Non so quante mamme, al suo posto, farebbero come Mara.
Mara è la madre di Giovanni Tizian, un giornalista freelance precario di ventinove anni costretto da due settimane a vivere sotto scorta per il suo lavoro di inchiesta sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel nostro paese, in particolare nel nord Italia, dove le mafie sono ormai da anni radicate e sufficientemente visibili sotto gli occhi di tutti, anche nella nostra sabauda regione, se solo si volesse guardarle.
La notizia è uscita solo oggi, ma giorni fa, quando Giovanni mi confidò il suo nuovo status (siamo colleghi non di lunga data, ma di intensa collaborazione… se volete saperne di più leggete anche qui: http://www.narcomafie.it/2012/01/11/io-mi-chiamo-giovanni-tizian-e-faccio-il-giornalista/), mi venne spontaneo chiedergli “Chissà tua mamma…”.
E invece no. “Lei mi fa coraggio e mi asseconda, come sempre cerca di darmi serenità”, fu la sua risposta.
Non so quante madri reagirebbero così. Non so quante di noi, di fronte a un figlio che lavora 15 ore al giorno per rimborsi ridicoli, occupandosi di temi così delicati, e che gli inquirenti convocano per dirgli che corre seri rischi e gli assegnano due uomini 24 ore al giorno, direbbero “Vai avanti” e non piuttosto “Molla tutto, accetta quel lavoro a tempo indeterminato che potresti avere e pensa alla tua vita”.
Tanto più che Mara di vicende ne ha passate. Nel 1988 la ‘ndrangheta, la mafia calabrese, incendia l’azienda di famiglia. Ma il peggio doveva ancora venire. Il 23 ottobre del 1989, Mara si troverà a dover crescere suo figlio da sola e a lasciare la sua terra dopo un tentativo di ricominciare. Sette anni aveva Giovanni quando a Locri, in Calabria, un clan ‘ndranghetista decretò la morte di suo padre Giuseppe, ucciso a colpi di lupara mentre tornava a casa dal lavoro. Giuseppe Tizian era un “integerrimo funzionario di banca”, come lo hanno descritto gli inquirenti che hanno investigato sulla morte, senza però riuscire a dimostrare l’ipotesi più realistica, e cioè che l’uomo si fosse opposto a manovre economiche non lecite che alcuni esponenti dell’organizzazione avrebbero preteso da parte dell’istituto di credito.
Giuseppe Tizian faceva solo bene il suo mestiere, e così oggi anche suo figlio Giovanni, che ventidue anni dopo, con il suo impegno, ne onora la memoria.