Vinitaly 20016 E I Suoi Primi 50 Anni

Il ritorno al Vinitaly è sempre un’esperienza che rende ancor più incantevole il rapporto col settore vinicolo, sia da parte degli eccezionali produttori, che dagli innumerevoli personaggi e stimatori del vino per eccellenza, il 50°anno si dimostra molto attivo ed energico, quattro giorni dove il prestigio, la memoria, la grandezza del settore vinicolo sottolinea non ha frontiere.

Domenica 10 aprile il debutto di apertura per poi concludersi mercoledì 13 aprile, in questo splendido soggiorno ci avventuriamo per testimoniarvi le numerose varietà di cantine e non solo, protagoniste di questo meraviglioso mondo.

Citiamo un po’ di numeri 150mila visitatori più di 4.100 espositori oltre 4mila aziende da 24 Paesi, che operano in rappresentanza di tutti i continenti.

Siamo al banco di prova, affianco ad una grande professionista, Rosita Dorigo, food desing è precisa degustatrice di grande rispetto, scegliamo il lunedì di un secondo giorno apparentemente meno frenetico, anche il vino ha le sue olimpiadi, e nel segno di un virtuoso ode al vino iniziamo la nostra ascesa alla personalissima winelist .

Alcuni sono intensi, profumati, morbidi fruttati, dotati di ricche storie che recitano anniversari d’annata, grandi degustazioni ci hanno portato a testare le proprietà organolettiche di eccezionali cantine, dove la parola che gli accomuna tutte, è, winepassion!

Una particolare emozione c’è arrivata da alcune particolari degustazioni.

 

Siamo nella zona DOC del Collio, padron Gianni e Giorgio Venica, raccolta in 37 ettari situati su differenti colline, ci accomodiamo dopo un breve scambio di cordiali convenevoli, ma c’è da dire che la famiglia Venica a completo è affabile e attenta a comunicare la sua devozione, “quella di produrre vino”, il primo calice di benvenuto, Sauvignon Collio Ronco delle mele DOC, la prima caratteristica che spicca al palato è la sua sapidità, indubbiamente fresco, un vino che dei profumi intensi, frutti gialli, un vino bianco diretto. (calice avvolgente).

 

Castello delle Regine storici vigneti, l’Umbria terra di tartufi e vignaioli, loro sono maestri in questa nobile arte, ma non è l’unica dote potente che hanno, l’azienda estesa in circa 400 ettari di terreno, dove sorgono diverse culture, come l’allevamento di bovini Chianini, gode inoltre di un complesso turistico capace di lasciarti nel cuore un pezzetto della loro realtà, “ te ne innamori”. I suoi vini sono piccoli capolavori, una bella armonia nel calice del Merlot IGT, la Barrique si percepisce, ha una struttura capricciosa, perché si fa notare per le sue caratteristiche, frutti maturi e buona persistenza. Grande cantina.

Maso Martis, Antonio e Roberta Stelzer, per chi ha nel cuore il Trentodoc non può non apprezzare questa famiglia di produttori, parliamo di riserva uve selezionate tra Chardonnay e Pinot Nero rispettivamente nella misura del 30% e 70%, un gusto morbido,bouquet molto delicato, incisivo, saporito, eccentrico, fresco, e di lunga durata, persiste al palato, è innegabile dire che è una chicca dell’azienda. Nel Trentino si trovano sempre delle etichette indimenticabili.

Il vino a volte è come l’età matura, generosa e sapiente, è come l’età che lo caratterizza, ampio e morbido, dico questo parlando di un’incredibile sorpresa, l’Amarone della Valpolicella DOC Pietro dal Cero Cà dei Frati 2009, si perché la cantina Ca Dei Frati, ama il vino, quindi vendemmia uve Corvina, Corvinone, Rondinella e Croatina, coltivate nei vigneti di Pian di Castagnè, sulle colline Veronesi, ha catturato subito il mio interesse, frutto di uno stile sapiente, qui davvero sono stati bravi, è un 2009, ma sembra più maturo, deciso, amarena e cioccolato sono le noti principali insieme a un lieve tocco di tabacco, il suo colore è intenso, rosso rubino scuro, non si smentisce merita una grande riverenza. Il tocco della pienezza dell’Amarone

IMG_3348La passione ci dà gli strumenti necessari per creare la nostra sostanza, così come nella cultura vinicola è un valore imprescindibile insieme alle sue mille sfumature associate. Il vino ci comunica sensazioni, esperienze che si snodano lungo radici, tradizioni vissute e tramandate, c’è chi afferma che il vino possiede un’anima, l’anima delle persone che lo lavorano, che lo crescono, questo fa riflettere, perché dentro a quella bottiglia esistono tante cose, e se si riesce ad immaginarlo, ogni nota del vino che si degusta sarà un segreto svelato.

 

 

 

 

 

 

Benvenuto Bistrot Il Focus Gourmet di Autogrill

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Il gusto e il sapore di una volta, “Benvenuto Bistrot” Autogrill la prima multinazionale nei servizi di ristorazione per chi viaggia lancia un nuovo concept, la sostenibilità sta alla base di questo nuovo criterio, un valore che rappresenta la cultura gastronomica della tradizione, sapori antichi e nuovi, familiari e ruspanti, un grande ritorno alla sostanza, il prodotto artigianale vuole essere una scelta che si differenza sempre da un sapore standard, la capacità di coordinare un modello che sia in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione nel rispetto delle risorse è una delle principali combinazioni che l’azienda Autogrill difende, l’amministratore Delegato Gianmario Tondato Da Ruos, afferma che la sostenibilità è la guida per innovare costantemente e allacciare partnership con gli enti, le imprese e le istituzioni più prestigiose.

Se ci riflettiamo bene non esiste la tradizione senza l’innovazione, e Autogrill negli ultimi dieci anni ha conseguito diversi accordi produttivi con la complicità del territorio, ha voluto lanciare un concpet dal valore aggiunto, una realtà già nota a Milano dal 2013, con Bistrot Milano Centrale e Il Mercato del Duomo, proprio lui premiato come miglior brand identity al Gran Prix 2016 – ma, anche, negli aeroporti di Roma Fiumicino, Dusseldorf, Helsinki, Ginevra e la stazione ferroviaria di Utrecht, in Olanda, un posto non solo familiare in tutte le sue declinazioni, ma un ritorno professionale che un azienda come solo Autogrill sa rappresentare, nel 2016 il gruppo decide di lanciare la linea Bistrot sostenibile anche in autostrada, con l’apertura del primo Bistrot presso la storica area di servizio di Fiorenzuola d’Arda. (PC), autostrada A1.

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Siamo presenti all’inagurazione del lancio ufficiale, insieme agli esponenti del gruppo e i numerosi giornalisti e addetti ai lavori, produttori, un incontro che comunica un esempio vincente di fare ristorazione, e al tempo stesso tramandare la migliore tradizione Italiana.

Presenti Ezio Ballarini Direttore Marketing Autogrill Group, Andrea Olivero, Vice Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Silvio Barbero, Vice Presidente L’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, una collaborazione che è stata premiata come Best Railway F&B Offer ai FAB awards 2013, è un concept emblematico del nuovo modo di fare ristorazione del Gruppo. Modera Luigi Gia caporedattore la Repubblica, Affari&Finanza.

Un punto di partenza che ha dietro le spalle riconoscimenti ed incrementi, certamente non finiranno qui le iniziative, ma intanto godiamoci questa anticipazione, il Bistrot è organizzato per banconi in modo che il cliente abbia libera scelta nel consumare il pasto che più gli aggrada, nel rispetto di un consumo più fugace, o nella tempo di un pausa gourmet dedicata ad un approccio totalmente gratificante.

Il forno sforna pane e pizza da impasto con lievito madre, centrifughe frullati freschi, il corner caffetteria ha un’accurata selezione dei migliori prodotti di pasticceria del territorio e di produzione propria.

Il dettaglio della pasta fresca si può ammirare direttamente dal laboratorio a vista, l’appetito prende forma un primo che posta l’attenzione direttamente dalla filiera, “quando si dice un primo eccellente”, per l’angolo bakery; la cosiddetta cucina di strada porta avanti i piatti tipici della tradizione gastronomica regionale a braccio col il wine bar che propone anche un’ampia selezione di birre artigianali.

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I fornitori ufficiali del Bistrot, diamo qualche nome come fonte inesauribile di garanzia: Parmareggio leader nel settore al livello mondiale, Cavaliere Uberto Boschi Salumi tipici della provincia di Parma, Salumificio Giordano, salumi della provincia di Piacenza, Fratelli Salini salumificio, azienda agricola Pisaroni e Pizzavacca prodotti di punta e celebre giardiniera, caseficio Fior di Latte latticini e formaggi di Alessio Mogliani, pastificio Fontana, azienda agricola Morini, per la qualità della carne, azienda agricola Eugenio Percossi produzione di patate, Golosi di Salute la creature di Luca Montersino, pasticceria Perrazzi, Bardini cioccolateria, azienda vinicola Chiarli.

Lo sguardo alla location ha il suo mood caratteristico, spicca il lato artigianale di un classico Bistrot, si ma polifunzionale, parquet, complementi d’arredo rustici, decori, piastrelle, comunica a chi ha il piacere di una sosta una dimensione accogliente, con la sua esperienza al servizio del gusto tradizionale.

Un’esperienza intorno al gusto, trovo tutto questo molto bello, una sorta di ritorno alle origini ma con la capacità di fondere l’innovazione avvalorando la sostenibilità del territorio.

Noi c’eravamo.

Quindi cari avventori delle soste, se lungo il tragitto autostradale vi trovate presso la tratta A1 dell’area Pavesi di Fiorenzuola d’Arda, fermi e senza esitazioni dateci il vostro contributo, perché il cliente ha sempre (o quasi) ragione.

 

 

 

Art & wine Dipingere Col Vino- Mostra D’Arte Contemporanea Ezio Ferraris

sconosciuto 1.01.25 PMCi sono storie vere, e storie vere straordinarie, quando l’arte si fonde con la sostanza di esprimersi attraverso un soggetto di alto valore come il vino si crea una sorta di magia che rende unici e senza eguali arte e artisti.

“Il vino è un valore reale che ci dà l’irreale”, è una bellissima frase di Luigi Veronelli con un chiaro pensiero, cultura, passione, arte, cibo, vino, celebrano un grande modello di vita, la tradizione, e l’Italia è ricca di contenuti dove ha costruito la propria opera, il vino come l’arte è un linguaggio universale dove hanno trovato spazio del proprio estro molti artisti, Art & Wine Magazybook Club presieduta da Fabio Carisio, giornalista, critico e curatore d’arte, in collaborazione con la Cantina Comunale di La Morra guidata da Giorgio Viberti ha unito un parterre di artisti da sei regioni d’Italia che esibiscono in una mostra collettiva con gli artisti di Art & Wine Club Barolo Pantings, sulle opere dedicate al vino una realtà già nata nel 2014 con il contributo fondamentale della compianta Claudia Ferraresi, artista, giornalista e donna del vino.

Il programma della prossima mostra è dedicata ad un artista dal genere singolare, Ezio Ferraris già apprezzato dalla critica e dai collezionisti per l’originalità della sua espressione pittorica che utilizza come unico elemento il vino e le vinacce, si è ritrovato acclamato e stimato in una recente esposizione a Venezia durante l’evento Call’Art, mostra ufficiale del Carnevale di Venezia, Ferraris ha guardato dentro se stesso, e dentro chi l’arte la osserva rapito, bensì ha sperimenta la sua tecnica di pittura contemporanea l’impronta enoica, non certamente semplice da attuare visto la complessità del fluido, Ferraris ha dato una grande svolta alla sua tecnica di lavorazione sulla carta, tramite l’utilizzo di speciali gommature, così da riuscire a cimentarsi nell’espressione figurativa. Ma diamo seguito a un dettaglio che esprime eleganza, la sapiente tecnica di calibrazione dei vini (Nebbiolo, Barbera, Dolcetto), di differenti annate rendono ricche le sfumature dei timbri cromatici a cui si addiziona l’impiego di vinacce al fine di dare consistenza anche materica ai dipinti, soprattutto in alcune opere di figurazione astrattiva-informale.

Ma chi è Ezio Ferraris per chi non lo conoscesse, diamo un identikit sul percorso biografico e sulla critica, il wine painting innanzitutto è una nuova forma di espressione materiale di fare pittura, oggettiva, primordiale, lontana da un’identità idealistica, sottolineando la propria identità di individuo e di artista nel suo luogo di nascita attraverso una materia che è attinente al suo territorio, il vino, e ne è parte integrante, viva, pulsante di cui le verdi colline di Agliano Terme ne sono testimonianza. Materiali utilizzati: solfato di rame in cristalli, poltiglia bordolese in polvere, zolfo in polvere,
varie tipologie di terre,
tralci di vite,
foglie di vite,
vinaccia,
vinaccioli,
acini di uva dopo la torchiatura. Vini: Barbera, Grignolino, Nebbiolo.

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Ezio Ferraris è di Agliano Terme, classe 1957 è uno dei pittori che meglio rappresenta la filosofia Art & Wine, le sue creazioni in raffinata carta Hammer-Schoeller diventano elemento sostanziale dell’opera d’arte proprio il pregiato nettare di Barbera, Nebbiolo, Grignolino, Freisa ed altri vitigni tipici del Monferrato, così come i depositi (fecce vinacce e acini in fermentazione).

 

 

 

 

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Non vuole essere di certo una classifica alle provocazioni, come spesso le capacità artistiche si evolvono in certe correnti, Ferraris ha seguito un’evoluzione pittorica nel suo genere, unendo l’arte al vino più di quanto simbolicamente e tecnicamente è stato fatto, lanciando inoltre nel mercato dell’arte la sua eclettica personalità, accumulando consensi e favori non solo dalla critica, ma già da innumerevoli collezionisti dei suoi dipinti.

La mostra si terrà dal 2 al 16 aprile presso la cantina comunale di La Mora (Cn) personale di arte contemporanea di EZIO FERRARIS – Wine Painting a cura di Fabio Carisio, Associazione per il Patrimonio dei Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato. Partner: Art & Wine Club, Art & Wine Magazybook

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Enrico Ballani: professione architetto paesaggista

L’architetto paesaggista è colui si occupa della progettazione di ambienti esterni, unendo competenze tecniche e creatività per valorizzare le potenzialità degli spazi esterni.

Architettura del paesaggio, un settore ancora poco conosciuto in Italia… Qual è la situazione attuale?

Enrico Ballani
Enrico Ballani

La figura professionale dell’architetto paesaggista è ancora poco conosciuta sul territorio italiano. Basta pensare che se chiedessimo ad una persona qualsiasi “a chi si rivolgerebbe per migliorare l’aspetto del proprio giardino?”, la risposta sarebbe sicuramente, il vivaista o il giardiniere. Sicuramente queste figure professionali sapranno riqualificare la vegetazione del giardino, ma non terranno conto dell’ambiente privato o pubblico in cui si trova l’area la riorganizzare e che cosa vi è nei dintorni. La progettazione di un’area non è solo vegetazione, e il buon risultato si ha con il giusto equilibrio di materiali e colori che si uniscono al contesto.

L’Italia in questo campo dimostra di non essere al passo con il resto d’Europa e del mondo, sia che parliamo di verde privato che di verde pubblico. È comunque più facile sentirne parlare nel privato, in quanto, sembra da qualche anno cresciuto l’interesse delle persone nei confronti di professionisti come l’architetto, l’interior design, l’arredatore.

Come si diventa architetto paesaggista?

A oggi sono ancora poche le università Italiane che insegnano questa professione: Firenze, Genova, Torino, Napoli. Io ho scelto di frequentare a Firenze anche per la profonda tradizione artistica insita nella città.

Ma per diventare architetti paesaggisti è sicuramente indispensabile avere una buona immaginazione e tanta creatività, che permettano di vedere il progetto finito già nel momento in cui si ispeziona il sito per la prima volta.

Senza dubbio la formazione superiore all’istituto agrario, e la laurea in Riassetto del Territorio e tutela del paesaggio, hanno facilitato la mia conoscenza delle piante, del loro mantenimento, oltre che del loro utilizzo.

Sono in molti a chiedersi il modo in cui nasce il progetto di un terrazzo o di un giardino. Quali sono i suoi punti di riferimento iniziali?

Il progetto nasce dall’analisi, l’osservazione e la conoscenza del sito. Tutte queste nozioni di base vengono poi elaborate dall’architetto paesaggista con la sua creatività e la conoscenza dei nuovi materiali in commercio. Si creano delle proposte che vengono fatte visionare dal cliente, che potrà indirizzare in altro modo o essere concorde con l’architetto. Naturalmente si cerca sempre di trovare la soluzione migliore per il cliente, ma spesso mi trovo nella posizione di poter consigliare il cliente in modo da utilizzare prodotti e arredi di nuova generazione e soprattutto materiali di lunga durata che avranno un deperimento minimo nel corso del tempo e manterranno il progetto pulito e ordinato a lungo.

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Tanto in città quanto in campagna si vedono sempre più spesso giardini meravigliosi strutturati. Ma chi è il committente-tipo di un paesaggista?

Il committente tipo è colui che riconosce la posizione professionale dell’architetto paesaggista e sa cosa sta cercando, ovvero sa come utilizzerà l’area che ci si presta a riorganizzare, e che giorno dopo giorno se ne prenderà cura. È inoltre colui che si fida dei consigli dell’architetto paesaggista e si confronta con lui per arrivare al risultato migliore. È colui che sa che il giardino non termina nel momento in cui viene consegnato il progetto, ma che lo aiuterà a mantenersi nel tempo. Il giardino, infatti inizierà a vivere nel momento della consegna dei lavori.

È possibile oggi realizzare un terrazzo o un giardino a bassa manutenzione , che richieda poca attenzione da parte del proprietario e che, ad esempio, possa vivere con un minimo di acqua, o che si illumini di notte con poca energia elettrica. Per dirlo con una sola parola: è possibile progettare un terrazzo o un giardino “sostenibili”?

Si è possibile. Oggi in commercio possiamo trovare materiali innovativi e piante autoctone che ne permettono la realizzazione. Legni trattati per esterni, materiali composti in WPC (wood plastic composite), plastiche lavorate che diventano tessuti, metalli e resine per la formazione di sedute, vasche, ecc.. Anche se non dobbiamo dimenticare che un minimo sforzo per la cura del nostro giardino o del nostro terrazzo, dovremmo sempre farlo. Non esiste nessun area verde, se pur sostenibile che non necessiti, anche se magari in minima parte di manutenzione e cura.

Quali sono le novità più interessanti del settore?

Le novità sono i materiale che ogni giorno vengo creati o riproposti come elementi di valore che arricchiscono il progetto stesso. Ma la cosa più caratteristica del momento è l’utilizzo di pareti e tetti verdi che possono trasformare gli spazi in modo più naturale. Trasmettono un maggior senso armonico e distolgono l’attenzione dallo stress quotidiano.

Per concludere, con quanto l’amore per il giardino, per il paesaggio e per la sua professione ha arricchito la sua vita?

L’amore per questo lavoro lo trasmetto al committente ogni qualvolta mi trovo davanti la possibilità di cominciare un lavoro. Sicuramente il fatto di essere cresciuto in campagna ha segnato profondamente il mio amore per la natura e mi ha portato a guardarla con occhi diversi. Gli occhi di chi guarda con la conoscenza e lo studio dalla sua parte, per essere sempre pronti a rinnovarsi, innovarsi e cercare nuove prospettive. I miei studi sono stati una conseguenza prevedibile del modo in cui ho trascorso la mia infanzia, e sicuramente la creatività dei miei genitori ha inconsciamente posto le basi per la mia attività professionale.

Intervista svolta nell’ambito del corso di Interior Design dell’Accademia Telematica Europea

 

Olivetti design Contest: Giovani Designer ripensano le tecnologie del punto vendita

L’incontro al Circolo del design – primo di una serie di appuntamenti in Italia – ripercorrerà il rapporto fra design e innovazione tecnologica – da sempre la cifra del successo di Olivetti – illustrerà il metodo e il processo che hanno condotto all’Olivetti Design Contest e darà voce ai protagonisti e tratterà del rapporto designer/azienza, progetto/prodotto, con un focus sulla difficile relazione tra giovani e imprese, innovazione e tradizione.

olivetti_design_contestQuesta iniziativa riafferma non solo la centralità del design per Olivetti ma anche l’importanza di coinvolgere i giovani e le scuole nei processi creativi propedeutici al lancio di un nuovo prodotto.

Nei fatti un caso concreto ed efficace di open innovation il cui oggetto non è la tecnologia ma i metodi e le suggestioni del design.

“L’iniziativa rinnova la tradizione di grande attenzione per il design che da oltre un secolo Olivetti affianca all’innovazione e alla sperimentazione, nella convinzione che la bellezza sia un driver fondamentale anche per l’industria. L’ampia centralità data ai giovani e le importanti esperienze di collaborazione nell’ambito dell’industrial design ne sono la testimonianza” afferma Riccardo Delleani, Amministratore Delegato di Olivetti.

MERCOLEDÌ 30 MARZO, ore 18:30 – 20:00
OLIVETTI Design Contest: giovani designer ripensano le tecnologie nel punto vendita 

Programma dell’evento:

– Benvenuto (Paolo Maccarrone – Direttore Circolo del Design di Torino)

– La tradizione Olivetti come driver dell’innovazione
(Federica Moroni – Responsabile Institutional & External Relations Olivetti)

– La tradizione olivettiana del design e il suo recupero tramite l’open innovation
(Andrea Granelli – Presidente Associazione Archivio Storico Olivetti)

– Il vissuto del contest da parte dei giovani designer
(Emanuele Cappelli – designer)

– Le testimonianze dei progetti premiati / menzionati
(modera Emanuele Cappelli)

– La cultura progettuale e l’alternanza scuola lavoro
(Pier Paolo Peruccio, Politecnico di Torino)

Per una settimana saranno esposte al Circolo del Design le tavole del concorso e alcuni registratori di cassa storici e di ultima generazione.

Per info: [email protected]

Edoardo Raspelli: vi spiego come si giudica un ristorante

Incontro oggi in una affollata sala al Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino per un conferenza dal titolo “Informazione Gastronomica e Critica Alberghiera”. Presente come relatore il più celebre critico gastronomico italiano, Edoardo Raspelli, il vice direttore della Stampa Luca Ubaldeschi, il giornalista e amministratore delegato del Centro Congressi dell’unione Industriale di Torino Giancarlo Bonzo, il giornalista della Stampa Rocco Molterni  e il presidente Odg Piemonte Alberto Sinigaglia.

Perché critica alberghiera parlando di Edoardo Raspelli? Perché quando iniziò la sua avventura di critico non esistevano le centinaia di rubriche televisive dedicate ai cuochi, oggi celebrati ed esaltati manco fossero star cinematografiche, tra cui alcune apparizioni  alquanto imbarazzanti. Anzi: non esisteva una cultura della critica gastronomica. Il nostro Raspelli inizia dunque come critico alberghiero.

A ventidue anni  (nel 1971), ci spiega,  viene assunto al Corriere d’Informazione. Il 10 ottobre 1975, su ordine del direttore di allora, Cesare Lanza, dà vita sul quotidiano milanese alle pagine settimanali dedicate ai ristoranti, con la rubrica di stroncature “Il faccino nero”. Questa valse diverse minacce a Raspelli, fino alla consegna di una corona di fiori recante il messaggio «Al nostro caro Edoardo»; Raspelli rispose sull’edizione successiva della rubrica con «Volevo ringraziare chi mi ha mandato la corona di fiori ma anche rassicurarlo: la sua cucina è sicuramente fetente ma non mortale»

Ci racconta di come si occupò di cronaca nera negli anni più cupi del terrorismo (è il primo giornalista ad accorrere sul luogo dell’assassinio del commissario Luigi Calabresi, il cui ricordo lo turba ancora). Suoi colleghi sono, fra gli altri, Walter Tobagi, Vittorio Feltri, Ferruccio De Bortoli, Massimo Donelli, Gigi Moncalvo, Gian Antonio Stella, Paolo Mereghetti e Gianni Mura.

Nel 1986 (l’anno di fondazione) e per qualche tempo a seguire è stato responsabile del Gambero Rosso, ai tempi supplemento del quotidiano il manifesto, uno dei dirigenti di Guida d’Italia dell’Espresso e della rubrica “Il Goloso”, pubblicata sul settimanale L’Espresso.

Oggi  invece Edoardo Raspelli conduce ogni domenica mattina su Rete 4 il programma Melaverde, che ora va in onda su Canale 5.

Prosegue il suo racconto affermando che in Italia esistono solo due critici di ristoranti (lui stesso e Valerio Massimo Visintin) e nessun critico vinicolo. Il problema è questo enorme florilegio di rubriche, ma anche blog che si sperticano lodando qua e là lo chef di turno senza mai una critica sul cibo. Lui, Raspelli, ci informa che non racconta mai di cuochi ma solo di cibo e accoglienza. Del resto quando uno sceglie un ristorante (e lui si pone come facevano grandi giornalisti come Enzo Biagi al servizio del lettore), nella maggioranza dei casi non lo sceglie per il cuoco, ma perché intende fare bella figura in una cena di lavoro, per una ricorrenza, perché vuole una serata lieta con i propri bambini che possono così scorrazzare in un ampio giardino, o anche solo per l’accoglienza. Ed è proprio su questo che punta Raspelli criticando alcuni ristoranti: alcuni li boccia perché non sanno comunicare e non rispettano il cliente, che è lì per loro e paga un servizio e non viceversa. Non sanno neppure rispondere al telefono. E veniamo alla classifica:

COME SI GIUDICA, PER RASPELLI, UN RISTORANTE

  1. Si parte dall’approccio nel momento in cui si prenota. Normalmente Raspelli non comunica mai il suo nome, sfrutta l’effetto sorpresa. Si presenta con il nome di un amico che poi avverte e poi piomba nel ristorante dove al limite possono riconoscerlo (purtroppo dice sono un personaggio pubblico). Ma badiamo bene: se un ristorante non è preparato, non può farlo all’ultimo momento. C’è purtroppo una celebre guida molto sopravvalutata i cui ispettori (erano 10 e ora sono solo 7)  si fa annunciare ben prima di presentarsi. Non lo trova corretto.
    Per venire al dunque è già dalla prima telefonata che uno dovrebbe accorgersi che c’è qualcosa che non va.
    Driiin:
    “Mmm! Chi è” (con voce assonnata)
    “Pronto, ristorante Pinco Pallo”?
    “Si perché?”
    … come perché, sono un vostro potenziale cliente!
  2. All’ingresso del ristorante: gli odori, i profumi. Raspelli odia quei ristoranti in cui si sentono effluvi di deodoranti chimici. Ci sono invece luoghi dove il solo profumo si trasforma in una stimolazione di piacere del palato.
  3. Arrivi un quarto d’ora prima dell’apertura del Ristorante e ti senti dire “apriamo tra un quarto d’ora, può attendere?” – e tu rimani all’addiaccio, sotto la pioggia con il freddo ecc. ad aspettare fuori. È intollerabile. Ok, sono in anticipo ma sono tuo ospite: non mi fai entrare e aspettare al caldo all’interno?
  4. Sempre l’accoglienza: “il cappotto? Lo può posare lì”. Ok lo sapevo da solo senza che me lo dicesse. I gesti semplici fanno la differenza soprattutto in presenza di signore.
  5. Raspelli non sopporta i locali che si danno delle arie: che ti fanno capire che sei fortunato a essere stato accolto da loro. Ehi! In fondo sono un tuo cliente, alla fine ti pago, datti una calmata!
  6. E poi viene la critica culinaria vera e propria, che secondo Raspelli è molto soggettiva, certo. Ma l’importante è essere sinceri: quando qualcosa non va bisogna dirlo. Raspelli ha collezionato 20 querele per avere espresso un giudizio, vinte tutte. Il diritto di cronaca è un diritto. Raspelli prende le distanze invece in chi critica attraverso alcuni portali web diffamando. Dire ad esempio: “il cibo faceva schifo e ho vomitato per tre giorni” è un reato. Come puoi sapere se hai vomitato per quello che hai mangiato o perché Hai preso freddo, ingurgitato com un pazzo, ecc. se non hai fatto fare una analisi chimica del tuo vomito? Insomma: un critico è corretto, esprime un giudizio ma non agisce mai per ripicca.
  7. E poi un accenno all’abitudine dei ristoranti di preparare anche una settimana prima i prodotti e poi congelarli per essere pronti all’uso. Secondo Raspelli non è una tragedia: l’importante è che si preservi qualità e sapore. Certo, quando era giovane e si recava con la famiglia al ristorante, gli agnolotti venivano sapientemente preparati dalla cuoca uno a uno pochi minuti prima di essere bolliti, dalla pasta  con cui erano stati preparati la mattina. Non si può pensare a un ritmo simile oggi e dunque ben venga la surgelazione che tra l’altro non è l’unico modo di preservare degli ottimi prodotti.

E qui Raspelli fa una piccola digressione: prendiamo ad esempio la Esselunga (non teme di fare nomi e cognomi): le Zuppe di Zerbinati di Acquiterme. La moglie  di Raspelli le compra proprio al celebre supermercato  che ha da anni ha puntato proprio sulla qualità dei suoi prodotti. Beh, queste zuppe  sono così buone e genuine che non si stupirebbe se qualche ristorante ne facesse  uso. E non  farebbe torto secondo lui. Sono zuppe conservate sotto vuoto, senza conservanti. E Raspelli, come molti italiani, è un maniaco della lettura dell’etichetta. Anche la grande distribuzione ha puntato dunque sulla qualità, pensiamo poi a marchi come Slowfood ed  Eataly.

Insomma oggi gli italiani preferiscono puntare meno sulla quantità e puntare più sulla qualità.  C’è molta più attenzione che in passato sulla qualità del prodotto e sulla propria salute.

Per finire noi del pubblico poniamo una domanda a Raspelli: siamo a Torino: ci può consigliare due ristoranti che recentemente l’hanno colpita e che consiglierebbe, uno “Top” e uno “Pop”?

Tra i Top sicuramente Del Cambio, anche se può migliorare l’accoglienza (ci sono tavoli da serie B per intenderci e questo non piace). Tra i Pop  un locale giovane che è l’Emporio Gastronomico. Una vera rivelazione.

Identità Golose 2016Ritorna Col Suo Carico di Gusto

Scabin 3 (2)E’ questa la cosa più importante , la libertà di espressione, lontana da tutto quello che può creare asservimento.

La dodicesima edizione di Identità Golose 2016 elabora in tutta la sua forma massima, “ La forza della libertà”, dunque una questione che tocca i tratti distintivi del genio creativo che c’è in ognuno dei grandi chef di straordinaria maestria.

Il 6 marzo si sono accesi i riflettori su una kermesse davvero speciale: chef celebrities, produttori, giornalisti, fotografi, hanno affollato le sale dello spazio congressi Mi.Co , in via Gattamelata , Gate 14 Milano, il filo conduttore di Paolo Marchi giornalista e critico enogastronomico, fondatore del congresso con la prima edizione nel 2004, è sempre quello: valorizzare la tradizione delle eccellenze del territorio attraverso la cucina d’autore.

Siamo in rassegna in sala Auditorium, sul palco chef italiani e stranieri che ci hanno documentato la loro libertà di espressione. Presenti, Davide Scabin, Enrico Crippa, Massimiliano Alajmo, Ricard Camarena, Carlos Garcia, Josean Alija e Matias Perdomo e molti altri. Lo studio che c’è dietro un apparente semplicità è molto complesso, questo lo dico rivolgendomi ad  Enrico Crippa, lui si abbandona ragionando,  ed è questa la chiave del suo grande successo, non ha gabbie mentali, ci illustra e racconta a colpo d’occhio cos’è la sua libertà in cucina.

Le novità di quest’anno alla prima giornata sono potenziate da, identità di gelato, identità di formaggio  e alla prima di identità di Champagne, mentre in sala blu si concentra il mondo e le novità di identità naturali, a raccontarvi quello che mi ha catturato complice un grande personaggio, Simone Salvini, chef di natura generosa e di spiccata spiritualità, ha dato forma alla sua maniera di trasmettere la sua di filosofia in cucina.

salvini

Classe 1969,dottorato in Psicologia, chef Ambassador di Alce Nero, un legame indissolubile per la cucina vegetariana, un passato che gli permette di espandere i suoi concetti, le sue idee, lavora per molte realtà nel 2005 è capo chef della cucina del ristorante Joia di Pietro Leemann, nel 2008 è docente in alcuni istituti alberghieri di Milano e collabora più volte alla formazione dei cuochi interni alla Camera dei Deputati a Roma, dal 2009 è chef docente dell’Associazione Vegetariani Italiana, e dell’Istituto Europeo di Oncologia di Umberto Veronesi, dal 2010 svolge corsi di cucina naturale vegetariana per la Scuola di Cucina di Alma. Dal 2011 è executive chef di Organic Academy. Chiaro, pulito, essenziale, Simone Salvini è un punto fermo del congresso, quest’anno mette in atto due creazioni uniti da un contenuto comune, l’incontro, una globalizzazione tra Europa e due continenti come Africa e Sud America, abbondanti  di materie prime e influenze di vita che segnano il quotidiano di persone di diverse identità culturali.

L’espressione delle sue ricette  sono spesso valorizzate dai legumi, prodotto dell’anno per la FAO e fonte di sostanze nutrienti e salutari. Salvini, ci conduce nella creazione delle meringhe senza uova e addensanti, utilizza l’acqua di cottura dei legumi, con dosi specifiche di solo zucchero di canna, grazie a proteine e saponine contenute naturalmente nei legumi. Nella seconda ricetta è invece la tapioca il soggetto, un tubero dai  molteplici derivati, il risultato è molto interessante  corrisponde alla realizzazione di una morbida crema aromatizzata al limone cotta nel latte di cocco, ( la tapioca ha delle note proprietà regolatrici del sistema gastrico), in un dolce epilogo nel piatto finito abbiamo due ingredienti principali, che valorizzano il tema natura e gusto,  meringhe croccanti e leggerissime e caviale di tapioca, almeno così Salvini l’ha apostrofato, sensuali, l’ho trovato un dessert  intuitivo e raffinato nella sua semplicità.

 

merinhe e tapioca

Mia ultima battuta di chiusura rivolgendomi al parterre di tutti i presenti:

Se il cibo è un arte, Identità Golose è la bottega dove gli artisti in cucina danno oltre la loro fama, perche il bello di questo congresso mi risulta evidente, come in ogni edition, rende omaggio alla tradizione e al futuro del cibo.

IL PREMIO NONINO “QUARANTUNESIMO ANNO”: ALTA CULTURA, SOSTENIBILITA’ E ARTIGIANATO CHE SARA’ ETERNO

Ronchi di Percoto, 30 Gennaio 2016

L'arrivo

Già da molti anni il Premio Nonino è diventato un punto di riferimento obbligato per il mondo della cultura: cio’ non solo perchè la scelta dei premiati va a individuare ogni anno personaggi di prima grandezza a livello internazionale, ma soprattutto perche’ in ogni sua edizione va a toccare temi di estrema importanza in un mondo nel quale sembrano sgretolarsi i valori tradizionali, in cui la stessa etica e’ messa pesantemente in discussione dalle ragioni della politica, dell’economia e della finanza, in cui un’informazione ansiosa e superficiale finisce per mettere in ombra, con la cronaca del momento, la riflessione sui problemi reali della nostra società. Quest’anno la Giuria del Premio Nonino, presieduta da V.S. Naipaul, premio Nobel per la Letteratura 2001, e composta da Adonis, John Banville, Ulderico Bernardi, Peter Brook, Luca Cendali, Antonio R. Damasio, Fabiola Gianotti, Emmanuel Le Roy Ladurie, James Lovelock, Claudio Magris, Norman Manea, Edgar Morin ed Ermanno Olmi ha così assegnato i Premi Nonino Quarantunesimo Anno.

Premio Nonino Risit d’Aur – Barbatella d’Oro 2016 a SIMONIT&SIRCh PREPARATORI D’UVA

Il loro operare è magistrale ed è un grande esempio per le nuove generazioni: riscoprire l’antica tradizione della potatura manuale della vite, rispettando gli equilibri naturali, ricercando la qualità assoluta, sfidando il futuro senza dimenticare la parte migliore del passato. In questo modo hanno preservato e innovato la potatura della vite, un’eccellenza che si era perduta. un’intuizione straordinaria che li ha portati ad essere i referenti dei più prestigiosi vignaioli del mondo. Ha consegnato il premio Ulderico Bernardi.

 

Premio Internazionale Nonino 2016 a LARS GUSTAFSSON

Il suo narrare (anche in versi) è unico, sempre ironico con se stesso, immerso fra la fantasia e l’erudizione che diventano improvvisamente un gioco profondo nel tempo che scandisce il nostro trascorrere.

una scrittura che trova il vero nella natura, dove vita e morte si affratellano e i colori diventano uno come le sensazioni, perdendosi nell’assoluto. Ha consegnato il premio Claudio Magris.

 

Massimo e Pamela Gelati

 

Premio Nonino 2016 a NATI PER LEGGERE

Arricchire la mente di un bambino raccontando storie è una tradizione che si sta perdendo nel mondo moderno con la sua comunicazione elettronica istantanea. Dobbiamo far proseguire quella tradizione e caratterizzare la vita dei giovani con la sapiente narrativa del passato. Ha consegnato il premio Antonio R. Damasio.

 

 

 

 

Premio Nonino 2016 a ‘un Maestro del nostro tempo’ ad ALAIN TOURAINE

Nel suo pensare ha coniato uno dei termini più usati ed abusati dei nostri tempi: “società post-industriale”. La sua analisi sociologica, lucida e attenta, spazia dalla politica all’etica individuale sino all’azione sociale, mantenendo sempre il suo cardine sui dinamismi sociali e sulla loro coesione. L’individuo, privato di un antico mondo sacro, diviene soggetto umano che, capace di trasformarsi, nel suo agire diventa creatore e arbitro del suo destino. Ha consegnato il premio Edgar Morin.

La consegna dei premi e’ avvenuta presso le Distillerie Nonino a Ronchi di Percoto, Sabato 30 Gennaio, dove, dopo l’arrivo alle distillerie di Cristina, Antonella, Elisabetta, Benito e Giannola Nonino, con Chiara, Davide, Francesca, Sofia, Gaia, Caterina, Costanza e Beatrice , ed il brindisi di benvenuto con Grappa UE ed Amaro Nonino in fantastici cocktail, e’ avvenuta, in anteprima assoluta, la distillazione di una piccola riserva di monovitigni del Friuli. La distillazione delle vinacce di singolo vitigno e’ la rivoluzione Nonino nel modo di produrre e proporre la Grappa in Italia e nel mondo.

Prima della cerimonia e’ stato festeggiato il grande maestro Ermanno Olmi, presente in sala.

Dopo la toccante performance del Coro Manos Blancas del Friuli, sostenuto sin dalla nascita da Giannola Nonino, che si pone l’obiettivo di emancipare bambini e ragazzi dal disagio, offrendo loro un’opportunità di riscatto sociale tramite l’accesso gratuito allo studio della musica, lo spettacolo e’ proseguito con il coro “Artemisia” di Torviscosa ed il coro del Friuli Venezia Giulia, per concludersi con il gruppo folkloristico “Chino Ermacora” di Tarcento, diretto da Massimo Boldi.

Le tre sorelle NonninoAl termine dell’assegnazione dei Premi, ballo e brindisi in distilleria. Si inizia con una sinfonia di aperitivi, serviti da eleganti cameriere in tipico costume “furlan”: uno strepitoso Prosciutto di San Daniele DOP, e i tipici Luanie e Polente, Salam e Soprésse di Rino Lestuzzi, oltre all’immancabile formaggio Frico e varie golosita’ friulane; il tutto accompagnato da una Ribolla Gialla 2011 spumantizzata da Collavini e dalle performance dei mixologist Nonino, che hanno servito agli eleganti ospiti i piu’ svariati cocktail a base di Grappa Nonino.

Una volta seduti, lo chef Romeo Sturma “Viroca” ha deliziato i presenti con specialissimi Uàrdi, puar e luianie, accompagnati da un Broy Bianco Collio 2013 di Collavini. Si prosegue con cuesse di raze in umid e cren e polente di sorture, e ancora musetto con la brovada, accompagnati da un Merlot Ravost riserva 2013 di Angoris. Al termine del pranzo, la tradizionale rottura del torrone Canelin di Visone da parte del paròn Benito, dolcetti tipici di carnevale, marron glaces alla Grappa Nonino Riserva, praline Lindt alla Grappa Nonino Monovitigno Moscato e crepes alla Grappa Nonino Riserva, preparate dai Maitres A.M.I.R.A. Friuli Venezia Giulia.

Durante il pranzo, emozionante la distillazione in diretta di Grappa Nonino Riserva Antica Cuvee 5 Years in barriques di quercia Limousine, Nevers, Gresigne ed ex-Cherry.

Moltissime le personalita’ presenti, tra i quali si notavano il Conte Marzotto, l’Avvocato Cesare Rimini, Rosita Missoni, Debora Serracchiani, numerosi giornalisti televisivi e della carta stampata, autorita’ civili e militari e rappresentanti dell’industria e della finanza internazionale.

Il segreto di questo successo risiede sicuramente nella capacita’ di pensare in grande, ma anche nel coraggio di saper decidere di modificare continuamente la propria creatura, anche quando sembra essere gia’ baciata dal successo internazionale. Giannola Nonino questa manifestazione l’ha fatta nascere e crescere, e continua ancora a emozionarsi come nelle prime edizioni, garantendo l’eternita’ al Premio Nonino.

 

Massimo Gelati e Gianni Mura

 

Gianni Mura e Ing. Massimo Gelati

Presidente Gruppo Gelati

Membro dell’Accademia Italiana della Cucina

 

 

 

Speciale 5 Edizione Olio Officina Food Festival

olio

Milano dal 21 al 23 gennaio ritorna la nuova edizione di Olio Officina Food Festival, la sfilata dedicata all’olio e ai condimenti ideata dall’oleologo e giornalista Luigi Caricato.

Siamo alla quinta edizione al Palazzo delle Stelline, in Corso Magenta 61, sono molti i partner e i sostenitori della manifestazione, che ha come main sponsor Pantaleo, Esselunga, Monini, Bertolli, Consorzio Extravergine di Qualità, Regione Puglia Assessorato Risorse Agroalimentari.
Degustazioni guidate di oli, finger food oliocentrici e acetocentrici, dimostrazioni di cucina per capire e gustare le diverse possibilità di abbinamento, un’area approfondimento (conferenze e tavole rotonde sull’olio di oliva, presentazioni libri, con nutrizionisti, chef, medici, economisti, filosofi).Una visione completa sul mondo dell’olio, e sulle difficoltà che la filiera affronta, e dunque tema caldo che Universofood tiene sempre in evidenza.

 

Dalla cantine d’autore ai frantoi d’autore. Presente il Consorzio dell’olio Dop Umbria, molte sono le novità nel grande happening milanese un incontro su un concetto singolare, che coinvolge l’Accademia Belle Arti di Perugia, un docente di restauro architettonico e due agronomi e degustatori. Non si tralasciano i cinque sensi, coinvolti una degustazione guidata dallo stile insolito. L’assaggio sarà infatti effettuato rigorosamente fuori dal bicchiere, su cinque differenti pani, un approccio che non può chiedere di meglio.

Il tema di quest’anno è l’olio del futuro, che crea e individua nuove tendenze, quindi pensato, essenziale, tradizionale, moderno, gusto e conoscenza, uno sviluppo pensato non solo per continuare ad apprezzare un condimento porta bandiera dell’Italia, ma con la differenza di comunicare oltre il gusto, cioè col quell’approccio che fa capo alla cultura dell’olio in maniera più variegata, spiegandone qualità, potenzialità, e misure, insomma l’informazione a 360°.

L’olio a stretto contatto con l’arte, l‘olivo è sempre stato rappresentato nell’arte come frutto di lavoro e storia, quindi non si tratta solo di comunicare il valore di produrre l’oro verde oliva, ma con l’audacia di sperimentare attraverso interpretazioni di alcuni artisti di, “Noi Brera” appunto Accademia delle belle arti di Brera, l ‘ebrezza di espressione che crea singolari opere d’arte con l’utilizzo del packaging come filo comunicatore oltre la vera sostanza dell’olio d’oliva.