Ivan Berni su Repubblica
L’impietosa analisi di Stefano Boeri sulla perdita di ruolo di Milano come capitale mondiale del design pubblicata su queste stesse pagine sabato scorso, termina con una amara constatazione: se la città perde terreno anche su suoi primati storici, come il design, è perché manca la capacità di organizzare «un progetto culturale, politico ed economico». Tutto vero. E siccome il declino di Milano fa il paio con l’ascesa di Torino, forse è utile chiedersi cosa sta trasformando l’ex “motor town” italiana in una metropoli attraente, dinamica, competitiva a livello nazionale e internazionale.
Oltre al Congresso mondiale degli architetti, quest’anno Torino è stata anche nominata World design Capital dall’Associazione internazionale del design industriale. Nell’arco del 2008 in programma ci sono oltre 200 iniziative, che culmineranno nella mostra storica sul premio Compasso d’Oro e sul conferimento dello stesso premio alla Reggia della Venaria, recentemente restaurata.
Per ottenere il Congresso mondiale degli architetti Torinoha preparato la candidatura nel 2000 e l’ha ottenuta nel 2002, mentre il titolo di capitale mondiale del design se l’è guadagnato nel 2005, partecipando al primo bando indetto dall’Associazione internazionale del design industriale. In tutte e due queste occasioni Milano non c’era. E vale appena la pena di ricordare che la Reggia della Venaria è stata restaurata in nove anni mentre il nostro Palazzo Reale è ancora, per metà, un cantiere. Da tempo immemore.
Torino ha iniziato a fare squadra dieci anni fa, creando l’associazione Torino Internazionale, un organismo nato con il pieno coinvolgimento di Comune, Provincia e Regione (altempo governata dal centrodestra), dalle Università subalpine, da istituti bancari, associazioni di categoria e sponsor privati.
Questa Torino Internazionale è per metà un think-thank che elaboraprogetti e scenari di sviluppo e per metà è una efficientissima agenzia di marketing territoriale. In sostanza, un gruppo di lavoro che ha elaborato in dieci anni due piani strategici per la città – orientandola verso l’idea di una città della conoscenza- e al tempo stesso si è messo in moto per costruire relazioni, partnership e intercettare opportunità. Già ora, per dire, si lavora alle grandi celebrazioni per il l5oesimo dell’Unità d’Italia, in programma nel 2011.
A Torino si progetta e si implementa il progetto, utilizzando uno strumento sul quale la città ha “fatto sistema”. Perché Milano non fa lo stesso? In effetti nella nostra città qualcosa di simile a Torino Internazionale esiste: è l’agenzia Milano Metropoli, promossa dallaProvincia e partecipata dalla Camera di Commercio. Peccato che il Co mune non ne faccia parte. E la Regione nemmeno. Col risultato di una struttura che non può agire a tutto campo come avviene per i cugini torinesi.
Si può obiettare che nella candidatura per l’Expo 2015 una sinergia fra le istituzioni milanesi e lombarde c’è stata e si è vista. Ma è di tutta evidenza che si tratta di una collaborazione episodica e per giunta a denti stretti. Se per disgrazia la candidatura dovesse sfumare è certo che sfumerebbe anche la sinergia fra istituzioni che, spesso, sembrano trovare una ragione d’esistenza nel reciproco dispetto, invece che nel perseguimento dell’obiettivo comune.
Le differenti coloriture politiche delle amministrazione non c’entrano. A Torino e in Piemonte, infatti, progetti e iniziative so no state messe in moto da sindaci di centrosinistra come Castellani e Chiamparino con presidenti di Regione come Enzo Ghigo, di centro destra. Forse quel che manca agli amministratori di Milano è un p0′ di umiltà.
Quella che ha indotto i torinesi, dieci anni fa, a ripensarsi. A considerare che il titolo di capitale dell’auto poteva trasfor marsi in una prigione e ad aprirsi al mercato delle nuove vocazioni metropolitane.