Cari genitori,
ho deciso di toccare questo tema perché già in due diverse occasioni ho ricevuto trattamenti che non mi sono piaciuti.
L’anno scorso, entro l’11 febbraio o giù di lì, avrei dovuto presentare il modulo per l’iscrizione della mia bimba di tre anni alla scuola dell’infanzia. Abitando in Crocetta, l’unico istituto comunale in zona è quello di Corso Duca degli Abruzzi, Borgo Crocetta. Conta non so esattamente quante sezioni, ma mi pare un bel numero, e accoglie un bel po’ di bimbi. Mi pare che avessero chiamato fino a 60 bimbi, circa, ma potrei ricordare male. A ogni modo, non è questo il punto.
Il punto è che quando mi recai per depositare la domanda, l’economa mi chiese quanti anni avesse la mia bimba, tre al momento dell’iscrizione, e se avesse sorelle o fratelli, ero incinta di 9 mesi e mezzo e Elena non si decideva proprio a uscire… Così, gentilmente, l’economa mi disse: “Ah, signora, non posso proprio darle nessuna speranza. Con questi pochi punti… Anche avesse una sorella, sarebbe un punto solo in più… non sa quanta gente c’è prima di Lei… Non si illuda, non ci sono quasi speranze.”
Lì per lì intesi il discorso, mi feci un’idea ben precisa del fatto che non avrei mai iscritto Anna alla scuola dell’infanzia comunale dietro casa e basta.
Poi, nel tempo, quando feci altre 10 domande presso scuole convenzionate, mi accorsi che l’andazzo non era uguale dappertutto e che, comunque, la disponibilità delle scuole convenzionate era ben diversa da quella comunale.
Premesso che la comodità conta, e non poco, all’ora di scegliere una scuola dell’infanzia, uno di solito si fa due conti su quali sono i criteri che ritiene fondamentali per l’educazione dei propri figli a scuola.
Mi sono detta che volevo un ambiente multietnico, il più possibile, volevo una scuola vicina a casa, visto che la sorella va al nido e portarne due non è come portarne una. Volevo un luogo pulito (e vi assicuro che per questo ho scartato una scuola) e volevo, possibilmente, un giardino. Più di tutto, però, volevo una scuola comunale.
Ma pur avendo inoltrato tante domande, qui in zona centro-crocetta scuole dell’infanzia comunali ce ne sono due e nessuna delle due mi ha dato speranze.
Di fatto mi sono chiesta per quale motivo non possa scegliere davvero dove mandare i miei figli a scuola. Perché anche se ho inoltrato le domande in più scuole, non in tutte Anna è stata presa. Il famoso meccanismo in uso nella nostra città non è poi così snello e funzionale come si vuol far credere.
Dunque alla fine, poiché il nostro punteggio non era così alto, abbiamo “scelto” una scuola convenzionata, perché la comunale non ci ha preso. Ma se io non condividessi il messaggio delle scuole cattoliche? Continuo a farmi questa domanda e non mi do pace: noi semplici lavoratori, sposati, con un reddito medio basso, non abbiamo alcun diritto di mandare alla scuola dell’infanzia pubblica i nostri figli, sempre che non ne abbiamo 3 o 4, tutti al di sotto dei 18 anni. Per quelli come noi non si garantisce nessuna libertà di scelta.
Ora, sono felice della scuola convenzionata dove mando Anna, ma mi costa più di una scuola comunale (e vi assicuro che per me fa molta differenza), etnie diverse dalla nostra…be’ vi lascio immaginare, e libertà di credo ovviamente inesistente. Avrei potuto scegliere una scuola lontana e meno comoda, rimanendo comunque in lista d’attesa per chissà quanto tempo.
Ma secondo voi, è giusto?