Anmvi: “per il governo la salute degli animali da compagnia vale meno di 1 euro al giorno”

gattoTempi sempre più duri per i proprietari di animali. Le spese veterinarie si possono “scaricare” solo in minima parte e ora arriva la stangata. Dopo l’incremento dell’Iva al 22%, il governo potrebbe frenare la detraibilità fiscale relativa a spese sanitarie animali. Non è ancora sicuro, ma il dubbio resta e già sul prossimo modello 730 milioni di persone che convivono con animali da compagnia rischiano che il governo aumenti le sue entrate a scapito dei quattrozampe e dei loro bipedi. La denuncia arriva dall’associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi).

L’aut aut posto a 13 milioni di famiglie dalla legge di Stabilita’ 2014 – commenta l’Anmvi – è dei più minacciosi: o il riordino delle detrazioni (da decidere per decreto entro il 31 gennaio) o la riduzione percentuale, automatica, del recupero fiscale delle spese veterinarie. Se nel primo caso, il rischio e’ di vedere azzerati gli esigui benefici fiscali introdotti nel 2000 in favore della salute di tutti gli animali da compagnia legalmente detenuti, nel secondo si prospetta la riduzione progressiva dall’attuale 19% di detrazione d’imposta al 18% (per le spese veterinarie sostenute 2013) fino al 17% (per quelle del 2014). Il vantaggio fiscale effettivo scenderebbe dagli attuali 49 euro annuali a 43 euro“.

La già scarsa considerazione del nostro Stato per la sanità veterinaria scenderebbe a 0,12 centesimi di agevolazione fiscale al giorno”, commenta Marco Melosi, presidente Anmvi – E’ sconcertante l’ipocrisia di un Paese e di una classe politica che professa sentimenti per gli animali, li tutela penalmente, ma poi non esita a tassare l’affettività familiare“.

L’Anmvi chiede che le detrazioni fiscali riconosciute sulle spese e sui medicinali veterinari non si toccano e non subiscano maggiori penalizzazioni. Il rischio non riguarda solo i portafogli delle tantissime famiglie che ospitano cani e gatti, ma anche la possibilità di far curare i propri animali sapendo di poter “scaricare” una parte, sebbene piccola, dei costi sostenuti. Inoltre, si rischia di scoraggiare le adozioni, rappresentando gli animali un costo che, in questo periodo di forte crisi economica, sono già diminuite.