Maestro dell’Informale. Il MEF omaggia Franco Garelli

A cinquant’anni di distanza dalla morte, il Museo Ettore Fico rende finalmente omaggio con un’ampia antologica a Franco Garelli (Diano d’Alba 1909-Torino 1973), artista incomprensibilmente dimenticato, eppure considerato da Lionello Venturi come “il maggior rappresentante dell’arte Informale” del Novecento.

Curata da Andrea Busto, la mostra è il frutto di una ricerca approfondita e pluridecennale e propone oltre 100 opere tra oli su tela, filiformi sculture in ferro, ottone e bronzo, ceramiche e gli innovativi Plamec, ovvero quadri tridimensionali in materiale plastico e resine industriali.

Le sue sculture sono figure contorte e nervose che si elevano verticalmente nello spazio, le sue opere sono spigolose e pungenti, caratterizzate da un dinamico contrasto tra pieni e vuoti e realizzate con pezzi meccanici, materiali ferrosi e ritagli di lamiera, quasi a voler rimodellare la più intima essenza della modernità.

Franco Garelli collaborò con Lucio Fontana e Pinot Gallizio, partecipò alle Biennali di Venezia del 1948, 1954 e 1966 (dove fu presente con una sala personale esponendo i “tubi in lamiera” tra Spazialismo, Pop Art e Arte Povera), ed è stato, con la sua arte e i suoi contatti personali, un importante ambasciatore della cultura italiana e torinese nel mondo, in particolare grazie sue mostre ospitate in Giappone e negli States.

Franco Garelli è stato oggetto dell’attenzione dei maggiori critici del Novecento da Venturi a Crispolti, da Tapiè a Dorfles. Collaborò con i maggiori galleristi del suo tempo come Carlo Cardazzo (galleria del Cavallino a Venezia e galleria del Naviglio a Milano), con Palazzoli della galleria Blu di Milano, la galleria Stadler di Parigi, la Marta Jackson Gallery di New York.

Portò avanti la sua ricerca artistica in parallelo con la professione di medico chirurgo e insegnò Anatomia all’Accademia Albertina di Torino. Negli anni Settanta lasciò Torino per trasferirsi nello studio-abitazione di Beinasco.

Una sezione della mostra è dedicata alle opere pubbliche, come la grande scultura in ferro saldato realizzata per un condominio di corso Massimo D’Azeglio, la decorazione scultorea di una delle facciate della Biblioteca Civica di Torino ma soprattutto “Sinfonia”, il rilievo in ferro saldato che si sviluppa lungo il lato di via Verdi della sede della Rai.

Bisogna essere grati ad Andrea Busto per aver riparato al torto della dimenticanza scesa su Franco Garelli, ricostruendo con questa mostra l’originale percorso lirico ed estetico di una tra le personalità più rilevanti dell’arte italiana del secondo dopoguerra, artefice di un “umanesimo tecnologico” e capace di entrare in empatia con le ricerche più vive della sua contemporaneità.


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