Con Fondazione CRT un Corso di Giornalismo Scientifico sui cambiamenti del clima

Con il supporto di Fondazione CRT, la docenza dei giornalisti scientifici della Accademia Telematica Europea e dei ricercatori del CNR-IRPI (Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica) parte questa settimana il progetto GioMon, un corso di giornalismo scientifico rivolto a giornalisti del territorio.
Scopo: formare giovani giornalisti scientifici su come comunicare al meglio le sfide che stiamo affrontando relativamente ai cambiamenti climatici della Terra, alla fusione dei ghiacci, anche piemontesi, e all’impoverimento delle risorse del Pianeta.
Oggi il Dr Guido Nigrelli dell’IRPI ha tenuto un incontro a tema: la climatologia dell’Antropocene.

Un corso pensato per chi fa la scienza e vuole imparare a comunicarla con gli strumenti di un giornalista. Un corso pensato per chi fa giornalismo e vuole imparare ad usare i suoi strumenti per comunicare la scienza. Un corso per chi vuole diffondere fiducia. Fiducia nella scienza.

Abbiamo intervistato il Dr Guido Nigrelli, promotore di questa iniziativa, chiedendo quali siano gli scopi del corso.

Davvero siamo in piena emergenza climatica come dice la giovane Greta Thunberg?

Guido Nigrelli, ricercatore CNR IRPI
Guido Nigrelli, ricercatore CNR IRPI

“Si, siamo davvero in piena emergenza climatica”. Ma non lo siamo a causa dei cambiamenti climatici. Durante gli ultimi 8000 anni vi è stata una chiara alternanza di periodi caldi e periodi freddi e questa alternanza ha condizionando la vita di intere popolazioni, favorendo l’espansione o la scomparsa di intere civiltà. Nulla di nuovo quindi. A conferma di questo vi sono molti dati e molte pubblicazioni di riferimento”.

“Siamo davvero in piena emergenza climatica perché, dal 1950 circa e per la prima volta sulla Terra, l’uomo con le sue attività e soprattutto con le sue emissioni in atmosfera è stato in grado di modificare il clima e l’ambiente, accelerando alcuni processi già in corso. Dal 1950 in avanti si può dire che siamo entrati in una nuova era: l’Antropocene”.

Antropocene = grande accelerazione. Questa è la novità.

“Questa incontrollata accelerazione ci sta portando verso un punto di non ritorno, nessun falso allarmismo: o ci sbrighiamo, cambiamo radicalmente i nostri stili di vita e abbassiamo le emissioni antropogeniche in atmosfera (e non solo in atmosfera), oppure in un tempo non molto lontano, le condizioni di vita per l’uomo su questo pianeta potrebbero non essere più così scontate”.

Proprio per questo, spiega Nigrelli, è importante che ci siano sempre più corsi come questi  che permettano ai giornalisti – che sono i veri protagonisti nella comunicazione al grande pubblico di quanto sta avvenendo – di poter accedere alle informazioni, tenere solidi contatti con i ricercatori, con chi fa ricerca, e tradurre le informazioni in modo chiaro facile da comprendere. Fare insomma vera divulgazione.

Durante il corso di giornalismo scientifico vengono affrontati anche argomenti trasversali, utili per chi si occupa di comunicazione scientifica, come la lettura e l’interpretazione statistica dei grafici, i metodi per comunicare la scienza, la verifica delle fonti e molto altro.

 

Slide del corso – Lezione 2:   la climatologia dell’Antropocene
È possibile scaricare le slide della lezione di oggi dal seguente link 

presente alla pagina del sito del CNR Geoclimalp

Un Giganotosauro al centro commerciale

A Torino circola da tempo un Giganotosauro, un dinosauro di 8 tonnellate, quattro metri di altezza e quattordici di lunghezza.

Dino all’Area21 di Torino – Foto di Luigi Pasqua
Dopo avere abbandonato il Museo Regionale di Scienze Naturali (MSNR), è rimasto qualche mese ad accogliere i viaggiatori di passaggio all’aeroporto Sandro Pertini di Caselle.
Ora lo trovate, dal 6 dicembre al 26 gennaio 2014, allo shopping center Area12,  accanto allo Juventus Stadium, testimonial del MRSN che di recente ha ispirato la campagna Adotta Dino, attivata dalla Regione Piemonte in collaborazione con Vodafone Italia e Torino Città Capitale; si tratta di una raccolta fondi finalizzata alla riapertura della sede del museo, temporaneamente chiusa in seguito a un incidente avvenuto lo scorso agosto, ma soprattutto a sensibilizzare e mantenere vivo l’interesse e il legame che i cittadini hanno dimostrato di avere nei confronti di questa importante realtà scientifica piemontese.
Tiziana Brazzati
Accanto a un calco di Dinosauro Antonio, da lei scoperto

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Che cos’è un Giganotosauro? Lo abbiamo chiesto a Tiziana Brazzatti, geologa, insegnante e scopritrice del più importante e meglio conservato dinosauro italiano: Dinosauro Antonio.

“Dal nome si comprende subito che era un dinosauro gigantesco, uno dei più grandi dinosauri teropodi rinvenuti in Argentina. Il suo nome deriva dal greco “gigas” che sta per gigante, “noto” che significa “vento del sud” e “sauros” ovvero “lucertola”. La scoperta risale al 1993 quando un cercatore di fossili Ruben Carolini vide un osso affiorare dal terreno di Rio Limay Formation in Patagonia. Ha popolato le terre emerse dell’America del Sud nel tardo Cretacico circa 100 milioni di anni fa. Questo carnivoro era lungo più di 12 metri e dalle stime fatte, pesava tra le 6 e le 13 tonnellate per gli esemplari più grandi. Si contende il primato di dinosauro più grosso con i famosi Tirannosaurus rex e gli spinosauri”.

Dunque i dinosauri erano diffusi ovunque sulla terra. Come mai i loro resti si trovano sia in America che in Europa? Ci sono delle differenze?

“I dinosauri furono il gruppo di animali più diffuso e dominante nel corso del Mesozoico. Dopo la grande estinzione alla fine del periodo Triassico, i dinosauri iniziarono a diffondersi su tutte le terre emerse del nostro pianeta. Quello che era stato l’unico grande continente nel Paleozoico cioè la Pangea, aveva iniziato a separarsi nei vari continenti. Questo portò ad una notevole diversificazione delle specie di dinosauri che si evolsero con dimensioni e caratteristiche diverse per adattarsi ad habitat differenti”.

Quali sono i dinosauri più famosi ritrovati in Italia?

I dinosauri più famosi in Italia sono il piccolo cucciolo di dinosauro chiamato affettuosamente “Ciro”, rinvenuto a Pietraroja di Benevento e l’adrosauroide erbivoro soprannominato “Antonio”, scoperto a Trieste.

Quando e perché si sono estinti?

“I dinosauri si sono estinti alla fine del periodo Cretacico, circa 65 milioni di anni fa. Gli studiosi ritengono che la loro estinzione sia stata causata dall’impatto di una meteorite sul pianeta Terra. Questo evento catastrofico avrebbe provocato un forte cambiamento climatico che ha provocato una massiccia scomparsa di moltissime specie animali, come anche dei dinosauri. Ma gli scienziati concordano anche nell’affermare che è probabile che questa grande estinzione sia stata provocata da altri fattori concomitanti. Per esempio un’intensa attività vulcanica avvenuta nella zona dei Trappi del Deccan in India nel Cretacico superiore. Questa eruzione prolungata nel tempo, riversando gas e ceneri vulcaniche nell’atmosfera avrebbe ostacolato il passaggio dei raggi solari, generando il cosiddetto effetto serra, causa della sparizione dei dinosauri”.

E’ vero che gli uccelli si originarono all’interno di un gruppo di dinosauri?

“Si è vero. Proprio in questi ultimi anni grazie a delle scoperte avvenute in Cina i paleontologi hanno compreso che gli uccelli discendono dai dinosauri. Pensano che il loro antenato comune sia un teropode appartenente al gruppo dei Maniraptora, cioè dei dinosauri con piume capaci di volare che sopravissero all’estinzione alla fine del Mesozoico”.

 

 

LA CAMPAGNA ADOTTA DINO 

Inviando un SMS al 45511 dai numeri Vodafone si potrà donare 1 euro che sarà interamente devoluto a sostegno del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. Il 3 agosto scorso si è verificato un incidente che ha interessato una parte della sede del Museo Regionale di Scienze Naturali, che ha creato grossi problemi alla struttura

Così ho scoperto Antonio, il dinosauro italiano unico al mondo

Quante donne geologo al mondo possono dire di avere fatto una scoperta così importante: trovare nei pressi di Trieste un dinosauro di 4 metri di lunghezza?

Ecco la storia di Tiziana Brazzatti, geologa, redattrice di punta della importante testata scientifica con sede a Torino, Gravità Zero e della sua incredibile scoperta.
di Tiziana Brazzatti
La geologa Tiziana Brazzatti sul luogo del ritrovamento
Foto Credits: dinosauroantonio.it
Solo a distanza di tempo mi accorgo di avere vissuto due forti emozioni nella mia vita; la prima quando il 25 aprile 1994 ho scoperto la zampa di un grosso rettile fossile e la seconda quando il 14 dicembre 2000 si è inaugurata la mostra “Adrosauri e altri reperti fossili del Villaggio del Pescatore” nella quale ho visto per la prima volta anche la parte rimanente di quello che avevo ritrovato, cioè Antonio.
Ma andiamo con ordine.
La notizia di dinosauri sul Carso triestino risale all’incirca a poco più di dieci anni fa, quando i Sig. G. Rimoli e A. Tarlao rinvennero alcuni resti fossili affioranti nelle rocce vicino alla cava abbandonata di Villaggio del Pescatore.
Vennero prelevati da parte loro, subito alcuni campioni di rocce per eseguire delle analisi che permisero di attribuire l’appartenenza dei fossili a grossi rettili, forse dinosauri. Ne fu informato il Museo civico di Storia Naturale di Trieste, al quale vennero consegnati i frammenti prelevati e che si occupò immediatamente di effettuare regolare domanda di concessione di scavo alla Soprintendenza ai B.A.A.A.A.S. del Friuli Venezia Giulia per gli anni 1992 e successivi, fino al 1994. Dopo aver fatto i primi sopralluoghi con uno dei due segnalatori, il Sig. A. Tarlao e tracciata una mappa dei rinvenimenti segnalati, vennero eseguiti i primi scavi e studi scientifici, sotto la direzione del Dott. Calligaris, uno dei due attuali Conservatori dello stesso Museo. In questi anni, le campagne di scavo diedero alla luce il primo paio di zampe anteriori riferibili ad un individuo, un coracoide, una serie di quattro vertebre molto schiacciate, un osso isolato, resti scheletrici disarticolati di pesci, un unico resto vegetale ed un “particolare osso”, un pube, che fu determinante successivamente per l’attribuzione alla famiglia degli adrosauri.LO SCETTICISMO DELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA
Giovanni Todesco, scopritore di Ciro ( primo dinosauro italiano)
e Tiziana Brazzatti, scopritrice di dinosauro Antonio – credits
Purtroppo il rinvenimento di questi resti fossili non ebbe grande effetto sulla comunità scientifica. Non era ancora entrato nell’immaginario comune il concetto che in Italia potessimo rinvenire ossa di dinosauri e che ci potessero essere dei giacimenti di dinosauri, sebbene impronte di grandi rettili erano già state segnalate in varie zone italiane. La presentazione ufficiale del piccolo dinosauro trovato agli inizi degli anni novanta nel giacimento cretacico di Pietraroia in provincia di Benevento da parte di Giovanni Todesco, risale soltanto infatti al marzo 1998. Si vociferava comunque che questi reperti isolati di Villaggio del Pescatore appartenessero ai temibili carnosauri, cioè ai grandi dinosauri carnivori dotati di dentatura affilatissima ad andatura bipede, come l’Allosaurus del Giurassico superiore ed il Tyrannosaurus del Cretacico, entrambi ritrovati nel Nord America.
Alberto Angela sul luogo del ritrovamento
credits dinosauroantonio.it
In quel periodo collaboravo volontariamente con il Dott. R. Calligaris a studi di carattere paleontologico al Museo e studiavo Scienze Geologiche all’Università di Trieste. Ero quasi giunta alla fine del mio corso di studi e mi venne assegnata una tesina di laurea in rilevamento geologico, proprio nella zona di Villaggio del Pescatore.

COSI’ HO TROVATO UN DINOSAURO!

Durante uno dei frequenti sopralluoghi in zona, allo scopo di confermare un’ipotesi di faglia che secondo i miei calcoli doveva passare poco distante, penetrai in ginocchio nell’intricata vegetazione mediterranea nei pressi della cava abbandonata e mi imbattei in un affioramento di calcare che portava in superficie una zampa anteriore di qualche rettile fossile.

Ancora adesso mi vengono in mente prima le iniziali sensazioni di incredulità, sgomento e stupore e poi quella di eccitazione che sopraggiungono quando un paleontologo fa una scoperta inattesa ed improvvisa. Non immaginavo ancora in quel momento, che questo reperto avrebbe influenzato la mia attività di paleontologo ed avrebbe rivoluzionato la paleontologia italiana ed europea, tanto da cambiare la paleogeografia del Cretacico.
Tiziana Brazzatti alla  presentazione ufficiale
del fossile del dinosauro Antonio presso la Sovrintendenza
credits foto dinosauroantonio.it
Quel 25 aprile 1994 corsi subito ad informare il Museo di Trieste della scoperta e poi l’Università di Trieste. Fin dal primo sopralluogo fu ipotizzato che probabilmente quella parte distale di arto era forse soltanto la parte affiorante di un individuo di dinosauro che continuava verso il basso all’interno delle rocce calcaree; oggi sappiamo che questo reperto ormai venuto completamente alla luce è Antonio! 
Questa eccezionale rinvenimento, mai segnalato prima, mi diede la possibilità di essere coinvolta negli studi dei reperti recuperati fino ad allora e che erano conservati al Museo.
Il Dott. Calligaris ed io prendemmo contatto con due dei massimi esperti di dinosauri americani, il Dott. R. L. Carroll e Dale A. Russel, che ci confermarono con sicurezza che i resti potevano essere attribuiti a dinosauri e che quel “particolare osso”, sopra citato, apparteneva ad un pube di un Adrosauro.
Quindi i resti fossili non appartenevano a dei carnosauri, come si era creduto, ma si riferivano ad esemplari della Famiglia Hadrosauridae, dell’Ordine Ornitischia. Questi studi sfociarono in una pubblicazione scientifica, sugli Atti del Museo civico di Storia Naturale di Trieste, – Brazzatti T. & Calligaris R., 1995 -Studio preliminare di reperti ossei di dinosauri del Carso Triestino”, vol. 46, pp. 221-226.

DEFICIT DI COMUNICAZIONE NELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA 

Purtroppo la comunità scientifica non accettò da subito la proposta di attribuire a questi reperti l’appartenenza alla Fam. Hadrosauridae e questo importante studio scientifico non fece notizia. Forse i tempi non erano ancora maturi per pensare, che i reperti rinvenuti non erano di dinosauri carnivori che tanto affollano l’immaginario collettivo, creando nella nostra fantasia un mondo pieno di draghi e animali invincibili, ma soltanto di semplici dinosauri erbivori.
Nel frattempo a cavallo degli anni 1995 e 1996 si fecero altre campagne di scavo, sotto la direzione del direttore del Museo di Trieste Dott. S. Dolce; si estrasse infatti quel reperto che era rimasto ancora in situ, cioè la parte distale di quell’arto trovato dalla sottoscritta (quello di Antonio).Dal blocco di roccia recuperato, fuoriuscirono altre due zampe di un unico esemplare, che nell’ottobre 1996, vennero attribuite ad un adrosauro, da parte di uno dei massimi esperti europei nel campo dei dinosauri, Eric Buffetaut, attuale direttore del Laboratorio di Paleontologia dei Vertebrati del Centre National de la Recerche Scientifique di Parigi e che quindi confermò ulteriormente quanto avevamo già pubblicato.
Fu proprio l’estrazione di questo secondo paio di zampe anteriori di un unico individuo che convinsero le istituzioni preposte alla tutela e valorizzazione del giacimento fossilifero, a erogare cospicui fondi per la ricerca e a organizzare degli scavi sistematici con tecnologie innovative nel campo della paleontologia.
Disegno della testa del dinosauro Antonio
(disegno del paleoartista Tullio Perentin)
credits: dinosauroantonio.it
Fu firmata quindi una convenzione fra la Sovrintendenza Archeologica e per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici del Friuli Venezia Giulia, il Museo di Storia Naturale di Trieste, ed il Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell’Università di Trieste, per poter operare in sinergia vista l’enorme importanza scientifica del sito paleontologico e i probabili sviluppi socio-economici. Il resto è storia recente.

FINALMENTE ECCO ANTONIO!

Gli ultimi scavi effettuati tra il 1996 ed il 1997 hanno portato alla luce l’intero dinosauro ritrovato eccezionalmente in ottimo stato di conservazione ed in connessione anatomica.
La scoperta di Antonio è di grande eccezionalità ed importanza poiché è il primo dinosauro completo rinvenuto in Italia ed anche in Europa. Ed è grazie a questo rinvenimento che si aprono nuovi orizzonti e sviluppi nello studio del Carso Triestino, che fino a poco tempo fa si credeva essere un antico ambiente marino di scogliera. Ma non solo, tale rinvenimento va a modificare l’assetto paleogeografico delle terre emerse del periodo cretacico ed a creare nuovi sviluppi nella ricerca geologica e paleontologica.IL VIDEO DI DINOSAURO ANTONIO AL BIT DI MILANO
Al minuto 4,38 intervista con la scopritrice, la geologa Tiziana Brazzatti
Mi auguro che Antonio e gli altri reperti rinvenuti nel sito di Villaggio del Pescatore, che hanno indubbiamente un grande valore scientifico, vengano valorizzati con un’adeguata esposizione in qualche sala del Museo civico di Storia Naturale di Trieste. In un ruolo prettamente didattico, si potrebbe tentare di affiancare alle consuete e favoleggianti immagini propinate dai film Fantasia di Walt Disney e da Jurassic Park, anche delle conoscenze scientifiche che si credono far parte soltanto di una stretta cerchia di massimi esperti.

LA DIVULGAZIONE 
Secondo la legge vigente in Italia , mi riferisco al Testo Unico del D. L. n. 490 del 1999, i fossili sono definiti “cose che interessano la paleontologia”, per cui sono beni culturali che compongono il patrimonio indisponibile dello Stato. L’art. 87 della stessa legge prevede che chiunque scopra fortuitamente questi beni, ne deve comunicare la scoperta, provvedere temporaneamente alla conservazione lasciandoli nelle condizioni e nel luogo in cui sono stati rinvenuti. Sovente capita che invece questi reperti fossili vengano ritrovati da collezionisti o mercanti che senza alcun scrupolo li vendano andando quindi a far parte di qualche esclusiva e privata collezione, magari d’oltreoceano. Ottemperando alla legge invece si dà la possibilità a tutto il pubblico di godere di queste eccezionali opere d’arte dipinte con mano sapiente dalla natura, tempo addietro.PER APPROFONDIREIntervista RADIO RAI alla scopritrice Tiziana Brazzatti (parte 1, parte 2)Articolo sul National Geographic

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