Sempre critica la situazione del CSI Piemonte

Dallo Spiffero

Se un bilancio prevede ricavi, su base annua, di 150 milioni, e ne vengono a mancare 50, si crea un disavanzo pari a quest’ultimo importo. E se i costi sono previsti, per lo stesso periodo, in 150 milioni e non si riducono, ci sarà, a fine anno, una perdita di 50 milioni. La valutazione di un trimestre non ha, sotto questo aspetto, alcun significato. Idem dicasi per lo stato situazione patrimoniale di un’impresa: quando è buona, gli istituti di credito (di norma) sono disponibili ad aprire la borsa. Se però zoppica, non basta dire che era così anche in precedenza: le banche chiudono i rubinetti. Se poi l’impresa è costituita su base associativa, gli associati possono cominciare a pensare di mettere mano al portafoglio per sanare le situazioni deficitarie, a meno che decidano lo scioglimento dell’associazione per vedere se, coi beni patrimoniali, si possa fare fronte al fallimento.

Sono queste alcune considerazioni elementari che vengono spontanee leggendo il curioso comunicato emesso dal direttore del Csi Stefano De Capitani sulla “Situazione economico-finanziaria del Csi e prospettive nel breve termine”, comunicato del quale sfuggono, però, le finalità reali: semplice informazione ai dipendenti (come dichiarato) o sua difesa preventiva in presenza di un quadro di gravissima precarietà?

 

Autore: Redazione

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