La via stretta della banda larga

Quando nel 2004 Gianni ritorno', dopo avere 
trascorso sei anni a Bruxelles, nel paese
della Langa di dove era originario non poteva
credere che li' non fosse possibile lavorare
usando internet.
Certo c`era il telefono ed al telefono si
puo' sempre collegare un modem.
Quello pero' era il modo con cui Gianni
lavorava a meta' degli anni `90.
Nel 2004 sarebbe semplicemente rimasto fuori
mercato e tutti i suoi progetti di creare
un'azienda di terziario avanzato nelle
Langhe sarebbero rimasti un sogno. Da allora
ha dovuto combattere molto, ma le soluzioni
spesso sono raggiungibili e lui forse ne ha
trovata  una.
 L’uso di internet oggi rappresenta quello 
che l’uso della macchina a vapore rappresen-
tava all’inizio della prima rivoluzione
industriale, quello che la diffusione della
ferrovia rappresentava a meta’ dell’ottocen-
to, quello che l’uso dell’auto e dei telefoni
ha rappresentato a meta’ del ventesimo secolo,
insomma quella tecnologia che ti da la misura
dello sviluppo economico di un paese o una regione.

Questo perche’ in un epoca dove i salari
piu’ elevati sono spesso nel terziario
ed i servizi si avvalgono moltissimo di
telecomunicazioni, internet rappresenta
lo strumento di telecomunicazione piu’
potente.
Ecco cosi’ che quelle zone che sono con-
nesse possono accedere a certe possibi-
lita' e ad un certo sviluppo economico e
sociale e le altre no.
Quando parliamo di sviluppo
economico non pensiamo a ciminiere, par-
cheggi, e code, pensiamo a reddito, che
puo’ poi essere speso come ciascuno crede
meglio, non escludendo asili nido, biblio-
teche, scuole, piscine,  servizi sociali
ed arte.
Nella fattispecie un buon collegamento
ad internet e’ sostitutivo di tanti
movimenti non desiderati e quindi rallenta
la crescita del  - o riduce il - fabbi-
sogno di trasporti.
Se vogliamo che ci sia crescita economica
dobbiamo garantire che ci sia una connessione
ad internet che permetta di trasmettere
testi scitti, suoni ed immagini ferme ed
in movimento.
La situazione oggi in Piemonte ed in Ita-
lia e’ che a moltissime comunita’ locali
e’ impedito di vivere e produrre secondo
le modalita’ in uso nelle economie piu’
avanzate nel ventunesimo secolo.
In questo modo non solo si condanna certi
cittadini ad una specie di serie B econo-
mica e sociale, ma anche si riduce
forzosamente le opportunita’ di crescita
della regione e della nazione.
Di chi e’ la colpa? 
Prima di tutto e’ colpa di tutti i citta-
dini, cioe’ nostra. Se fossimo davvero
convinti che l’accesso alla banda larga
(l’internet senza strette limitazioni) e`
un nostro diritto, ci faremmo sentire.
I politici hanno tanti difetti, ma sanno
che se una richiesta e’ forte, essa
diviene un mezzo per guadagnare o perdere
voti e cercano di soddisfarla. Oggi e’
piu’ frequente protestare contro la
retrocessione della locale squadra di
calcio, per il salvataggio di stabilimenti
senza speranza alcuna o per una nuova
circonvallazione che per garantire
l’accesso ad internet a tutti.
 Altri grandi protagonisti di questa 
storia sono Telecom Italia e Fastweb.
Queste due aziende sono proprietarie
in varie parti della penisola di cavi a
fibbre ottiche e non. Esse offrono
connessione la’ dove ritengono che sia
per loro conveniente. Il servizio spesso
lascia a desiderare e molti comuni o
quartieri ne sono esclusi.
Per loro e' anche un problema di cultura
aziendale.
Loro sono abbastanza  brave a far corre-
re fili, ma si sentono meno dominatrici
delle tecnologie senza fili, che di fatto
possono essere gestite da aziende di
dimensioni assai minori. Non vedono una
gran convenienza nello sfruttare una
tecnologia di cui non sarebbero
signore incontrastate.
In Piemonte c’e` il CSI che e’ un ente 
strumentale della Regione ed uno dei
protagonisti del programma
WI –PIE (
http://www.wi-pie.org
).
Questo programma dovrebbe e potrebbe
essere la soluzione del problema, ma
non lo e’.
Non sancisce il principio che tutti i
comuni e tutti i quartieri vadano
raggiunti con l'accesso alla banda larga.
Per quanto riguarda le piccole comunita’
WI-PIE si fissa l’obiettivo di collegare
anche abbastanza approssimativamente i
municipi, le farmacie e pochi altri
sevizi con connessioni che non possono
poi venire estese ad altri utenti.
Praticamente se si trattasse di dare il
gas a questi comuni WI-PIE non
porterebbe un tubo del gas nel concentrico
comunale, ma invierebbe un po’ di gas
in bombole al municipio e ad alcuni altri
servizi, disinteressandosi del destino
di tutti gli altri soggetti (famiglie
e aziende).Restando nell`esempio del gas: non
essendoci una vera condotta di gas
non esisterebbe la possibilita’ per
altri utenti di far partire da li’ un
tubo di derivazione fino a casa loro.
Similmente la connessione che arriva
ai municipi con WI-PIE non e'facilmente
estendibile ad altri soggetti, ma e'
addirittura problematica per chi la riceve.
Noi dobbiamo farci sentire e chiedere
con forza che la banda larga arrivi
in ogni comune del Piemonte e
d’Italia.
Non si tratta di una grossissima spesa.
Nei pressi di Diano d’Alba per esempio
ci sono ben dieci comuni scoperti.
Forse si metteranno d’accordo e con una
spesa modesta e l’uso della tecnologia
wireless, cioe’ senza fili, si doteranno
di accesso internet a banda larga.
Pensano di avere almeno 600 utenti....
Questo forse sara’ un caso fortunato
perche` c`e’ una persona che dopo aver
vissuto alcuni anni all’estero ha
deciso di ritornare alle sue origini,
ma non accetta lo stato delle cose ed
il fatalismo che troppo spesso con-
traddistingue tutti noi.
Quella persona sta spingendo per questa
iniziativa, coinvolgendo alcuni politici
locali illuminati e spiegando come ci
sia una grossa opportunita’ di
sviluppo a portata di mano.
Noi dobbiamo richiedere alla Regione 
Piemonte e allo Stato Italiano che la
connessione senza fili delle piccole
comunita' diventi la regola.
Tutti i comuni devono vedersi garantito
l’accesso alla banda larga e cio' puo'
essere fatto praticamente con
pochissimi oneri per lo Stato e gli enti
pubblici.
 
Per saperne di piu’ vedete anche il 
sito di

http://www.antidigitaldivide.org

Ci chiedono di firmare una loro petizione
per la diffusione della banda larga,
sara’ il caso di farlo.

Per un Lingotto raggiungibile

Il Lingotto
presto diverra’ sede della stampa internazionale in trasferta a Torino per
seguire le olimpiadi. Tutti noi speriamo che il Lingotto divenga un centro
fieristico, commerciale, alberghiero, ricreativo, ecc. (polifunzionale) davvero utilizzato appieno. In quelle occasioni in cui il Lingotto ha lavorato a pieno regime
si e` spesso sentito parlare di mancanza
di parcheggi. La cosa strana e` che Lingotto e` anche una stazione ferroviaria,
ma la ex fabbrica e la stazione non sono collegati ed il visitatore che arrivi
in treno deve fare un lungo percorso per raggiungere il centro fieristico,
l’albergo, l’auditorium e tutto il resto. Detto percorso, unitamente con lo scarso servizio spesso offerto dai treni, e’ sufficiente a convincere il visitatore a prendere l’auto.
La situazione non
migliorera’ di molto poco quando la passerella sospesa al grande arco rosso
bulgaro diverra’
accessibile al pubblico. Essa fa fare un’ inutile deviazione verso gli ex mercati
generali . E` un percorso troppo lungo per divenire la soluzione standard per
il grande pubblico diretto al Lingotto; praticamente e’ un invito a non venire in treno. Ricordo  che l’Italia e` il paese al mondo con la piu’ alta percentuale di anziani. E’ a loro che chiediamo di far una mezza maratona?
Resta aperto il
problema di collegare la stazione con il centro fieristico e la ex fabbrica.
Una buona soluzione potrebbe essere un collegamento veloce tramite scale mobili e tapis
roulant o con una specie di treno senza conduttore, come si usa in diversi
aeroporti del mondo. Potrebbe partire dal lato  ovest della  stazione, fermare al lato est, poi all’Oval, quindi all’estremo sud del  Lingotto, quindi a meta’ fabbrica ed infine all’estremo nord dell’ ex stabilimento.
Questa soluzione
permettera’ anche a chi non e’ un atleta o ha bambini piccoli al seguito o ha bagagli di prendere il treno per andare  al  Lingotto o all’Oval.
Prendere il treno
non deve essere una missione o una vocazione, deve essere la soluzione piu’
semplice e comoda.

Pubblicita’ per le vallate alpine

E` abbastanza
recente la notizia che alcune valli della provincia di Torino vorrebbero
lasciare il Piemonte ed unirsi alla Valle d’Aosta. E’ legittimo domandarsi se
per esse si stia facendo abbastanza e se esse possano fare di piu’ per loro
stesse.

Le nostre vallate
possono offrire molto. Non mi riferisco solo alle vallate olimpiche ma anche e sopratutto alle vallate oggi meno
battute dai visitatori per esempio la
valle di Ceresole Reale, le tre valli di Lanzo, la val Sangone, e molte altre
valli.

Esse a volte
offrono qualche impianto di sci di
discesa, spesso offrono la possibilita` di fare fondo, sempre offrono, boschi, laghi,
grandi paesaggi alpini, buona cucina ed aria pura.

Alcune di esse sono a poca distanza da Caselle e
sono quindi facilmente raggiungibili da turisti stranieri. Purtroppo i flussi turistici verso queste
valli sono ancora modesti, perche’?

Tra le cause
forse c’e` anche il fatto che e`  una
pubblicita’ adeguata nei mercati esteri non c’e` stata. La regione a volte
organizza eventi all’estero diretti a pochi eletti piuttosto che pubblicita’
diretta al pubblico in generale. A Londra negli ultimi anni si poteva vedere
nel metro’ la pubblicita’ della Sicilia o quella delle Marche sui pulman, ma
non quella del Piemonte olimpico e non… 

A Berlino, Bruxelles, Parigi,
Francoforte la situazione era diversa?

L`Aurora di chi ?

Su La stampa di due giorni fa leggevamo un articolo intitolato: “Sarà l’Aurora ma solo per gli immigrati” .Trapelano due temi molto diversi.

Il primo concerne la violazione di norme (igieniche , del lavoro e di quiete pubblica) da parte di alcuni commercianti e cittadini di origine straniera. Ovviamente non ci puo’ essere tolleranza verso la violazione di norme, concernano esse il lavoro, l’igiene, il parcheggio in doppia fila, gli schiamazzi notturni, il falso in bilancio, le licenze commerciali, la corruzione, l’eccesso di velocita’, l’abuso edilizio, l’abigeato o l’evasione fiscale. Non importa chi sia a commettere la violazione, essa va punita secondo quanto previsto dai codici vigenti. 
Non possiamo che rallegrarci che sempre piu’ cittadini la pensino cosi’.
Il secondo problema secondo alcuni degli intervistati pare essere che gli stranieri stanno colonizzando il quartiere, aprendo negozi, bar,ristoranti e call centers. Su questa seconda questione e` piu’ difficile essere d’accordo. Dobbiamo abituarci  all’idea che chiunque venga ad investire il suo denaro vicino a casa nostra, rispettando le leggi, deve essere il benvenuto. Egli  dimostra di vedere il suo futuro in Torino e di scommettere su di essa.
Noi dobbiamo generalmente accogliere bene chi vuole investire a Torino sia per aprire un negozietto che per rilevare uno stabilimento, una squadra di calcio, una banca o un’ albergo. Il punto cruciale e’ che si tratti di operatori davvero interessati ad investire ed operare in questa citta’ e non semplicemente ad acquisire una quota di mercato.

Dove chiedo informazioni turistiche?

Un anno fa mandai due turisti inglesi a Fossano.
Restarono affascinati dalla bellezza di  quella citta’ e frustrati dalla
difficolta’ di reperire una cartina con qualche indicazione
turistica.Il Piemonte ha tante cittadine che sono
delle perle, ma che sono del tutto impreparate ad accogliere
visitatori. Troppe citta’ di fatto non accettano che il turismo
potrebbe essere un’importante componente del loro reddito.  I
commercianti spesso pensano a spartirsi ed a conservare i clienti
esistenti piuttosto che ad attrarne dei nuovi.

Molte cittadine del Piemonte ancora non
hanno un ufficio turistico, cioe’ un posto dove i turisti possano
andare a chiedere una cartina della citta’ e qualche indicazione
sulle cose piu’ importanti da visitare, i musei, le chiese, gli
alberghi, gli agriturismo, i ristoranti, i locali notturni, i taxi,
i treni, i pulman,  i servizi medici, la polizia e quant’altro possa
loro servire.

Gli  uffici turistici devono avere
personale che parli  inglese, tedesco e francese. I laureati in
lingue spesso sono tra coloro che piu’ faticano a trovare
occupazione, cosi’ come quelli con conoscenze di storia dell’arte,
pero’ se opportunamente formati, essi potrebbero giocare un ruolo
importante a sostegno delle economie locali. Certo dovranno avere un
approccio piu’ orientato a risolvere i problemi del cliente/turista,
piuttosto che a fornire il proprio sapere a chi magari non vuole
stare ad ascoltarlo. I dipendenti dovranno anche avere degli
obiettivi in termini di flussi turistici e di
soddisfazione dei clienti da raggiungere e venire premiati a secondo
del loro raggiungimento. Se non si riesce a raccogliere prove che l’ufficio e’ davvero li’ per servire i turisti ed incrementare il loro numero, allora si dovra’ cambiare gli addetti.

Certamente i tagli ai bilanci dei
comuni effettuati dalle ultime leggi finanziarie non agevolano lo sviluppo del turismo nelle citta’ di provincia, gli amministratori pero’ dovranno considerare una
priorita’ dedicare una parte dei pochi soldi rimasti per questi
obiettivi.

UE: lo spreco dov’e`?

Di tanto in tanto si sente parlare di eurosprechi. In particolare negli ultimi anni ha fatto un certo scalpore vedere che la Corte dei Conti dell’UE ha consigliato al Parlamento Europeo di non approvare il bilancio consuntivo presentato dalla Commissione. In certa stampa ed in certi commenti  questa e’ divenuta "Dimostrazione bella e buona dell’inaffidabilita’ dei conti UE", "prova provata dell’avidata’ degli eurocrati".
In particolare gli strali della Corte dei Conti UE andavano contro come erano spesi gli aiuti agricoli (42.6% della spesa totale dell’UE), quelli regionali (36.4%) e parte di quelli riguardanti le cosi’ dette "azioni esterne" (4.5%).
La Commissione era il chiaro imputato. Essa ha fatto presente che aiuti agricoli e spesa regionale sono amministrati dagli stati membri e non dalla Commissione ed essi rappresentano il 95% dell`area di potenziale confusione contabile. La Commissione ha quindi richiesto agli stati membri di certificare che i soldi che loro hanno speso come politica agricola e regionale sono stati spesi secondo procedure contabilmente corrette. Gli stati membri hanno rifiutato di dichiarare cio’, non essendo in grado di dare questa garanzia.
Morale: gli eurosprechi probabilmente esistono, ma sono in larga parte da addebitare proprio a coloro che si dichiarano vittime, gli stati nazionali. La Commissione puo’ certo migliorare la sua correttezza contabile, ma la gran parte dei problemi contabili denunciati dalla Corte dei Conti dell’UE sono al di fuori del controllo dell’imputato, la Commissione. Gli stati membri, invece di gridare tanto allo scandalo, farebbero bene a guardare come spendono i soldi che ricevono. Tanta stampa euroscettica farebbe bene a documentarsi e a guardare la mano che scaglia la pietra.

Per alcuni dati sulla struttura delle spese dell’UE si veda la tabella pubblicata da Le Monde
http://www.lemonde.fr/web/vi/0,47-0@2-3214,54-636617@51-725023,0.html

La baita abbandonata

Sara’ capitato anche a voi di
passeggiare per le montagne del Piemonte, scoprendo dei gruppi di case
totalmente abbandonate ed in grande stato di rovina. A volte le dette case si
trovano in luoghi estremamente panoramici. In alcuni casi alla base della
rovina di certe case c’e’ il fatto che i proprietari sono disinteressati, assenti
o sconosciuti all`autorita’. Gli effetti di questo abbandono sono chiari. Certi
paesi di montagna hanno visto morire intere frazioni. Case nuove vengono
costruite in luoghi precedentemente non costruiti, quando allo stesso tempo le
case vecchie crollano. Si perdono opportunita’ turistiche e l’aspetto di intere
vallate muta.

Io credo che sarebbe bene dare
ai sindaci il potere di ingiungere per vari anni ai proprietari di intervenire.
Si potranno apporre cartelli di fronte alla proprieta’ in questione, pubblicare
in vari modi la notizia ed annunciarlo sui siti internet di comune, provincia e
regione. Il messaggio dovrebbe dire : “il proprietario di questa casa dovra’
curare questa casa (rifare il tetto, vedere che i muri non crollino, ecc.) o il
comune tra 5 anni potra’ suggerire alla Provincia di venderla”. Passati i 5
anni o il proprietario si sara’ dato da fare in qualche modo, o il Comune
potra’ proporre alla Provincia di vendere l’immobile in un’asta pubblica. I
proventi della vendita, dedotti i costi d’asta e di pubblicita’, andranno su di
un conto destinato al proprietario dell’immobile.

Attualmente esiste l’ Art. 838
del Codice Civile (Espropriazione di beni che interessano la produzione
nazionale o di prevalente interesse pubblico
), che forse non e’ applicabile ai casi qui
menzionati; se  cosi’ fosse sarebbe forse il caso di avere una legge ad hoc.

 Art. 838 del Codice Civile
Salve le disposizioni delle leggi
penali e di polizia, nonché le
disposizioni particolari concernenti beni determinati, quando il proprietario
abbandona la conservazione, la coltivazione o l’esercizio di beni che
interessano la produzione nazionale, in modo da nuocere gravemente alle
esigenze della produzione stessa, può farsi luogo all’espropriazione dei beni
da parte dell’autorità amministrativa, premesso il pagamento di una giusta
indennità.
La stessa disposizione si applica
se il deperimento dei beni ha per effetto di nuocere gravemente al decoro delle
città
o alle ragioni dell’arte, della storia o della sanità pubblica.

 

Museo Egizio: rettifichiamo ed aggiungiamo

Nei giorni
immediatamente precedenti il Natale siamo tornati al Museo Egizio. Benche’
facesse freddo e ci fossero le vacanze di Natale, non c’erano molti visitatori.
In piu’ di due ore di visita non ne abbiano visti piu’ di venti.
Le cuffie con
spiegazioni in italiano, inglese e
francese sono gia’ presenti e funzionanti. Quindi il nostro suggerimento in
merito, su questo stesso sito, era inutile. Mentre ci rallegriamo di quanto
gia’ c’e’ e chiediamo scusa per aver dato un consiglio inutile, notiamo che spiegazioni
in altre lingue potrebbero essere benvenute. 
Bisogna pero’
notare  che alcune vetrine non hanno il
numeretto di riferimento per le spiegazioni audio. Anche solo con le
spiegazioni attuali un visitatore puo’ riuscire a non sentire tutto, perche’
c’e’ gia’ molto da ascoltare. Resta il fatto che spesso al visitatore piace
scegliere; passare davanti ad una vetrina senza spiegazioni genera un po’ di
frustrazione.
Confermiamo che
al primo piano molte bacheche
continuano ad avere spiegazioni solo in italiano o non hanno spiegazioni. La
situazione al piano terra (Egitto pre-dinastico) e’ migliore.
In generale
l’attuale disposizione dei reperti soffre di mancanza di spazio. Il museo e’ molto delicato e sarebbe in
pericolo in presenza di molti
visitatori. Non sappiamo se ci siano molti reperti non esposti, ma
semplicemente con i reperti attuali un piano in piu’ nello stesso palazzo
sarebbe appena sufficiente per proteggere maggiormente i reperti e rendere le
sale accessibili da piu’ persone senza rischi per il patrimonio.
Se i reperti
fossero solidamente difesi, il museo potrebbe anche divenire sede di ricevimenti
di aziende e privati, con  pagamento a
beneficio del museo. Nelle attuali condizioni i rischi sarebbero troppo grossi.
Il problema spazio non
e’ da poco. Da un lato e’ bello vedere il Museo nella sede che lo ospita da
secoli, dall’altro il palazzo puo’ divenire il piu’ grande limite del Museo
stesso. L’ideale sarebbe se oltre ad i locali della Galleria Sabauda si
riuscisse anche a reperire altri vani nello stesso palazzo ed in edifici vicini.
Ce ne sono?
Il personale
dovra’ venire incentivato a formarsi. Benche’ il personale del primo piano sia
stato molto gentile, un semplice problema  con una cuffia sonora (passare da una lingua
all`altra) non ha potuto essere risolto dal personale del piano, ma ha
richiesto uno scomodo ritorno (con coda) alla cassa. La cliente in questione e’
stata richiamata per uso improprio dell’apparecchiatura. L’accusa era probabilmente fondata, ma una turista in vacanza non si aspetta di venire sgridata per una svista in un
posto dove ha pagato piu’ di 11 euro tra biglietto e cuffia sonora.
Il Museo potra’
ancora raccontare mille storie interessanti. Potra’ attrarre gli amanti degli animali,
parlando di mucche, coccodrilli, uccelli e gatti. Anche per certi animali  dovrebbe essere disponibile un servizio di
mummificazione.  Esso potrebbe dare
conforto a sconsolati padroni di gatti, da poco trapassati e potrebbe generare un`interessante fonte di reddito per il museo.
Il Museo Egizio parla di scioperi e relazioni sindacali durante la costruzione delle piramidi, di
contabilita’, di giustizia, di architettura e di sesso; i papiri erotici del
Museo forse potrebbero essere maggiormente reclamizzati.
Apprezziamo che
nel negozio del Museo ci sian gia’ molti libri. Se ci fosse piu’ spazio ci
starebbero bene anche scarpe infradito, parrucche, sedie, tavole incerate per scrivere e
scacchiere. Sarebbe il caso di svilippare un marchio del Museo Egizio, sviluppando
varie serie di prodotti e servizi . Sempre in un museo con piu’ spazio, potrebbe trovare
spazio un’agenzia di viaggi specializzata in viaggi in Egitto. Essa dovrebbe
pagare cospicue percentuali al Museo stesso.
Il sito internet
del Museo dovrebbe divenire un museo virtuale, dove i curiosi australiani,
cinesi o canadesi possano iniziare a pensare a Torino ed al suo Museo ancora
seduti a casa loro.

Bien retournée, Madame!

E’ bello vedere in questi giorni che tanta gente faccia la coda per vedere il restaurato Palazzo Madama ed è bello che sia stato ben restaurato; così appare almeno ai profani come noi. Per la città di Torino è davvero un bel ritorno. Per vedere il museo dovremo attendere ancora qualche stagione, ma entro fine 2006 dovrebbe essere funzionante. Per ora  il pian terreno e l’interrato  sono in ordine , ma non sono arredati, mentre il primo piano è già decorato con i suoi quadri.

In mezzo a tante spese olimpiche che lasciano molto amaro in bocca, questa sembra davvero una buona spesa, qualcosa che si sarebbe dovuto fare comunque e che per fortuna si è fatta.

Piccolo neo: sembra che per i visitatori ci siano al pian terreno toilettes piuttosto scarse. Una per uomini ed una per donne. Le code ci sono già. E’ vero che Palazzo Reale non è lontano e che forse i turisti potranno utilizzare i servizi dell’altro museo, però…due "postazioni" sembrano un po’ poche.

Ci sarà anche un bar?  Speriamo.

Come pago il bus?

Si potrebbe scegliere di porre il trasporto pubblico urbano  a totale carico dei contribuenti rendendolo totalmente gratuito per gli utenti. Ciò nell’ottica che il trasporto pubblico urbano ha talmente tanti effetti su coloro che non ne producono e non ne acquistano i servizi, da rendere logico farlo pagare a tutti, semplicemente in base al loro reddito. Chi non usa il trasporto pubblico si trova l’aria meno inquinata,il traffico più scorrevole, maggiore facilità a parcheggiare e gode i benefici di una città dove la mobilità è facilitata (più affari, più turisti e più occupazione)

In alternativa  si può far pagare il trasporto pubblico a chi lo usa, ma allora è il caso di rendere le modalità di pagamento semplici e di evitare che molti viaggino senza pagare.

L’attuale sistema di pagamento dei trasporti pubblici a Torino non ne incoraggia il loro uso occasionale da parte dei residenti o dei turisti. Per comprare un biglietto è infatti necessario andare in qualcuna delle rivendite autorizzate a comprare il biglietto. Ciò a volte vuol dire pensare le cose prima, sapere quali sono le rivendite autorizzate, essere in grado di esprimersi in italiano e magari deviare dal proprio percorso, perdendo tempo. Per un utente abituale questi problemi non ci sono, ma per un utente occasionale che stiamo cercando di convincere ad abbandonare l’auto e a scegliere il bus, sì ci sono. Inoltre ci sono problemi per i forestieri.

In altre città si è deciso di mettere macchinette in tutte le fermate del centro e di vendere i biglietti sui mezzi stessi. Se la vendita sui mezzi, viene effettuata dall’autista stesso all’unica porta d’ingresso del mezzo, si riduce anche fortemente il non pagamento dei biglietti. Questo porta a maggiori entrate per l’azienda di trasporti. Le maggiori entrate saranno spendibili nell’acquisto di nuovi mezzi o nella riduzione delle tariffe. Certo non sarà semplice concordare con gli autisti questo nuovo compito e qualcuno farà notare che ciò comporterà la perdita di un po’ di tempo ed un piccolo rallentamento dei mezzi. Sarà opportuno far vedere agli autisti come i loro colleghi di altre città riescano a svolgere entrambi i compiti, eventualmente si potrà dare loro anche una piccola partecipazione agli incassi. Poi si potrà applicare tariffe differenziate a seconda che l’acquisto avvenga a terra o sul mezzo. Sul mezzo il biglietto potrà costare il 20% in più che dal giornalaio, perché la comodità ha un prezzo. Infine il tempo perso dagli autisti nel emettere e controllare i biglietti, potrà essere ricuperato con bus e tram più frequenti, risultato di un azienda che incassa di più.