Poi uno dice “la freddezza”, “ci vuole la freddezza”: certo che se non ce l’ha uno svedese, che è due volte biondo (una di suo, un’altra perchè platinato) …il Milan si salva. Invece davanti al portiere la freddezza ce l’ha, toh, il napoletano, che sarà pure biondo anche lui ma si chiama Ciro ed è 100% torrese (Torre Annunziata). Freddo sì, ma solo quando serve: prima e dopo, il bomber è ghiaccio bollente, esplosivo, mai fermo, sempre più in contraddizione con quella parola scritta sulla schiena.
Su San Siro scende il gelo, ma per mettere il risultato nel congelatore ci voleva quell’inzuccata che aver sprecato è un delitto, non foss’altro per l’assist di Cerci che valeva come prima lezione del corso di tecnica calcistica. Del corso avanzato, chiaro. Bonera è un pupazzo di neve, i suoi compagni reagiscono ma il Toro non si squaglia: Padelli ha gli occhi di ghiaccio, ma soprattutto quelli della tigre, e di rabbrividire stasera non c’è proprio ragione.
La Maratona itinerante è orgogliosa, il Grande Freddo sembra un ricordo remoto. Paura per la partita mai, però gela il sangue quando il capitano si prende un calcio su una tempia; ma in mezzo alle varie forme dell’acqua, fra neve e ghiaccio, lui è diverso: è di granito. Lo puoi prendere a pallonate, a calci, a gomitate, ma si alzerà trionfante e sarà l’ultimo a rimanere in piedi, alzando il pugno sotto la curva con la faccia tumefatta. Gli manca solo di gridare “Adrianaaa!” e poi l’illusione sarebbe perfetta.