piemonte e Lombardia e  collabora  con la sezione fotografica di un avviato studio  di architettura, che si trova nel cuore di Novara, vicino al Broletto e alla Cattedrale, due dei luoghi più significativi da un punto di vista  storico-culturale per i novaresi.

Nasce a Trecate nel 1982: la sua famiglia è impegnata a contribuire alla crescita sociale della comunità trecatese. La madre in particolare opera per l’educazione dei bambini, che frequentano le strutture parrocchiali. Questo impegno materno sicuramente lo influenza e genera in lui una sensibilità sociale, che inciderà sul suo impegno professionale.

Dopo aver conseguito il diploma di perito aereonautico e dopo qualche esperienza lavorativa con alcuni operatori turistici, sempre ovviamente con la macchina fotografica, che è diventato ormai strumento inseparabile, si dedica in modo consistente alla sua vocazione: la fotografia, partecipando anche a master formativi a Milano, conseguendo l’attestato di fotografo e grafico pubblicitario. Da questo momento il suo destino professionale è segnato e soprattutto incomincia a svilupparsi la sua attività artistica. Come fotografo cura molti interessanti servizi. Visionando i suoi scatti si nota la capacità di Airaghi a interpretare i soggetti del suo obiettivo. Direi che l’elemento essenziale, e sicuramente più efficace del suo lavoro di fotografo, è di capire il messaggio, che deriva dall’ oggetto, che viene da lui fotografato.

caravaggio-airaghiUn esempio per tutti: ha immortalato con la sua macchina di recente alcuni quadri del Caravaggio, pittore che dedica una particolare attenzione alla luce. Nelle fotografie di Airaghi questa attenzione del pittore alla luce compare in tutto il suo intrinseco significato.

Ha sempre viva inoltre la passione di trasmettere la sua arte e di far crescere questa cultura negli altri. Consapevole e convinto assertore dell’importanza di educare all’arte fin dall’infanzia  ha tenuto e tiene corsi di fotografia nelle scuole elementari di Trecate e ha svolto docenza al Convitto Nazionale Carlo Albero di Novara. Interrogato su questa sua inclinazione ha voluto ribadire che avverte dentro  una spiccata passione per trasmettere agli altri i valori artistici, quei valori artistici cioè che lo spingono all’ azione creativa.

La dimensione internazionale

Airaghi è un professionista che si sente cittadino del mondo e soprattutto avverte la feconda bellezza dei rapporti internazionali, in quanto è convinto che la cultura non conosce confini, in modo particolare in questi tempi, quando gli stati hanno una forte tentazione a creare barriere. Non a caso collabora, anche grazie al GAI (Giovani Artisti Italiani), organismo al quale aderisce, con la fondazione Benthekhaan, un ente ebraico, la cui sede si trova in Polonia, realizzando con la collaborazione di tre fotografi torinesi, un reportage sulla ricerca delle tracce ebraiche dopo la notte dei cristalli del 1939. Il lavoro è stato apprezzato ed ha avuto un sostanziale e positivo accoglimento da parte di studiosi e critici. Questi lavori gli hanno permesso di farsi conoscere in diverse realtà culturali europee e soprattutto  hanno garantito alla sua preparazione culturale quella dimensione europea, della quale molti artisti e professionisti sono carenti.

La dimensione sociale

Parlare di Stefano Airaghi come professionista senza fare riferimento al suo impegno sociale si corre il rischio di offrire un quadro incompleto della sua personalità. Nell’estate dell’anno scorso infatti Airaghi  è stato ad Haiti ospite di “Hayti Now Corp ong”, una organizzazione umanitaria fondata da un trecatese, Alex Lizzappi, che ha come fine , tra gli altri, quello di donare libri ai bambini di Haiti per metterli in condizione di studiare e costruirsi un mondo migliore. L’obiettivo della sua missione è stato collaborare per far uscire dalla miseria quella popolazione.

Foto di Stefano Airaghi: lo sguardo dei bambini di Haiti
Foto di Stefano Airaghi: lo sguardo dei bambini di haiti

Stefano Airaghi con la sua macchina fotografica ha documentato la povertà del territorio centro-americano. È tornato in Italia molto colpito dalla povertà incontrata. Mi ha impressionato una frase da lui pronunciata in un incontro culturale organizzato per socializzare la sua esperienza: ”Ad Haiti non puoi guardare negli occhi un bambino per più di tre secondi, senza rimanere incastrato e volerlo aiutare”. La conseguenza è stata una sola: ha fatto un album di foto ed ora promuove tante iniziative a favore dei bambini poveri di Haiti, che ha personalmente conosciuto.

Alla luce di tutto questo credo si possa con molta serenità dire che Stefano Airaghi  ha colto fino in fondo la dimensione sociale della sua arte e della sua professione.

Franco Peretti
Docente Università Popolare degli Studi – Milano

Simone mariani: da bartender a foodblogger con “tagliatella tonic”

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“Un cocktail come armonia di sapori e bellezza di colori sapientemente bilanciati insieme, che aiutano ad arrivare al Piacere
“.  
Se ci fosse la definizione per l’arte del barista perfetto questa, per Simone Mariani, autore del blog “tagliatellatonic” sarebbe la migliore.

Diplomato bartender alla scuola di formazione “Planet One”, plurifinalista nazionale di Competizioni per Barman (Absolut Talent Show, Beefeater Gin Competition, Havana Club Competiton, Campari Competition), medaglia di bronzo al Campionato Italiano Barman e professionisti (Perugia 2011), selezionato al Mondiale “Cherry Hearing Award 2014”.

Ti definisci “barteder”, cosa significa? 

Il bartender, per definizione, è colui che svolge il lavoro “morbido” dietro al banco bar. Deriva dalla parola inglese “tender” che significa morbido. Per lavoro morbido, intendo un lavoro scorrevole, fatto di gestualità dinamica e tecniche efficienti, anche per quanto riguarda la ritualità visiva nella costruzione del drink.
Questo vocabolo fu coniato nella fine degli anni 90 dopo l’esplosione dell’ American Bartending school, che poneva al centro della sua formazione il flair, il cosiddetto “tirare per aria le bottiglie”: pietra miliare di tutti i bartender è il film “cocktail” con Tom Cruise.
Ultimamente preferisco comunque essere chiamato barman, poichè di questi ultimi, ce ne sono rimasti davvero pochi.

Come  la tua passione per questo lavoro? 

La  passione per i drink nasce per caso, dietro al bancone di un bar di provincia. Se vogliamo ripercorrere il mio storico diciamo che all’inizio la passione si è manifestata più come una attitudine e una sensibilità al drink, e al contatto con il pubblico, poichè non ne ero minimamente a conoscenza. Da piccolo volevo fare il dottore e poi il giornalista, ma non mi sarei mai aspettato che fare delle punture a delle mele e/o scrivere bei temi al liceo, potesse essere raccolto in un’unica professione.

La domanda è scontata: qual è il cocktail che preferisci?

Uno di cui ne vado veramente fiero è il mio Gin tonic “zafferano e liquirizia” con spolverata di curcuma in superficie, abbinato ad una tartare di ricciola e mango fresco tagliato a Julienne, ad esempio.

Come nasce l’idea di un blog?

Tagliatella Tonic” penso sia un nome azzeccato. Italianizzato al punto giusto e folle quanto basta, poichè nessuno prima d’ora si è mai azzardato ad abbinare ad un piatto di tagliatelle fatte in casa, un gin tonic.
insomma,ho preso i due poli opposti ma sempre validi della cucina, sia dietro al banco che tra i fornelli.
Per saperne di più leggete la presentazione del mio blog.

Cosa bolle in pentola?

In questo periodo non sto tanto a pensare al futuro. Questo non significa che io non abbia ambizioni, anzi. Ma cerco di vivere la mia professionalità e la mia crescita personale giorno per giorno, questo anche grazie alla curiosità che mi spinge sempre a fare ricerca e a migliorarmi. Una cosa è certa, vorrei poter collaborare in un futuro non per niente prossimo con uno chef di fama internazionale, magari scrivendo di lui o per lui, abbinando alle sue creazioni i miei drink.

Blog: http://tagliatellatonic.blogspot.it

Twitter: @tagliatonic

Facebook: https://www.facebook.com/Tagliatella-Tonic-1830943910465962/

 

 

Malbec World Day 2016 Milano

Il Malbec world è un’occasione di grande approfondimento per degustare e familiarizzare con le grandi etichette Argentine, il vino e le sue latitudini, infatti si passa dalla Patagonia fino ad estendersi nella zona di Mendoza e San Juan, e la provincia di Salta con i suoi q3.000 metri, ben oltre 20 cantine saranno protagoniste di degustazioni mirate ad eleggere il miglior Malbec 2016.

18 Aprile siamo al Westin Palace di Milano, il palcoscenico scelto per l’occasione, le premesse sono alte, l’Italia ospita l’Argentina, non è di certo una partita del mondiale, ma lo spettacolo è di ben altra portata, “ il wine Argentino diventa protagonista”, più di 40 le etichette che concorrono al banco della giuria formata da esperti Sommelier, insieme a giornalisti, enologi, ristoratori, distributori, insomma non mancano i palati affini per blind tasting, per eleggere il miglior Malbec 2016, che risulta essere, “La Gostra Del Vino Bacàn Malbec 2011”. Colore rosso scuro con aromi fruttati, prugna, cassis, more, liquirizia, cioccolato fondente e violetta, queste sono le caratteristiche inconfondibili dell’uva Malbec, “il vino nero”, il suo apostrofo migliore, corposi e rotondi, forte anche per il posizionamento delle vigne che sono fra i più alti del mondo, sorgono a 1.500 metri sopra il livello del mare, ai piedi delle Ande, qui ha trovato la posizione perfetta la zona principe della produzione è Lujan de Cuyo de Mendoza, capitale del vino Argentino.

Il Malbec è stato lo slancio economico per la cultura vinicola Argentina.

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Vini bevuti e consigliati:

La Gostra Del Vino Bacàn Malbec 2011 (Mendoza)

Bodega Aleanna  El Enemigo 2011 (Mendoza)

Finca La Luz Malbec 2014  (Malbec valle De Uco)

Bodega Rolland Yacochuya Malbec 2006 (Salta)

Achaval Ferrer Finca Altamira 2012 Malbec (Mendoza)

Ruitini Wines Apartado gran Malbec 2010 (Mendoza)

Bodega Rolland Val De Flores  Malbec 2004 (Mendoza)

 

Il colore è magnifico, l’olfatto è molto intenso, incentrato sui f rutti neri e note di catrame, il palato è rotondo i tannini sono morbidi, un vino ben elaborato.

 

Il vino che mi è piaciuto di più di: Bodega Rolland Yacochuya Malbec 2006

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Un’esperienza bellissima, gli assaggi di questi straordinari vini lasciano impressi nel palato ricordi indelebili, che come ogni grande vino assaggiato hanno il potere di appagare la costante sete di eccellenze, nel corso di questa rassegna avevo previsto di assaggiare qualche buon Malbec, ma, dopo il mio incontro diretto con diverse varietà, non avrei mai immaginato di trovarmi in una realtà vinicola così dinamica e evoluta, e ancor più armonica.

Il mio consiglio? Chiudo dicendo, comunicare un valore è cultura soggettiva o collettiva, quindi cari degustatori se non avete provato ancora un calice di Malbec non c’è ragione migliore per porvi rimedio, stappatene una bottiglia, magari abbinata ad una succosa bistecca di carne rossa.

 

A voi il giudizio.

 

 

 

 

 

Il Premio Internazionale Standout Woman all’artista Bonaria Manca

Nella meravigliosa cornice di Tuscania, antica cittadina etrusca immersa nella Maremma laziale, la Consigliera di Parità della provincia di Brescia, Anna Maria Gandolfi insieme a Daniela Sanguanini, componente del comitato di valutazione, alla presenza del Sindaco di Tuscania Fabio Bartolacci, hanno consegnato il premio Internazionale Standout Woman Award – edizione 2016 – a Bonaria Manca, un’artista che ha dipinto la sua vita attraverso una forma d’arte unica nel suo genere. Una donna fiera , che ha affrontato le difficoltà della vita a testa alta.

Stefano Pigolotti vicino all'opera dell'artista
Stefano Pigolotti vicino all’opera dell’artista

L’arte di Bonaria non è nuova nel bresciano infatti, nel 2014 l’imprenditore Stefano Pigolotti, seguendone la vita e le opere, decise di sostenere questa straordinaria artista.

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“L’arte di Bonaria è incomparabile, figlia di una forza d’animo degna di una donna fiera, coraggiosa, innovativa e non conformista“ dichiara il Dott. Pigolotti che ha visitato Bonaria Manca nella sua casa museo abbracciando la filosofia di vita, la dignità e il coraggio di questa donna straordinaria.
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È nella sensibilità di capire l’anima dell’imprenditore, miscelata alla grande competenza professionale, che si può individuare un punto di contatto con la delicatezza interpretativa di Bonaria abbinata alla fiera determinazione che connotano l’artista sarda.
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“L’incontro con Bonaria” continua Pigolotti “è stato denso di emozioni, magico direi. Scambiare qualche battuta e condividere le sue illuminazioni artistiche è stato un privilegio. Un regalo che ha ispirato, e ulteriormente motivato, il mio percorso professionale al servizio dell’imprenditoria italiana”L’avvicinamento del mondo delle imprese a quello dell’arte è sicuramente una sfida molto complicata, ma riuscire a vincerla innescherebbe una formula magica che permetterebbe di aumentare, tramite il fascino artistico, il benessere aziendale di ogni impresa generando maggiori performaces” 

Vinitaly 20016 E I Suoi Primi 50 Anni

Il ritorno al Vinitaly è sempre un’esperienza che rende ancor più incantevole il rapporto col settore vinicolo, sia da parte degli eccezionali produttori, che dagli innumerevoli personaggi e stimatori del vino per eccellenza, il 50°anno si dimostra molto attivo ed energico, quattro giorni dove il prestigio, la memoria, la grandezza del settore vinicolo sottolinea non ha frontiere.

Domenica 10 aprile il debutto di apertura per poi concludersi mercoledì 13 aprile, in questo splendido soggiorno ci avventuriamo per testimoniarvi le numerose varietà di cantine e non solo, protagoniste di questo meraviglioso mondo.

Citiamo un po’ di numeri 150mila visitatori più di 4.100 espositori oltre 4mila aziende da 24 Paesi, che operano in rappresentanza di tutti i continenti.

Siamo al banco di prova, affianco ad una grande professionista, Rosita Dorigo, food desing è precisa degustatrice di grande rispetto, scegliamo il lunedì di un secondo giorno apparentemente meno frenetico, anche il vino ha le sue olimpiadi, e nel segno di un virtuoso ode al vino iniziamo la nostra ascesa alla personalissima winelist .

Alcuni sono intensi, profumati, morbidi fruttati, dotati di ricche storie che recitano anniversari d’annata, grandi degustazioni ci hanno portato a testare le proprietà organolettiche di eccezionali cantine, dove la parola che gli accomuna tutte, è, winepassion!

Una particolare emozione c’è arrivata da alcune particolari degustazioni.

 

Siamo nella zona DOC del Collio, padron Gianni e Giorgio Venica, raccolta in 37 ettari situati su differenti colline, ci accomodiamo dopo un breve scambio di cordiali convenevoli, ma c’è da dire che la famiglia Venica a completo è affabile e attenta a comunicare la sua devozione, “quella di produrre vino”, il primo calice di benvenuto, Sauvignon Collio Ronco delle mele DOC, la prima caratteristica che spicca al palato è la sua sapidità, indubbiamente fresco, un vino che dei profumi intensi, frutti gialli, un vino bianco diretto. (calice avvolgente).

 

Castello delle Regine storici vigneti, l’Umbria terra di tartufi e vignaioli, loro sono maestri in questa nobile arte, ma non è l’unica dote potente che hanno, l’azienda estesa in circa 400 ettari di terreno, dove sorgono diverse culture, come l’allevamento di bovini Chianini, gode inoltre di un complesso turistico capace di lasciarti nel cuore un pezzetto della loro realtà, “ te ne innamori”. I suoi vini sono piccoli capolavori, una bella armonia nel calice del Merlot IGT, la Barrique si percepisce, ha una struttura capricciosa, perché si fa notare per le sue caratteristiche, frutti maturi e buona persistenza. Grande cantina.

Maso Martis, Antonio e Roberta Stelzer, per chi ha nel cuore il Trentodoc non può non apprezzare questa famiglia di produttori, parliamo di riserva uve selezionate tra Chardonnay e Pinot Nero rispettivamente nella misura del 30% e 70%, un gusto morbido,bouquet molto delicato, incisivo, saporito, eccentrico, fresco, e di lunga durata, persiste al palato, è innegabile dire che è una chicca dell’azienda. Nel Trentino si trovano sempre delle etichette indimenticabili.

Il vino a volte è come l’età matura, generosa e sapiente, è come l’età che lo caratterizza, ampio e morbido, dico questo parlando di un’incredibile sorpresa, l’Amarone della Valpolicella DOC Pietro dal Cero Cà dei Frati 2009, si perché la cantina Ca Dei Frati, ama il vino, quindi vendemmia uve Corvina, Corvinone, Rondinella e Croatina, coltivate nei vigneti di Pian di Castagnè, sulle colline Veronesi, ha catturato subito il mio interesse, frutto di uno stile sapiente, qui davvero sono stati bravi, è un 2009, ma sembra più maturo, deciso, amarena e cioccolato sono le noti principali insieme a un lieve tocco di tabacco, il suo colore è intenso, rosso rubino scuro, non si smentisce merita una grande riverenza. Il tocco della pienezza dell’Amarone

IMG_3348La passione ci dà gli strumenti necessari per creare la nostra sostanza, così come nella cultura vinicola è un valore imprescindibile insieme alle sue mille sfumature associate. Il vino ci comunica sensazioni, esperienze che si snodano lungo radici, tradizioni vissute e tramandate, c’è chi afferma che il vino possiede un’anima, l’anima delle persone che lo lavorano, che lo crescono, questo fa riflettere, perché dentro a quella bottiglia esistono tante cose, e se si riesce ad immaginarlo, ogni nota del vino che si degusta sarà un segreto svelato.

 

 

 

 

 

 

Benvenuto Bistrot Il Focus Gourmet di Autogrill

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Il gusto e il sapore di una volta, “Benvenuto Bistrot” Autogrill la prima multinazionale nei servizi di ristorazione per chi viaggia lancia un nuovo concept, la sostenibilità sta alla base di questo nuovo criterio, un valore che rappresenta la cultura gastronomica della tradizione, sapori antichi e nuovi, familiari e ruspanti, un grande ritorno alla sostanza, il prodotto artigianale vuole essere una scelta che si differenza sempre da un sapore standard, la capacità di coordinare un modello che sia in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione nel rispetto delle risorse è una delle principali combinazioni che l’azienda Autogrill difende, l’amministratore Delegato Gianmario Tondato Da Ruos, afferma che la sostenibilità è la guida per innovare costantemente e allacciare partnership con gli enti, le imprese e le istituzioni più prestigiose.

Se ci riflettiamo bene non esiste la tradizione senza l’innovazione, e Autogrill negli ultimi dieci anni ha conseguito diversi accordi produttivi con la complicità del territorio, ha voluto lanciare un concpet dal valore aggiunto, una realtà già nota a Milano dal 2013, con Bistrot Milano Centrale e Il Mercato del Duomo, proprio lui premiato come miglior brand identity al Gran Prix 2016 – ma, anche, negli aeroporti di Roma Fiumicino, Dusseldorf, Helsinki, Ginevra e la stazione ferroviaria di Utrecht, in Olanda, un posto non solo familiare in tutte le sue declinazioni, ma un ritorno professionale che un azienda come solo Autogrill sa rappresentare, nel 2016 il gruppo decide di lanciare la linea Bistrot sostenibile anche in autostrada, con l’apertura del primo Bistrot presso la storica area di servizio di Fiorenzuola d’Arda. (PC), autostrada A1.

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Siamo presenti all’inagurazione del lancio ufficiale, insieme agli esponenti del gruppo e i numerosi giornalisti e addetti ai lavori, produttori, un incontro che comunica un esempio vincente di fare ristorazione, e al tempo stesso tramandare la migliore tradizione Italiana.

Presenti Ezio Ballarini Direttore Marketing Autogrill Group, Andrea Olivero, Vice Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Silvio Barbero, Vice Presidente L’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, una collaborazione che è stata premiata come Best Railway F&B Offer ai FAB awards 2013, è un concept emblematico del nuovo modo di fare ristorazione del Gruppo. Modera Luigi Gia caporedattore la Repubblica, Affari&Finanza.

Un punto di partenza che ha dietro le spalle riconoscimenti ed incrementi, certamente non finiranno qui le iniziative, ma intanto godiamoci questa anticipazione, il Bistrot è organizzato per banconi in modo che il cliente abbia libera scelta nel consumare il pasto che più gli aggrada, nel rispetto di un consumo più fugace, o nella tempo di un pausa gourmet dedicata ad un approccio totalmente gratificante.

Il forno sforna pane e pizza da impasto con lievito madre, centrifughe frullati freschi, il corner caffetteria ha un’accurata selezione dei migliori prodotti di pasticceria del territorio e di produzione propria.

Il dettaglio della pasta fresca si può ammirare direttamente dal laboratorio a vista, l’appetito prende forma un primo che posta l’attenzione direttamente dalla filiera, “quando si dice un primo eccellente”, per l’angolo bakery; la cosiddetta cucina di strada porta avanti i piatti tipici della tradizione gastronomica regionale a braccio col il wine bar che propone anche un’ampia selezione di birre artigianali.

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I fornitori ufficiali del Bistrot, diamo qualche nome come fonte inesauribile di garanzia: Parmareggio leader nel settore al livello mondiale, Cavaliere Uberto Boschi Salumi tipici della provincia di Parma, Salumificio Giordano, salumi della provincia di Piacenza, Fratelli Salini salumificio, azienda agricola Pisaroni e Pizzavacca prodotti di punta e celebre giardiniera, caseficio Fior di Latte latticini e formaggi di Alessio Mogliani, pastificio Fontana, azienda agricola Morini, per la qualità della carne, azienda agricola Eugenio Percossi produzione di patate, Golosi di Salute la creature di Luca Montersino, pasticceria Perrazzi, Bardini cioccolateria, azienda vinicola Chiarli.

Lo sguardo alla location ha il suo mood caratteristico, spicca il lato artigianale di un classico Bistrot, si ma polifunzionale, parquet, complementi d’arredo rustici, decori, piastrelle, comunica a chi ha il piacere di una sosta una dimensione accogliente, con la sua esperienza al servizio del gusto tradizionale.

Un’esperienza intorno al gusto, trovo tutto questo molto bello, una sorta di ritorno alle origini ma con la capacità di fondere l’innovazione avvalorando la sostenibilità del territorio.

Noi c’eravamo.

Quindi cari avventori delle soste, se lungo il tragitto autostradale vi trovate presso la tratta A1 dell’area Pavesi di Fiorenzuola d’Arda, fermi e senza esitazioni dateci il vostro contributo, perché il cliente ha sempre (o quasi) ragione.

 

 

 

Art & wine Dipingere Col Vino- Mostra D’Arte Contemporanea Ezio Ferraris

sconosciuto 1.01.25 PMCi sono storie vere, e storie vere straordinarie, quando l’arte si fonde con la sostanza di esprimersi attraverso un soggetto di alto valore come il vino si crea una sorta di magia che rende unici e senza eguali arte e artisti.

“Il vino è un valore reale che ci dà l’irreale”, è una bellissima frase di Luigi Veronelli con un chiaro pensiero, cultura, passione, arte, cibo, vino, celebrano un grande modello di vita, la tradizione, e l’Italia è ricca di contenuti dove ha costruito la propria opera, il vino come l’arte è un linguaggio universale dove hanno trovato spazio del proprio estro molti artisti, Art & Wine Magazybook Club presieduta da Fabio Carisio, giornalista, critico e curatore d’arte, in collaborazione con la Cantina Comunale di La Morra guidata da Giorgio Viberti ha unito un parterre di artisti da sei regioni d’Italia che esibiscono in una mostra collettiva con gli artisti di Art & Wine Club Barolo Pantings, sulle opere dedicate al vino una realtà già nata nel 2014 con il contributo fondamentale della compianta Claudia Ferraresi, artista, giornalista e donna del vino.

Il programma della prossima mostra è dedicata ad un artista dal genere singolare, Ezio Ferraris già apprezzato dalla critica e dai collezionisti per l’originalità della sua espressione pittorica che utilizza come unico elemento il vino e le vinacce, si è ritrovato acclamato e stimato in una recente esposizione a Venezia durante l’evento Call’Art, mostra ufficiale del Carnevale di Venezia, Ferraris ha guardato dentro se stesso, e dentro chi l’arte la osserva rapito, bensì ha sperimenta la sua tecnica di pittura contemporanea l’impronta enoica, non certamente semplice da attuare visto la complessità del fluido, Ferraris ha dato una grande svolta alla sua tecnica di lavorazione sulla carta, tramite l’utilizzo di speciali gommature, così da riuscire a cimentarsi nell’espressione figurativa. Ma diamo seguito a un dettaglio che esprime eleganza, la sapiente tecnica di calibrazione dei vini (Nebbiolo, Barbera, Dolcetto), di differenti annate rendono ricche le sfumature dei timbri cromatici a cui si addiziona l’impiego di vinacce al fine di dare consistenza anche materica ai dipinti, soprattutto in alcune opere di figurazione astrattiva-informale.

Ma chi è Ezio Ferraris per chi non lo conoscesse, diamo un identikit sul percorso biografico e sulla critica, il wine painting innanzitutto è una nuova forma di espressione materiale di fare pittura, oggettiva, primordiale, lontana da un’identità idealistica, sottolineando la propria identità di individuo e di artista nel suo luogo di nascita attraverso una materia che è attinente al suo territorio, il vino, e ne è parte integrante, viva, pulsante di cui le verdi colline di Agliano Terme ne sono testimonianza. Materiali utilizzati: solfato di rame in cristalli, poltiglia bordolese in polvere, zolfo in polvere,
varie tipologie di terre,
tralci di vite,
foglie di vite,
vinaccia,
vinaccioli,
acini di uva dopo la torchiatura. Vini: Barbera, Grignolino, Nebbiolo.

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Ezio Ferraris è di Agliano Terme, classe 1957 è uno dei pittori che meglio rappresenta la filosofia Art & Wine, le sue creazioni in raffinata carta Hammer-Schoeller diventano elemento sostanziale dell’opera d’arte proprio il pregiato nettare di Barbera, Nebbiolo, Grignolino, Freisa ed altri vitigni tipici del Monferrato, così come i depositi (fecce vinacce e acini in fermentazione).

 

 

 

 

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Non vuole essere di certo una classifica alle provocazioni, come spesso le capacità artistiche si evolvono in certe correnti, Ferraris ha seguito un’evoluzione pittorica nel suo genere, unendo l’arte al vino più di quanto simbolicamente e tecnicamente è stato fatto, lanciando inoltre nel mercato dell’arte la sua eclettica personalità, accumulando consensi e favori non solo dalla critica, ma già da innumerevoli collezionisti dei suoi dipinti.

La mostra si terrà dal 2 al 16 aprile presso la cantina comunale di La Mora (Cn) personale di arte contemporanea di EZIO FERRARIS – Wine Painting a cura di Fabio Carisio, Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato. Partner: Art & Wine Club, Art & Wine Magazybook

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Enrico Ballani: professione architetto paesaggista

L’architetto paesaggista è colui si occupa della progettazione di ambienti esterni, unendo competenze tecniche e creatività per valorizzare le potenzialità degli spazi esterni.

Architettura del paesaggio, un settore ancora poco conosciuto in Italia… Qual è la situazione attuale?

Enrico Ballani
Enrico Ballani

La figura professionale dell’architetto paesaggista è ancora poco conosciuta sul territorio italiano. Basta pensare che se chiedessimo ad una persona qualsiasi “a chi si rivolgerebbe per migliorare l’aspetto del proprio giardino?”, la risposta sarebbe sicuramente, il vivaista o il giardiniere. Sicuramente queste figure professionali sapranno riqualificare la vegetazione del giardino, ma non terranno conto dell’ambiente privato o pubblico in cui si trova l’area la riorganizzare e che cosa vi è nei dintorni. La progettazione di un’area non è solo vegetazione, e il buon risultato si ha con il giusto equilibrio di materiali e colori che si uniscono al contesto.

L’Italia in questo campo dimostra di non essere al passo con il resto d’Europa e del mondo, sia che parliamo di verde privato che di verde pubblico. È comunque più facile sentirne parlare nel privato, in quanto, sembra da qualche anno cresciuto l’interesse delle persone nei confronti di professionisti come l’architetto, l’interior design, l’arredatore.

Come si diventa architetto paesaggista?

A oggi sono ancora poche le università Italiane che insegnano questa professione: Firenze, Genova, Torino, Napoli. Io ho scelto di frequentare a Firenze anche per la profonda tradizione artistica insita nella città.

Ma per diventare architetti paesaggisti è sicuramente indispensabile avere una buona immaginazione e tanta creatività, che permettano di vedere il progetto finito già nel momento in cui si ispeziona il sito per la prima volta.

Senza dubbio la formazione superiore all’istituto agrario, e la laurea in Riassetto del Territorio e tutela del paesaggio, hanno facilitato la mia conoscenza delle piante, del loro mantenimento, oltre che del loro utilizzo.

Sono in molti a chiedersi il modo in cui nasce il progetto di un terrazzo o di un giardino. Quali sono i suoi punti di riferimento iniziali?

Il progetto nasce dall’analisi, l’osservazione e la conoscenza del sito. Tutte queste nozioni di base vengono poi elaborate dall’architetto paesaggista con la sua creatività e la conoscenza dei nuovi materiali in commercio. Si creano delle proposte che vengono fatte visionare dal cliente, che potrà indirizzare in altro modo o essere concorde con l’architetto. Naturalmente si cerca sempre di trovare la soluzione migliore per il cliente, ma spesso mi trovo nella posizione di poter consigliare il cliente in modo da utilizzare prodotti e arredi di nuova generazione e soprattutto materiali di lunga durata che avranno un deperimento minimo nel corso del tempo e manterranno il progetto pulito e ordinato a lungo.

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Tanto in città quanto in campagna si vedono sempre più spesso giardini meravigliosi strutturati. Ma chi è il committente-tipo di un paesaggista?

Il committente tipo è colui che riconosce la posizione professionale dell’architetto paesaggista e sa cosa sta cercando, ovvero sa come utilizzerà l’area che ci si presta a riorganizzare, e che giorno dopo giorno se ne prenderà cura. È inoltre colui che si fida dei consigli dell’architetto paesaggista e si confronta con lui per arrivare al risultato migliore. È colui che sa che il giardino non termina nel momento in cui viene consegnato il progetto, ma che lo aiuterà a mantenersi nel tempo. Il giardino, infatti inizierà a vivere nel momento della consegna dei lavori.

È possibile oggi realizzare un terrazzo o un giardino a bassa manutenzione , che richieda poca attenzione da parte del proprietario e che, ad esempio, possa vivere con un minimo di acqua, o che si illumini di notte con poca energia elettrica. Per dirlo con una sola parola: è possibile progettare un terrazzo o un giardino “sostenibili”?

Si è possibile. Oggi in commercio possiamo trovare materiali innovativi e piante autoctone che ne permettono la realizzazione. Legni trattati per esterni, materiali composti in WPC (wood plastic composite), plastiche lavorate che diventano tessuti, metalli e resine per la formazione di sedute, vasche, ecc.. Anche se non dobbiamo dimenticare che un minimo sforzo per la cura del nostro giardino o del nostro terrazzo, dovremmo sempre farlo. Non esiste nessun area verde, se pur sostenibile che non necessiti, anche se magari in minima parte di manutenzione e cura.

Quali sono le novità più interessanti del settore?

Le novità sono i materiale che ogni giorno vengo creati o riproposti come elementi di valore che arricchiscono il progetto stesso. Ma la cosa più caratteristica del momento è l’utilizzo di pareti e tetti verdi che possono trasformare gli spazi in modo più naturale. Trasmettono un maggior senso armonico e distolgono l’attenzione dallo stress quotidiano.

Per concludere, con quanto l’amore per il giardino, per il paesaggio e per la sua professione ha arricchito la sua vita?

L’amore per questo lavoro lo trasmetto al committente ogni qualvolta mi trovo davanti la possibilità di cominciare un lavoro. Sicuramente il fatto di essere cresciuto in campagna ha segnato profondamente il mio amore per la natura e mi ha portato a guardarla con occhi diversi. Gli occhi di chi guarda con la conoscenza e lo studio dalla sua parte, per essere sempre pronti a rinnovarsi, innovarsi e cercare nuove prospettive. I miei studi sono stati una conseguenza prevedibile del modo in cui ho trascorso la mia infanzia, e sicuramente la creatività dei miei genitori ha inconsciamente posto le basi per la mia attività professionale.

Intervista svolta nell’ambito del corso di Interior Design dell’Accademia Telematica Europea

 

Olivetti design Contest: Giovani Designer ripensano le tecnologie del punto vendita

L’incontro al Circolo del design – primo di una serie di appuntamenti in Italia – ripercorrerà il rapporto fra design e innovazione tecnologica – da sempre la cifra del successo di Olivetti – illustrerà il metodo e il processo che hanno condotto all’Olivetti Design Contest e darà voce ai protagonisti e tratterà del rapporto designer/azienza, progetto/prodotto, con un focus sulla difficile relazione tra giovani e imprese, innovazione e tradizione.

olivetti_design_contestQuesta iniziativa riafferma non solo la centralità del design per Olivetti ma anche l’importanza di coinvolgere i giovani e le scuole nei processi creativi propedeutici al lancio di un nuovo prodotto.

Nei fatti un caso concreto ed efficace di open innovation il cui oggetto non è la tecnologia ma i metodi e le suggestioni del design.

“L’iniziativa rinnova la tradizione di grande attenzione per il design che da oltre un secolo Olivetti affianca all’innovazione e alla sperimentazione, nella convinzione che la bellezza sia un driver fondamentale anche per l’industria. L’ampia centralità data ai giovani e le importanti esperienze di collaborazione nell’ambito dell’industrial design ne sono la testimonianza” afferma Riccardo Delleani, Amministratore Delegato di Olivetti.

MERCOLEDÌ 30 MARZO, ore 18:30 – 20:00
OLIVETTI Design Contest: giovani designer ripensano le tecnologie nel punto vendita 

Programma dell’evento:

– Benvenuto (Paolo Maccarrone – Direttore Circolo del Design di Torino)

– La tradizione Olivetti come driver dell’innovazione
(Federica Moroni – Responsabile Institutional & External Relations Olivetti)

– La tradizione olivettiana del design e il suo recupero tramite l’open innovation
(Andrea Granelli – Presidente Associazione Archivio Storico Olivetti)

– Il vissuto del contest da parte dei giovani designer
(Emanuele Cappelli – designer)

– Le testimonianze dei progetti premiati / menzionati
(modera Emanuele Cappelli)

– La cultura progettuale e l’alternanza scuola lavoro
(Pier Paolo Peruccio, Politecnico di Torino)

Per una settimana saranno esposte al Circolo del Design le tavole del concorso e alcuni registratori di cassa storici e di ultima generazione.

Per info: [email protected]