La Torino Allegra di Moretti di Gabriele Ferraris
Il Torino Festival che si è chiuso ieri – venticinquesima edizione, anno primo dell’era-Moretti – ce l’ha fatta. Un anno fa, la rassegna cinematografica torinese affrontava una sfida per la sopravvivenza: la quieta certezza di essere «il secondo festival italiano dopo Venezia» crollava davanti alla prepotente presa di potere della Festa di Roma. Vaso di coccio fra vasi di ferro, Torino doveva superare in fretta un handicap antico: la scarsa visibilità mediatica, conseguenza – in fondo nobile, e serenamente accettata – di una «diversità» cinefila che ne certificava la qualità artistica, ma non allettava l’informazione di massa sensibile soltanto alle passerelle di star. Il famigerato «tappeto rosso», insomma, sul quale a Roma e Venezia si pavoneggiano i divi nostrani e d’importazione, fra due ali di popolo acclamente; tappeto che a Torino non c’è mai stato, e mai ci sarà.
Affidare la direzione del Tff a Nanni Moretti fu una scelta intelligente, se non indolore. Intelligente, perché garantiva l’attenzione dei media allettati dal nome del regista illustre (e assai «personaggio» nel suo non voler essere «personaggio»), e insieme scongiurava ogni deriva pacchiana, ogni deragliamento dalla linea rigorosa del Festival torinese, ogni concessione alla volgarità dello showbiz.
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Moretti e la sua squadra hanno confezionato un Festival dignitosissimo. E non penso solo ai film, che chi ne capisce più di me ha giudicato buoni ma non esaltanti, e accomunati da una mestizia di temi che si potrebbe, ingenerosamente, attribuire alla weltanschauung morettiana. Ingenerosamente perché la cifra del Tff è stata invece l’allegria: allegria del direttore, disponibile e complice oltre ogni previsione; allegria degli spettatori, che hanno affollato le sale come non mai; e allegria dei pubblici amministratori, che pagano e vorrebbero dei riscontri concreti. Li hanno avuti, con rassegne stampa spesse come volumi della Treccani; e qui, innegabilmente, l’effetto-Moretti sì è fatto sentire. O pensavate davvero che giornali e tigì spedissero legioni di inviati per puro entusiasmo cinefilo?
Moretti: Torino bella atmosfera, 2008 facciamo il bis di Giovanna Favro
Sono stato bene, qui. Sono stato bene con i collaboratori, mi va bene il periodo, novembre, e mi va bene questa città, Torino». Così ieri un Nanni Moretti sorridente ha tratto le somme del suo primo anno da direttore del Torino Film Festival. A chi gli ha chiesto cosa vorrebbe di Roma e Venezia, ha detto «mi basta quello che ho». E, fugando ogni nube sul 2008, ha promesso: «Nella prossima edizione metterò lo stesso impegno, energia e tempo che ho impiegato quest’anno». In privato confida di essere «così stanco che mi viene da piangere». Ma al Circolo dei lettori affollato di telecamere spiega: «Ho lavorato tanto, e mi sono divertito molto. Il trionfalismo è sempre seccante, ma è la verità: ci aspettavamo che andasse bene, ma non così tanto». La sola cosa che non gli è piaciuta? «Il Museo del cinema mi aveva promesso 8 giorni di sole e uno di grigio, invece ci sono stati due giorni di pioggia».
Al suo fianco la presidente della Regione Mercedes Bresso e tutto il suo staff, in testa Emanuela Martini. Tra il pubblico, Alberto Barbera e Alessandro Casazza del Museo del cinema, e il presidente del Festival Lorenzo Ventavoli. Ma anche Piero Chiambretti, che gli chiede «da conduttore del festival di Sanremo a direttore del festival di Torino: vieni a Markette? Dicevi che non ti piaceva il nome della trasmissione, e l’ho cambiato: una parte sarà “Speciale Chiambetti”». E Moretti: «Se hai cambiato il nome per me, e lo dici, vengo». Pierino: «Moretti è l’uomo giusto per Torino, città sobria e capitale del cioccolato». E poi: «Nanni? Roma ci fa una pippa!»