“Ci sono un romano, un napoletano e un marocchino a Verona…”
“Bella città. Ma a Verona dove?”
“In mezzo agli ultrà, quelli che erano le Brigate Gialloblu e gli altri, hai presente?”
“Ossignùr! Allora faranno una brutta fine…poveret…”
“Macchè! La brutta fine la fanno i veronesi…”.
Forse perchè non conoscono a menadito la carta d’identità e il luogo di nascita di ciascun giocatore del Toro, che è l’unico dato sulla base del quale regolano le proprie vite, alla lettura delle formazioni i tifosi di casa gridano “Scimmia!” a tutti i calciatori avversari. Da quelli “abbronzati” (cit.) a quelli color mozzarella polacca.
E saltano come matti quando la loro squadra, dati alla mano la più favorita dalle sviste arbitrali insieme al Napoli (davanti perfino alla Juventus), va in vantaggio con un campione 100% padano.
Poi, però, il Toro s’incazza. Come loro non si aspettano, come – diciamolo – non ci aspettavamo neppure noi: il quarto d’ora granata di cui oggi tutti parlano lascia annichiliti gli scaligeri, che mettono in campo tutta la qualità di cui dispongono (e non è affatto poca) senza riuscire a combinare più nulla. E il Toro, che rende orgogliosi i propri sostenitori con una reazione di carattere alla sconfitta di otto giorni prima, vince per 3 a 1, proprio come l’ultima volta che aveva fatto visita all’Hellas. Allora, il sigillo lo pose un “negro italiano” (Ebagua), come dicono loro, che dimostrò di “esistere” anche se loro pensavano di no. Fare una capatina al Bentegodi sta diventando godurioso e pure divertente.
Alessandro Salvatico
p.s.: se, ieri, Andrea Mandorlini al 90′ si fosse messo di nuovo a cantare “Ti amo terrone” avrebbe avuto la scusa di omaggiare la memoria dello scomparso Freak Antoni. Ma probabilmente non aveva granchè voglia di cantare, a fine partita.