Una mostra doverosa, un atto di riconoscenza nei confronti di due talenti artistici cancellati dalla tragedia della Shoah. Si intitola “Percorsi interrotti” la mostra ospitata fino al 27 dicembre dalla Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (Piazza Carla Alberto 3). Curata da Giovanna Galante Garrone, si propone di far conoscere, attraverso circa 150 opere, l’attività artistica di Eleonora Levi e di suo figlio Giorgio Tedeschi, brutalmente interrotta dalla deportazione ad Auschwitz, dove entrambi morirono, la prima all’arrivo, nell’aprile 1944, il secondo durante l’evacuazione del gennaio 1945, la tragica Todesmärsche.
Nora Levi fu allieva prediletta del pittore Carlo Follini, tra i più importanti esponenti della pittura di paesaggio piemontese del secondo Ottocento. Di lei sono esposti per la prima volta al pubblico paesaggi marini, pinete, canali, acque, nuvole. Dipinti di notevole fattura ed originalità, realizzati con vigore, poesia e una notevole capacità di rendere la luminosità. «Se il maestro poté insegnare a Eleonora le teorie del colore, una pittura veloce ma precisa – scrive Giovanna Galante Garrone nel testo critico nel catalogo pubblicato da Silvana Editoriale – l’allieva si espresse nei suoi quadri con un tocco sensibile, uno spiccato gusto materico e una non comune energia. La vena poetica di Eleonora si può cogliere nelle sponde di un fiume appena accennate, nella luce di un placido canale, nelle nubi dense, nel bianco di una casa lontana, nelle marine con capanni solitari, nella selvaggia resa di una spiaggia disseminata di cespugli, nei pini scossi dal vento, forse un ricordo delle ‘libecciate’ di Giovanni Fattori e delle vedute della Versilia di Follini.»
Dei disegni di Giorgio Tedeschi solo una piccola parte venne esposta nel 1979 all’Unione Culturale di Torino, per volontà della moglie Giuliana Fiorentino Tedeschi, arrestata insieme al marito e alla suocera ma sopravvissuta alla deportazione ad Auschwitz ed autrice di testi fondamentali sulla sua esperienza del lager (come Questo povero corpo). A lei si deve l’attenta e amorosa conservazione dei dipinti e dei disegni dei due artisti.
Autoritratti, ritratti della madre e della moglie, disegni di vecchi, contadini, lavandaie, passanti, marinai, velieri e nudi femminili, realizzati in bianco e nero o con la sanguigna, ci fanno scoprire in Giorgio Tedeschi un disegnatore di eccezionale bravura. Architetto razionalista, dopo la laurea conseguita a Torino nel 1936 Giorgio Tedeschi lavorò a Milano nello studio di Gio Ponti, progettando case e uffici per la Montecatini ma a causa delle leggi razziali non ebbe modo di firmare i suoi progetti. «Essendo daltonico, non poté utilizzare i colori – racconta Giovanna Galante Garrone – Ma questo limite lo spinse a esplorare e ad approfondire le possibilità del bianco e nero (o della sanguigna) con la matita, dura o grassa, col carboncino, l’inchiostro, i pigmenti a olio secco, i tocchi di biacca. Le sue corde erano molteplici; tra queste l’umorismo, evidente in diverse caricature, nelle raffigurazioni di professori e compagni ai banchi di scuola, di amici e parenti sprofondati nel sonno in poltrona. La registrazione della vita all’aperto (un suonatore di fisarmonica, persone affacciate a un parapetto sul Po, lavandaie, venditori al mercato, cavalli al tiro di carretti, lavoratori col piccone, riparatori di reti e barche nei porti, gruppi sulla spiaggia) avveniva con una velocità impressionante, spesso con schizzi su fogli di taccuini, quasi un sostituto compendiario di istantanee fotografiche. Dentro casa invece poteva scrutare la propria crescita con splendidi autoritratti, darci immagini di nudi femminili in genere morbide, delicate (a volte invece incise, quasi klimtiane). Tra i ritratti di famigliari, di grande rassomiglianza, spiccano per tenerezza quelli di Giuliana e delle figlie piccole. Nei paesaggi e nei rustici di campagna, in particolare nelle case appena accennate, si riconoscono l’attenzione e la mano dell’architetto.»
La mostra, realizzata in collaborazione con Rossella Tedeschi (figlia di Giorgio) e il marito Enrico Fubini, è patrocinata dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte. «Con questa mostra – aggiunge Giovanna Galante Garrone – vogliamo far conoscere a un largo pubblico le doti umane ed artistiche, la resa sicura e la poesia delle figurazioni di Nora e Giorgio. Impossibile non pensare a quanto avrebbero potuto ancora dare se i loro percorsi non fossero stati brutalmente interrotti ad Auschwitz.»
Emanuele Rebuffini