I colorati mercati di Torino

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Adoro i mercati rionali di Torino, questa goduriosa usanza tipicamente francese delle bancarelle che, in tutti i quartieri, tutti i giorni della settimana, si palesano in città; nessuna zona esclusa, dalle più chicchettose a quelle popolari e veraci, ognuno di essi ha le sue caratteristiche originali e differenti, che lo distinguono e lo rendono unico rispetto agli altri.

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Il mercato rionale, con i suoi odori di mandarini e parmigiano mi ricorda quando ero piccola, è la mia personale madeleine proustiana: mia mamma era una specie di macchina da guerra per i mercati, per ogni giorno della settimana conosceva i banchi e i loro spostamenti in tutte le aree metropolitane. Lei è diventata un’esploratrice Pro quando ero alla fine delle elementari – negli anni Ottanta – e non si è più fermata: come in un calendario ogni giorno ha il suo santo, nell’agenda personale di mia madre si alternavano nomi di strade, piazze, bateur, (quelli che mi ha spiegato essere i più intriganti), posizioni mercatali, luoghi dove parcheggiare, merci reperibili nella tal zona, numeri di telefono di chi vende cosa e dove trovare questo e quello.

In effetti, il mercato torinese, a differenza di quel che spesso si crede, è qualcosa che, se ben usato, da esperti, è davvero un’arma fashion, in cui non solo si risparmia (che in questo momento è, ça va sans dire, assolutamente glamour) ma si gode del piacere della scoperta, dell’unicità, del ‘colpo gobbo’. Allora, mentre io, bambina delle elementari seguivo mia mamma e le sue amiche cacciatrici dandomi un tono con la  borsa di vernice rossa, loro mi iniziavano ai primi rudimenti di quella che si può a ben vedere definire un’arte. “E’ facile comprare come fanno tutti” spiegavano mentre agguerrite e determinate scendevano dalle mitiche Cinquecento fin se siècle: “Entri in un negozio di centro, vai da San Carlo, vai da Mariangela e ti compri una maglia da cinquecentomila lire…con la commessa che ti aiuta e ti corteggia, ti consiglia i pezzi e gli abbinamenti. Eh no…vuoi mettere il gioco del mischiare il sacro al profano? Mica tutti lo sanno fare. Quando chi ti vede non sa più distinguere che cosa arriva dal negozio ed il pezzo scovato al mercato allora vorrà dire che hai gusto“.

E sì, su queste parole mi sono formata un’esperienza ineguagliabile. L’arte del fashion si impara, meglio se da piccoli. Senza dubbio il possedere le scarpe di Miu Miu dà grande gioia (ne amo i colori, le linee, la fattura), ma il combinare pezzi di haute couture – anche qui, volendo, recuperabili ai mercati: magari sono pezzi della collezione dell’anno prima o vintage ben tenuto, ma se conosci mercati e ambulanti li trovi – con altri a minor prezzo ma di buona fattura, con altri ancora handmade o provenienti da viaggi all’estero…ecco, qui sta il segreto.

Non è una cosa che tutti sanno fare: inventarsi uno stile. I mercati sono utilissimi: sfogliate giornali e siti fashion, poi provate a creare un look che vi piace pescando e cacciando qua e là. Provate a percorrere corso Palestro (soprattutto il lunedì, il mercoledì ed il venerdì) troverete vestiti provenienti da stock di negozi, borse firmate, gioielli in argento, erbe e spezie, libri, cartoleria, ammenicoli per gli amici animali, scarpe di livello e oggettistica (anche design o di marca) per l’arredamento e, dulcis in fundo, giacchè siamo in periodo, i regali natalizi. Ah, non dimentichiamo i contadini Cartier con ottime zucche e prodotti di stagione; qui si spintona, il,corridoio è stretto, ma ne vale la pena. Piazza Benefica e la Crocetta sono a prova di qualsiasi commento: calze, abiti, scarpe, cose originali ed introvabili, cibi per palati sopraffini. Persino il banco dedicato alle marche spagnole più conosciute. Piazza Santa Giulia ha un indimenticabile banco dedicato ad abitini, mutande e petites robes da donna, quando lavoravo lì accanto mi servivo con abbondanza e gran risparmio. Corso Sebastopoli: il regno delle scarpe, dell’intimo, c’è persino una bancarella di borse e accessori vintage e fatti a mano dall’estroso proprietario Antonello. Lì ho comprato una borsina verde che è la fine del mondo (vera pelle!), ha anche accessori Prada e Prima Classe. Ci sono poi gli strilloni che vendono l’apriananas fatto a cavatappi (utilissimo, giuro!) e Gerardo, con i vestiti made in Italy che si rifanno ai modelli di alta sartoria (nell’etichetta trovate anche la fonte di ispirazione). Piazza Guala ha libri, verdure (lì vicino c’è anche VOV il farmers market più fornito in città), qualche buon ambulante dell’abbigliamento, prodotti per la casa. Infine via Cesare Pavese, più fuori mano per chi non abita a sud di Torino, ma è una scoperta assolutamente da fare: il regno delle calze inimmaginabilmente fantasiose vendute dalla ragazza con i capelli neri, pentole ed altri casalinghi di ottima fattura, stockisti della Benetton e Stefanel, profumi e trucchi nel banco degli ambulanti (che hanno anche il negozio ma sul banco vendono a un po’ meno); le mele più buone del mondo da Cavour e Bibiana; Denis che ogni volta ha cose diverse: calze Philippe Matignon, Oroblu e Golden Point, stivali viola pezzi unici alla Twiggy, intimo. E  pesce, frutta e verdura saporosi, che per me sono quanto più madeleine si possa immaginare. Non è roba da suburbi, o meglio, c’è anche, ma si riconosce a colpo d’occhio ed è in minima quantità. Andate in settimana, il mercoledì o il giovedì.

E poi, last but not least, il Re dei mercati: Porta Palazzo. Sì, qui non andateci per trovare abbigliamento o super accessori, ma per nutrirsi adeguatamente senza fare un leasinge far quindi  bella figura con qualsiasi capo. (Perchè, se trattiamo bene il nostro corpo è certo che potremo sfoggiare brillantemente qualsiasi mise!). Qui, con un po’ di tempo a disposizione ci si sbizzarrisce: le cataste di frutta e verdura coloratissime profumano l’aria e riempiono gli occhi, nulla è introvabile in questo luogo magico, punto di incontro tra civiltà, Paesi e stranezze. Non abbiate paura di tuffarvi, ci sta lo spintonamento e lo svicolamento mentre vi rifornite di carciofi cicciosi e papaye succulente, la borsa va tenuta sott’occhio come dappertutto (non abbiamo sei anni, insomma), la menta riposa sui carretti come nei suq mediorientali, lo zenzero è accanto alle melagrane con i loro sorrisi rossi, la catalogna e le pere martin si fanno compagnia amabilmente, metafora della buona convivenza. Si fa il giro del mondo sotto casa, ci si inebria di formaggi, si imparano a riconoscere i banchi per tipicità, spezie, frutta essiccata, olive, fiori dai nomi strani, i tendoni a righe, i personaggi inusuali…tutto fa brodo. A Porta Pila si riconosce l’occhio esperto di chi ama la cucina. Se poi si desidera il non plus ultra della stagionalità, con mieli, piante da fiaba, kiwi nostrani, barbabietole bitorzolute e gustose, sementi, ortiche, erbette, ogni tipo di insalata esistente…beh, attraversate il padiglione del pesce (mitico Gallina!), quello della carne ed arrivate sotto la tettoia liberty che da decenni ospita i contadini della provincia di Torino. Qui riempirete il vostro carrellino in stoffa stile parisienne con ogni ben di Dio e, sicuramente, incontrerete qualche cuoco dei dintorni o un amico che proprio stasera vuol fare una bagna cauda…

Questa è solo una piccola lista degli innumerevoli mercati che ci sono a Torino. Girateli, scopriteli, segnalate il vostro preferito, con cosa avete comprato e cos’ha di speciale…è sempre bello scoprire nuovi mondi!