La Spoon River delle aziende piemontesi
Ecco l´elenco dei “caduti”, le aziende che non ce l´hanno fatta a superare la crisi. C´è chi era debole e ha ricevuto il colpo di grazia dal momento congiunturale deleterio. C´è chi forse, crisi o non crisi, sarebbe fallito lo stesso. Dietro a ciascun nome ci sono un imprenditore che ha fallito e un gruppo di dipendenti che è in cassa integrazione o in mobilità. Solo una mappa, creata con i dati di Camera di commercio, Cgil e Cisl.
Perché, come spiega la segretaria della Cisl Piemonte Giovanna Ventura, «la chiusura coinvolge in modo particolare la miriade di piccole e medie aziende, soprattutto metalmeccaniche, tessili e orafe, che sfuggono anche al nostro monitoraggio. Purtroppo non siamo che all´inizio di un´escalation negativa sull´occupazione della regione».
Bottonificio fossanese. È stato uno dei casi più eclatanti, perché era l´azienda dell´ex presidente dell´Unione industriale di Cuneo, Antonio Antoniotti. A febbraio l´industria di Fossano ha chiesto il concordato preventivo lasciando a casa 57 dipendenti.Cabind. Se la Indesit di None si è salvata, lo stesso non è accaduto alla sua fornitrice di Rivoli, che è stata costretta a chiudere i battenti e a licenziare 68 addetti.
Cartiera Santa Lida. I problemi dell´azienda del settore carta di Germagnano sono culminati a giugno, quando la proprietà ha messo in cassa integrazione straordinaria per cessata attività circa 130 dipendenti.
Cr Serrature. In aprile la proprietà ha annunciato la volontà di trasferire l´azienda metalmeccanica in Slovenia, mettendo in mobilità 26 lavoratori torinesi su 32.
Dormer. A giugno il gruppo svedese Sandvik ha avviato le procedure per la chiusura dello stabilimento di Givoletto, che produceva utensili speciali. Niente da fare per gli 84 dipendenti.
Filatura di Grignasco. L´impresa tessile novarese, 300 dipendenti circa, è in amministrazione controllata da agosto. Quattro ex dirigenti stanno cercando di rilanciarla, occupando al momento circa 60 lavoratori. Ma i problemi del tessile novarese non finiscono qui. Hanno chiuso o ci sono vicine la Mgo di Oleggio (30 dipendenti), la manifattura Pertusi di Novara (30), la Preparazioni tessuti di Castelletto (30 dipendenti).Industria chimica subalpina. La Ics di Arquata Scrivia, nell´Alessandrino, si è arresa a giugno. Ne hanno fatto le spese i suoi 35 dipendenti. Decisiva è stata la crisi dell´auto, visto che l´azienda produceva componenti chimici utilizzati nelle vernici dei veicoli.
InduMont. Ad aprile il tribunale ha respinto la richiesta di concordato preventivo dell´azienda metalmeccanica di Verbania, decretandone il fallimento. Ci hanno rimesso il posto circa 70 lavoratori.Iper. Neppure il commercio è stato esente da scossoni. A febbraio il grande magazzino Iper di Pozzolo Formigaro (in provincia di Alessandria) ha messo in mobilità i suoi 68 dipendenti.
Johnson electric. La multinazionale cinese che la controllava ha deciso di chiuderla a febbraio. In mobilità i 113 dipendenti che lavoravano alla produzione di batterie per raffreddare motori elettrici.
Oerlikon Balzer Coating. La multinazionale americana ha deciso due settimane fa di chiudere lo stabilimento di Lanzo, nel Torinese, e di chiedere la procedura di mobilità per i 22 dipendenti che fino ad agosto lavoravano alla produzione di materiali isolanti.
Lanificio Fratelli Botto. L´industria tessile biellese è fallita a novembre dello scorso anno, lasciando in cassa integrazione straordinaria 134 addetti a Vallemosso e 76 a Valdengo. Per il distretto tessile è stata solo la prima di una lunga serie, nella quale figurano anche i lanifici Fila di Coggiola (9 addetti) e Torello Viera di Strona (16), la Filati biellesi di Masserano (18), la Afs di Brusnengo (27), la Verbo di Quaregna (34) e la Filatura Cardata di Biella.Mahle. Sembrava che tra l´azienda che fabbrica valvole e il sindacato ci fosse l´accordo, invece la scorsa settimana la multinazionale tedesca ha fatto marcia indietro e ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Volvera, in cui lavorano 94 dipendenti.
Metecno. L´azienda di Cortiglione, in provincia di Asti, progettava e produceva pannelli per l´edilizia fino a luglio, quando il management ha annunciato la volontà di trasferire tutto a Piacenza e Pordenone. Risultato: 40 dipendenti in mobilità.
Motorola. Il centro ricerche del gigante americano della telefonia ha chiuso i battenti a gennaio. I suoi 340 dipendenti sono stati quasi tutti riassorbiti da Reply e Telit.
Neograf. Produceva film e imballaggi per alimenti e per altri usi nella sua sede di Moretta, nel Saluzzese. Aveva 193 dipendenti, ma ha portato i libri in tribunale ad agosto.
Nigacalze. Dopo 57 anni passati a produrre calze di classe lo stabilimento di Tortona ha dovuto chiudere i battenti per colpa della crisi. Non sono bastati i clienti “vip” come George Bush a salvare il posto ai 35 dipendenti.Olimpias. L´azienda tessile del gruppo Benetton, con sede a Piobesi, nel Torinese, impiegava 143 dipendenti. Ha chiuso a marzo, per poi aprire una nuova sede in Tunisia.
Rau gioielli. L´impresa orafa di Valenza ha chiuso lasciando a casa 33 dipendenti. Ma è tutto il distretto dell´oro a essere in difficoltà. Negli ultimi mesi hanno chiuso anche la Stilnovo di San Salvatore Monferrato (27 addetti), la Api di Valenza (30) e la Legnazzi (40) e numerose sono le aziende in sofferenza.Sic (gruppo Bialetti). La società produttrice metalmettanica, esperta nella produzione di caffettiere, ha chiuso poco prima di capodanno il suo stabilimento a Ornavasso, nel Verbano. Hanno perso il posto 40 persone.
Stabilus. Per gli 84 metalmeccanici della fabbrica di Villar Persona, nel Torinese, è stato un Primo maggio amaro: il giorno successivo l´azienda ha chiuso i battenti e loro sono stati messi in cig straordinaria. Per loro non è bastato neppure l´intervento del vescovo di Pinerolo Pier Giorgio Debernardi, volato in Germania per trattare volato in Germania per trattare con l´azienda.