Quale destino per l’Area Thyssen? Incontro in API Torino

Incontro in API Torino, mercoledì 28 maggio 2014 dalle 18.00 – ingresso libero 

API Torino ospita il 28 maggio prossimo un importante incontro sul futuro dell’area Thyssen.
Il convegno – aperto alle imprese e alla cittadinanza -, ha l’obiettivo di effettuare una ricognizione degli importanti progetti di trasformazione dell’area che coinvolgeranno cittadini e aziende. Sarà possibile quindi conoscere i programmi di destinazione d’uso, i tempi di realizzazione e i primi particolari delle iniziative in programma.
L’incontro è organizzato dall’Urban Center Metropolitano. L’appuntamento è quindi in API Torino, Sala Busso a partire dalle ore 18.00.

Molestie e bullismo a scuola: corso gratuito per insegnanti alla Scuola di Amministrazione Aziendale

Il titolo è “Pari opportunità a scuola: strategie di convivenza,  di contrasto, di sostegno” ha una durata di  120 ore ed è stato progettato dall’Ateneo di Torino (Comitato Unico di Garanzia e  Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’educazione)

C’è tempo fino al 20 maggio 2014 per iscriversi.

bullismo
bullismo a scuola

Il corso, finanziato dall’Inps, è completamente gratuito ed è rivolto a insegnanti, presidi, dirigenti, personale amministrativo delle scuole e approfondisce diversi profili con diversi esperti (molestie, mobbing, interazione con soggetti diversamente abili, stranieri, mobbing, stress correlato; bullismo e cyberbullismo… ecc.).

Al fine di formare simili competenze, il corso fornirà 1) conoscenze mirate sul diritto antidiscriminatorio e sulla normative europea e nazionale relativa alle pari opportunità, 2) linee generali sul pensiero della differenza e sulla pedagogia della differenza sessuale, 3) strumenti teorici e suggerimenti su come affrontare i problemi, culturali e pedagogici, connessi con la multiculturalità.

Profili professionali altamente qualificati caratterizzati da competenze di questo tipo sono richiesti per dirigenti scolastici, docenti, docenti e responsabili della qualità nella scuola e nella pubblica amministrazione, funzionari degli uffici scolastici regionali, responsabili di dipartimenti universitari.

Il corso intende sviluppare competenze orientate alla valutazione dell’efficienza dei servizi educativi nelle scuole, in termini di promozione delle risorse umane e della pari opportunità, di accoglienza e integrazione e di lotta all’esclusione sociale.

Per maggiori informazioni consultare la pagina dedicata della Scuola di Amministrazione Aziendale, Università degli Studi di Torino

#hackUniTO per tutti: partecipazione fa rima con innovazione

il Circolo dei lettori – via Bogino 9, Torino

Martedì 8 aprile 2014 ore 18.30

#hackUniTO per tutti.

Partecipazione fa rima con innovazione
con Germano Paini, responsabile Progetto Innovazione, Comunicazione, Competitività – Università degli Studi di  Torino

presentazione del nuovo progetto di Engagement, innovazione e competitività dell’Università degli Studi di Torino
Ingresso libero fino a esaurimento posti

#hackUniTO (www.hackunito.it) è la piattaforma innovativa ideata dall’Università degli Studi di Torino. Uno spazio aperto a tutti dove presentare e sviluppare i propri spunti e progetti. Obiettivo: creare una Università più dinamica e partecipativa, ma anche servizi e prodotti per migliorare la vivibilità della città. È possibile iscriversi alla piattaforma presentando la propria idea entro il 31 marzo.

Martedì 8 aprile alle ore 18.30 al Circolo dei lettori, Germano Paini, responsabile Progetto Innovazione, Comunicazione, Competitività dell’Università degli Studi di Torino, in un incontro aperto a tutti, presenta i progetti proposti dai cittadini e che saranno avviati durante la settimana dell’hackathon (crasi delle parole hacker e marathon) dal 12 al 17 maggio presso il Campus Luigi Einaudi. Una vera e propria maratona verso l’innovazione per vivere meglio l’Università degli Studi di Torino, creando nuove modalità di relazione con il territorio e con le istituzioni.

Il progetto è realizzato con il patrocinio della Città di Torino e in collaborazione con Compagnia di San Paolo, Politecnico di Torino e 2i3T – Incubatore per le imprese dell’Università di Torino

Segnalato da: Gravità Zero

Rinasce “Sapere”: la più antica rivista di divulgazione scientifica italiana

Nicola Armaroli dell’Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività del CNR è il nuovo direttore della rivista di divulgazione scientifica Sapere. Due ricercatori CNR tra i tre componenti dell’editorial board.

 

Alla vigilia degli 80 anni della rivista Sapere, il più antico periodico italiano di divulgazione scientifica fondato nel 1935, l’editore Dedalo ha nominato Nicola Armaroli, dirigente di ricerca dell’ISOF-CNR, nuovo direttore della rivista.Nel dicembre del 2013, sotto la direzione di Carlo Bernardini e Francesco Lenci e in partnership con la redazione Galileo, se ne annunciava la chiusura.

 

E oggi, a distanza di oltre un anno, la rivista riapre le sue pubblicazioni, a cadenza bimestrale, con una grafica e una direzione totalmente rinnovata. Il comitato editoriale è composto dai fisici Tommaso Castellani e Elena Ioli, e dal chimico Massimo Trotta.
La presentazione si è svolta oggi, 13 marzo alle ore 19.00, presso la Libreria Assaggi, Via degli Etruschi 4, a Roma.

 

 

Il Barcamp per progettare la notte bianca degli studenti

Mercoledì 12 marzo 2014, dalle ore 16.30, nell’Aula C2 del Campus Luigi Einaudi (Lungo Dora Siena, 100) l’Università di Torino organizza un BarCamp, per progettare la Notte bianca degli studenti in programma il 17 maggio 2014 in chiusura di#hackUniTO2014.
L’incontro sarà aperto da Mariagrazia Pellerino, Assessore Istruzione e Università, Politiche educative per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Torino, dalla Prof.ssa Laura Montanaro, Prorettore del Politecnico di Torino e dal Prof. Germano Paini, delegato del Rettore dell’Università di Torino per l’innovazione, che illustreranno ai partecipanti le modalità di coinvolgimento e partecipazione degli studenti e della cittadinanza nella progettazione dell’evento.
100 mila studenti propongono una nuova occasione di incontro e scambio con la cittadinanza nell’ottica di Torino città universitaria.
L’evento è aperto, in una prospettiva di engagement, alla Comunità universitaria e alla Comunità locale.

INAUGURAZIONE Temporary Museum al BasicVillage 12 Dicembre ore 11.00

Giovedì 12 Dicembre, Michele Coppola e Marco Boglione terranno una conferenza stampa per presentare

Il Museo Regionale di Scienze Naturali al BasicVillage (ore 11 – corso Verona 15/C – Torino) .

Interverranno
Patrizia Picchi, Direttore Museo Regionale di Scienze Naturali; Andrea Casalegno, Direttore Tecnico TOP-IX ; Lorenzo Marini, Co-fondatore e Direttore Associazione Musika

Seguirà visita guidata al Temporary Museum .

Con l’occasione sarà presentata l’Associazione Musika (BasicVillage, corso Verona 19/B)

 

Via: Giornalismo Scientifico

Un Giganotosauro al centro commerciale

A Torino circola da tempo un Giganotosauro, un dinosauro di 8 tonnellate, quattro metri di altezza e quattordici di lunghezza.

Dino all’Area21 di Torino – Foto di Luigi Pasqua
Dopo avere abbandonato il Museo Regionale di Scienze Naturali (MSNR), è rimasto qualche mese ad accogliere i viaggiatori di passaggio all’aeroporto Sandro Pertini di Caselle.
Ora lo trovate, dal 6 dicembre al 26 gennaio 2014, allo shopping center Area12,  accanto allo Juventus Stadium, testimonial del MRSN che di recente ha ispirato la campagna Adotta Dino, attivata dalla Regione Piemonte in collaborazione con Vodafone Italia e Torino Città Capitale; si tratta di una raccolta fondi finalizzata alla riapertura della sede del museo, temporaneamente chiusa in seguito a un incidente avvenuto lo scorso agosto, ma soprattutto a sensibilizzare e mantenere vivo l’interesse e il legame che i cittadini hanno dimostrato di avere nei confronti di questa importante realtà scientifica piemontese.
Tiziana Brazzati
Accanto a un calco di Dinosauro Antonio, da lei scoperto

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Che cos’è un Giganotosauro? Lo abbiamo chiesto a Tiziana Brazzatti, geologa, insegnante e scopritrice del più importante e meglio conservato dinosauro italiano: Dinosauro Antonio.

“Dal nome si comprende subito che era un dinosauro gigantesco, uno dei più grandi dinosauri teropodi rinvenuti in Argentina. Il suo nome deriva dal greco “gigas” che sta per gigante, “noto” che significa “vento del sud” e “sauros” ovvero “lucertola”. La scoperta risale al 1993 quando un cercatore di fossili Ruben Carolini vide un osso affiorare dal terreno di Rio Limay Formation in Patagonia. Ha popolato le terre emerse dell’America del Sud nel tardo Cretacico circa 100 milioni di anni fa. Questo carnivoro era lungo più di 12 metri e dalle stime fatte, pesava tra le 6 e le 13 tonnellate per gli esemplari più grandi. Si contende il primato di dinosauro più grosso con i famosi Tirannosaurus rex e gli spinosauri”.

Dunque i dinosauri erano diffusi ovunque sulla terra. Come mai i loro resti si trovano sia in America che in Europa? Ci sono delle differenze?

“I dinosauri furono il gruppo di animali più diffuso e dominante nel corso del Mesozoico. Dopo la grande estinzione alla fine del periodo Triassico, i dinosauri iniziarono a diffondersi su tutte le terre emerse del nostro pianeta. Quello che era stato l’unico grande continente nel Paleozoico cioè la Pangea, aveva iniziato a separarsi nei vari continenti. Questo portò ad una notevole diversificazione delle specie di dinosauri che si evolsero con dimensioni e caratteristiche diverse per adattarsi ad habitat differenti”.

Quali sono i dinosauri più famosi ritrovati in Italia?

I dinosauri più famosi in Italia sono il piccolo cucciolo di dinosauro chiamato affettuosamente “Ciro”, rinvenuto a Pietraroja di Benevento e l’adrosauroide erbivoro soprannominato “Antonio”, scoperto a Trieste.

Quando e perché si sono estinti?

“I dinosauri si sono estinti alla fine del periodo Cretacico, circa 65 milioni di anni fa. Gli studiosi ritengono che la loro estinzione sia stata causata dall’impatto di una meteorite sul pianeta Terra. Questo evento catastrofico avrebbe provocato un forte cambiamento climatico che ha provocato una massiccia scomparsa di moltissime specie animali, come anche dei dinosauri. Ma gli scienziati concordano anche nell’affermare che è probabile che questa grande estinzione sia stata provocata da altri fattori concomitanti. Per esempio un’intensa attività vulcanica avvenuta nella zona dei Trappi del Deccan in India nel Cretacico superiore. Questa eruzione prolungata nel tempo, riversando gas e ceneri vulcaniche nell’atmosfera avrebbe ostacolato il passaggio dei raggi solari, generando il cosiddetto effetto serra, causa della sparizione dei dinosauri”.

E’ vero che gli uccelli si originarono all’interno di un gruppo di dinosauri?

“Si è vero. Proprio in questi ultimi anni grazie a delle scoperte avvenute in Cina i paleontologi hanno compreso che gli uccelli discendono dai dinosauri. Pensano che il loro antenato comune sia un teropode appartenente al gruppo dei Maniraptora, cioè dei dinosauri con piume capaci di volare che sopravissero all’estinzione alla fine del Mesozoico”.

 

 

LA CAMPAGNA ADOTTA DINO 

Inviando un SMS al 45511 dai numeri Vodafone si potrà donare 1 euro che sarà interamente devoluto a sostegno del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. Il 3 agosto scorso si è verificato un incidente che ha interessato una parte della sede del Museo Regionale di Scienze Naturali, che ha creato grossi problemi alla struttura

La senatrice Elena Cattaneo è “Stem Cell Person of the Year 2013”

Il premio “Stem Cell Person of the Year”, promosso dal Knoepfler Lab dell’Università della California, è stato assegnato per il 2013 a Elena Cattaneo, ricercatrice italiana nominata a settembre senatrice a vita per i suoi meriti scientifici.

Il premio, istituito lo scorso anno dal ricercatore/blogger Paul Knoepfler, intende fornire un riconoscimento a quanti operano con passione e competenze d’eccellenza allo studio delle cellule staminali.
Elena Cattaneo è Direttore del Centro di Ricerca sulle Cellule Staminali – UniStem dell’Università degli Studi di Milano e molti dei suoi studi sono dedicati alla comprensione della malattia di Huntington, una patologia che comporta la progressiva perdita di neuroni e con essa di molte capacità motorie e cognitive.
Nel messaggio di congratulazioni pubblicato sul blog, Knoepfler definisce Elena Cattaneo come “una vera donna del Rinascimento scientifico”, evidenziandone non solo i meriti scientifici, ma anche il ruolo attivo che ha svolto e continua a svolgere in difesa della scienza e dell’etica della scienza.

Fonte: Knoepfler Lab

Via: Gravità Zero,  giornalismo scientifico, bpr

Parla anche italiano il Nobel per la Medicina 2013

Si respira anche un po’ di ricerca italiana nel Nobel per la Medicina 2013: almeno dalla bibliografia che accompagna le motivazioni del Nobel assegnati ieri a James Rothman, Randy Schekman e Thomas Sudhof.
È infatti nel nel 1992 che il prof. Cesare Montecucco, dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e dell’università di Padova (ossia un anno prima della pubblicazione della ricerca di Rothman) pubblicò la scoperta di tre proteine chiave:
Prof. Cesare Montecucco

”Si trovano sulla vescicole che, come dei camion, trasportano le sostanze utili fuori dalle cellule”, ha dichiarato il ricercatore. “Si chiamano Vamp, Snap-25 e Sintaxina e si trovano nella parte interna delle ”mura”, ossia all’interno della membrana cellulare. Lavorando sulle tossine responsabili di tetano e botulismo abbiamo scoperto il modo in cui rilasciano il neurotrasmettitore all’esterno della cellula per attivare i muscoli. Per noi le cellule sono come delle cittadelle medioevali, chiuse da una cinta di mura e con un vivacissimo traffico fra esterno e interno”

Per questa scoperta nel 2011 il gruppo di Montecucco ha ricevuto il premio Paul Ehrlich, considerato il Nobel europeo per la Medicina.
I meccanismi che regolano il traffico all’interno delle cellule, prosegue l’esperto, ”sono fondamentali per importantissime funzioni. Senza di questi non potremmo neppure respirare”. Ricerche come quelle premiate con il Nobel, conclude, hanno aperto la strada per studiare altre proteine coinvolte in malattie neurodegenerative o comportamentali, come la schizofrenia. ”Per questo – conclude Montecucco – è molto importante continuare a studiarle”.

QUANTI ITALIANI HANNO VINTO IL NOBEL PER LA MEDICINA? 
Gli scienziati italiani che hanno vinto il Nobel per la Medicina, su un totale di 201 dal 1901 a oggi, sono 6, di cui solo una è donna (Rita Levi-Montalcini).
Nel 1906 ha vinto Camillo Golgi per le ricerche effettuate sulla struttura del sistema nervoso.
Nel 1957 è stato il turno di Daniel Bovet per le sue scoperte sui composti sintetici, come il curaro.
Nel 1969 Salvador Luria per le scoperte del meccanismo di replicazione della struttura genetica del virus.
Renato Dulbecco nel 1975 per le sue scoperte in materia di interazione tra virus tumorali e materiale genetico della cellula.
Il successivo è andato a una donna, una delle dieci al mondo ad aver ricevuto questo importante riconoscimento. Si tratta di Rita Levi-Montalcini premiata nel 1986 per la scoperta dei “fattori di crescita” del sistema nervoso.
L’ultimo premio Nobel per la Medicina assegnato a un italiano (anche se naturalizzato americano) risale al 2007 e si tratta di Mario Capecchi, premiato per le scoperte pionieristiche riguardanti il sistema embrionale delle cellule staminali e la ricombinazione del Dna nei mammiferi. Se si considerano tutte le categorie dei Nobel, gli italiani che hanno ricevuto questo riconoscimento sono in totale 18.

Una curiosità: l’Università di Torino vide sullo stesso banco a studiare sotto la guida del celebre Giuseppe Levi ben quattro personaggi che diventeranno grandi nomi nella scienza medica: 3 dei quali sarebbero diventati futuri premi Nobel. Erano Renato Dulbecco, Salvador Luria, Rita Levi-Montalcini e Eugenia Sacerdote de Lustig (cugina della più nota Rita).

Così ho scoperto Antonio, il dinosauro italiano unico al mondo

Quante donne geologo al mondo possono dire di avere fatto una scoperta così importante: trovare nei pressi di Trieste un dinosauro di 4 metri di lunghezza?

Ecco la storia di Tiziana Brazzatti, geologa, redattrice di punta della importante testata scientifica con sede a Torino, Gravità Zero e della sua incredibile scoperta.
di Tiziana Brazzatti
La geologa Tiziana Brazzatti sul luogo del ritrovamento
Foto Credits: dinosauroantonio.it
Solo a distanza di tempo mi accorgo di avere vissuto due forti emozioni nella mia vita; la prima quando il 25 aprile 1994 ho scoperto la zampa di un grosso rettile fossile e la seconda quando il 14 dicembre 2000 si è inaugurata la mostra “Adrosauri e altri reperti fossili del Villaggio del Pescatore” nella quale ho visto per la prima volta anche la parte rimanente di quello che avevo ritrovato, cioè Antonio.
Ma andiamo con ordine.
La notizia di dinosauri sul Carso triestino risale all’incirca a poco più di dieci anni fa, quando i Sig. G. Rimoli e A. Tarlao rinvennero alcuni resti fossili affioranti nelle rocce vicino alla cava abbandonata di Villaggio del Pescatore.
Vennero prelevati da parte loro, subito alcuni campioni di rocce per eseguire delle analisi che permisero di attribuire l’appartenenza dei fossili a grossi rettili, forse dinosauri. Ne fu informato il Museo civico di Storia Naturale di Trieste, al quale vennero consegnati i frammenti prelevati e che si occupò immediatamente di effettuare regolare domanda di concessione di scavo alla Soprintendenza ai B.A.A.A.A.S. del Friuli Venezia Giulia per gli anni 1992 e successivi, fino al 1994. Dopo aver fatto i primi sopralluoghi con uno dei due segnalatori, il Sig. A. Tarlao e tracciata una mappa dei rinvenimenti segnalati, vennero eseguiti i primi scavi e studi scientifici, sotto la direzione del Dott. Calligaris, uno dei due attuali Conservatori dello stesso Museo. In questi anni, le campagne di scavo diedero alla luce il primo paio di zampe anteriori riferibili ad un individuo, un coracoide, una serie di quattro vertebre molto schiacciate, un osso isolato, resti scheletrici disarticolati di pesci, un unico resto vegetale ed un “particolare osso”, un pube, che fu determinante successivamente per l’attribuzione alla famiglia degli adrosauri.LO SCETTICISMO DELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA
Giovanni Todesco, scopritore di Ciro ( primo dinosauro italiano)
e Tiziana Brazzatti, scopritrice di dinosauro Antonio – credits
Purtroppo il rinvenimento di questi resti fossili non ebbe grande effetto sulla comunità scientifica. Non era ancora entrato nell’immaginario comune il concetto che in Italia potessimo rinvenire ossa di dinosauri e che ci potessero essere dei giacimenti di dinosauri, sebbene impronte di grandi rettili erano già state segnalate in varie zone italiane. La presentazione ufficiale del piccolo dinosauro trovato agli inizi degli anni novanta nel giacimento cretacico di Pietraroia in provincia di Benevento da parte di Giovanni Todesco, risale soltanto infatti al marzo 1998. Si vociferava comunque che questi reperti isolati di Villaggio del Pescatore appartenessero ai temibili carnosauri, cioè ai grandi dinosauri carnivori dotati di dentatura affilatissima ad andatura bipede, come l’Allosaurus del Giurassico superiore ed il Tyrannosaurus del Cretacico, entrambi ritrovati nel Nord America.
Alberto Angela sul luogo del ritrovamento
credits dinosauroantonio.it
In quel periodo collaboravo volontariamente con il Dott. R. Calligaris a studi di carattere paleontologico al Museo e studiavo Scienze Geologiche all’Università di Trieste. Ero quasi giunta alla fine del mio corso di studi e mi venne assegnata una tesina di laurea in rilevamento geologico, proprio nella zona di Villaggio del Pescatore.

COSI’ HO TROVATO UN DINOSAURO!

Durante uno dei frequenti sopralluoghi in zona, allo scopo di confermare un’ipotesi di faglia che secondo i miei calcoli doveva passare poco distante, penetrai in ginocchio nell’intricata vegetazione mediterranea nei pressi della cava abbandonata e mi imbattei in un affioramento di calcare che portava in superficie una zampa anteriore di qualche rettile fossile.

Ancora adesso mi vengono in mente prima le iniziali sensazioni di incredulità, sgomento e stupore e poi quella di eccitazione che sopraggiungono quando un paleontologo fa una scoperta inattesa ed improvvisa. Non immaginavo ancora in quel momento, che questo reperto avrebbe influenzato la mia attività di paleontologo ed avrebbe rivoluzionato la paleontologia italiana ed europea, tanto da cambiare la paleogeografia del Cretacico.
Tiziana Brazzatti alla  presentazione ufficiale
del fossile del dinosauro Antonio presso la Sovrintendenza
credits foto dinosauroantonio.it
Quel 25 aprile 1994 corsi subito ad informare il Museo di Trieste della scoperta e poi l’Università di Trieste. Fin dal primo sopralluogo fu ipotizzato che probabilmente quella parte distale di arto era forse soltanto la parte affiorante di un individuo di dinosauro che continuava verso il basso all’interno delle rocce calcaree; oggi sappiamo che questo reperto ormai venuto completamente alla luce è Antonio! 
Questa eccezionale rinvenimento, mai segnalato prima, mi diede la possibilità di essere coinvolta negli studi dei reperti recuperati fino ad allora e che erano conservati al Museo.
Il Dott. Calligaris ed io prendemmo contatto con due dei massimi esperti di dinosauri americani, il Dott. R. L. Carroll e Dale A. Russel, che ci confermarono con sicurezza che i resti potevano essere attribuiti a dinosauri e che quel “particolare osso”, sopra citato, apparteneva ad un pube di un Adrosauro.
Quindi i resti fossili non appartenevano a dei carnosauri, come si era creduto, ma si riferivano ad esemplari della Famiglia Hadrosauridae, dell’Ordine Ornitischia. Questi studi sfociarono in una pubblicazione scientifica, sugli Atti del Museo civico di Storia Naturale di Trieste, – Brazzatti T. & Calligaris R., 1995 -Studio preliminare di reperti ossei di dinosauri del Carso Triestino”, vol. 46, pp. 221-226.

DEFICIT DI COMUNICAZIONE NELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA 

Purtroppo la comunità scientifica non accettò da subito la proposta di attribuire a questi reperti l’appartenenza alla Fam. Hadrosauridae e questo importante studio scientifico non fece notizia. Forse i tempi non erano ancora maturi per pensare, che i reperti rinvenuti non erano di dinosauri carnivori che tanto affollano l’immaginario collettivo, creando nella nostra fantasia un mondo pieno di draghi e animali invincibili, ma soltanto di semplici dinosauri erbivori.
Nel frattempo a cavallo degli anni 1995 e 1996 si fecero altre campagne di scavo, sotto la direzione del direttore del Museo di Trieste Dott. S. Dolce; si estrasse infatti quel reperto che era rimasto ancora in situ, cioè la parte distale di quell’arto trovato dalla sottoscritta (quello di Antonio).Dal blocco di roccia recuperato, fuoriuscirono altre due zampe di un unico esemplare, che nell’ottobre 1996, vennero attribuite ad un adrosauro, da parte di uno dei massimi esperti europei nel campo dei dinosauri, Eric Buffetaut, attuale direttore del Laboratorio di Paleontologia dei Vertebrati del Centre National de la Recerche Scientifique di Parigi e che quindi confermò ulteriormente quanto avevamo già pubblicato.
Fu proprio l’estrazione di questo secondo paio di zampe anteriori di un unico individuo che convinsero le istituzioni preposte alla tutela e valorizzazione del giacimento fossilifero, a erogare cospicui fondi per la ricerca e a organizzare degli scavi sistematici con tecnologie innovative nel campo della paleontologia.
Disegno della testa del dinosauro Antonio
(disegno del paleoartista Tullio Perentin)
credits: dinosauroantonio.it
Fu firmata quindi una convenzione fra la Sovrintendenza Archeologica e per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici del Friuli Venezia Giulia, il Museo di Storia Naturale di Trieste, ed il Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell’Università di Trieste, per poter operare in sinergia vista l’enorme importanza scientifica del sito paleontologico e i probabili sviluppi socio-economici. Il resto è storia recente.

FINALMENTE ECCO ANTONIO!

Gli ultimi scavi effettuati tra il 1996 ed il 1997 hanno portato alla luce l’intero dinosauro ritrovato eccezionalmente in ottimo stato di conservazione ed in connessione anatomica.
La scoperta di Antonio è di grande eccezionalità ed importanza poiché è il primo dinosauro completo rinvenuto in Italia ed anche in Europa. Ed è grazie a questo rinvenimento che si aprono nuovi orizzonti e sviluppi nello studio del Carso Triestino, che fino a poco tempo fa si credeva essere un antico ambiente marino di scogliera. Ma non solo, tale rinvenimento va a modificare l’assetto paleogeografico delle terre emerse del periodo cretacico ed a creare nuovi sviluppi nella ricerca geologica e paleontologica.IL VIDEO DI DINOSAURO ANTONIO AL BIT DI MILANO
Al minuto 4,38 intervista con la scopritrice, la geologa Tiziana Brazzatti
Mi auguro che Antonio e gli altri reperti rinvenuti nel sito di Villaggio del Pescatore, che hanno indubbiamente un grande valore scientifico, vengano valorizzati con un’adeguata esposizione in qualche sala del Museo civico di Storia Naturale di Trieste. In un ruolo prettamente didattico, si potrebbe tentare di affiancare alle consuete e favoleggianti immagini propinate dai film Fantasia di Walt Disney e da Jurassic Park, anche delle conoscenze scientifiche che si credono far parte soltanto di una stretta cerchia di massimi esperti.

LA DIVULGAZIONE 
Secondo la legge vigente in Italia , mi riferisco al Testo Unico del D. L. n. 490 del 1999, i fossili sono definiti “cose che interessano la paleontologia”, per cui sono beni culturali che compongono il patrimonio indisponibile dello Stato. L’art. 87 della stessa legge prevede che chiunque scopra fortuitamente questi beni, ne deve comunicare la scoperta, provvedere temporaneamente alla conservazione lasciandoli nelle condizioni e nel luogo in cui sono stati rinvenuti. Sovente capita che invece questi reperti fossili vengano ritrovati da collezionisti o mercanti che senza alcun scrupolo li vendano andando quindi a far parte di qualche esclusiva e privata collezione, magari d’oltreoceano. Ottemperando alla legge invece si dà la possibilità a tutto il pubblico di godere di queste eccezionali opere d’arte dipinte con mano sapiente dalla natura, tempo addietro.PER APPROFONDIREIntervista RADIO RAI alla scopritrice Tiziana Brazzatti (parte 1, parte 2)Articolo sul National Geographic

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