Una vicenda reale che può apparire un caso isolato ma che, se condivisa su un social network come Facebook, può aiutare a scoprire che più che una rarità queste difficoltà nell’interrompere un contratto con una compagnia telefonica sembrano essere troppo diffuse per considerarli una mera casualità.
Il caso in questione è quello di una piccola azienda di servizi con sede nella provincia di Torino che, vista la crisi e per ridurre i costi, attiva una connessione ADSL con nuovo gestore interrompendo il contratto in essere con Fastweb, Small Business Address 4 (Internet & telefonia), seguendo la procedura indicata sul sito dell’azienda.
L’11 settembre viene quindi inviata raccomandata con ricevuta di ritorno, con tutti i documenti allegati ed il corretto riferimento all’art.1 della Legge 2 aprile 2007, n.40 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n.7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese”, invitando la società ad interrompere i servizi erogati entro e non oltre i 30 giorni di preavviso previsti dalla legge.
Prima di questo erano stati fatti tentativi di “contatto” con Fastweb, tramite il form on line nell’area riservata e il call center, per capire se fosse possibile ridurre i costi dell’abbonamento, senza però ottenere risposte.
Pochi giorni dopo arriva la regolare ricevuta di ritorno che dimostra la corretta consegna della raccomandata, giunta quindi negli uffici di Fastweb a Cinisello Balsamo il 13 settembre 2012.
Il 14 settembre Fastweb emette fattura, nonostante le apparecchiature siano state scollegate e sia stato attivato il nuovo abbonamento ad internet con altro gestore, per abbonamento internet dal 15 settembre al 15 novembre 2012, e consumi dal 15 luglio al 14 settembre. Chiamato il call center, gli operatori fanno presente che i 30 giorni di preavviso sono quelli necessari per “processare” la richiesta di cessazione, dunque la fattura è stata regolarmente emessa ed invitano l’azienda a tenere pronto il materiale (router) perché manderanno un loro incaricato a ritirarlo.
Al 13 dicembre non è ancora passato nessun incaricato.
La connessione è stata effettivamente inutlizzata dai primi di settembre.
Il 10 dicembre l’azienda riceve una telefonata dal call center, che ha finalmente ricevuto la richiesta di “rivedere il contratto”, inviata tramite il portale di Fastweb a fine agosto 2012. Lo stesso giorno era però arrivata l’ennesima fattura di Fastweb per il servizio NON UTILIZZATO, importo sempre intorno ai 440 euro, questa volta per “abbonamenti dal 15 novembre al 14 gennaio e consumi dal 15 settembre al 14 novembre”. Pagamento solito, il RID, 10 dicembre, lo stesso giorno in cui l’azienda ha ricevuto la fattura, troppo tardi per bloccarlo.
Alla gentile operatrice del call center viene quindi evidenziata l’anomalia, visto che dal 13 settembre sono trascorsi ben più di 30 giorni, dall’altra parte del telefono si percepisce la volontà di capire se si può risolvere la questione e, dopo qualche minuto di attesa, con un certo imbarazzo l’operatrice conferma che, purtroppo, la cessazione è stata processata solo il 19 novembre pertanto è stata regolarmente emessa la fattura.
Ma di regolare sembra esserci ben poco, dal momento che è evidente (e lo segnala la stessa operatrice) che LA REGOLA, ovvero la legge sopra citata, chiarisce che l’onere di disdire il contratto entro 30 giorni sta all’operatore e questo implica che, incaso di inefficienza, il costo non possa certo essere addebitato al cliente che, dai primi di settembre, non usufruisce di alcun servizio.
Dai commenti al post pubbicato su FB sembra poi che le storie simili a queste siano tante, con operatori anche diversi, al punto che c’è chi sospetti che più che una truffa casuale questo possa essere un sistema adottato da molte telco per aumentare i volumi sapendo che difficilmente gli utenti hanno la forza per contrastare i grandi operatori.
Fabio L. racconta di essersi recato persino dai Carabinieri per tentare una denuncia per truffa e di aver desistito, per essere arrivato persino a sentirsi “in torto”.
C’è poi la storia di Fabio B., ch racconta un caso simile con la 3 nel tentativo di passare a TIM, aveva ottenuto 2 numeri provvisori (aziendali) ma il passaggio non è mai stato fatto, così per mesi ha riceuvuto contemporaneamente una doppia fatturazione, da TIM e da 3. Dopo aver didetto tutto ha ricevuto altre 6 fatture che, ovviamente, non ha pagato e si è poi ritrovato con una cartella esattoriale, un vero salasso. Si è quindi recato da un giudice di pace che, pur dandogli ragione, gli ha detto che avrebbe dovuto comunque pagare. Ha iniziato a contrattare pagando solo 3 delle 6 fatture, ma ancora oggi riceve dalla 3 le richieste di pagamento per le fatture insolute.
Andrea C racconta un’esperienza simile, sempre con Fastweb, risolta poi con l’intervento di Altroconsumo.
Ma il dubbio resta forte, quanti casi simili esistono e come può, un consumatore, ottenere il rispetto dei suoi diritti e la certezza di pagare SOLO per i servizi dei quali usufruisce?
Si tratta di casi isolati o di una sistematica, silenziosa, diffusa… truffa?