Un fotografo antropologo. Antonio Biasucci alle Gallerie d’Italia

“Raccontare la storia degli uomini scritta attraverso la fotografia”. Questo è il “poema utopico” di Antonio Biasucci, uno degli artisti più importanti e innovativi del nostro tempo. Alla sua opera le Gallerie d’Italia-Torino dedicano la mostra «Arca», terzo capitolo del progetto “La Grande Fotografia Italiana” a cura di Roberto Koch.

Nato nel 1961 a Dragoni, nel casertano, Antonio Biasiucci è un “fotografo antropologo” che partendo da elementi autobiografici e dalla memoria personale negli anni ha realizzato una rappresentazione poetica della vita degli uomini.

Le 250 fotografie esposte, tra polittici, sequenze di immagini e opere singole, danno vita ad un periplo che tocca gli elementi primari dell’esistenza, una ricerca sulle origini in senso universale.

Mirando a ciò che primigenio ed essenziale, il gesto fotografico viene come scarnificato e le immagini di pani, di mozzarelle o di crani diventato metafore di altro, archetipi, simboli assoluti. Il bianco e il nero, il gioco di luci e di ombre rappresentano la mia quotidianità. La vita e la morte, le origini e la catastrofe sono la sostanza dei miei luoghi, le mie ossessioni. Indago questi opposti con la fotografia affinché possa scoprirne il mistero”.

Trasferitosi a Napoli nel 1980, Antonio Biasucci avvia un progetto dedicato agli spazi delle periferie urbane e nello stesso tempo inizia una ricerca incentrata sulla memoria personale, fotografando riti collettivi, ambienti e persone del suo paese d’origine (“Mi nutro dei luoghi in cui vivo”), collabora con l’Osservatorio Vesuviano, svolgendo un ampio lavoro sui vulcani attivi in Italia, e frequenta i laboratori teatrali di Antonio Neiwiller (“Sono un fotografo cresciuto in teatro”).

Gli scatti di Antonio Biasiucci indagano grandi temi ancestrali, come il sapere, il cibo, il cielo stellato. In “Corpo ligneo” gli alberi divelti e caduti sembrano architetture del passato o forse del futuro, in “Sapienza” le superfici delle lavagne cancellate a fine lezione diventano paesaggi e volti, nella serie “Codex” i volumi faldoni dell’archivio del Banco di Napoli, la più antica raccolta documentaristica bancaria al mondo, paiono elementi architettonici, basamenti per nuove, possibili costruzioni.

Il nero profondo in cui spesso tutto è avvolto nelle fotografie di Antonio Biasiucci richiede allo spettatore uno sforzo particolare, quello di lasciarsi trasportare dallo stupore per poter vivere e riconoscere il lampo primigenio, la sorgente, l’origine della vita che riconosciamo in forme che si rivelano dinamicamente in trasformazione.

Fino al 6 gennaio 2025.

http://www.gallerieditalia.com

Emanuele Rebuffini