Emanuela Minucci su Lastampa.it
Che centra Acer, la società taiwanese seconda produttrice mondiale di notes-book e quarta di personal computer, con Torino? E che centra Madrid? Centrano, eccome. Perché il destino di Acer – fatturato annuo di 20 miliardi di dollari – che in questo fine settimana ha festeggiato nella capitale spagnola lacquisizione di Gateway (per 710 milioni di dollari) è nelle mani di un manager torinese: il presidente mondiale del gruppo taiwanese si chiama Gianfranco Lanci ha 53 anni, due figli ormai laureati, e una passione sfrenata – tipicamente sabauda – per il proprio lavoro. Con i cinesi ha in comune solo il taglio degli occhi (vagamente a mandorla) e labitudine a lavorare 14 ore al giorno. Ma tanto basta: hanno scelto lui, perchè, come concordavano tutti a Madrid in questi giorni, «ha la vision» del mercato.
Allora presidente, lo sa che in Italia Acer viene pronunciata «eiser» e nessuno penserebbero mai e poi mai che il suo presidente sia nato e vissuto per anni a Torino?
«Certo che lo so. Dicono tutti eiser, e invece Acer è un nome latino, vuol dire acero, semplicemente. Ed è stato scelto per due ragioni: perché lacero è considerato un albero dalla vita eterna e poi perché cominciava per a, che è sempre una buona cosa per unazienda quotata in Borsa…
E lei perché è stato scelto fra tanti?
«Diciamo che sin da quando lavoravo per la Texas Instruments al centro Pier della Francesca di corso Svizzera, mi sono dedicato anima e corpo a quello che facevo: allepoca mi occupavo di notebook e ci ho creduto da subito come vero prodotto del futuro. Poi nel 1983 Texas venne assorbita da Acer e la mia carriera continuò nellazienda di Taiwan».
Fu allora che abbandonò Torino.
«Sì, a malincuore. Mi trasferii a Milano per diventare il responsabile dellarea europea. Ma la mia famiglia rimase a Torino. Ed è per questo che faccio il pendolare, tutte le settimane».
E come trova la città? Non ha mai pensato di trasferire Acer sotto la Mole? Il sindaco Chiamparino gliene sarebbe grato…
«Eh, non sarebbe male, purtroppo però tutti i nostri clienti sono a Milano. Il punto non è spostare lazienda. Ma è muovere i clienti che diventa dura…».
Con Torino quindi, niente joint venture?
«Come no? E però presto per parlarne. Ho preso contatti con il Politecnico e non posso parlarvene prima di capire come e quando chiuderemo la faccenda».
Le piacerebbe lidea di trasferire un pezzo di ricerca di Acer nella nuova cittadella della Scienza e della Salute che in futuro nasceranno a Torino?
«E un progetto ancora troppo lontano. Certo che lidea del polo deccellenza è attraente, uno dei motivi per cui abbiamo contattato il Poli è proprio questo: puntare sulla formazione dei neo-laureati».
Come trova Torino in questi ultimi anni? La vede migliorata?
«Enormemente. Le Olimpiadi hanno davvero regalato una marcia in più alla città sia dal punto di vista culturale sia turistico. E poi mi piace tantissimo il fatto che la città non sia più Fiat-dipendente. Adesso è davvero una metropoli che può giocare su più tavoli. Certo però che i trasporti lasciano ancora davvero desiderare».
Si riferisce alla Torino-Milano?
«Sì certo, la odio e mi tocca farla spessissimo. Ma anche la situazione degli aeroporti è penosa. Adesso vogliono anche toglierci Malpensa, non la vedo molto bene: tutto il Nord in questo modo resta penalizzato».