E morto Mattia Aversa a soli 72 anni. Mattia Aversa era la pallanuoto e la pallanuoto era Mattia Aversa, ma soprattuto Mattia Aversa era lo sport come dovrebbe essere nella suaforma migliore: è stato l’uomo che ha portato le radici partenopee di uno degli sport più d’acqua che ci sia in una città così lontana dal mare come Torino.
Mattia Aversa amava alla follia lo sport a cui aveva dedicato una vita, ma era soprattutto una persona enormemente umana, tosta e simpatica, trasudando la sua indole partenopea. Era una roccia che non mollava mai, con il sorriso stampato in faccia, ma con la grinta nelle cose dello sport e nella vita.
Non sapendo della sua malattia e non avendolo visto in piscina per gli ultimi successi della Torino 81 gli avevo telefonato per fare festa. Rimasi di sasso a sentire la sua voce provata, ma ancora la gran voglia di combattere di sempre. Mi ha salutato con un : scusami devo riposare, ci sentiamo presto”.
A Simone e a tutta la famiglia un abbraccio enorme ricordando un uomo grande che non dimenticheremo mai.
Il Rosario si svolgerà presso la Parrocchia Madonna delle Rose in via Rosario di Santa Fè 7 a Torino lunedì 12 dicembre alle ore 19,15. Il funerale nella stessa chiesa martedì 13 dicembre alle ore 9
Nato a Napoli, cresciuto sportivamente nel Posillipo quando il circolo rossoverde militava nelle serie minori, era arrivato a Torino nel ’63 per unirsi alla squadra costruita da un altro suo concittadino, Giovanni Capobianco. Non andò più via. Da giocatore per tre anni vince la classifica cannonieri del campionato di 2a serie (dal ’67 al ’69) e sfiora nel ‘71 lo scudetto, piazzandosi secondo alle spalle della Pro Recco di Eraldo Pizzo. Con il Settebello – Mario Majoni lo fa esordire nel ’66 – colleziona 150 presenze partecipando ai Mondiali di Belgrado del ’73, contribuendo al quarto posto degli azzurri. Nel ’72 inizia a coniugare la pallanuoto giocata con il ruolo di allenatore, che inizierà a ricoprire in maniera esclusiva dal ’74, nelle giovanili del club che, con la denominazione Sisport Fiat Torino sfiora lo scudetto nell’80, superato solo dalla Florentia di Gianni de Magistris.
Giorgio Viberti lo ha raccontato bene qualche mese fa dopo la promozione della Torino 81
Un’istituzione nella storia della pallanuoto torinese e piemontese. Ben presto diventò il leader di quel C.S. Fiat, capocannoniere del campionato di 2ª serie dal 1967 al 1969, anno in cui Torino per la prima volta fu promossa in serie A. E appena due stagioni dopo quell’anno storico, con l’arrivo in squadra di Sante Marsili, sfiorò addirittura lo scudetto 1971, battuto solo in finale dal Recco del «Caimano» Eraldo Pizzo. Torino era entrata tra le grandi e Aversa arrivò alla Nazionale. «Il ct Lonzi mi convocò per i primi Mondiali della storia, a Belgrado 1973»: da allora avrebbe collezionato 77 calottine azzurre con oltre 150 reti in Nazionale. Dopo un paio di altalene tra serie A e B, nel 1980 Torino – che intanto aveva ingaggiato campioni come Alberani, Collina, Ragosa e Pizzo – arrivò di nuovo a un passo dal tricolore, battuto questa volta dalla Florentia di un altro big: Gianni De Magistris. Sembrava un altro passo verso il tanto agognato scudetto, invece pochi mesi più tardi la Sisport Fiat per problemi aziendali lasciò improvvisamente lo sport di vertice. Il sogno era svanito. «Ma io avevo lasciato Posillipo per Torino e amavo troppo la pallanuoto – ricorda ancora Aversa, che intanto si era ritirato nel 1974 rimanendo in società -: non potevo arrendermi così». Così decise di fondare la Torino 81 – era il 31 gennaio 1981 – e ricominciare tutto da capo, come allenatore fino al 2000 e poi nel ruolo di dirigente. Un cammino lento ma costante, culminato la scorsa stagione nella promozione in A1 grazie alla vittoria dopo i rigori in gara-3 della finale al Foro Italico contro la favorita Roma Nuoto.
Lo ricordano i più grandi della pallanuoto italiana
“Eravamo molto amici, si tratta di una perdita molto importante per me”, spiega Eraldo Pizzo, che di Aversa fu rivale in acqua nei primi anni ’70, poi compagno di nazionale e con il quale, nell’80, condivise il sogno dello scudetto sotto la Mole. “Ho qui di fronte giornale dei suoi 60 anni, ci sono due foto in cui era bello allegro. L’avevo sentito una ventina di giorni fa, la sua morte è un dispiacere enorme. L’ho perso io, ma l’ha perso tutta la pallanuoto. Mattia è la persona che ha dato più di tutti alla pallanuoto negli ultimi 50 anni. S’è dedicato completamente al nostro sport e il suo amore era ricambiato: l’ho visto l’ultima volta che sono andato a Torino, c’era tanta gente che gli voleva bene, dai vecchi compagni ai ragazzini che frequentano la piscina. Se oggi il Torino ’81 è in serie A, e speriamo che ci rimanga, è tutto merito suo. A Torino i dirigenti passavano, lui resisteva. Lavorava disinteressatamente, da grande appassionato”. Pizzo ha condiviso anche l’esperienza in nazionale con Aversa. “Non era un fuoriclasse, ma un campione utile alla squadra, quelli di cui c’è bisogno per vincere. Sempre allegro. Credo che mancherà molto a Torino, una città che ama la pallanuoto: il Torino ’81 sta riempendo le piscine, spero che ci siano altri dirigenti ad aiutare Simone, il figlio di Mattia, a tenerle piene”.
Sante Marsili aveva 21 anni quando arrivò a Torino e insieme a Mattia Aversa sfiorò nel ’71 lo scudetto, battuto proprio dalla Pro Recco di Pizzo. “Mattia era un fratello, un fratello maggiore – racconta il campione napoletano -. Abbiamo giocato a Torino nel momento più bello della nostra carriera. Gli sarò sempre riconoscente. Gli anni in nazionale sono stati bellissimi, forse lui avrebbe meritato qualcosa in più in azzurro, era un campione, ma in quell’epoca i campioni erano tanti. Quegli anni ci hanno unito per sempre”.
“Sono incredulo – queste le prime parole di Gianni De Magistris – Con i club siamo stati rivali, ma abbiamo passato tanti bei momenti insieme in nazionale. Mattia era una persona allegra e di carattere, voleva sempre dire l’ultima parola: lo chiamavamo “la nonna”. Era un giocatore che lavorava per i compagni, avrebbe potuto giocare in qualunque squadra. Sono vicino alla moglie Marida e ai figli, lo ricorderò sempre”.
Prima che arbitro nella massima serie e, attualmente, delegato della Fin, il torinese Enzo Carannante è stato compagno di squadra di Mattia Aversa negli anni ’70. “Mattia è stato il mio primo capitano e poi un fratello maggiore – ci racconta -. Quando la Sisport Fiat ci lasciò, lui ebbe questa ispirazione e riuscì a creare questa società dal nulla: se il Torino 81 ora è in A1, lo deve a Mattia. I big della squadra, i non torinesi, andarono via, ma lui credette nei ragazzi che nel frattempo avevano vinto gli scudetti giovanili. Ed è davvero bello vedere ora il club nelle mani di suo figlio Simone, è stupendo che questo cammino prosegua nel suo nome. In tutti questi anni Mattia ha lavorato per la pallanuoto a Torino: la squadra non è mai scesa sotto la B, per anni è stata in A2.