Immaginate di essere nel 1979. Di trovarvi a Milano e di entrare nella Galleria Apollinaire. Immaginate oltre duecento cartoline postali, appese al soffitto con fili invisibili di nylon, a formare come un “bosco di pagine” sulle cui foglie affiorano pentagrammi, segni, parole, ricami, collage, cancellature, note musicali. E poi entrate nel castello di Miradolo, dove quanto immaginato si fa realtà. «Io & gli Altri», l’opera collettiva realizzata da Betty Danon per lo spazio espositivo di Guido Le Noci, ora è stata ricreata nelle sale della dimora che fu della contessa Sofia Cacherano di Bricherasio, dando il titolo alla mostra, che, fino all’8 dicembre, rende omaggio e ci fa riscoprire una raffinata artista concettuale e poetessa visiva.

Rainbowland
1982
Pastello colorato su carta
Courtesy Archivio Betty Danon
Curata da Roberto Galimberti, l’antologica «Io & gli Altri» racconta, per la prima volta, l’intero percorso artistico di Betty Danon, nata a Istanbul nel 1927 ma trasferitasi a Milano a metà degli anni Cinquanta, dove vivrà fino alla morte avvenuta nel 2002.

La Memoria del Segno Sonoro
1978
Inchiostro simpatico e inchiostro blu su carta
pentagrammata
Courtesy Galleria Tiziana Di Caro e Archivio Betty
Danon
Photo Credits: Amedeo benestante
Un’arte libera, fuori dagli schemi, e, al tempo stesso, frutto di relazioni, corrispondenze e legami con artisti di tutto il mondo. Pioniera della mail art, l’arte postale basata su uno scambio artistico tra persone di tutto il mondo in uno spirito di assoluta libertà e giocosa complicità, Betty Danon ha condotto una continua ricerca sul segno e sul suono, indagando gli elementi della scrittura e della parola, restituendo una dimensione sospesa e poetica a supporti come la carta e la tela, e a strumenti come la macchina da scrivere, la fotocopiatrice e il computer, che diventano elementi estetici e narrativi per costruire architetture metafisiche e geometrie ritmiche complesse. Un’artista in parte dimenticata, forse per la scelta, nei primi anni ‘80, di lasciare volontariamente “il meraviglioso mondo dell’arte”.

Nell’installazione «Io & gli Altri», Betty Danon ha tracciato dei pentagrammi su cartoline spedite ad altri artisti, che a loro volta hanno operato ciascuno un proprio intervento (tra questi Irma Blank, Ugo Carrega, Tomaso Binga, Maria Lai, Amelia Etlinger, Mirella Bentivoglio, Sol Lewitt, Nam June Paik, Pablo Echaurren, Emilio Tadini). Così spiegava: «Io & gli altri è un’opera nata dalla collaborazione di più artisti chiamati ad intervenire su un mio foglio pentagrammato. Mi sono soffermata per parecchi anni sul tema “punto-linea” riducendo tutto a questi due elementi primari quale comune denominatore del micro e macrocosmo; gli “altri” sono i “punti”, mentre “io” sono la “linea” di connessione. Il pentagramma segna la mia presenza in ogni lavoro quale componente fissa, allude al suono, origine di tutte le cose».

La mostra presenta oltre 50 opere di Betty Danon (in parte provenienti dal Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, dove è custodito il suo archivio), a partire dai primi collage degli anni Sessanta, proseguendo con le partiture asemantiche, il libro d’artista “Punto e linea” del 1975 – definito “perfetto” da Roland Barthes -, le opere di mail art, i “Green sounds”, con elementi vegetali in cui la natura si integra e fiorisce tra le righe del pentagramma, fino a “Rainbowland”, luogo immaginario, dove l’essenzialità del bianco e nero lascia spazio alla gioiosa vitalità del colore, simbolo poetico del luogo “altro”, «parola d’ordine per varcare le soglie dell’assurdo, del magico, del concetto mitico di tempo e spazio, il pretesto per scavalcare i muri».

I am
1978
Multiplo su carta
Courtesy Archivio Betty Danon
Photo Credits: Danilo Donzelli Photography
Accanto all’“Io”, i lavori e le parole dell’artista, in mostra ci sono anche le opere degli “Altri”, coloro con cui Betty Danon ha collaborato, in particolare Irma Blank, Maria Lai, Sol LeWitt, Mirella Bentivoglio, Amelia Etlinger ed Emilio Isgrò, in un cammino parallelo e tematico che sottolinea la creatività collettiva e diffusa e la collaborazione esplorante oltre i personalismi.
Poi, lasciata la mostra, dal “bosco di pagine” si passa all’antico bosco di foglie che circonda il castello, tra alberi monumentali, bambù e camelie.
http://www.fondazionecosso.com
Emanuele Rebuffini

