Certamente fu il suo progetto più noto, ma considerare Lisetta Carmi solo come la “fotografa dei travestiti” è a dir poco riduttivo, trattandosi di un’artista assolutamente originale, una delle personalità più interessanti del panorama fotografico italiano. Le rende finalmente giustizia la grande mostra monografica «Lisetta Carmi. Suonare Forte», curata da Giovanni Battista Martini e ospitata fino al 22 gennaio alle Gallerie d’Italia-Torino.
In mostra sono presenti, suddivise in otto sezioni, oltre 150 foto scattate tra gli anni Sessanta e Settanta, dalla realistica e cruda serie sul parto ai lavori fotografici dedicati al mondo del lavoro in Italia, dal reportage sul Cimitero Monumentale di Staglieno alla sequenza dell’incontro con Ezra Pound.
Nata a Genova nel 1924 in una famiglia borghese di origini ebraiche, studia pianoforte e dopo il diploma si dedica all’attività di concertista fino al 1960. Il titolo della mostra evoca la sua formazione di pianista ma anche il coraggio di cambiare direzione, di intraprendere percorsi diversi, per seguire la sua ostinata volontà di dare voce agli ultimi. Scopre casualmente la fotografia accompagnando l’etnomusicologo Leo Levi in Puglia, a San Nicandro Garganico, per registrare i canti degli ebrei. La fotografia diventa così la sua passione. Lavora come fotografa per il Teatro Duse e il Comune di Genova le commissiona una serie di reportage in cui Lisetta Carmi descrive con sguardo personalissimo le diverse realtà e problematiche sociali della città come gli ospedali, l’anagrafe, il centro storico e le fogne cittadine.
Eclettica e anticonformista, empatica e sempre affascinata dalla condizione umana, Lisetta Carmi ha raccontato il porto di Genova, l’Italsider e gli operai del grande complesso siderurgico, i sugherifici della Sardegna, la Sicilia e soprattutto le donne ritratte tra il 1962 ed il 1977 durante i suoi viaggi in Europa, Israele, India, Afghanistan, Nepal, Venezuela, Marocco, Messico.
Nel dicembre del 1965 realizza un corposo reportage all’interno della metropolitana di Parigi da cui nascerà libro d’artista Métropolitain. Quindi Belfast dove documenta le rivolte ed Amsterdam con la protesta dei Provos. Per Lisetta Carmi la fotografia è strumento di indagine per capire e far capire il mondo e lo dimostra con lo straordinario reportage sul mondo dei travestiti genovesi che vivevano nell’antico ghetto ebraico, unico nel suo genere (pubblicato negli anni Settanta in un libro oggi divenuto di culto) con immagini in bianco e nero e a colori. Nel suo racconto, che si svolge nell’arco di sei anni, dal 1965 al 1972, Lisetta Carmi usa la macchina fotografica per conoscere e capire, stabilendo relazioni sincere ed empatiche coi soggetti, senza pregiudizi perché al centro del suo interesse e della sua indagine pone l’essere umano, con il suo dramma e la lotta per la ricerca di un’identità.
Grazie alla sua capacità di essere presente negli eventi culturali di rilievo, negli anni Lisetta Carmi realizza una galleria di ritratti di artisti e personalità del mondo della cultura del tempo tra cui Edoardo Sanguineti, Leonardo Sciascia, Lucio Fontana, Carmelo Bene, Luigi Nono, Luigi Dallapiccola, Claudio Abbado, Jacques Lacan. La serie più nota, dedicata a Ezra Pound, scattata nel 1966 presso l’abitazione del poeta sulle alture di Zoagli, le valse il prestigioso premio Niepce.
Si è spenta nel luglio scorso all’età di 98 anni.
«Lisetta Carmi. Suonare Forte» è la prima mostra monografica che inaugura il progetto pluriennale “La Grande Fotografia italiana” a cura di Roberto Koch, che si propone di celebrare i maestri della fotografia italiana del Novecento.
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Emanuele Rebuffini