Scricchiola la relazione Politecnico – imprese

Via Futura

La lunga relazione tra Politecnico e aziende piemontesi oggi è in crisi. Gli stipendi dei 588 assegnisti sono stati fino ad adesso sovvenzionati da imprese, Regione, Unione Europea e solo in piccola parte dallo Stato. A causa dei problemi economici attuali però le aziende stanno chiudendo i rubinetti, mentre lo Stato resta latitante. Lo spiega in maniera molto chiara Francesco Pescarmona, ingegnere meccanico e assegnista del Politecnico: “Sono 8 anni che lavoro qui: finito il dottorato infatti ho ottenuto l’assegno di ricerca, ma adesso, dopo 5 anni, non potrò più essere riconfermato ed è quasi certo che non verrò assunto”. Secondo Pescarmona i problemi sono molteplici: da una parte le aziende in crisi che non assumono o addirittura licenziano, ma soprattutto le stesse aziende che smettono di finanziare la ricerca. Dall’altra i tagli del governo, che vanno a incidere su una situazione di già insufficiente finanziamento.

La ricerca al Politecnico in questi anni è stata finanziata per la maggior parte dalle piccole e medie imprese presenti sul territorio, che non possono permettersi laboratori propri e si rivolgono quindi all’università per il miglioramento e l’innovazione tecnologiche. Esiste pertanto un rapporto di stretta interdipendenza tra il Politecnico e il tessuto produttivo piemontese. Attualmente però le aziende, costrette a risparmiare, stanno chiudendo i canali di sovvenzionamento al Politecnico. Con gravi danni alla ricerca.

Il contributo statale (FFO, Fondo di Finanziamento Ordinario) d’altro lato è già da anni molto scarso, “al di sotto della media europea – osserva Pescarmona – e con i tagli ingenti previsti dalla 133, nonostante gli scarsi correttivi del decreto 180, si va a incidere su una situazione che è già grave”. “E se – continua – i tagli decisi dalle aziende sono comprensibili in un momento di crisi, non lo sono invece quelli statali. Lo Stato dovrebbe al contrario investire sulla ricerca perché ricerca vuol dire progresso, miglioramento delle attività produttive e infine crescita economica e benessere per la comunità”. “Se le cose continuano così – conclude Pescarmona – perderemo molti specialisti della ricerca e con loro un grande bagaglio di conoscenze e competenze”.