Una “tragedia di padri e figli”, dove i padri fraintendono i figli, i figli tradiscono i padri. Scritta da William Shakespeare tra il 1605 ed il 1606, “Re Lear” è un’opera intrisa da una cieca volontà di potere, tra vanità, adulazioni, perfidie, crudeltà, azioni orribili ed insensate, che però non cancellano la speranza che le nuove generazioni possano riscattare il mondo di corruzione e morte che hanno ereditato dai padri.
Il Teatro Carignano ospita fino all’11 febbraio, nell’ambito della stagione del Teatro Stabile di Torino, il “Rea Lear” per la regia di Giorgio Barberio Corsetti con Ennio Fantastichini nei panni del sovrano della Britannia e con lui in scena, tra gli altri, Michele Di Mauro (Gloucester), Francesca Ciocchetti (Goneril), Sara Putignano (Regan), Alice Giroldini (Cordelia) e Mariano Pirrello (Duca di Albany).
Corsetti divide il testo in tre parti, come è il regno di Lear: il dramma delle due famiglie, Lear e Gloucester, con la prova d’amore che il re pretende dalle figlie; la tempesta ed infine la guerra. Un viaggio verso le tenebre dove «chi non ha saputo vedere diventa cieco, chi non ha capito perde la mente, chi ha tradito sprofonda nel tradimento, chi è puro viene trucidato», una sinfonia infernale in un crescendo di caos, culmina nella distruzione di un regno in cui i pochi superstiti sono chiamati a confrontarsi con la possibilità di ricostruire un futuro possibile.
In una scena astratta, tra costumi sgargianti, il Lear di Ennio Fantastichini non è un vecchio saggio e decrepito che desidera passare il testimone del potere alle figlie, è piuttosto un uomo che vuole disfarsi delle responsabilità per potersi ancora godere spensierato i piaceri della vita in una seconda giovinezza.
Il tempo di questo Lear è adesso. Un tempo dove un Re si spoglia del potere nel tentativo disperato di vivere senza responsabilità. Un tradimento della fondamentale dimensione politica alla conquista di una estasi individuale, mentre il mondo privato e pubblico intorno a sé implode: «Lear avviene adesso, nei nostri giorni, in un mondo fluttuante, dove l’economia e la finanza ci spingono da una crisi all’altra, portandoci con loro – racconta Giorgio Barberio Corsetti – È la storia del potere della successione, di padri e figlie, figli e padri. Lear vuole ritrovare la giovinezza perduta, abbandonare le cure del regno, il peso delle responsabilità, poter vagare con i suoi cavalieri da un palazzo all’altro, fare bagordi e occuparsi solo del proprio piacere; per combattere la solitudine e l’approssimarsi della fine si porta dietro un seguito colorato e chiassoso, di dubbia moralità. I personaggi si stagliano contro un cielo fosco con tutti i loro difetti e le loro qualità, caratteri che possono solo essere tirati allo spasimo, alle estreme conseguenze. La fedeltà, la lealtà, oppure il tradimento, la doppiezza, sono scolpite nelle figure come la trama stessa della materia in cui sono forgiate».
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Emanuele Rebuffini
(foto di Achille Le Pera)