Il bacio più famoso della storia della fotografia non fu per nulla spontaneo e i due fidanzati non vennero colti all’improvviso. L’iconica fotografia che immortala una giovane coppia intenta a baciarsi davanti l’Hôtel de Ville, indifferente al traffico e ai passanti, fu magistralmente costruita da Robert Doisneau per un servizio commissionato da “Life”. Era il 9 marzo del 1950, Françoise e Jacques erano sì fidanzati ma anche aspiranti attori, e “Le baiser de l’Hôtel de Ville” divenne il simbolo della rinascita nel dopoguerra e una delle fotografie più note e riprodotte.
Fino al 14 febbraio Camera-Centro Italiano per la Fotografia ospita l’antologica dedicata a Robert Doisneau, uno dei più importanti fotografi del Novecento e tra i padri della fotografia umanista francese e del fotogiornalismo di strada. In mostra oltre 130 stampe ai sali d’argento in bianco e nero che provengono tutte dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau a Montrouge, a sud di Parigi, dove le figlie Annette e Francine custodiscono un patrimonio di circa 450mila negativi.
L’esposizione racconta la carriera di Robert Doisneau (nato nel nel 1912 nel sobborgo parigino di Gentilly) attraverso 11 sezioni che toccano i temi ricorrenti da lui affrontati in più di cinquant’anni di carriera: la guerra e la Liberazione (contribuì alla Resistenza realizzando carte e documenti contraffatti), il mondo del lavoro (fu impiegato per cinque anni come fotografo all’interno delle officine Renault), i bambini che giocano in periferie che oggi non esistono più, le portinerie di Parigi (“la vera Parigi non può essere concepita senza i suoi portinai”), scene di interni e bistrot, botteghe e cinema, poliziotti e smistatrici di carbone, venditori ambulanti e passanti che sbirciano nelle vetrine, la moda e la mondanità (collaborò con “Vogue”), i ritratti degli artisti (Picasso, Juliette Gréco, Yves Montand, Jacques Tati, Alberto Giacometti, Fernand Léger e i due grandi amici scrittori con cui era solito passeggiare, Jacques Prévert e Blaise Cendrars, con il quale nel 1949 realizzò il volume “La Banlieue de Paris”).
Che si tratti di fotografie realizzate su commissione o durante le lunghe giornate a girovagare per Parigi, Robert Doisneau racconta il “teatro della strada” ed il proprio tempo attraverso uno sguardo attento alle gente comune, uno sguardo gentile ed ironico, sempre guidato da disobbedienza e da curiosità, indicati da lui come i requisiti principali del mestiere di fotografo.ù
Sono immagini impregnate di un surrealismo ‘premeditato’, data la spiccata capacità nel comporre scene all’apparenza spontanee, proprio come nel caso del celebre bacio. Fortemente narrativi, questi scatti hanno la capacità di testimoniare un’epoca in cui le persone cercano un nuovo equilibrio all’interno di una società in trasformazione, con i suoi riti, le sue contraddizioni e i suoi numerosi attimi di inaspettata felicità.
Così come Brassaï e Andrè Kertész, autentici precursori di una fotografia che si nutre dello spettacolo ordinario della strada, Robert Doisneau sviluppa uno stile personale che traspare anche nei suoi scritti o nelle didascalie che appone alle proprie stampe: un equilibrio fra le logiche del reportage e un’attitudine all’invenzione, cui si aggiunge una nota di scherzosa ironia nei confronti dei soggetti che ritrae.
Con il suo obiettivo, Robert Doisneau ha catturato con enorme libertà espressiva la vita quotidiana degli uomini, delle donne, dei bambini di Parigi e dei suoi sobborghi, traducendone le azioni e i gesti, i desideri e le emozioni, e tracciando uno spaccato realistico ed empatico dell’umanità del dopoguerra. È questo sguardo, assolutamente personale e talmente lucido da riuscire a toccare corde universali, ad avergli garantito un posto d’onore nella storia della fotografia del XX secolo, portandolo a essere uno degli autori più conosciuti al mondo. Nel 1983, infatti, gli viene assegnato il “Grand Prix national de la photographie”. Si spegne nel 1994, all’età di 82 anni. Di lui dirà Henri Cartier-Bresson: «Se c’è qualcuno che adoro, quello è Doisneau. L’intelligenza, la profondità di Doisneau, la sua umanità. È un uomo meraviglioso».
Emanuele Rebuffini