Ferenc Pintér, l’illustratore perfetto. Il MEF rende omaggio al grande copertinista

«Ho cominciato a leggere Maigret quando ho fatto la prima copertina e poi li ho letti quasi tutti. Mi insospettiva la produzione industriale di Simenon, ma poi ho cambiato idea perché mi sono accorto che pochi come lui sanno raccontare una storia e dare un’anima ai personaggi utilizzando pochi elementi essenziali» (Ferenc Pintér). Fino al 22 aprile il Museo Ettore Fico ospita nel nuovo spazio espositivo “Outside” di via Juvarra la mostra «Ferenc Pintér. L’illustratore perfetto».

Curata da Pietro Alligo e da Andrea Busto, la mostra, attraverso circa 150 opere (tra tavole a colori, schizzi in banco e nero, chine e layout), ricostruisce a 360° il variegato percorso artistico di una delle voci più creative della grafica del XX secolo che, con le sue copertine, quasi un’incarnazione della scrittura, ha accompagnato i principali protagonisti della letteratura italiana e straniera. Un grande disegnatore, uno straordinario illustratore, un sapiente creatore di atmosfere ma soprattutto un “copertinista perfetto”, questo è stato Ferenc Pintér.

Nato ad Alassio nel 1931, da padre ungherese e madre italiana, all’età di nove anni Pintér si trasferisce in Ungheria dove studia alla scuola d’arte applicata e inizia la sua attività grafica e cartellonista. Nel 1956 l’invasione sovietica lo porta ad abbandonare l’Ungheria e a fare ritorno in Italia. Nel 1960 la direttrice Anita Klinz lo assume alla Mondadori, dove inizia una carriera da copertinista che durerà per ben trent’anni e che vedrà Ferenc Pintér realizzare la grafica di alcune delle più importanti e diffuse collane della Mondatori come gli Omnibus, gli Oscar, I Saggi, I Maigret di Georges Simenon, i gialli di Agatha Christie e i romanzi dei più grandi scrittori italiani, da Cesare Pavese a Fruttero&Lucentini.

Dalla sua mano sono nate illustrazioni potenti e sintetiche e lo dimostrano le opere in mostra, come il bozzetto della copertina di «A che punto è la notte» (1981), con uomo nudo che si affaccia su un cielo buio e stellato, di «La fine di Casanova» di Renato Olivieri (1994), con una donna che offre le nude gambe all’obiettivo fotografico, oppure la copia ridisegnata dallo stesso autore della copertina di «Prima che il gallo canti» (1969) con un carabiniere ritratto di schiena che fa capolino attraverso lo squarcio nello scafo di una barca (l’originale andò distrutto quando la Mondadori mandò al macero il proprio archivio). «Si può dire che Pintér è maestro nell’inventare in una sola configurazione disegnata o dipinta un dispositivo visivo capace di innescare l’immaginazione di chi la guarda, attirando la sua attenzione all’interno della scena. La copertina diventa così l’invitante porta di entrata del testo scritto racchiuso all’interno. L’artista lavora in funzione dello scrittore» (Francesco Poli).

La sua opera è caratterizzata dall’impostazione grafico-cartellonistica mitteleuropea, la sua espressività risente di una cultura pittorica e artistica profondissima, con citazioni e richiami talvolta espliciti, talvolta sotterranei e incrociati. «Amava definirsi un grafikus, uno che compone un’immagine con la massima sintesi facendo fondere i colori con un messaggio efficace per il pubblico – spiega Pietro Alligo – non voleva sentirsi chiamare pittore, anche se nei gesti che faceva lavorando sul cavalletto era un pittore in tutto e per tutto. Più che un illustratore direi un “copertinista perfetto”, perché nessuno ha realizzato copertine meravigliose come le sue. Essendo cresciuto alla scuola della cartellonistica magiara era capace di condensare tutto l’essenziale in una semplice copertina di libro. È stato un “impiegato dell’arte” nel senso più alto del termine, ha preferito lavorare sempre nell’ambito della Mondadori anche quando avrebbe potuto cercare migliori fortune altrove. Pintér e la Mondadori: un curioso e raro connubio tra un autore dotato di raffinatezza, eleganza e capacità sintetica davvero straordinarie, e una casa editrice popolare».

La mostra al MEF Outside non si limita alle sole copertine ma comprende anche cartelloni pubblicitari e manifesti politici come quelli realizzati a sostegno di Solidarnosc o contro il regime sovietico, fino ad arrivare ai tarocchi disegnati per la casa editrice Lo Scarabeo e alle tavole inedite del Decamerone, del Moby Dick e soprattutto quelle per Pinocchio, il suo ultimo lavoro pubblicato postumo nel 2011 (Pintér si spense nel febbraio del 2008): tempere veloci e controllate, pennellate dense e corpose, grande sapienza prospettica.

Pintér era un virtuoso della tecnica a tempera «il materiale per lui più congeniale e la padroneggiava in maniera straordinaria – aggiunge Pietro Alligo – riusciva a impastare la tempera come fosse l’olio, realizzando risultati inediti. Solitamente si preferisce lavorare su un fondo chiaro, invece lui interveniva su fondi molto scuri e poi tirava fuori effetti luminosi e colpi di luce».

Emanuele Rebuffini

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