Fabrizio Rondolino, torinese ed editorialista del Giornale ha accusato pesantemente Mario Calabresi direttore de La Stampa via Twitter . Il Fatto Quotidiano ricostruisce la vicenda su twitter.
Il Fatto analizza cinquettii e insulti
Fabrizio Rondolino contro Mario Calabresi, atto secondo. L’ex spin doctor di Massimo D’Alema, oggi firma del Giornale e titolare di un blog libertario in condominio con Claudio Velardi, The Front Page, cinguetta di nuovo in modo pesante contro il quarantenne direttore della Stampa (vedi la conversazione su twitter). Il figlio del commissario Luigi Calabresi viene definito “Orfanello” che ha scelto “di costruire la sua immagine e la sua carriera” al punto da “sposare la nipote di una mandante” dell’omicidio del padre.
Tutto scoppia con una serie di tweet ironici di Rondolino su Ingroia e il Guatemala. Un paio: “Guatemala, i Maya ritirano le loro piramidi: ‘Abbiamo paura che Ingroia le sequestri’”; “Guatemala, il consigliere giuridico del presidente Molina si prende un anno di ferie”. Interviene Marco Castelnuovo, giornalista della Stampa: “Che D’Alema non fosse poi questo gran leader lo si poteva anche capire quando ha portato nel suo staff a Palazzo Chigi Fabrizio Rondolino”. La risposta è piccata e fa riferimento al direttore di Castelnuovo: “Bravo, l’Orfanello sarà orgoglioso di te”. A questo punto riparte tutta la polemica.
Su Twitter, Rondolino va molto oltre le righe scontrandosi con altri interlocutori. Rispunta anche un giudizio su Luigi Calabresi, già scritto a maggio: “Calabresi era un mitomane manesco, un fascistello carrierista che giocava all’americano. La responsabilità di Pinelli è sua”. Gregorio Paolini gli scrive: “Fabri’, in quanto orfanello (di madre) ogni volta che fai ’sta battuta su Calabresi mi prende un conato di vomito, non scherzo”. Rondolino non demorde e risponde: “Ti chiedo scusa. Ma proprio per l’eccezionalità della tragedia trovo disgustoso costruirci una carriera. Né tu né altri lo fanno”.
Lettera 43 analizza i rapporti fra Calabresi e Rondolino e altro
Con una serie di cinguettii al vetriolo, l’ex spin doctor di Massimo D’Alema ai tempi di Palazzo Chigi, oggi consulente della pasionaria del Popolo della libertà Daniela Santanchè, ha attaccato a testa bassa il direttore de La Stampa, Mario Calabresi, accusato di essere un «orfanello» che ha scelto di sfruttare la morte di suo padre – il commissario Luigi Calabresi, barbaramente ucciso dal terrorismo rosso nel 1972 – per «costruire la sua immagine e la sua carriera» al punto da «sposare la nipote di una mandante» dell’omicidio.
Di più. L’ex collaboratore de La Stampa, ora firma de Il Giornale e co-autore con Claudio Velardi del blog The front page si è spinto fino a definire Luigi Calabresi «un mitomane manesco, un fascistello carrierista che giocava all’americano. La responsabilità di Pinelli è sua».
Un linguaggio buono per le teche Rai, straordinariamente simile a quello, feroce, che 40 anni fa nutrì la campagna di stampa condotta da Lotta continua contro il commissario poi ucciso dai terroristi.
Un utente Twitter, @albertoinfelise, rispondendo all’indomito Rondolino, ha scritto: «Apologia di reato: @frondolino rilancia su Luigi Calabresi le stesse calunnie di Lotta continua, che poi lo assassinò. Le stesse identiche». Ma il giornalista non si è arreso, e ha caricato ancora: «L’Italia che ha brindato alla morte del padre, ora lo risarcisce per lavarsi la coscienza».
Ma perché tanto livore contro Mario Calabresi? Come riporta Il Fatto Quotidiano, che per primo ha dato conto della polemica, per una motivazione banale, e verrebbe da dire tristemente personale. «Calabresi non mi ha risposto per un anno e mezzo al telefono e poi mi ha cacciato», ha spiegato Rondolino al quotidiano di Antonio Padellaro. «È ovvio che ce l’ho con lui. Certamente ho esagerato, ma ho scritto cose che molti colleghi pensano e dicono, ma non hanno il coraggio di scrivere».