Spettacolari abiti scultura, sculture tessili, sculture morbide, libri d’artista, arazzi non convenzionali realizzati al telaio e off loom, quilt ovvero le “grandi trapunte”, shibori, shared art, recycling art, lo stitch-illo, un nuovissimo fumetto ricamato da giovanissimi artisti, per arrivare alla performing art e video art. Fino al 15 settembre, l’Imbiancheria del Vajro di Chieri ospita la mostra «I introduce myself», ottanta opere che raccontano la Fiber Art, dalle origini fino alle più recenti sperimentazioni mixed media. Prima tappa del progetto «RestART!», che nell’arco di due anni, attraverso cinque mostre, consentiranno di meglio conoscere la preziosa Collezione Civica “Trame d’Autore” del Comune di Chieri, più di 300 opere realizzate da artisti di tutto il mondo, un patrimonio di valore e di rilevanza internazionale, che fino ad oggi non aveva un luogo che potesse ospitarle e valorizzarle in maniera continuativa.
Ora questo luogo c’è, ed è l’Imbiancheria del Vajro, uno dei più antichi edifici industriali di Chieri, risalente al XVI secolo, quando qui si insediarono le prime lavorazioni tessili: recuperata grazie al contributo della Fondazione Compagnia di San Paolo, è divenuta sede di un museo ‘relazionale’ incentrato sul patrimonio della Fiber Art, ospitando mostre temporanee ed eventi collaterali, attività educative, nonché la rassegna “Tramanda” e tutte le iniziative ad essa collegate.
«RestART! mette a fuoco quello che è un patrimonio molto speciale, una collezione internazionale di oltre 300 opere che hanno portato il mondo a Chieri e grazie alle quali Chieri è divenuta protagonista nel mondo-spiega Silvana NOTA, critica d’arte e direttrice artistica del progetto RestART!-Il tutto è nato grazie ad un’idea dell’artista olandese Martha Nieuwenhuijs, che aveva ideato proprio a Chieri la Biennale di Fiber Art, con lo scopo di far capire come attraverso un filo si possono aprire un’infinità di percorsi, individuando in questo linguaggio dell’arte contemporanea un testimonial internazionale per la secolare tradizione tessile chierese. La Fiber Art, non ancora adeguatamente conosciuta in Italia, è un vero e proprio movimento artistico, seppur non teorizzato da un manifesto, che si è venuto affermando a partire dagli anni Sessanta soprattutto nel Nord Europa e negli Usa, e che mette al centro il filo in tutte le sue declinazioni, purché intrecciato o comunque lavorato al telaio od off-loom. Una corrente artistica antiaccademica, relazionale, in costante metamorfosi. Il fiber artist non è semplicemente un artista che utilizza il tessuto nel suo lavoro. A caratterizzare la Fiber Art sono tre elementi inscindibili. Il primo è la “tessitura”, quel filo che unisce le origini dell’umanità al nostro contemporaneo, un elemento flessibile ed intrecciabile, che viene continuamente rielaborato alla luce di nuove tecniche e capacità. Il medium tessile scelto come strumento espressivo al pari della pittura e della scultura. Il secondo elemento è l’attenzione alle culture altre e diverse, la valorizzazione ed il rispetto delle diversità. La Fiber Art è un linguaggio che si esprime in un costante rimando di richiami e collegamenti interdisciplinari e interculturali, è fortemente cosmopolita, basta vedere le traiettorie biografiche dei vari artisti, non ha confini né barriere, guarda a ciò che di meglio i popoli hanno realizzato, è un’arte fortemente “etica”, che ci unisce al mondo, esattamente come fa il filo. Il terzo fattore caratterizzante è la continua sperimentazione in progress, la costante evoluzione. Non è un caso che nelle ultime generazioni di artisti si stia registrando un grande interesse verso la Fiber Art, e sia “RestART!” sia “Tramanda” renderanno conto di tutti i flussi di tendenza in atto, che uniscono artisti molto diversi tra loro, sia coloro che si identificano con la Fiber Art sia artisti che utilizzano il filo in modo non casuale ma attribuendo un valore concettuale ed individuando in esso profondi giacimenti di significato e di ricerca».
«Il titolo scelto per la prima mostra, I introduce myself, intende suggerire uno sguardo ampio sulla collezione che in questa esposizione si presenta con le sue principali caratteristiche-commenta la curatrice Silvana NOTA-perché vogliamo offrire uno sguardo, il più ampio possibile, su un’arte libera, sofisticata, colta, di grande fascino estetico al di là dei canoni convenzionali e con continui rimandi e collegamenti interdisciplinari ed interculturali. Il messaggio della Fibert Art è che bisogna capire prima di giudicare, lasciarsi attrarre da ciò che ci racconta qualcosa, da ciò che è bello, da ciò che ci migliora. Ogni opera non si circoscrive dunque alla poetica dell’artista che l’ha creata, ma travalica se stessa, è duttile, e per questo non ci sono sezioni cristallizzate, ma aree tematiche dinamiche, aperte a letture trasversali, in modo tale che l’arte sia fruibile su più versanti, suggerendo al visitatore-osservatore strade da esplorare ed invitandolo a spingersi su percorsi di pensiero inaspettati. La mostra è una sorta di enciclopedia dai molti rimandi, il cui fulcro sta nel totale sconfinamento dei limiti e delle barriere».
Tra tanti artisti presenti in mostra: Valeria Scuteri, che utilizzando un telaio sperimentale da lei costruito ha realizzato un abito installativo con fili di ferro che interagiscono con la luce. Un’installazione che affronta il tema della donna e del riscatto della bellezza come risposta al dolore, fisico e dell’anima, rendendo omaggio alla vita in contrapposizione all’abbrutimento della morte. Tutto il lavoro trova significato nelle tracce che i corpi lasciano negli abiti, che nella sua poetica travalicano la semplice superficie e si spingono nell’interiorità della persona; Silvia Heyden (Svizzera), tra le più importanti artiste storiche, è stata violinista e fiber artist coniugando le corde del violino al telaio, inventando un’innovativa tessitura da lei definita “Piumata”, che crea passaggi musicali e cromatici. Importantissimi i suoi studi alla School of Arts di Zurigo diretta da Johannes Itten; Amayokasim Yamamoto (Giappone), la cui ricerca parte dal senso di riscoperta dell’ascolto in risposta alla società del rumore, utilizza e sperimenta nel contemporaneo il recupero dell’antica tradizione della paglia. Nell’opera utilizza l’antica tessitura giapponese Sakiori ottenuta con fili di vecchi indumenti tagliati come ricordi di storie e persone; Lauren Camp (Usa), il suo quilt, realizzato con modalità sperimentali, esprime la volontà di comunicare con ago e filo la musica Jazz, tra gli elementi fondanti della sua ricerca, i diritti umani e la condizione femminile, le sue opere sono manifesti delle sue battaglie sociali attraverso la bellezza e materiali di recupero; Nikola Filipovich (Montenegro), diploma in arte e ambiente all’Accademia di Belle Arti di Bologna, pratica lo stitch illo, il ricamo fumettoso con il quale racconta la cultura e del suo Paese, vincitore del premio YFC (Montenegro); Laura Guilda Grote (Germania), la sua installazione presenta una seggiolina da bimbi con strisce ricamate e scritte dedicate a Kamala Lama, una bambina salvata dallo sfruttamento infantile, che denuncia con questa struggente opera; Robert Aleawobu (Ghana) ed Eva Basile, la loro opera di shared art con telaio a strascico è stata realizzata a Klikor, in Ghana. La ricerca di antiche tessiture tradizionali africane è coniugata a sperimentazioni contemporanee con cartoni e fotografie.
Quasi a fare da simbolico fulcro alla mostra, racchiudendo le caratteristiche della Fiber Art come arte libera, relazionale e moltiplicatrice di esperienze poetiche, è l’installazione aperta “L’arte moltiplica l’arte”, frutto dei lavori successivi di tre artiste, Cristina Mariani, Adele Oliva ed Elisa Oliva, a cui si aggiunge un’opera di Elham M. Aghiili.
La web designer Cristina Mariani in un arazzo non convenzionale ha raccontato il viaggio di un seme d’acero portato dal vento, Adele Oliva, artista oltre che neuropsicologa, ha realizzato una performance di acrobazia aerea con tessuto, Elisa Oliva, videoartista ed artista di circo contemporaneo, ha riprodotto la performance in esterno tra le montagne valdostane in un’opera di video art. Infine, Elham M. Aghili ha realizzato un’installazione, che pur non espressamente nata in collegamento, si sintonizza perfettamente confermando lo spirito di empatia universale che unisce gli artisti della Fiber Art. Ogni opera diventa così moltiplicatrice di altre opere, originando evoluzioni che richiamano il volteggiare del seme nell’aria.
Il progetto «RestART!» proseguirà dal 15 ottobre 2021 al 15 gennaio 2022, con la quarta edizione di «Tramanda», quindi con «Fiber Art. Un grande abbraccio al mondo», dal 15 marzo al 15 maggio 2022, «La bellezza ritrovata», dal 15 giugno al 15 settembre 2022, e, infine, «Shared Exhibition, i molti sguardi di una mostra condivisa», dal 15 ottobre 2022 al 15 dicembre 2022.
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Emanuele Rebuffini