Intervistando la crisi

Via Toshare

Gli investimenti nel 2008 sono stati di 44 milioni euro da parte della Regione Piemonte e 49 milioni euro da parte del Comune per 4,4 milioni di abitanti in Piemonte e per 2,2 milioni abitanti per l’area metropolitana. Distribuiti (arrotondando sulle cifre) circa così 13.518.000 al cinema, 29.508.000 al teatro e alla lirica, 10.482.000 alla musica, 22.000.000 ai musei e alle mostre, 11.000.000 a eventi, convegni, seminari, e attività culturali vari. Investimenti molto maggiori in proporzione a quelli riportati da Helen Thorington che ha citato i dati che the Guardian riportava sull’Arts Council England che nel 2007 finanziava 417 milioni di pound (855 milioni di dollari) per una popolazione di 61 milioni

Questi investimenti nei Musei e nelle Fondazioni d’arte contemporanea, in fiere come Artissima, gli eventi di Torino World Design Capital, la Fiera del Libro, la Triennale d’arte contemporanea, il Cineporto e il recente Museo d’Arte Orientale (che appena aperto dovrà già chiudere alcuni giorni della settimana perché non ci sono soldi per la guardiania) benché abbiano incoronato Torino come vittoriosa nella sfida al rinnovamento, raggiungendo lo scopo di affrancare la città dalla sua caratterizzazione di centro industriale metalmeccanico per fondarne lo sviluppo economico su basi più pluralistiche, siano stati ingenti, non si sono radicati in profondità nel tessuto economico locale. E oggi rischiano di saltare per sempre.

Ci si domanda quale sia il futuro di questa città oltre la recessione, quale il futuro della cultura. Lo scorso 13 dicembre Giovanni Oliva, l’assessore alla cultura della Regione Piemonte ha convocato gli stati generali per progettare oltre la crisi. Le associazioni culturali hanno partecipato in massa a questo incontro. Ci si aspettava una risposta, una possibilità di progettare davvero insieme.

Ma già dall’atmosfera surreale che aleggiava, perché nessuno ha fatto domande dirette o chiesto spiegazioni sulla responsabilità politica delle scelte sbagliate, degli sprechi e delle occasioni perse, si poteva percepire un nulla di fatto. Nessuno è risultato essere responsabile. Come uno tsunami pare che la crisi abbia colto gli amministratori in modo imprevedibile. Fino ad un mese fa l’unico fatto che sembrava fondamentale per la politica culturale locale era sapere se il regista Nanni Moretti sarebbe rimasto un altro anno a dirigere il Torino Film Festival. Poi il vuoto.

Durante la discussione degli stati generali, è stato chiaro che le associazioni e tutto il sistema cultura si vedranno decurtare il contributo per le loro attività del 50-60% in 2009. Gli investimenti delle fondazioni bancarie saranno indirizzate solo alle infrastrutture e al restauro di edifici. A parte Sergio Ariotti, giornalista RAI e direttore del Festival delle Colline (teatro contemporaneo), nessuno ha obbiettato.

Qualcun altro presente alla convocazione ha sollevato una domanda su i criteri di scelta per attuare questi tagli, quali parametri decisionali saranno determinanti, cosa muoverà le scelte. Riformare e ri-progettare è più impegnativo che percorrere la scorciatoia dei tagli economici.

Ma le risposte sono cadute in un vuoto imbarazzante. Un vuoto che è il vuoto dei musei perché se non si investirà nelle mostre e negli eventi, negli spettacoli e nei convegni, negli attori e negli artisti, nei curatori e nei registi, gli edifici rimarranno vuoti. L’assessorato alla cultura della Città di Torino ha già deciso di destinare i pochi soldi rimasti a salvaguardare i lavoratori con contratto a tempo indeterminato dei musei. Però se così sarà, i custodi custodiranno solo le pareti vuote dei musei e dei teatri, senza opere, senza progetti, senza spettacoli e ovviamente senza pubblico.

La mancanza di un metodo univoco di valutazione del successo o del fallimento delle proposte, mostre, eventi, spettacoli, concerti e spazi culturali è un problema sempre più grosso e va risolto immediatamente. Molti eventi del 2008 sono stati un flop clamoroso, come il premio Compasso d’oro ospitato nella Reggia di Venaria (solo 25 mila persone), la mostra Flexibility nelle ex-carceri Le Nuove (15 mila) o la Triennale d’arte contemporanea costata 2 milioni euro che non ha attratto nessun gotha internazionale delle arti visive. Per non parlare dell’Arena Rock, la struttura pensata per ospitare grandi concerti, è una vera cattedrale nel deserto; aperta da marzo 2008 non è mai stata utilizzata oggi è senza un futuro preciso.

Costata 5 milioni di euro è a detta degli addetti ai lavori come gli organizzatori del festival musicale Traffic, che non sono stati consultati per il progetto, la peggiore struttura esistente, inadatta e con gravi limiti sia per concerti di 60 mila persona che di 15-20 mila.