gio 20 settembre 2018
18:00 – 20:00
via Maria Vittoria 38
10123 Torino
Quotidiano Piemontese
Nuove soddisfazioni per il Politecnico di Torino che si riconferma rispettivamente terzo al mondo per prospettive occupazionali e secondo in Italia per Employer reputation, con una percentuale del 4% di occupati a un anno dal conseguimento della laurea. Questo quanto confermato dalla prestigiosa classifica internazionale Graduate Employability Rankings 2019, viene stilata ogni anno dal prestigioso istituto britannico QS, uno dei cinque valutati dal ranking sull’occupabilità dei laureati, che quest’anno ha analizzato 500 università in tutto il mondo.
Nel piazzamento complessivo nel ranking mondiale, il Politecnico di Torino si colloca tra la 121ª e la 130ª posizione. Rientra dunque nel primo quartile delle migliori Università al mondo. L’Ateneo si colloca infatti al 3° posto al mondo – a poca distanza da Moscow State Institute of International Relations (MGIMO University) e dal Politecnico di Milano – per l’indicatore Graduate Employment Rate.
I criteri utilizzati sono la reputazione delle università presso i datori di lavoro, le partnership realizzate con le imprese, il successo dei laureati nelle proprie carriere, la presenza delle aziende nel campus e il tasso di occupazione dei laureati a un anno dal titolo. Quest’ultimo indicatore viene calcolato come rapporto tra la percentuale di occupazione dei laureati dell’Ateneo (che si conferma anche quest’anno al 94%) e la media delle università italiane esaminate.
Gli sviluppi tecnologici, particolarmente nell’ambito delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, stanno
rapidamente e significativamente influenzando la natura, qualità e produttività del lavoro.
L’Europa, come altre regioni del mondo, si trova ad affrontare la sfida di guidare questi cambiamenti per sostenere lo sviluppo economico e al tempo stesso assicurare condizioni di lavoro e di protezione sociale avanzate.
I cambiamenti tecnologici possono potenzialmente creare nuovi posti di lavoro, aumentarne la produttività, e stimolare investimenti e innovazione. Ma questi benefici non sono automatici, né equamente distribuiti. La tentazione di rallentare o persino fermare questi cambiamenti è forte – ma che ciò sia possibile è del tutto opinabile, specie in un contesto globalizzato in cui la competizione con altri paesi è fortissima.
Si tratta dunque di gestire questi cambiamenti e orientarli in direzioni socialmente e politicamente accettabili.
Andrea Glorioso discuterà l’approccio della Commissione Europea per gestire questi cambiamenti epocali, un approccio basato sul “pilastro europeo dei diritti sociali”, su investimenti mirati in ricerca e sviluppo, e sulla cooperazione con le autorità degli Stati Membri e tutti gli attori sociali.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
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Segnaliamo inoltre che il dott. Glorioso, il giorno successivo, giovedì 13/09 alle ore 11, terrà un altro talk, sempre al Politecnico, dal titolo: “Il digitale è politico: le tecnologie della comunicazione e dell’informazione tra Obama e Trump. Quale ruolo per l’Europa?“
Sono stati firmati gli accordi tra l’INFN e i primi BIC, Business Innovation Centre, vale a dire gli incubatori e acceleratori d’impresa che hanno presentato domanda di partecipazione e sono stati selezionati per far parte del Network R2I, Research to Innovation.
Nato per volontà dell’INFN e del CERN, il Network R2I vuole dare supporto alle iniziative di trasferimento tecnologico nel nostro Paese, promuovendo lo sviluppo di prodotti innovativi e servizi, a partire dalle tecnologie di frontiera sviluppate nell’ambito della ricerca fondamentale in fisica delle particelle. Fulcro del progetto è proprio la rete di BIC, gestita dall’INFN, di cui sono già entrati a far parte gli incubatori I3P del Politecnico di Torino, Bioindustry Park di Colleretto Giacosa (Torino), e Cubact dell’Università di Sassari, che ora dovranno individuare, sulla base di un processo di valutazione e selezione, le start up interessate alle tecnologie dell’INFN e del CERN, impegnandosi a fornire supporto attraverso finanziamenti, infrastrutture e consulenza per un valore di 40mila euro.
Stefano Pigolotti, docente formatore, in un articolo da noi pubblicato aveva spiegato l’importanza e il ruolo degli incubatori e gli acceleratori di impresa. Un processo dinamico di sviluppo dell’impresa che mira a:
1) allevare le imprese giovani, aiutandole a crescere e a sopravvivere durante la fase di start-up quando esse sono più vulnerabili;
2) fornire assistenza manageriale diretta, accesso a finanziamenti e ad un insieme di servizi critici di natura manageriale o tecnico-specialistica organizzati ad hoc;
3) fornire alle imprese nascenti spazi modulabili ed espandibili adibiti ad uffici condivisi a canoni flessibili, attrezzature ecc. – tutto sotto lo stesso tetto”.
http://web.quotidianopiemontese.it/piemontealmicroscopio/2018/09/11/stefano-pigolotti-come-lanciare-una-startup-a-torino/#.W5eNMa1aZE4
“L’INFN sviluppa da sempre tecnologie all’avanguardia per i propri esperimenti di fisica fondamentale che ora con il progetto R2I vengono rese disponibili a start up innovative”, spiega Ezio Previtali, presidente del Comitato Nazionale per il Trasferimento Tecnologico dell’INFN. “La collaborazione tra INFN e CERN garantisce, inoltre, che tutte quelle tecnologie innovative che hanno permesso fondamentali scoperte scientifiche siano ora a disposizione di tutti”.
“I3P ha una lunga e riconosciuta esperienza nel congiungere il settore della ricerca all’industria, fornendo servizi di consulenza e networking alle startup”, spiega Paola Mogliotti, direttrice generale di I3P. “Con l’adesione a R2I, sarà possibile aumentare il raggio d’azione di I3P, lavorando anche su tecnologie di punta sviluppate dal CERN e dall’INFN, e favorendone il trasferimento anche alle PMI”, conclude Mogliotti.
“L’eccellenza delle tecnologie sviluppate dal CERN e dall’INFN – evidenziano Fiorella Altruda, presidente di Bioindustry Park, e l’amministratore delegato Alberta Pasquero – può essere un elemento di sviluppo e vantaggio competitivo per il tessuto imprenditoriale italiano. Come Bioindustry Park siamo fieri di fare parte della rete di strutture incaricate di stimolarne l’adozione”, concludono Altruda e Pasquero.
Per il Rettore dell’Università di Sassari, Massimo Carpinelli, “Il CUBACT, una realtà già attiva sul territorio a supporto degli imprenditori e dei ricercatori, acquista una statura internazionale di eccellenza grazie all’INFN e al CERN; una ulteriore grande risorsa per chiunque voglia sviluppare alta tecnologia e una grande opportunità per lo sviluppo della cultura imprenditoriale dei nostri studenti impegnati nel Contamination Lab”.
Questo mese di settembre sarà pubblicato il primo bando cui potranno partecipare le aziende interessate al progetto. Tutte le tecnologie e gli aggiornamenti relativi al bando per le aziende saranno pubblicati sul sito del Trasferimento Tecnologico dell’INFN e dei BIC partecipanti alla rete.
Il prof. Marco Novarese – docente di economia comportamentale dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale – ha illustrato, in un incontro che si è svolto a Torino venerdì 2 febbraio, nella Sala Einaudi del centro Torino Incontra, in via Nino Costa 8, il contenuto del concetto che sta dietro la teoria della “Spinta Gentile” (in inglese Nudge Theory). Come testimonia il premio Nobel attribuito a Thaler, l’economia si occupa anche di decisioni e percezione. Il seminario si è proposto di illustrare alcuni aspetti di questo filone, applicando le riflessioni al mondo della comunicazione e della tutela del consumatore.
Il “Nudge”, la “spinta gentile”, tra paternalismo e libertà di scelta: come stimolare determinate scelte da parte dei cittadini?
• L’economia scopre la comunicazione: il framing effect. Il modo in cui si presenta un problema può avere effetti importanti sulla percezione e le decisioni; le parole e le metafore vanno scelte con cura e possono essere usate per influenzare o convincere.
• Le scelte basate su una ragione. Sovente le persone non sanno cosa scegliere e cercano una ragione facile da trovare per decidere; poter giustificare facilmente una scelta è un modo per renderla preferibile.
• Cosa fa una buona storia. Cosa piace di un racconto? Quanta novità deve contenere? Deve essere semplice o complessa? Deve lasciare margini di libertà per il pensiero oppure no? Alcune risposte arrivano da esperimenti e riflessioni teoriche.
Stefano Pigolotti – a sua volta docente e formatore – ha posto alcune domande al Prof. Marco Novarese, che ha fatto da relatore all’incontro.
Nel pianificare il lavoro di figure operative, il direttore commerciale dovrà prevedere elementi di analisi asettici e poi individuare le spinte gentili più efficienti?
“Il management in generale può essere visto come l’arte di creare ambienti di scelta. In fondo un manager sta creando un ambiente in cui i suoi dipendenti, i suoi collaboratori, si trovano a prendere delle decisioni e in cui i clienti, i consumatori, così come i partner, decidono. Quindi assolutamente si, il nudge è fortemente legato al tema del management anche se il libro quando è stato proposto lo presenta come una questione legata alle scelte pubbliche, ma le stesse cose le vediamo applicate dal marketing o le possiamo vedere applicate nelle imprese private. Del resto una buona parte delle riflessioni sulle organizzazioni e sul comportamento organizzativo è quello di chiderci: ” come facciamo a fare in modo che le persone si comportino da agenti organizzativi e non da persone autonome?”
Quali sono gli effetti in ambito comportamentali: dove prendiamo queste decisioni se ci sono ancora delle nebulosità negli studi sul “neuromarketing”?
“In realtà le perplessità che ci sono relativamente al neuromarketing non sono tanto sui risultati, nel senso che le scoperte del neuromarketing sono vere, ma non sono così nuove rispetto a scoperte che erano state fatte sperimentalmente. Qualche anno fa era uscito un bellissimo articolo sul Corriere della Sera: “Il gelato rende felici”. Abbiamo bisogno di usare il neuromarketing per questo? Basta guardare un bambino e lo scopriamo. L’idea del neuromarketing è quella di andare a capire perché il gelato rende felici. Rende felici perché va ad attivare una certa area o un certo tipo di associazione”.
Dunque oggi siamo ancora nella fase di conferma del neuromarketing?
“Si poi non tutti la pensano così. Per me non siamo ancora arrivati così in là da scoprire il funzionamento del cervello”.
La Motivazione diventa stimolo per l’eccellenza per il pubblico affare. Si innescano disturbi esterni come la politica partitica. Bisogna tornare alla politica economica?
Il problema è che le politiche economiche possono essere tante, possono essere diverse, e c’è relativamente poco consenso. La caratteristica del nudge è quella di proporre delle politiche anche su cose magari relativamente marginali, ma che possono essere rese effettive con poca spesa. Se io trovo la forma di stimolo giusto, non devo fare nulla di troppo complicato, faccio una cosa testata e ottengo un risultato. Poi c’è chi dice “si, ottengo un risultato, che è anche statisticamente significativo ma poco importante”. In fondo, se io voglio ridurre il consumo energetico è giusto che io metta una tassa perché così le persone lo sanno e se ne accorgono. Mettiamola così, il nudge è una forma aggiuntiva di politica economica che i governi possono utilizzare.
L’alfabetizzazione è opposta al nudge, anche a livello scientifico c’è una forte diatriba e un forte contrasto fra chi sostiene il nudge, perché il nudge in qualche maniera è qualcosa di nascosto, qualcosa di subdolo; e chi dice no, non è giusto, “lasciamo il libero arbitrio” lasciando che le persona capiscano cosa stanno facendo.
Nessun ordine che arriva dall’alto: solo la carota che funziona! Il libro “Nudge” da quando è stato pubblicato negli Usa è stato uno dei successi editoriali dell’anno, soprattutto tra i manager, ma anche uno dei pilastri della vittoria della campagna elettorale di Obama che ha usato appositamente il metodo di Thaler e Sunstein per convincere i referenti del mondo finanziario come si dovesse procedere per superare la crisi: Sunstein è stato invitato a collaborare con la Casa Bianca come supervisor dei processi di riforma, soprattutto su energia e ambiente.
Anche se hanno conquistato il Nobel nel 2002 con Daniel Kahneman (seguace di Thaler), gli economisti comportamentali in passato non sono stati presi molto sul serio da quelli classici, abituati a basare le loro analisi sull’assunto del comportamento razionale dell «homo oeconomicus ». Per i comportamentalisti, invece, sono molti i fattori esterni, le influenze, i condizionamenti psicologici che alterano il profilo razionale delle scelte umani. Per questo è utile aiutare le scelte vantaggiose con piccoli incentivi.
Smentendo chi ha fin qui sostenuto che i mercati (e, quindi, i soggetti economici) sono perfettamente in grado di autoregolamentarsi e di trovare un punto di equilibrio, la crisi finanziaria ha improvvisamente dato grande popolarità alle tesi della scuola di Thaler e Kahneman. Quelle riprese in Nudge fanno venire qualche mal di pancia non solo a liberisti, ma anche ai guardiani dell’ideologia dei due schieramenti. La sinistra «liberal» ostenta diffidenza perché i due pensatori, centrando comunque la loro analisi sulle decisioni personali e sul modo di influenzarle, restano ancorati all’individualismo: non sposano la logica dell’intervento pubblico in economia, né sono disposti a sostenere che il benessere sociale va garantito con atti di governo vincolanti. Ma anche libertari e conservatori contrari allo statalismo sono in allarme: temono che, servendosi del «paternalismo libertario», i governi possano diventare persuasori occulti molto più insidiosi di un’amministrazione che, alla luce del sole, cerca di rafforzare la sua presa sulla società.
A tutte queste obiezioni Thaler risponde semplicemente che la filosofia del «pungolo» non è di destra né di sinistra. Una nuova versione della «terza via»? Sembra solo una battuta, ma la filosofia di Nudge non va nemmeno sottovalutata perché, così come ha nemici sia a destra che a sinistra, ha grandi sostenitori su tutti e due i fronti: uno, assolutamente entusiasta, è il leader conservatore inglese David Cameron che ha invitato i due autori a Londra per discutere le loro idee con la dirigenza «tory». Intanto un’icona progressista come Obama, che all’università di Chicago ha frequentato per anni Thaler e Sunstein (marito di un’altra collaboratrice del presidente, Samantha Power), si prepara a ricorrere a qualche pungolo (più o meno) gentile per spingere gli americani a comprare auto più piccole e «risparmiose», anche ora che il prezzo della benzina negli Usa è sceso sotto l’equivalente di mezzo euro al litro. Una spinta che, probabilmente, assumerà la forma degli incentivi all’acquisto di veicoli più efficienti e della parallela tassazione di quelli più inquinanti.
In un gruppo di lavoro meglio avere sopra di se un manager o un imprenditore, come capo? La domanda può sembrare frivola e anche abbastanza banale, ma non è come può sembrare a prima vista: infatti le attitudini, le competenze, le skills che servono per diventae un buon imprenditore o un buon manager sono estremamente diverse fra loro.
Molte possono essere apprese con l’esperienza, e in alcuni casi un imprenditore può anche essere un ottimo manager e viceversa, ma è bene ricordare che si tratta di due figure completamente diverse, con ruolo e funzioni all’interno dell’azienda completamente diverse.
Abbiamo girato la domanda al docente Stefano Pigolotti, dopo averlo incontrato durante l’intervista con il prof. Novarese dell’Università del Piemonte Orientale, quando ci aveva illustrato l’importanza nella leadership della “Teoria dei Nudge” del Premio Nobel per l’Economia Thaler
“La figura del manager all’interno di un attività imprenditoriale – spiega il prof. Stefano Pigolotti – è una scelta che va valutata on cura, specialmente quando ci rivolgiamo alle PMI italiane, dove la figura dell’imprenditore da sempre è centrale nella vita dell’azienda e ogni variazione all’equilibrio può portare diffidenza e attriti tra i dipendenti. La diversa esperienza tra le due figure è dovuta al fatto che l’imprenditore gestisce la sua visione lavorativa eseguendola in campo imprenditoriale mentre il manager deve avere la capacità di capire la visione dell’imprenditore con le proprie conoscenze legate alla gestione vera e propria dell’azienda. La spersonalizzazione da parte di una proprietà all’interno di una azienda diventa una grande opportunità dal momento in cui entrano in gioco manager esterni che servono a dare un cambiamento di passo alle aziende dando una nuova visione alla stessa”.
Quali sono i rischi di acquisire un leader esterno?
“Il rischio per i manager esterni è legato alla possibilità di alimentare incomprensioni con chi ha vissuto finora una filosofia aziendale precisa, fatta di convenzioni non scritte. Questo può comportare attriti e perdita di efficacia e sostenibilità. Il contrasto tra manager, imprenditore o addirittura dipendenti c’è sempre stato è continuerà ad esserci, soprattutto quando quando il manager sbaglia e deve trovare colpevoli o tende a tutelare le proprie scelte L’imprenditore quando commette errori paga regolarmente di propria tasca il suo sbaglio è decide di conseguire un obbiettivo con più impeto della volta precedente. Quindi l’imprenditore è più diretto e il suo potere decisionale aumenta, il manager dovendo tutelare prima la sua professionalità si limita ad avere decisioni meno dirette rispetto l’imprenditore”.
Un sondaggio Eu-Osha conferma che quattro lavoratori su dieci hanno problemi in ufficio con i propri capi. Si tratta di una situazione che può degenerare in stress, e che se non è gestita in modo appropriato può degenerare. Alcuni mesi fa si è svolto il Congresso della Società europea di cardiologia che ha visto riuniti migliaia di esperti da tutto il mondo. Si è parlato anche del ruolo dello stress nei luoghi di lavoro, e le ultime ricerche hanno confermato come l’ambiente e gli scontri relazionali giochino un ruolo chiave per l’acquirsi di patologie cardiovascolari, non per l’ultimo il rischio di infarto. A nessuna azienda conviene avere i propri dipendenti in mutua per problemi di salute. Dunque se i dirigenti dovrebbero prevenire questa problematica, non fosse altro che ha un costo sociale ed economico che nessuno oggi si può permettere
L’imprenditore in questo casso dovrebbe osare di più nel delegare al manager i compiti che sono utili per l’azienda. Uno dei motivi per cui un dipendente abbandona il proprio ambiente di lavoro (per stress o malattia) è proprio il cattivo rapporto con il proprio capo. Per questo il manager deve poter agire per migliorare i rapporti con i propri sottoposti o trovare il modo di agire con spirito costruttivo, mantenendo sempre la calma, con lo scopo di rendere l’ambiente di lavoro più propositivo e confortevole.
Saper gestire le relazioni: questa è una delle chiavi del benessere in azienda: le relazioni possono rendere estremamente difficile la permanenza sul luogo di lavoro. Sapersi relazionare significa ritrovare una chiave per il successo lavorativo, oltre che per il benessere personale. Il modo migliore per far sì che le cose accadano senza attriti, raggiungendo obiettivi comuni: solo così le aziende funzionano. Per ottenere risultati positivi e di conseguenza acquisire capacità aziendali che portano a raggiungere un equilibrio di filosofia con l’azienda, le decisioni dovrebbero sempre essere dapprima concordate con il proprietario o i proprietari dell’azienda il dialogo che permette di valutare una decisione aiuta a condividere idee imprenditoriali importanti. L’unione tra responsabilità e competenze permette di assumere una leadership imprenditoriale per avere sempre più quote di mercato. Aprirsi e dialogare poi con i dipendenti dei problemi che stanno avendo è la chiave per migliorare il rapporto con loro, invece di aspettare che le cose degenerino: La cosa più conveniente da fare è dedicare un po’ di tempo a settimana per ascoltare, sentire i bisogni, pur mantenendo la tua professionalità: sapersi relazionare non vuol dire essere buonisti, amiconi… Il ruolo del dirigente richiede pazienza, empatia, carisma, capacità di ascolto e, al contempo, capacità di negoziazione.
I bravi manager non per forza sono anche bravi leader, e i bravi leader possono rivelarsi pessimi manager. Questo può accadere in quanto stiamo parlando di due soli diversi tra loro. Anche se possono includere caratteristiche molto simili. La necessità di guidare le capacità umane – e dunque quelle aziendali – hanno portato Burt Nanus e Warren Bennis (vedi il libro “Leader. Anatomia della leadership. Le 4 chiavi della leadership effettiva”) ad affermare il seguente aforisma: “i manager fanno le cose nel modo giusto; i leader fanno le cose giuste”. Sono i leader che conquistano nuovi territori inesplorati, che superano ogni ambiente competitivo utilizzando la visione a lungo termine e la strategia la cui realizzazione è affidata ai manager. Il management include la cura dei processi, della pianificazione, del bilancio, della struttura interna e dell’organico. Tutti elementi che favoriscono la continuità operativa di un’impresa: una condizione necessaria per il successo dell’organizzazione. Di conseguenza, nonostante una leadership eccellente, senza il management un’azienda si disintegrerebbe in un caos disorganizzato. Ma il management non va confuso con la leadership; non è il suo compito guidare l’organizzazione verso nuovi orizzonti.
Per raggiungere il successo in qualsivoglia ambito (personsale o della propria impresa) non basta “saper organizzare bene le cose” o essere bravi tecnici. Saper fare è sicuramente utile in molti campi ma qui si richiede di anticipare nuovi bisogni, nuovi mercati e, soprattutto, di saper stimolare gli altri, dai dipendenti ai collaboratori, dai colleghi ai caposettore – della fondatezza delle proprie idee, facendo di loro persone entusiaste di quanto stanno per fare. Chi collabora con noi è una risorsa importante: il bravo leader lo sa, e cera di adottare tecniche di successo per guidare gli altri, amministrare se stessi e raggiungere gli obiettivi che che si siano proposti, per se o per la propria impresa.
Nel 1990, il prof. John Kotter, docente di management ad Harvard, affermò che la leadership consiste nel saper affrontare il cambiamento e sviluppare una visione per l’organizzazione anche in periodo tumultuosi. I leader sono inoltre obbligati a comunicare questa visione all’intera azienda e a motivare il gruppo – in specialmodo i manager – in modo da realizzare i cambiamenti richiesti. In ultima analisi è la leadership che detta l’agenda e affida alle persone il potere di generare importanti cambiamenti .
Un buon leader, però, deve anche sfruttare l’incertezza sostenendo con forza la propria visione aziendale, facendo in modo che i collaboratori riferiscano loro quando le cose non vanno nel verso giusto e prendono spesso decisioni difficili su come sviluppare una visione organizzativa in grado di realizzare una visione strategica.
La paternità storica ed il conferimento ufficiale dei presupposti storici di continuità di tutte le Università Popolari vengono attribuite dalla CNUPI Confederazione Nazionale Università Popolari Italiane, federazione in cui viene decretato il suo riconoscimento ufficiale dal MIUR, con specifico decreto del 21 maggio 1991 e successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della repubblica Italiana. Il gruppo principale ne fa parte fin dalle sue origini con le sue virtù storiche. Dal 2017 con nuova riforma associativa di UNIEDA, il Gruppo Università Popolare degli studi di Milano, accreditata, entra a farne parte.
il giudice Tina Lagostena Bassi |
Il 20 maggio 1875 a Parigi venne firmata la Convenzione del metro. Quella data è ora celebrata come la Giornata mondiale della metrologia.
Negli ultimi anni si sono succeduti avvenimenti storici che hanno cambiato le nostre vite, abbiamo conquistato i cieli, gli abissi e lo spazio e la scienza e la tecnica hanno compiuto progressi inimmaginabili. Eppure, oggi come allora, qualcosa rimane immutato, il sistema metrico. La convenzione diede vita al Bureau international des poids et mesures e definì l’ambito per una collaborazione globale nella scienza della misura e nelle sue applicazioni industriali, commerciali e sociali.
La metrologia in Italia
In Italia il “centro” della Giornata mondiale della metrologia è Torino, che ospita il convegno organizzato dall’Istituto nazionale di ricerca metrologica (Inrim)
“Non mancherà infine uno sguardo al futuro con la fisica quantistica”, continua Diederik Wiersma, “ramo in cui il nostro Istituto eccelle e che trova applicazioni anche in ambito metrologico. Il tema non è facile, ma di sicuro fascino. Cercheremo di far chiarezza e di illustrare le nuove tecnologie che, grazie alla fisica dei quanti, saremo presto in grado di realizzare”.
Manca poco all’apertura dei battenti della nuova edizione della Fiera Internazionale A&T- Automation & Testing – che richiama ogni anno migliaia di visitatori e che dal 18 al 20 Aprile prossimi presso Torino – OVAL Lingotto Fiere ospiterà il meglio dell’innovazione e della tecnologia 4.0.
La manifestazione, cui parteciperanno primari player italiani ed internazionali del mercato dell’automazione industriale, della robotica e dei sistemi di misurazione e controllo qualità, presenterà quest’anno importanti novità grazie a prestigiose partnership concluse dalla direzione fiera insieme ad organizzazioni e associazioni di rappresentanza del mondo dell’IT e della Digital Innovation.
Vi segnaliamo in particolare che, prenotandosi, sarà possibile visitare la smart factory costruita su 500 mq all’interno di A&T. Troverete 8 postazioni automatizzate e digitalizzate, attraverso le quali ciascun visitatore realizzerà un gadget personalizzato. I visitatori sono accompagnati in un percorso di 20 minuti, un “viaggio” che offre informazioni concrete su metodi, tecnologie e soluzioni innovative per il mondo della produzione industriale. Al termine del percorso, il visitatore potrà ritirare il portachiavi che lui ha ordinato e prodotto lungo il percorso dalla smart factory, un oggetto di design in alluminio e stampa 3D, con il proprio nome marcato a laser.
Questa e tante altre novità vi aspettano in fiera: verranno infatti assegnati i Premi Innovazione 4.0 agli autori delle testimonianze applicative presentate nelle sessioni specialistiche, rispettivamente nelle categorie Aziende, Start-up, Ricerca e Università. È stata inoltre appositamente creata una categoria dedicata a Scuole e ITS per offrire ai giovani l’opportunità di illustrare progetti e/o prodotti realizzati da gruppi di studenti delle scuole secondarie di 2° grado e Istituti Tecnici Superiori.
“Le figure professionali maggiormente richieste nei prossimi anni saranno tendenzialmente super specializzate, parleranno in linguaggio cloud e opereranno su tecnologie digitali” – spiega Stefano Pigolotti, che di Vikyanna è Professional Coach, formatore aziendale che negli ultimi anni, ha avuto la possibilità di formare oltre 30.000 persone (di diversa estrazione e professionalità) in ambito commerciale, nonché di condividere esperienze imprenditoriali come consulente strategico per importanti aziende italiane.
Altro momento cardine sarà quello denominato “Coaching 4.0”, un programma formativo e informativo completo volto a spiegare come introdurre l’innovazione nelle imprese e Azienda 4.0, una vera Smart Factory in azione dedicata alle PMI, che consente al visitatore di capire il valore aggiunto della fabbrica digitale 4.0, sono solo alcune delle iniziative della dodicesima edizione della fiera
A&T ha voluto rimarcare la propria vocazione innovativa e una visione industriale votata al futuro, componendo un Comitato Scientifico e Industriale di grande prestigio. Una squadra di CAMPIONI nella conoscenza e nella comunicazione dell’innovazione e delle tecnologie 4.0. Il capitano di questo “dream-team” è il Prof. Marco Taisch, Docente del Politecnico di Milano, Membro della cabina di Regia del Piano Nazionale Impresa 4.0 presso il MISE.
Oltre al Prof. Taisch compongono la squadra di innovatori per l’innovazione, ovvero il Comitato Scientifico A&T, Domenico Appendino (SIRI), Paolo Ariano (IIT), Alberta Aversa (POLITO), Marco Casagni (ENEA), Sergio Cavalieri (UNIVERSITA’ BERGAMO); Franco Deregibus (DIH Piemonte), Franco Docchio (UNIVERSITA’ BRESCIA); Vito Fernicola (INRIM); Alessandro Ferrero ( POLIMI); Alfonso Fuggetta (CEFRIEL); Luca Gioppo (ORDINE INGEGNERI TORINO E PROVINCIA); Luca Iuliano (POLITO); Giovanni Miragliotta (POLIMI); Rosalba Mugno (ACCREDIA); Marco Pironti (INNOVATION CENTER ICxT); Mario Ricco (DISTRETTO MEDIS); Paolo Rocco (POLIMI); Nadia Scandelli (CEFRIEL); Stefano Serra (UNIONE INDUSTRIALE TORINO); Stefano Soliano (COMONEXT); Silvia Tramontin (ACCREDIA), Massimo Mortarino (Segretario Comitato Scientifico A&T).
Gli autorevoli esperti contribuiranno a definire e realizzare il percorso formativo 4.0 della Fiera A&T focalizzato sui processi di innovazione e di coaching 4.0, fondamentali oggi nella crescita di una cultura imprenditoriale competitiva, tecnologica e visionaria. Il Comitato Scientifico avrà anche l’importante compito di selezionare le testimonianze che saranno presentate in occasione del Premio Innovazione 4.0, l’iniziativa di A&T dedicata ad aziende, start-up, gruppi di ricerca e istituti superiori per riconoscere e promuovere le nuove soluzioni applicative in ambito industria 4.0.
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