Stefano Airaghi abita a Trecate, cittadina al confine tra Piemonte e Lombardia e collabora con la sezione fotografica di un avviato studio di architettura, che si trova nel cuore di Novara, vicino al Broletto e alla Cattedrale, due dei luoghi più significativi da un punto di vista storico-culturale per i novaresi.
Nasce a Trecate nel 1982: la sua famiglia è impegnata a contribuire alla crescita sociale della comunità trecatese. La madre in particolare opera per l’educazione dei bambini, che frequentano le strutture parrocchiali. Questo impegno materno sicuramente lo influenza e genera in lui una sensibilità sociale, che inciderà sul suo impegno professionale.
Dopo aver conseguito il diploma di perito aereonautico e dopo qualche esperienza lavorativa con alcuni operatori turistici, sempre ovviamente con la macchina fotografica, che è diventato ormai strumento inseparabile, si dedica in modo consistente alla sua vocazione: la fotografia, partecipando anche a master formativi a Milano, conseguendo l’attestato di fotografo e grafico pubblicitario. Da questo momento il suo destino professionale è segnato e soprattutto incomincia a svilupparsi la sua attività artistica. Come fotografo cura molti interessanti servizi. Visionando i suoi scatti si nota la capacità di Airaghi a interpretare i soggetti del suo obiettivo. Direi che l’elemento essenziale, e sicuramente più efficace del suo lavoro di fotografo, è di capire il messaggio, che deriva dall’ oggetto, che viene da lui fotografato.
Un esempio per tutti: ha immortalato con la sua macchina di recente alcuni quadri del Caravaggio, pittore che dedica una particolare attenzione alla luce. Nelle fotografie di Airaghi questa attenzione del pittore alla luce compare in tutto il suo intrinseco significato.
Ha sempre viva inoltre la passione di trasmettere la sua arte e di far crescere questa cultura negli altri. Consapevole e convinto assertore dell’importanza di educare all’arte fin dall’infanzia ha tenuto e tiene corsi di fotografia nelle scuole elementari di Trecate e ha svolto docenza al Convitto Nazionale Carlo Albero di Novara. Interrogato su questa sua inclinazione ha voluto ribadire che avverte dentro una spiccata passione per trasmettere agli altri i valori artistici, quei valori artistici cioè che lo spingono all’ azione creativa.
La dimensione internazionale
Airaghi è un professionista che si sente cittadino del mondo e soprattutto avverte la feconda bellezza dei rapporti internazionali, in quanto è convinto che la cultura non conosce confini, in modo particolare in questi tempi, quando gli stati hanno una forte tentazione a creare barriere. Non a caso collabora, anche grazie al GAI (Giovani Artisti Italiani), organismo al quale aderisce, con la fondazione Benthekhaan, un ente ebraico, la cui sede si trova in Polonia, realizzando con la collaborazione di tre fotografi torinesi, un reportage sulla ricerca delle tracce ebraiche dopo la notte dei cristalli del 1939. Il lavoro è stato apprezzato ed ha avuto un sostanziale e positivo accoglimento da parte di studiosi e critici. Questi lavori gli hanno permesso di farsi conoscere in diverse realtà culturali europee e soprattutto hanno garantito alla sua preparazione culturale quella dimensione europea, della quale molti artisti e professionisti sono carenti.
La dimensione sociale
Parlare di Stefano Airaghi come professionista senza fare riferimento al suo impegno sociale si corre il rischio di offrire un quadro incompleto della sua personalità. Nell’estate dell’anno scorso infatti Airaghi è stato ad Haiti ospite di “Hayti Now Corp ong”, una organizzazione umanitaria fondata da un trecatese, Alex Lizzappi, che ha come fine , tra gli altri, quello di donare libri ai bambini di Haiti per metterli in condizione di studiare e costruirsi un mondo migliore. L’obiettivo della sua missione è stato collaborare per far uscire dalla miseria quella popolazione.
Stefano Airaghi con la sua macchina fotografica ha documentato la povertà del territorio centro-americano. È tornato in Italia molto colpito dalla povertà incontrata. Mi ha impressionato una frase da lui pronunciata in un incontro culturale organizzato per socializzare la sua esperienza: ”Ad Haiti non puoi guardare negli occhi un bambino per più di tre secondi, senza rimanere incastrato e volerlo aiutare”. La conseguenza è stata una sola: ha fatto un album di foto ed ora promuove tante iniziative a favore dei bambini poveri di Haiti, che ha personalmente conosciuto.
Alla luce di tutto questo credo si possa con molta serenità dire che Stefano Airaghi ha colto fino in fondo la dimensione sociale della sua arte e della sua professione.
Franco Peretti
Docente Università Popolare degli Studi – Milano