Due fratelli e una buona idea per conquistare il web: sembra una storia di quelle che si sentono solo nella Silicon Valley, in California. E invece succede a Torino, dove abitano Luca e Alessio Morena, 37 e 40 anni, l’uno filosofo ricercatore al dipartimento di Ontologia dell’Università, l’altro socio e manager dell’azienda di design Lab10100.
Sono i creatori di iCoolhunt, applicazione per iPhone tra le più scaricate del momento. È un software realizzato da Lab10100, che permette ai cool hunters di caricare foto di oggetti, situazioni e materiali che credono faranno tendenza, e sottoporle agli altri utenti, per votarle come cool e uncool. Chi prende più voti diventa guru in fatto di design, moda, stili di vita, nuove tecnologie.Leggi tutto “iCoolhunt l'applicazione cattura fenomeni arriva da Torino”
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Parte da Torino il social network nuovo successo su Iphone
Scovare lo strano che ci circonda e diventare un “guru” del cool nel design, negli stili di vita, nella moda, nella musica e nell’hi-tech, condividendo con gli altri adepti sparsi nel mondo quello che si cattura. Solo un gioco, un social network a portata di iPhone per rendere democratica e universale una delle scienze che guida le campagne pubblicitarie in ogni angolo del globo.
Chi ha l’ambizione di anticipare i tempi e di etichettare prima i cambiamenti sociali trasformandoli in prodotti, non facendo però parte della casta del marketing, ha l’occasione di cimentarsi e dimostrare le sue capacità. Tra le migliaia e migliaia di applicazioni per iPhone è disponibile un nuovo software gratuito, battezzato iCoolhunt, realizzato da una società di Torino, la Lab10100. Ed è già fenomeno.
Un social network che si è rapidamente trasformato in un una della app più cliccate su iTunes: una media di oltre 300 download al giorno e recensioni sulle principali riviste on line di settore. Non solo. La casa di Cupertino guidata da Steve Jobs ha già contattato il gruppo di torinesi che nel giro di sei mesi ha trasformato il cool hunting in un gioco alla portata di tutti per realizzare una campagna di promozione con banner dedicati sulla home page. E una società di produzioni tivù di Los Angeles vuole coinvolgere le menti di Lab10100 nello studio di un format per una trasmissione televisiva.
Progettavano l'anti Iphone
Daniele Lepido sul Sole 24 Ore
“Battere l’iPhone si poteva. E alla Motorola di Torino avevamo già allo studio un paio di nuovi modelli pronti a competere con lo smartphone della Apple. Poi è arrivata la batosta dei licenziamenti e la tragedia del vedersi trasformati in disoccupati (probabilmente) costretti a scappare all’estero. Pensare che ci chiamavano gli ingegneri più bravi d’Europa, ci chiamavano…”.
Parla così R. B., manager del centro di ricerca torinese della Motorola, il più grande in Europa nel settore multimedia, uno dei 370 rimasti senza lavoro dopo la decisione della multinazionale americana di azzerare i laboratori piemontesi a seguito della scelta, tutta industriale, di non puntare più sulla piattaforma Symbian, che fa capo a Nokia, ma su Android di Google e su Windows Mobile e P2k. Quello stesso centro che da dieci anni produce saperi, tecnologia e cellulari hi-tech come il Motorola Q, uno dei concorrenti del Blackberry.Il super-informatico è il primo dipendente del gruppo ad uscire allo scoperto e a parlare in esclusiva con un giornale, senza eccessi e con pudore, pur in una situazione personale e professionale di grave disagio. Il suo è il profilo di un tecnico altamente qualificato e con un buon stipendio (70mila euro lordi l’anno), un’esperienza in aziende internazionali alle spalle e, come molti, una famiglia da mantenere. Un caso, quello della Motorola, che ha spiazzato persino la Cgil che si è trovata di fronte a un’impresa che non aveva al suo interno neppure una rappresentanza sindacale unitaria. “Nella nostra mentalità chi ci pensava? – continua l’esperto – E non è una cosa strana.
La notizia della chiusura ci ha lasciati increduli e ci abbiamo messo un po’ a capire cosa stava succedendo perché noi eravamo completamente a digiuno di cultura sindacale e ora ci è rimasta addosso un’amarezza e una rabbia incredibili. Prenda nota di questo: qui ci consideravamo quasi una succursale della Silicon Valley e se tu vai a chiedere a un nerd della Silicon Valley, con tutto il rispetto, cos’è un orario di lavoro o un cartellino da timbrare, quello ti ride in faccia. Lui lavora con la bulimia dello studioso, come si fa in università, e ha l’ansia di arrivare al risultato perché ci sono gioco la sua testa, il suo cuore, la sua creatività. Il resto non conta”.
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