Angelo Raffaele Meo, presidente dell’Accademia delle Scienze
Leggendo l’articolo in cui La Spina manifestava il timore che Torino avesse perduto «l’egemonia culturale», mi sono domandato se il declino riguardasse anche la scienza.
La prima risposta è stata sicura: «Il declino scientifico della città è evidente». Ho realizzato che io sono presidente della Accademia delle Scienze, ma che la distanza che mi separa da Lagrange, come scienziato, è grande come quella che mi separa da Federer, come tennista. Dopo Lagrange altri torinesi portarono contributi fondamentali alla scienza. Avogadro pose le basi della chimica moderna, dopo gli anni dell’alchimia. Sobrero sintetizzò la nitroglicerina e consentì un universo di applicazioni che hanno trasformato il mondo. Ferraris è il più grande elettrotecnico di tutti i tempi. Per molti anni l’Accademia delle Scienze è stata una delle più importanti al mondo e Torino una delle capitali della scienza. Non è più così ora.
Dopo la prima istintiva risposta pessimistica, ho riflettuto sul fatto che la storia di Lagrange e dei suoi successori è frutto dell’avvento di geni eccezionali in un momento storico eccezionale e la realtà di oggi non va confrontata con quella di allora. Anche la storia recente della scienza torinese, e in particolare la storia degli ultimi 50 anni, presenta motivi di soddisfazione.
La scuola di biologia e medicina fondata da Giuseppe Levi ha prodotto tre premi Nobel: Luria, Levi Montalcini e Dulbecco. Quella di fisica e in particolare di fisica teorica, è stata una delle più creative del mondo. All’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris è nato il primo orologio atomico del Paese. Molti istituti e dipartimenti del Politecnico hanno contribuito a portare l’industria torinese a livelli di assoluta eccellenza.
Anche nel settore delle scienze umane le varie scuole della nostra Università hanno svolto un ruolo chiave. È universalmente nota l’importanza della nostra sociologia, mentre la filosofia è stata la più aperta in Italia alle novità delle Scuole tedesche, inglesi, francesi e la più attenta a fenomeni come l’esistenzialismo.
Si potrebbe obiettare che quasi tutte le ricerche di successo che ho citato si sono concluse prima degli Anni 90 e che i loro protagonisti sono scomparsi, oppure per ragioni anagrafiche sono molto meno attivi. Altri potrebbero osservare – io ho l’impressione che avrebbero ragione – che i leader della ricerca di oggi, a partire da me, non siano all’altezza dei loro maestri. Tuttavia, penso che i limiti dei leader di oggi non siano gravi. La ricerca e l’innovazione hanno oggi caratteristiche diverse dal passato, e in particolare sono divenute attività collettive, per cui ora molti studiosi a livello ottimo o buono sono meglio di pochi eccelsi come Lagrange, Avogadro e Ferraris.
Le scuole scientifiche della nostra città sono ancora di ottimo livello e si collocano nelle posizioni di testa di un’ideale classifica nazionale. Cito ad esempio, limitandomi alla biologia, i gruppi di ricerca nelle aree delle strutture cellulari, della genetica, dell’immunologia, dell’oncologia, delle biotecnologia, delle neuroscienze.
Battendo in finale Parigi, Torino ha vinto la gara comunitaria per organizzare l’«EuroScience Open Forum» del 2010. È giusto affermare che allora sarà la capitale della scienza europea. Anche la vittoria è un segno positivo del “peso” della scienza torinese.