Torino brulica di tricolori per le strade. Ci sono quelli istituzionali, quelli sponsorizzati, le coccarde da negozio e le bandiere ai balconi. La quasi totale maggioranza di questi arriva dalla Cina. Niente di grave: è solo una considerazione economico-strategica. Qualcuno ha anche scelto la strada “fai da te”. Ha preso tre pezzi di stoffa rossa, bianca e verde e li ha cuciti insieme. Di norma un proliferare del genere è figlio dei risultati della nazionale di calcio che fa impazzire periodicamente gli italiani e i torinesi in particolare.
Quest’anno il tricolore è figlio delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia e i molti tricolori escono da iniziative assortite di marketing dove per farti comprare qualcosa ci mettono qualche cosa d’altro di bianco rosso e verde. Un classico di questi giorni è appunto lo stendardo tricolore. Non mi stupirei di vederlo inpacchettato insieme anche a scatole di biscotti o merendine per bambini.
Io amo questo paese, nonostante tutto e volendo anche il tricolore sul balcone, ma non mi sembra il caso di appenderlo fuori. Al massimo ce lo teniamo appeso in casa e ci riflettiamo sopra. Perchè dovrei adeguarmi a questa sorta di conformismo tricolore di facciata. E permettetemi in questo la Lega non c’entra niente.
Un giorno vedremo gli indegni lontani dal Palazzo, quelli che meritano finalmente fare carriera, i corruttori nelle prigioni, i soldi sotto banco lontani dalla gestione dell’Italia, i venditori di fumo tornare poveri e poco credibili, quelli che parlano bene e razzolano male finalmente scoperti e messi alla berlina, le donne considerate per quello che pensano e non per le loro sporgenze davanti o di dietro.
Quel giorno metterò fuori coscientemente il tricolore. L’Italia sarà finalmente un paese normale. Per ora pensiamo alla dignità composta dei Giapponesi nella tragedia. Al massimo metterò sul balcone una bandiera con il sol levante.