Dove chiedo informazioni turistiche?

Un anno fa mandai due turisti inglesi a Fossano.
Restarono affascinati dalla bellezza di  quella citta’ e frustrati dalla
difficolta’ di reperire una cartina con qualche indicazione
turistica.Il Piemonte ha tante cittadine che sono
delle perle, ma che sono del tutto impreparate ad accogliere
visitatori. Troppe citta’ di fatto non accettano che il turismo
potrebbe essere un’importante componente del loro reddito.  I
commercianti spesso pensano a spartirsi ed a conservare i clienti
esistenti piuttosto che ad attrarne dei nuovi.

Molte cittadine del Piemonte ancora non
hanno un ufficio turistico, cioe’ un posto dove i turisti possano
andare a chiedere una cartina della citta’ e qualche indicazione
sulle cose piu’ importanti da visitare, i musei, le chiese, gli
alberghi, gli agriturismo, i ristoranti, i locali notturni, i taxi,
i treni, i pulman,  i servizi medici, la polizia e quant’altro possa
loro servire.

Gli  uffici turistici devono avere
personale che parli  inglese, tedesco e francese. I laureati in
lingue spesso sono tra coloro che piu’ faticano a trovare
occupazione, cosi’ come quelli con conoscenze di storia dell’arte,
pero’ se opportunamente formati, essi potrebbero giocare un ruolo
importante a sostegno delle economie locali. Certo dovranno avere un
approccio piu’ orientato a risolvere i problemi del cliente/turista,
piuttosto che a fornire il proprio sapere a chi magari non vuole
stare ad ascoltarlo. I dipendenti dovranno anche avere degli
obiettivi in termini di flussi turistici e di
soddisfazione dei clienti da raggiungere e venire premiati a secondo
del loro raggiungimento. Se non si riesce a raccogliere prove che l’ufficio e’ davvero li’ per servire i turisti ed incrementare il loro numero, allora si dovra’ cambiare gli addetti.

Certamente i tagli ai bilanci dei
comuni effettuati dalle ultime leggi finanziarie non agevolano lo sviluppo del turismo nelle citta’ di provincia, gli amministratori pero’ dovranno considerare una
priorita’ dedicare una parte dei pochi soldi rimasti per questi
obiettivi.

UE: lo spreco dov’e`?

Di tanto in tanto si sente parlare di eurosprechi. In particolare negli ultimi anni ha fatto un certo scalpore vedere che la Corte dei Conti dell’UE ha consigliato al Parlamento Europeo di non approvare il bilancio consuntivo presentato dalla Commissione. In certa stampa ed in certi commenti  questa e’ divenuta "Dimostrazione bella e buona dell’inaffidabilita’ dei conti UE", "prova provata dell’avidata’ degli eurocrati".
In particolare gli strali della Corte dei Conti UE andavano contro come erano spesi gli aiuti agricoli (42.6% della spesa totale dell’UE), quelli regionali (36.4%) e parte di quelli riguardanti le cosi’ dette "azioni esterne" (4.5%).
La Commissione era il chiaro imputato. Essa ha fatto presente che aiuti agricoli e spesa regionale sono amministrati dagli stati membri e non dalla Commissione ed essi rappresentano il 95% dell`area di potenziale confusione contabile. La Commissione ha quindi richiesto agli stati membri di certificare che i soldi che loro hanno speso come politica agricola e regionale sono stati spesi secondo procedure contabilmente corrette. Gli stati membri hanno rifiutato di dichiarare cio’, non essendo in grado di dare questa garanzia.
Morale: gli eurosprechi probabilmente esistono, ma sono in larga parte da addebitare proprio a coloro che si dichiarano vittime, gli stati nazionali. La Commissione puo’ certo migliorare la sua correttezza contabile, ma la gran parte dei problemi contabili denunciati dalla Corte dei Conti dell’UE sono al di fuori del controllo dell’imputato, la Commissione. Gli stati membri, invece di gridare tanto allo scandalo, farebbero bene a guardare come spendono i soldi che ricevono. Tanta stampa euroscettica farebbe bene a documentarsi e a guardare la mano che scaglia la pietra.

Per alcuni dati sulla struttura delle spese dell’UE si veda la tabella pubblicata da Le Monde
http://www.lemonde.fr/web/vi/0,47-0@2-3214,54-636617@51-725023,0.html

La baita abbandonata

Sara’ capitato anche a voi di
passeggiare per le montagne del Piemonte, scoprendo dei gruppi di case
totalmente abbandonate ed in grande stato di rovina. A volte le dette case si
trovano in luoghi estremamente panoramici. In alcuni casi alla base della
rovina di certe case c’e’ il fatto che i proprietari sono disinteressati, assenti
o sconosciuti all`autorita’. Gli effetti di questo abbandono sono chiari. Certi
paesi di montagna hanno visto morire intere frazioni. Case nuove vengono
costruite in luoghi precedentemente non costruiti, quando allo stesso tempo le
case vecchie crollano. Si perdono opportunita’ turistiche e l’aspetto di intere
vallate muta.

Io credo che sarebbe bene dare
ai sindaci il potere di ingiungere per vari anni ai proprietari di intervenire.
Si potranno apporre cartelli di fronte alla proprieta’ in questione, pubblicare
in vari modi la notizia ed annunciarlo sui siti internet di comune, provincia e
regione. Il messaggio dovrebbe dire : “il proprietario di questa casa dovra’
curare questa casa (rifare il tetto, vedere che i muri non crollino, ecc.) o il
comune tra 5 anni potra’ suggerire alla Provincia di venderla”. Passati i 5
anni o il proprietario si sara’ dato da fare in qualche modo, o il Comune
potra’ proporre alla Provincia di vendere l’immobile in un’asta pubblica. I
proventi della vendita, dedotti i costi d’asta e di pubblicita’, andranno su di
un conto destinato al proprietario dell’immobile.

Attualmente esiste l’ Art. 838
del Codice Civile (Espropriazione di beni che interessano la produzione
nazionale o di prevalente interesse pubblico
), che forse non e’ applicabile ai casi qui
menzionati; se  cosi’ fosse sarebbe forse il caso di avere una legge ad hoc.

 Art. 838 del Codice Civile
Salve le disposizioni delle leggi
penali e di polizia, nonché le
disposizioni particolari concernenti beni determinati, quando il proprietario
abbandona la conservazione, la coltivazione o l’esercizio di beni che
interessano la produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle
esigenze della produzione stessa, può farsi luogo all’espropriazione dei beni
da parte dell’autorità amministrativa, premesso il pagamento di una giusta
indennità.
La stessa disposizione si applica
se il deperimento dei beni ha per effetto di nuocere gravemente al decoro delle
città
o alle ragioni dell’arte, della storia o della sanità pubblica.

 

Museo Egizio: rettifichiamo ed aggiungiamo

Nei giorni
immediatamente precedenti il Natale siamo tornati al Museo Egizio. Benche’
facesse freddo e ci fossero le vacanze di Natale, non c’erano molti visitatori.
In piu’ di due ore di visita non ne abbiano visti piu’ di venti.
Le cuffie con
spiegazioni in italiano, inglese e
francese sono gia’ presenti e funzionanti. Quindi il nostro suggerimento in
merito, su questo stesso sito, era inutile. Mentre ci rallegriamo di quanto
gia’ c’e’ e chiediamo scusa per aver dato un consiglio inutile, notiamo che spiegazioni
in altre lingue potrebbero essere benvenute. 
Bisogna pero’
notare  che alcune vetrine non hanno il
numeretto di riferimento per le spiegazioni audio. Anche solo con le
spiegazioni attuali un visitatore puo’ riuscire a non sentire tutto, perche’
c’e’ gia’ molto da ascoltare. Resta il fatto che spesso al visitatore piace
scegliere; passare davanti ad una vetrina senza spiegazioni genera un po’ di
frustrazione.
Confermiamo che
al primo piano molte bacheche
continuano ad avere spiegazioni solo in italiano o non hanno spiegazioni. La
situazione al piano terra (Egitto pre-dinastico) e’ migliore.
In generale
l’attuale disposizione dei reperti soffre di mancanza di spazio. Il museo e’ molto delicato e sarebbe in
pericolo in presenza di molti
visitatori. Non sappiamo se ci siano molti reperti non esposti, ma
semplicemente con i reperti attuali un piano in piu’ nello stesso palazzo
sarebbe appena sufficiente per proteggere maggiormente i reperti e rendere le
sale accessibili da piu’ persone senza rischi per il patrimonio.
Se i reperti
fossero solidamente difesi, il museo potrebbe anche divenire sede di ricevimenti
di aziende e privati, con  pagamento a
beneficio del museo. Nelle attuali condizioni i rischi sarebbero troppo grossi.
Il problema spazio non
e’ da poco. Da un lato e’ bello vedere il Museo nella sede che lo ospita da
secoli, dall’altro il palazzo puo’ divenire il piu’ grande limite del Museo
stesso. L’ideale sarebbe se oltre ad i locali della Galleria Sabauda si
riuscisse anche a reperire altri vani nello stesso palazzo ed in edifici vicini.
Ce ne sono?
Il personale
dovra’ venire incentivato a formarsi. Benche’ il personale del primo piano sia
stato molto gentile, un semplice problema  con una cuffia sonora (passare da una lingua
all`altra) non ha potuto essere risolto dal personale del piano, ma ha
richiesto uno scomodo ritorno (con coda) alla cassa. La cliente in questione e’
stata richiamata per uso improprio dell’apparecchiatura. L’accusa era probabilmente fondata, ma una turista in vacanza non si aspetta di venire sgridata per una svista in un
posto dove ha pagato piu’ di 11 euro tra biglietto e cuffia sonora.
Il Museo potra’
ancora raccontare mille storie interessanti. Potra’ attrarre gli amanti degli animali,
parlando di mucche, coccodrilli, uccelli e gatti. Anche per certi animali  dovrebbe essere disponibile un servizio di
mummificazione.  Esso potrebbe dare
conforto a sconsolati padroni di gatti, da poco trapassati e potrebbe generare un`interessante fonte di reddito per il museo.
Il Museo Egizio parla di scioperi e relazioni sindacali durante la costruzione delle piramidi, di
contabilita’, di giustizia, di architettura e di sesso; i papiri erotici del
Museo forse potrebbero essere maggiormente reclamizzati.
Apprezziamo che
nel negozio del Museo ci sian gia’ molti libri. Se ci fosse piu’ spazio ci
starebbero bene anche scarpe infradito, parrucche, sedie, tavole incerate per scrivere e
scacchiere. Sarebbe il caso di svilippare un marchio del Museo Egizio, sviluppando
varie serie di prodotti e servizi . Sempre in un museo con piu’ spazio, potrebbe trovare
spazio un’agenzia di viaggi specializzata in viaggi in Egitto. Essa dovrebbe
pagare cospicue percentuali al Museo stesso.
Il sito internet
del Museo dovrebbe divenire un museo virtuale, dove i curiosi australiani,
cinesi o canadesi possano iniziare a pensare a Torino ed al suo Museo ancora
seduti a casa loro.

Bien retournée, Madame!

E’ bello vedere in questi giorni che tanta gente faccia la coda per vedere il restaurato Palazzo Madama ed è bello che sia stato ben restaurato; così appare almeno ai profani come noi. Per la città di Torino è davvero un bel ritorno. Per vedere il museo dovremo attendere ancora qualche stagione, ma entro fine 2006 dovrebbe essere funzionante. Per ora  il pian terreno e l’interrato  sono in ordine , ma non sono arredati, mentre il primo piano è già decorato con i suoi quadri.

In mezzo a tante spese olimpiche che lasciano molto amaro in bocca, questa sembra davvero una buona spesa, qualcosa che si sarebbe dovuto fare comunque e che per fortuna si è fatta.

Piccolo neo: sembra che per i visitatori ci siano al pian terreno toilettes piuttosto scarse. Una per uomini ed una per donne. Le code ci sono già. E’ vero che Palazzo Reale non è lontano e che forse i turisti potranno utilizzare i servizi dell’altro museo, però…due "postazioni" sembrano un po’ poche.

Ci sarà anche un bar?  Speriamo.

Come pago il bus?

Si potrebbe scegliere di porre il trasporto pubblico urbano  a totale carico dei contribuenti rendendolo totalmente gratuito per gli utenti. Ciò nell’ottica che il trasporto pubblico urbano ha talmente tanti effetti su coloro che non ne producono e non ne acquistano i servizi, da rendere logico farlo pagare a tutti, semplicemente in base al loro reddito. Chi non usa il trasporto pubblico si trova l’aria meno inquinata,il traffico più scorrevole, maggiore facilità a parcheggiare e gode i benefici di una città dove la mobilità è facilitata (più affari, più turisti e più occupazione)

In alternativa  si può far pagare il trasporto pubblico a chi lo usa, ma allora è il caso di rendere le modalità di pagamento semplici e di evitare che molti viaggino senza pagare.

L’attuale sistema di pagamento dei trasporti pubblici a Torino non ne incoraggia il loro uso occasionale da parte dei residenti o dei turisti. Per comprare un biglietto è infatti necessario andare in qualcuna delle rivendite autorizzate a comprare il biglietto. Ciò a volte vuol dire pensare le cose prima, sapere quali sono le rivendite autorizzate, essere in grado di esprimersi in italiano e magari deviare dal proprio percorso, perdendo tempo. Per un utente abituale questi problemi non ci sono, ma per un utente occasionale che stiamo cercando di convincere ad abbandonare l’auto e a scegliere il bus, sì ci sono. Inoltre ci sono problemi per i forestieri.

In altre città si è deciso di mettere macchinette in tutte le fermate del centro e di vendere i biglietti sui mezzi stessi. Se la vendita sui mezzi, viene effettuata dall’autista stesso all’unica porta d’ingresso del mezzo, si riduce anche fortemente il non pagamento dei biglietti. Questo porta a maggiori entrate per l’azienda di trasporti. Le maggiori entrate saranno spendibili nell’acquisto di nuovi mezzi o nella riduzione delle tariffe. Certo non sarà semplice concordare con gli autisti questo nuovo compito e qualcuno farà notare che ciò comporterà la perdita di un po’ di tempo ed un piccolo rallentamento dei mezzi. Sarà opportuno far vedere agli autisti come i loro colleghi di altre città riescano a svolgere entrambi i compiti, eventualmente si potrà dare loro anche una piccola partecipazione agli incassi. Poi si potrà applicare tariffe differenziate a seconda che l’acquisto avvenga a terra o sul mezzo. Sul mezzo il biglietto potrà costare il 20% in più che dal giornalaio, perché la comodità ha un prezzo. Infine il tempo perso dagli autisti nel emettere e controllare i biglietti, potrà essere ricuperato con bus e tram più frequenti, risultato di un azienda che incassa di più.

Best practice: tenere conto di cosa fanno gli altri.

In tutte le amministrazioni pubbliche e private dovrebbe divenire pratica comune guardare a come un certo problema viene attualmente trattato e magari risolto in altre città ed in altri paesi, non solo europei ma anche extraeuropei. Si può utilmente imparare dalle migliori soluzioni trovate altrove, la così detta “best practice”.  In molti casi si tratterà di esperienze di pubbliche amministrazioni in altri casi si tratterà di esperienze di aziende private.Tante volte non è necessario scoprire la ruota, si tratta piuttosto di adattare al nostro contesto le soluzioni già identificate altrove.

Guardare cosa si fa altrove dovrebbe divenire una routine obbligatoria. Ogni amministrazione, quando presenta la soluzione che intende dare ad un certo problema dovrebbe essere tenuta a mostrare che ha fatto un’indagine sulle situazioni trovate altrove, presentandone i risultati. In molti casi si eviterebbe di ripetere tanti errori.

In alcuni casi saranno sì necessari viaggi all’estero, ma essi andranno fatti solo dopo un approfondito studio su libri, giornali ed internet.Per fare queste indagini sulla “best practice” non è sempre necessario fare viaggi. In molti casi e’ sufficiente un’indagine su internet  ed un po’ di telefonate con i colleghi di altri paesi.  Le telefonate potranno essere a costo zero se si utilizzerà la telefonia via internet e se si saprà coltivare una buona rete di contatti. In certi casi un’indagine potrà anche partire da segnalazioni fatte dai cittadini.

(da un’idea del dott. Nicolas Nervegna).

Vita notturna, sì, ma dove?

Si avvicina il capodanno ed almeno alcuni di noi lo trascorreranno ballando ed ascoltando musica in discoteche e locali in genere. Ma questi locali sono nei posti giusti?

La  situazione oggi e’ che ci sono discoteche sparpagliate in varie parti della città, però normalmente la discoteca non e’ un servizio a domanda  locale come l’edicola o il panettiere e quindi non c’e’ una grande vantaggio da una sua capillare diffusione sul territorio. In compenso e’ frequente andare in una discoteca e non trovare in essa il tipo di gente che uno si aspettava. Il popolo della notte inizia così lunghi pellegrinaggi dall’una all’ altra parte della città o della provincia; peccato che questi pellegrinaggi spesso siano preceduti da bevute di alcool con conseguenti rischi per la circolazione stradale. Chi non ha la patente deve affidarsi ad amici o prendere un costoso taxi.  Ciò raggiunge il culmine quando questi viaggi sono verso le grandi discoteche della cintura e della provincia. D’altra parte le discoteche di città oggi sono normalmente piu’ piccole delle grandi discoteche  fuori porta ed negli attuali luoghi di ubicazione difficilmente lo spazio ed i vicini permetterebbero di ingrandirle. Le discoteche sono anche luoghi di libertà e la libertà a volte può venire abusata da pochi disturbatori; così le discoteche possono attrarre l’attenzione delle forze dell’ordine, le quali, però faticano ad essere nel mezzo della notte in diversi luoghi tra loro distanti. Per le stesse ragioni le forze dell’ordine faticano a controllare i tassi alcolemici degli autisti che escono dai parcheggi delle discoteche; dovrebbero avere pattuglie in troppi posti e le pattuglie sono scarse e preziose. Le statistiche mostrano una correlazione triste tra attività dei locali notturni ed incidenti stradali, con perdite di giovani vite e grossi costi umani ed economici.

Per chi e’ forestiero la vita notturna di Torino e’ quasi nascosta; non è certo pensata per attrarre turisti, privi di conoscenze locali e di un auto. Se sei nel giro giusto, scopri i locali e se no, ti arrangi. Quella che potrebbe essere un’ottima ragione per venire a passarsi un week end a Torino viene meno. Non ci curiamo dei turisti, salvo poi lamentarci perché essi snobbano Torino e l’Italia in generale.

Qualcuno mi dirà che a Torino ci sono i Murazzi ed il Quadrilatero Romano…. Sono sotto gli occhi di tutti la quantità di proteste generate dalla presenza di due sia pur piccoli poli del divertimento in delle zone residenziali con caratteristiche  monumentali. Non sembra quella la soluzione.

In quelle zone sono evidenti le necessità di limitare gli orari ed i decibel dei locali presenti.

Noi vorremmo che i locali notturni fossero in luoghi che:

  • non disturbino,
  • siano facilmente raggiungibili,
  • siano controllabili dalle forze dell’ordine,
  • non richiedano grandi pellegrinaggi notturni al popolo della notte,
  • non contribuiscano troppo agli incidenti stradali,
  • siano possibilmente servibili con mezzi pubblici,
  • possano attrarre anche un pubblico di “non iniziati”, in particolare turisti.

Per ottenere molti di questi obiettivi dovremmo pensare ad un vero e proprio distretto del divertimento notturno, dove concentrare il piu’ possibile le discoteche, senza escludere un po’ di osterie, pubs e ristoranti. Alle discoteche che accettino di collocarsi nel distretto del divertimento dovremmo permettere dimensioni anche molto grandi, libertà di orario e tolleranza del rumore; a quelle che decidano di restarne fuori dovremmo imporre le limitazioni del caso. Un possibile luogo per il distretto della vita notturna potrebbe essere una parte dello stabilimento Fiat di Mirafiori. Ampie superfici sono disponibili, l’area è sufficientemente isolata dalle zone residenziali di Mirafiori e non dovrebbero nascere conflitti di sorta con i residenti. Sarebbe possibile aprire delle mega-discoteche come quelle che oggi si trovano quasi solo fuori Torino. Si potrebbe garantire la sicurezza con un preciso presidio di polizia urbana o stradale. Si potrebbero mettere bus notturni ogni ora verso il centro ed altre parti della città, riducendo l’uso dell’auto da parte di persone stanche per il troppo ballare, la musica forte, il bere e quant’altro.Le forze dell’ordine potrebbero facilmente controllare che nessuno guidi dopo aver alzato il gomito. Sarebbe possibile indirizzare i turisti verso un unico posto di svago e si potrerbbe rinforzare l’immagine di Torino come città che offre una buona e varia vita notturna. Si eviterebbero i pellegrinaggi notturni da locale a locale, si ridurrebbero i problemi ai Murazzi ed in altre parti della città dove oggi la presenza di vita notturna crea problemi, si riciclerebbe parte  di Mirafiori in un settore produttivo, quello dello svago, con più prospettive dell’attuale.  Grandi investimenti non sarebbero necessari, grandi distruzioni ambientali nemmeno. Il comune agirebbe come regolatore piu’ che come imprenditore. Concilierebbe gli interessi di molti ed aumenterebbe l’attrattività della città.

La scelta del tipo di energia

Vorremmo delle  tecnologie per produrre energia che:

  1. permettano di rispettare il Trattato      di Kyoto, perche`  pare che l`effetto serra esista davvero ed i trattati vadano      rispettati;

  2. riducano il nostro grande disavanzo      commerciale;

  3. ci facciano dipendere meno      dall`estero, in particolare da regimi poco democratici;

  4. non riducano ulteriormente la nostra gia`bassa competitivita`;

  5. non dipendano dalla disponibilita` di ottime macchine amministrative, perche’ da noi quelle scarseggiano;

  6. non creino eccessivi conflitti con il collocamento delle infrastrutture e dei residui, perche` fatichiamo molto a risolvere questo tipo di problemi;

  7. non creino dei grossi debiti per le prossime generazioni.

Il carbone, il petrolio ed il metano danno problemi rispetto ai punti 1,2,3 ed in parte 6 e 7.Il cosi’ detto "carbone pulito", pare che non emetta zolfo, ma emetta ossido di carbonio.

Il nucleare supera bene l`esame 1 e forse discretamente 2 e 3, ma ci sono forti dubbi sul punto 4 (recentemente il Governo di sua Maesta` Britannica ha dovuto sborsare 15 miliardi di euro per sanare il deficit della principale azienda inglese produttrice di energia nucleare), ci sono enormi problemi con 5 e consistenti problemi con 6 e 7.

Il solare, l`eolico e le biomasse potrebbero soddisfare bene 1, forse 2 e 3, suscitano dei dubbi su 4, in parte collegati con problemi di economie di scala ed ottimizzazione (sono ancora poco usate), vanno a nozze con 5 e 7 ed infine  se la cavano abbastanza con 6.