Piccolo, sporco, veicolo di infezioni e, diciamolo pure, bruttino. Le sue fattezze non attirano, certo complimenti e coccole. Si tratta del topo. Si, il classico topolino che fa scattare sulle sedie, in piedi, tante donne (ma non solo) che, però in alcuni luoghi della Terra è considerato sacro, intoccabile e venerabile. Siamo nell’India nord occidentale, precisamente in Rajasthan, antica terra di re, a Karni Mata, tempio della dea madre e protettrice dei maharaja di Bikaner, città ai margini del deserto del Thar, ma più noto come tempio dei topi di Deshnok dove turisti, viaggiatori, visitatori e, soprattutto fedeli, entrano, non senza un po’ di timore, nell’ampia struttura di marmo bianco dall’aspetto un po’ trascurato e imbrattato che accoglie migliaia di topi scuri e qualche decina di loro “compari” bianchi. Al tempio, risalente al XVII secolo e a cui molti indiani sono devotissimi, si accede scalzi. Le scarpe vanno lasciate, rigorosamente fuori, in “pegno” ad amici desiderosi di non addentrarsi a Karni o ad approssimativi custodi indiani in cambio di poche rupie.
I locali entrano a piedi nudi mentre tutti gli altri indossano uno o due paia di calze per evitare di schiacciare numerosi escrementi di topi e colombi che, nonostante la rete a copertura del tempio per evitare che i topolini diventino prede degli uccelli, riescono a lasciare traccia di se. Un po’ di ansia all’ingresso è normale. Non si sa cosa aspettarsi e non si sa bene nemmeno come comportarsi circondati da folle di topi a cui, evidentemente non siamo abituati, sia dal punto di vista visivo, sia olfattivo. Passo dopo passo, superato il primo momento di panico in cui decine di ratti attraversano la strada davanti ai propri occhi increduli, bisogna fare attenzione a mostrar loro il dovuto rispetto. Siamo in un’area sacra, quindi è il caso di assumere un comportamento adeguato all’ambiente.
Niente schiamazzi (sebbene gli indiani siano, per primi, rumorosi) e niente irriverenze verso gli animali che, in fondo sono a casa propria. E’ vietato schiacciarli, trattarli male o scansarli. Gli indiani li adorano e li nutrono quotidianamente con latte, dolci e cocco che vendono banchetti improvvisati fuori dal tempio. Chi l’avrebbe mai detto, i ratti sono ghiotti di cocco! Si vedono ciotole colme di latte attorno alle quali decine di topolini si dissetano in preciso ordine, gli uni accanto agli altri lungo i bordi. Bevono con avidità, abituati ad essere serviti. Molti fedeli li prendono in braccio, li accarezzano, se li passano sul corpo, pasteggiano con loro. Letteralmente. E se tra i topi grigi ne spicca uno bianco, albino, è un evento molto raro e da festeggiare perché di ottimo auspicio. Diversamente, se si ferisce o uccide, anche in maniera involontaria, un topo sono guai. I sacerdoti, infatti, possono far pagare tanto oro quanto pesa l’animale!
Ogni tempio in India cela una storia, una leggenda e Karni Mata non è da meno. Si racconta che molti milioni di anni or sono la dea Karni Mata interpellò Yama, dio della morte, affinché restituisse la vita ad un bambino, figlio di un cantastorie affranto dalla perdita subìta. Yama rifiutò perché il piccolo si era già reincarnato. Karni Mata, allora si infuriò a tal punto da stabilire che, da quel momento, tutti i cantastorie e loro discendenti, dopo la morte, si sarebbero reincarnati in topi, in modo da privare Yama di molte anime.
Che dire, quando una donna si arrabbia, specie se dea…