Bettazzi ti voglio bene

Quando ho letto il messaggio del vescovo di Ivrea Edoardo Aldo Cerrato che pregava e scriveva: “Accompagniamo mons. Bettazzi che si sta avviando lucidamente al tramonto terreno. La nostra preghiera lo sostenga! ” ho capito che era quasi finito il lungo e incredibile viaggio di Luigi Bettazzi sulla terra.

Un viaggio che era partito da Treviso, arrivato a Bologna e che aveva poi trovato casa a Ivrea e nel Canavese e che sembrava non finire mai avendo raggiunto lucido e attivo i 99 anni. Gli ultimi anni li ha vissuti fra il suo buen ritiro di Albiano, Ivrea e Bologna.
E’stato l’ultimo testimone del Concilio Vaticano Secondo essendoci arrivato fresco vescovo ausiliario di Bologna, per poi arrivare nella sua Ivrea dove fu per 33 anni vescovo e per 17 presidente di Pax Christi.

Nei diversi momenti che ci siamo visti rimane la grande semplicità e cortesia, una gentilezza , empatia e capacità d’ascolto non comune, due vispissimi occhi azzurri.

Il pensiero sociale sviluppatosi negli anni a Ivrea si è mischiato perfettamente con il pensiero diciamolo pure catto comunista di Bettazzi creando nel Canavese una fornace di idee e iniziative che continuano.

La mitica lettera aperta di Luigi Bettazzi a Enrico Berlinguer del 6 luglio 1976, pubblicata sul settimanale diocesano Il risveglio popolare dell’8 luglio 1976

Onorevole, Le sembrerà forse singolare, tanto più dopo le ripetute dichiarazioni dei vescovi italiani, che uno di loro scriva una lettera, sia pure aperta, al Segretario di un partito, come il Suo, che professa esplicitamente l’ideologia marxista, evidentemente inconciliabile con la fede cristiana. Eppure mi sembra che anche questa lettera non si discosti dalla comune preoccupazione per un avvenire dell’Italia più cristiano e più umano.Forse, appunto, era più ovvia la lettera che scrivevo, mesi fa, all’on. Zaccagnini, neo-segretario di un partito che ufficialmente si professa cristiano, che accoglie nella stragrande maggioranza persone che si dichiarano ispirate ad una ideologia cristiana, e che ha sempre riscosso una particolare attenzione da parte della gerarchia cattolica. Erano tutti motivi che mi suggerivano di esortare discretamente il Segretario di quel partito, non solo ad esigere una maggiore coerenza dai membri, e soprattutto dai responsabili, sul piano della competenza o dell’onestà personali, ma più ancora a impegnare il partito a dimostrarsi veramente «cristiano», a mettersi quindi sul piano di una politica più aperta e più impegnata, in ordine alle esigenze della giustizia sociale e di una più effettiva uguaglianza di tutti i cittadini nei loro doveri.E’ per amore di dialogo che ora mi rivolgo a Lei, e in Lei a tutti coloro che hanno responsabilità. nel Suo partito, e in generale a tutti coloro che vi hanno dato adesione, soprattutto col voto. Forse non ci si domanda abbastanza, nel « mondo borghese » e in molta parte del nostro «mondo cattolico», il perché di questo vostro successo, preoccupati, come siamo naturalmente, di ricordare la vostra ispirazione marxista, che da una parte si collega con il materialismo e l’ateismo e dall’altra si è troppo spesso aperta a dittature e a violenze, anche anti-religiose. Ci sono ovviamente fra voi marxisti convinti; ci saranno forse anche opportunisti, ma io penso ora a quanti hanno votato per voi ignorando o non condividendo la vostra visione della vita e della storia, e trascurando le forme concrete con cui i comunisti governano in altre parti del mondo, valutando invece la concreta, determinante efficacia della vostra lotta per tutte le conquiste sociali di questi decenni. Tanti, soprattutto operai, immigrati, diseredati, guardano a voi come a una speranza di rinnovamento, in una società. in cui essi non trovano sicurezze per il loro lavoro, per i loro figli, per una loro sia pur minima influenza nelle decisioni che coinvolgono tutti. Penso a quelli che hanno votato per voi e sono cristiani, e non intendono rinunciare alla loro fede religiosa, che anzi – forse nella sofferenza per la «disobbedienza» alla gerarchia – pensano così di promuovere una società. più giusta, più solidale, più partecipata, quindi più cristiana. E’ vero, certi studiosi hanno voluto attenuare l’assolutezza del materialismo marxista, dichiarando che nella sostanza poteva essere piuttosto una rivendicazione dell’importanza delle realtà materiali e dei processi economici, contro uno spiritualismo ambiguo, che diceva di voler salvaguardare i valori più alti, ma lasciava il concreto e la storia alla mercé dei più potenti e dei più furbi. Lo stesso ateismo potrebbe ridursi, secondo loro, al rifiuto di certe forme troppo superficiali di religiosità., spesso individualistiche o utilitaristiche, facilmente strumentalizzabili, e aprirebbe anzi la strada a una fede più profonda, più coinvolta nella vita, più comunitaria, dunque più autenticamente evangelica. In più, storici e sociologi aggiungono che le rivoluzioni e le violenze possono spiegarsi come esplosione di reazioni a strutture oppressive e non meno violente, con le quali purtroppo anche certe Chiese si sarebbero collegate e compromesse, e risulterebbero inevitabili per l’affermarsi di nuove forme di organizzazione sociale.Deve convenire, onorevole, che non è facile accogliere queste proposte di ripensamento, per chi si trova in settori di società. dove esiste l’esperienza di una certa democrazia, e di fronte al frequente ripiegarsi delle rivoluzioni in strutture burocratiche, nuovamente conservatrici; così, e più ancora, dove è accolta e vissuta l’istanza religiosa.Piuttosto, quello che può farci pensare è il vostro atteggiamento (confermato dalle posizioni ch’Ella ha assunto pubblicamente sul piano internazionale), che sembrerebbe tendere a realizzare un’esperienza originaria di comunismo, diversa dai comunismi di altre nazioni. Di questo impegno è singolare testimonianza il fatto nuovo dei «cristiani » che avete voluto tra i vostri candidati, e che avete fatto eleggere.Forse ci sono sempre stati tra voi dei cristiani, per origine e magari per una certa pratica religiosa, ma mai c’erano stati casi così clamorosi di cristiani qualificati e pubblicamente impegnati a restare tali. E’ comprensibile la reazione della gerarchia cattolica, preoccupata di evitare, non solo confusioni ideologiche, ma soprattutto lo sconcerto del «mondo cattolico» di fronte a un fatto così nuovo e cosi problematico. Ma questo non toglie valore alla vostra decisione, che, se anche fosse stata suggerita da motivi di tattica politica, resta peraltro coraggiosa e aperta a conseguenze di rilievo.Questo confronto costante obbligherà certamente i cristiani di tutto l’arco politico a verificare il loro orientamento, per valutare quanto in esso sia veramente ispirato dalla fede e quanto invece suggerito da altre ideologie o da altri interessi: ad esempio, alle volte si dichiara si, di voler difendere la libertà di tutti, ma in realtà si difende la propria libertà, quella di certi vantaggi economici e di certi privilegi sociali, senza pensare che essa ha per contrappeso una condizione non altrettanto libera per coloro che vivono alla giornata, esposti a tutte le incertezze e a tutte le schiavitù sul piano del lavoro, della casa, dell’istruzione dei figli, della cura delle malattie. Ma sono convinto che la presenza di credenti nelle vostre file porterà anche voi a ripensare costantemente alle vostre prese di posizione, e a valutare quanto in esse sia effettivamente stimolato da un impegno di giustizia e di uguaglianza (l’impegno che vi rende cosi popolari e che richiama tante fiduciose adesioni), e quanto invece continui a collegarsi ad aspetti ideologici e a prassi concrete che, se hanno avuto una loro funzione storica di stimolo, non risultano però essenziali per la vostra politica in mezzo al popolo e a favore del popolo. Una più matura riflessione, favorita da verifiche culturali e sociali di trent’anni di democrazia parlamentare, potrebbe così portare ad un atteggiamento che, senza nulla rinunciare della concretezza e del dinamismo nel rinnovamento sociale, sapesse accantonare gli aspetti superflui delle ideologie e certi metodi controproducenti di prassi sociale.Ci sovviene la famosa distinzione che Papa Giovanni faceva nell’Enciclica «Pacem in Terris», tra «le false dottrine filosofiche sulla natura, l’origine e il destino del mondo e dell’uomo» e i «movimenti storici a finalità economiche, sociali, culturali e politiche, anche se questi movimenti sono stati originati da quelle dottrine e da esse hanno tratto e traggono tuttora ispirazione». «Questi movimenti – dice Papa Giovanni – agendo sulle situazioni storiche incessantemente evolventisi non possono non subirne gli influssi e quindi non possono non andare soggetti a mutamenti anche profondi». «Per questo – continua ancora – può verificarsi che un avvicinamento o un incontro di ordine pratico ieri ritenuto non opportuno o non fecondo, oggi invece lo sia o lo possa divenire domani».Proprio in questa luce, onorevole, vorremmo chiedervi una particolare coerenza nella vostra battaglia, una particolare onestà. nel vostro atteggiamento. Lo so, purtroppo i « cristiani» non sono stati sempre esemplari nella loro gestione, hanno talora ceduto alla tentazione della concussione, delle speculazioni, della faziosità., hanno spesso approfittato delle loro posizioni di potere, hanno tante volte appoggiato gli amici ed emarginato gli avversari, favorendo una discriminazione e un disprezzo così poco cristiani.Eppure, se voi volete interpretare veramente l’animo popolare, se volete favorire una maggiore chiarezza nella vita pubblica, occorre che sappiate avere questo coraggio autentico, questo spirito eroico di disinteresse e di onestà, questa apertura universalistica. Non oso chiedervelo come vescovo, lo chiedo come cittadino, amante della patria, come uomo profondamente interessato alle aspirazioni del popolo lavoratore, alle attese della massa più disagiata e più onesta. Vorrei poi chiedervi di compiere uno sforzo di rispetto e di comprensione per i problemi religiosi, pur avvertiti in una certa parte dei vostri simpatizzanti. Vorrei chiedervi di non osteggiare, esplicitamente o implicitamente, istituzioni religiose, sollecite e provvide, fin dalle origini, per le esigenze dei più piccoli e degli emarginati, stimolandone piuttosto l’evoluzione secondo le esigenze dei tempi e le attese degli uomini, soprattutto dei più poveri, che forse voi potete o sapete più tempestivamente interpretare. Oso anche aggiungere un’ultima richiesta, non semplice ma importante. Il timore più grande che tanta gente prova di fronte alla vostra avanzata è suggerito dalle esperienze straniere. In troppi paesi lo sforzo legittimo per un rinnovamento socialista della collettività è accompagnato da eccessi violenti di soppressione di troppe libertà, compresa quella religiosa, quando non addirittura dall’insidia all’integrità fisica. Per fare un esempio: accanto al Vietnam, dove il processo di rinnovamento sociale risulta più rispettoso della vita e di alcune libertà fondamentali, come appunto quella religiosa, vi sono paesi, come la Cambogia, dove le poche notizie che giungono ci fanno temere oppressioni insopportabili e soffocamento di ogni libertà e della stessa dignità umana. Vorremmo che voi poteste utilizzare il prestigio che vi viene dalla comunanza di ideali per ottenere da questi vostri compagni atteggiamenti di maggiore tolleranza e di maggior rispetto. Questo vostro compromettervi per l’uomo, tanto più – come in questi casi – per i lavoratori più umili, per la gente più povera, contribuirebbe a rafforzare il prestigio che avete acquistato presso tanti uomini desiderosi di rinnovamento, cosi come a provare la sincerità del vostro impegno veramente democratico.Mi scusi questa lettera, che molti giudicheranno ingenua, e non pochi contraddittoria con la mia qualifica di vescovo. Eppure mi sembra legittimo e doveroso, per un vescovo, aprirsi al dialogo, interessandosi in qualche modo perché si realizzi la giustizia e cresca una più autentica solidarietà tra gli uomini. Il «Vangelo», che il vescovo è chiamato ad annunciare, non costituisce un’alternativa, tanto meno una contrapposizione alla «liberazione» dell’uomo, ma ne dovrebbe costituire l’ispirazione e l’anima. Gesù stesso, quando si presentò ai suoi contemporanei, lo fece con le parole dell’antico profeta, affermando di essere «mandato ad annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore».In questa linea voglio augurare a Lei e ai suoi compagni un buon lavoro, come lo auguro a tutti i cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà.

I funerali di  Luigi Bettazzi saranno martedi 18 luglio nel duomo di Ivrea a partire dalle 15.30.
Martedi 18 luglio sara lutto cittadino ad Ivrea