Quaranta opere di 26 artisti di tutti i continenti per porre l’attenzione sull’aspetto cosmopolita e nomade della Fiber Art, ovvero l’interesse per le culture di tutto il mondo rilette attraverso i patrimoni antichi e contemporanei della tessilità da artisti “viaggiatori”, che si spostano di cultura in cultura, di luogo in luogo, per apprendere nuove tecniche e conoscere nuovi materiali. Un vero e proprio giro del mondo grazie alla duttilità del filo.
Fino al 15 maggio, l’Imbiancheria del Vajro di Chieri ospita la mostra «Un grande Abbraccio al Mondo», terzo appuntamento del progetto «RestART!», il cui obiettivo è raccontare, attraverso cinque mostre nell’arco di due anni, la preziosa Collezione Civica di Fiber Art del Comune di Chieri, “Trame d’Autore”, oltre 300 opere realizzate da artisti di tutto il mondo, un patrimonio di valore e di rilevanza internazionale.
L’Imbiancheria del Vajro, uno dei più antichi edifici industriali di Chieri, risalente al XVI secolo, quando qui si insediarono le prime lavorazioni tessili: recuperata grazie al contributo della Fondazione Compagnia di San Paolo, è divenuta sede di un museo ‘relazionale’ incentrato sul patrimonio della Fiber Art, ospitando mostre temporanee ed eventi collaterali, attività educative, nonché la rassegna “Tramanda” e tutte le iniziative ad essa collegate.
Spiega Silvana Nota, critica d’arte e direttrice artistica del progetto RestART!: «La Fiber Art, per sua natura, è un grande abbraccio al mondo. Alle origini di questo movimento artistico sviluppatosi negli Anni Sessanta, vi è, infatti, l’interesse per le culture di ogni luogo e tempo rilette attraverso i patrimoni antichi e contemporanei della tessitura. In essi, gli artisti vi hanno identificato il filo universale che collega popoli e tradizioni, individuando al loro interno i più svariati percorsi di esplorazione alla ricerca di significati e conoscenze poi elaborate con sensibilità, contenuti e modalità personali. In libera adesione allo spirito di questa corrente, che è giunta ad oggi ricaricandosi delle incalcolabili esperienze del ‘900, il cammino dei fiber artist ha incrociato i passi di altri artisti visuali, che su strade parallele hanno dato valore al medium tessile giungendo, con incredibile sintonia, agli stessi elementi fondanti e punti teorici dell’arte della fibra: un nomadismo culturale inclusivo ed etico, attraverso il quale l’enciclopedia delle saggezze perdute, o di abituale consumo, si traduce in opere simili a grandi libri aperti tra le cui pagine trovano valore gli aspetti migliori di civiltà del passato e di oggi, al di là di qualsiasi barriera geografica o di pensiero. Un dato che emerge con chiarezza nella Collezione “Trame d’Autore”, chiamata nella sua mission a mettere in dialogo i diversi aspetti di un medesimo linguaggio, forse tra i pochi ad avere una continuità in costante metamorfosi ed espansione contemporanea, pur mantenendo i tratti identitari che la contraddistinguono».
«Tema di questa mostra, che presenta una serie di installazioni-prosegue la curatrice Silvana Nota-è l’empatia che unisce esseri viventi, natura e angoli tra i più famosi o sperduti della Terra, impressi e declinati in opere multiformi per poetiche, materiali e tecniche. Il percorso espositivo richiama una mappa del tutto originale e inconsueta che attraversa i continenti raccontandoli in caleidoscopiche declinazioni, grazie ad artisti liberi da ogni margine: internazionali per professione, cittadini del mondo per vocazione, spesso nati in luogo, vivono in un altro e si spostano ancora altrove per ragioni innumerevoli coniugando l’amore per le proprie radici ad altre molto distanti, ugualmente amate, sognate, vissute nella realtà o in dimensioni intellettuali».
Ospite d’eccezione della mostra «Un grande Abbraccio al Mondo» è l’artista, editore e collezionista Ezio Gribaudo (Torino, 1929), che ha fatto del viaggio e dell’incontro una filosofia di vita, e che già a partire dagli Anni Settanta ha utilizzato il tessuto nelle sue opere. Il Maestro Ezio Gribaudo ha accettato di collegarsi con una sua installazione site specific di “mappamondi” all’opera aperta condivisa “L’Arte Moltiplica l’Arte”:
«Il mappamondo rappresenta nella mia ricerca l’immagine della bellezza immensa della terra sulla quale viviamo (…). Ho avuto l’opportunità di apprezzare culture diverse e riflettere sul senso dell’esistenza che merita orizzonti aperti. Ad interessarmi è stato anche l’ingegno umano, e insieme ad esso l’ambiente dell’officina intesa nel suo più nobile significato. Un binomio affascinante che mi ha spinto a raccogliere sapienze diverse e sperimentarle nelle mie opere realizzate talvolta con materiali di particolare significato come i flani – gli stampi dei giornali che venivano buttati dopo il loro uso e sui quali ho costruito scritture e libri d’artista – e scarti tessili: dalla juta a fili vari, da me utilizzati già a partire dagli Anni Settanta».
Per Ezio Gribaudo questa mostra segna un ritorno a Chieri, dove nel 1967 ha ricevuto il Premio “ Navetta d’oro” e successivamente ha collaborato a molti progetti tra i quali, nel 1988, lo storico evento teatrale “I Giovani per i Giovani”. «Da quelle tessiture di arte e cultura sono così nati nuovi intrecci che oggi si espandono e tracciano inedite vie di colori e di Umanesimo».
In mostra troviamo i Kimoni realizzati da artiste, che a questo abito giapponese, altamente filosofico nella sua geometrica architettura corporea, hanno dedicato approfondite ricerche e originali interpretazioni. Nell’abito-oggetto di Marialuisa Sponga incontriamo, oltre al Giappone, riferimenti alla cultura afroamericana del quilt, elaborato in trapunte a tre strati; nell’opera realizzata da Tiziana Tateo l’encausto e i suoi rimandi alla storia antica della Grecia e di Roma, si incrociano alle “cerimonie del tè” attraverso carte tinte con la profumata bevanda rituale; la scultura murale di Rosamarie Reber (Svizzera) interagisce con gli effetti della luce, naturale e artificiale, ed attraverso una tessitura scultorea dai profili irregolari per sottolineare l’equilibrio tra forza e duttilità.
Simboli universali di spiritualità percorrono l’intera superficie del Kimono di Gabriela Naftanaila Leventu (Romania), che richiama l’immagine di un paramento sacro sul quale segni, colori e allegorie compongono scritture arcane.
La capacità della Fiber Art di unire i Continenti, dimostrando la meraviglia derivante dal loro incontro, si espande portando il fascino dei grandi viaggiatori nel suggestivo “Kimono geografico” di Elvezia Allari, un connubio di Sud America e Giappone, una tavolozza di colori da cui sgorgano rimandi letterari e poetici, mentre due liriche scarpette, robuste e leggere, invitano al cammino che ognuno potrà intraprendere come via di riflessione interiore. Nelle foglie cadute a terra, raccolte da Marie Noelle Fontan (Francia) nel corso di incalcolabili spostamenti, soprattutto tra Parigi e il Guatemala, si imprime l’amore per la natura. Essiccate e tessute con gentilezza grazie ad un telaietto francese appartenuto alla mamma, esprimono la trasformazione del tempo che muta l’aspetto della vita, ma non ne disperde l’essenza, che trascolorandosi, rinascerà in altre incantevoli armonie dando scacco all’idea di fragilità e di effimero.
Nell’opera di Margareta Bergstrand (Svezia) le geometrie verticali sono rese ancor più astratte dalla purezza delle linee e da un minimalismo cromatico concettuale che ricorda le strutture di archetipi templi, forse in parte perduti, e la memoria di connessioni misteriose tra materia ed eternità. Anche per Gina Morandini la soglia assume la metafora di un elemento capace di proteggere e permettere lo sforamento dell’oscurità verso la luce. La tematica mistica è il punto focale dell’installazione murale di Dorthe Herup (Danimarca), che, attraverso morbide frange multicolori, suggerisce resilienza e capacità di trasformazione nel solco di un’arte meditativa e gioiosa.
In “Change” Jurate Petrusckeviciene (Lituania) impiega nel suo lavoro tinture ricavate da piante della sua terra ed utilizzate con la tecnica giapponese dello shibori. Le costanti relazioni di reciproco arricchimento tra Oriente e Occidente sono alla base della ricerca di Chen Li (Cina), vive e lavora in Italia), artista visuale, calligrafa e designer, che rende omaggio alle donne con un tessuto antico di corredo sul quale riporta un testo di Galileo Galilei con la volontà di diffondere la cultura italiana nel mondo. La più classica delle frasi “Tutto il mondo è casa mia”, sembra perfetta per introdurre l’arte e la figura di Akiko Kotani (Usa), artista di vastissima cultura nata alle Hawaii, studiosa di tessitura Maya: il suo dittico parla di polline in inverno, indicando la possibilità allegorica di germogli in ogni stagione a cui dà forma con l’utilizzo di teli dalle molte velature.
L’India e i favolosi sari femminili vivono nell’installazione di Vagaram Choudhary (India), artista e art curator la cui poetica trova significato nel racconto delle tradizioni e del tessuto sociale nel quale è nato e vive, attraverso elementi compositivi leggeri e di grande fascino visivo. Nelle sue sculture Battistina Casula ricuce stoffe tracciando un ideale ponte di pace tra la natia Sardegna e l’Iran. Dall’Australia proviene invece la suggestiva installazione aerea realizzata con tessitura a mano e tintura all’indaco di Sue Hiley Harris (Australia): elementi pensili come stalattiti, ideati per essere percorsi dall’aria, creano percezioni che cambiano a seconda della luce e dell’aria interagendo con le diverse situazioni spaziali che ne variano gli effetti visivi. Nomadi e i migranti sono protagonisti nelle sculture dell’artista Ecem Tosun (Turchia): nei fiumi e negli alberi, che accolgono i passi di molte genti in marcia, coglie il legame forte di un “tutto” nel quale ogni essere vivente è immerso e partecipe.
Il tema dell’esodo è sempre stato presente nell’arte di Martha Nieuwenhuijs (Olanda), sia come fenomeno migratorio sia come nomadismo artistico. Antonietta Airoldi (Svizzera), fiber artista di inconfondibile stile, nella sua carriera ha dedicato una particolare ricerca all’artwear, cercando relazioni tra l’elemento vestiario e l’anima di chi lo indossa: il mantello del pellegrino medievale, in marcia sugli antichi tracciati della Via Francigena diretto verso i luoghi della Cristianità, rappresenta un affascinante esempio di questo ciclo. Il costume di ballerina classica realizzato da Marie Louise Simons (Olanda), apparentemente morbido e accogliente come i materiali impiegati, è in realtà una corazza per proteggere corpo ed anima, i cui riferimenti riprendono gli antichi Mandala e le millenarie cerimonie tibetane. L’opera di Pasquale Petrucci si ispira alle tradizioni dei Nativi Americani, a cui guarda ricercando i significati e gli aspetti estetico-formali. Una maschera africana è per Jeanne-Marie Cocheril (Francia) un soggetto nel quale la tessitura robusta e scultorea, ascrivibile al linguaggio della fiber art delle origini, incontra l’interesse per l’arte dell’Africa che interpreta stilizzandone ogni aspetto.
Ezio Gribaudo si collega con l’installazione site specific di mappamondi “Mappamondo e farfalle. Il mondo è pura bellezza” (2013-2022) all’opera aperta condivisa “L’Arte Moltiplica l’Arte”, frutto dei lavori successivi di tre artiste, Cristina Mariani, Adele Oliva ed Elisa Oliva, dove ogni opera diventa così moltiplicatrice di altre opere. «Accogliere l’invito di collegarmi all’installazione aperta “L’Arte Moltiplica l’Arte”, che di artista in artista esprime le differenti percezioni interiori suscitate dell’abitare in luoghi lontani rispetto al proprio Paese di origine, spinti dal vento delle situazioni che cambiano o da scelte dell’anima, mi è sembrato coinvolgente, in sintonia con il mio spirito cosmopolita, il mio amore per la condivisione artistica, e per la convinzione che il futuro sia sempre ricco di promesse».
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