“Penso che l’arte sia un’ossessione per la vita e, dato che siamo esseri umani, la nostra più grande ossessione è quella per noi stessi”: chiude il 20 maggio a Palazzo Cavour la mostra «Francis Bacon. Mutazioni». Curata da Gino Finga e realizzata da Con-fine Art, la mostra comprende 60 disegni e collage realizzati fra il 1977 e il 1992 e in gran parte provenienti dalla collezione di Cristiano Lovatelli Ravarino. Un viaggio dentro alle ossessioni e ai tormenti del grande artista inglese, d’origine irlandese (Dublino 1909 – Madrid 1993).
Artista tra i più importanti e controversi del Novecento, uomo controverso, sregolato, che incarnava il cliché dell’artista dannato, Francis Bacon seppe riconoscere la grandezza dei Maestri del passato, dai quali liberamente si lasciò ispirare nelle sue composizioni, da Picasso a Guercino, da Leonardo da Vinci a Velázquez e molti altri ancora. Attento anche alle tecniche fotografiche, le sue opere molto erano debitrici dello studio delle immagini di Eadweard Muybridge, pioniere della fotografia.
Le crude crocifissioni, i celebri dipinti urlanti ispirati al Ritratto di Papa Innocenzo X di Diego Velázquez, gli angoscianti e deformanti ritratti ed autoritratti.
La mostra è un vero e proprio viaggio intorno alla figura umana, un’indagine sulla condizione tragica dell’individuo. La metamorfosi dei soggetti diventa metafora della vita, della mutabilità delle cose, delle emozioni, delle persone.
Francis Bacon ci accompagna così, attraverso i suoi tratti potenti e visionari, la violenta e disperatà carnalità delle sue figure, in una dimensione interiore dove incontriamo demoni e verità, dolori e contraddizioni della coscienza che condensano in sé il più ampio disagio della società. In questa folla di personaggi, forse in qualche modo una folla di tanti se stessi, emerge comunque la profonda solitudine di quello che è stato sicuramente uno dei più grandi artisti del ‘900.
Emanuele Rebuffini