Trattoria Bar Coco’s

Trattoria Bar Coco’s

Via Bernardino Galliari, 28, Torino
Telefono: 340 2510393 –  011 19323918
Orari: Lu-Mer 7-20; Gio-Sab 7-24
Chiuso la domenica

VOTO FINALE: 7+


ATMOSFERA [VOTO: 7]

Astenersi madamine pretenziose e manager impettiti. Coco’s è il posto giusto in cui liberarsi da ogni sovrastruttura. Qui tutto – gli arredi, il cibo, i gesti – è semplice, genuino. La cara, vecchia piola anni Settanta dove sbracare con gli amici, mangiare tanto e bene, bere quanto ti pare. Due piccole sale stipate di tavoli, le pareti grondanti di foto di famiglia, gagliardetti della Juve e del Toro, targhe americane, bottiglie di vino, persino la maglia di Del Piero e il ritratto della Regina Elisabetta. D’estate, se prenotate per tempo, potete mangiare ai tavoli sistemati direttamente sul marciapiede.

CUCINA [VOTO: 8]

La cucina di Coco’s è ruspante come chi la gestisce. Sapori pieni, convincenti, porzioni generose, da gente del Sud. Si inizia con le bruschette al pomodoro offerte dalla casa. Buona la varietà di primi (chicche toma e pistacchi, gnocchi della Val Varaita con tomino, pappardelle al ragù di salsiccia, gnocchi al castelmagno, zuppa di ceci con costine di maiale e verza, spaghetti alla chitarra al brucio, la classica pasta e fagioli). Tra i secondi, si fanno notare la tradizionale milanese (una sberla da 30cm di diametro con impanatura perfetta), l’agnello al forno (tenero e gustoso) con patate, la sublime scottata di carciofi con pistacchi e scaglie di parmigiano, il verace fegato alla veneta, la enorme costata di fassone ai ferri, o il più prezioso filetto di vitello raschera e castagne.

STAFF [VOTO: 6]

Dire che lo staff è informale è un preziosismo linguistico. I quattro fratelli che gestiscono la piola non vanno tanto per il sottile. Nessuna smanceria, nessuna premura da scuola alberghiera. Il clima è però allegro, caldo, casalingo. Può capitare, così, che a metà serata il cuoco abbandoni la cucina per un quarto d’ora per sedersi a tavola con gli amici.

PREZZI [VOTO: 8]

Il rapporto qualità/prezzo fa di Coco’s una delle mete imperdibili di San Salvario. Con 20 euro esci satollo. I primi oscillano fra i 7 e gli 8 euro, i secondi accontentano tutte le tasche: dai 7 euro per una milanese oversize ai 14 euro per una costata di fassone, fino ai 16 euro per il filetto. Contorni a 3 euro, dolci a 4.

PIATTO FORTE

Se il menu prevede bucatini con le sarde, non perdeteli. Un tripudio di sapori del Sud. Da inchino.

PIATTO DEBOLE

I dessert meriterebbero maggiore impegno. Con la torta di mele si va sul sicuro, ma il bonet, per esempio, non è che un budino al cioccolato.

TOILETTE [VOTO: 6]

Minuscola, spartana, in ordine.

CONSIGLIO NON RICHIESTO

Perché da Coco’s non ci sono antipasti? Chissà quali delizie potrebbe sfornare lo chef Beppe!

Vermouth Anselmo

Vermouth Anselmo
Via Belfiore, 14/c
Tel. 347 1583695
Aperto dal lunedì al sabato
dall’ora dell’aperitivo

VOTO FINALE: 6/7


ATMOSFERA [VOTO: 8]

Essere o non essere, questo è il problema di Vermouth Anselmo, “the next big thing” di San Salvario. Se sia più nobile presentarsi come laboratorio per la produzione e la mescita del vermouth, o proporsi come l’ennesimo aperibar per fighetti, o come ristorante finto-sofisticato per cenette a lume di candela, o ancora come cocktail-bar da dopocena per un bicchiere con gli amici prima del tuffo nella movida. Qui è l’ostacolo: avere troppe anime e, alla fine, nessuna identità. Gli architetti, va detto, hanno fatto un ottimo lavoro: recuperato alcuni dettagli d’epoca, lasciato a vista i pilastri in cemento, scaldato l’ambiente con massicce dosi di legno, ricavato un paio di salette più raccolte, oltre a quella principale. Simpatica la trovata della fontanella alla quale i clienti, muniti di caraffa, possono rifornirsi di acqua naturale o gasata. E poi: cucina a vista, centinaia di bottiglie perfettamente allineate sulle mensole, un bellissimo bancone rialzato su cui troneggia, come fosse un deejay alla consolle, il barman in coppola e gilet. Look&feel, come dicono loro, studiato nei minimi dettagli: luci basse, musica jazz in sottofondo, tavolini apparecchiati con elegante semplicità, menu con disegni d’autore. Clima vivace, gente che va e che viene, l’illusione di essere a Tribeca.

CUCINA [VOTO: 7]

Encomiabile l’obiettivo: ridare al vermouth, amabile vino liquoroso nato a Torino due secoli fa, la dignità che merita. Non a caso si comincia con un cicchetto gentilmente offerto dalla casa. Nonostante gli apprezzabili sforzi dello chef, la cucina non sarà la ragione per cui ritornare da Anselmo. Il menu, che cambia ogni 15 giorni, si concentra su quattro antipasti, tre primi, tre secondi e due (soli) desserts. Di ogni ingrediente è indicata la provenienza (ravioli artigianali del pastificio Gran Madre, acciughe siciliane, tapinambour del contadino, e via degustando). Proviamo le castagne cotte nelle spezie con lardo d’Arnad, pane al cioccolato e nocciole (combinazione felicissima) e delle gustose sarde alla beccafico con riduzione di Vermouth e arance al vivo. I primi piatti hanno descrizioni promettenti (gnocchi con spinaci novelli, squacquerone e melograno, ravioli ai carciofi con fonduta di pecorino e creste di gallo, vellutata di barbabietole e tomino) ma questa volta ci buttiamo sui secondi. La cocotte di lonza di maiale arrosto con mele al forno, se pur gradevole, è tanto zuccherosa da risultare, alla fine, stucchevole. Difficile riconoscere il tonno scottato: sa (e ha la consistenza) di prosciutto affumicato. Colpa della marinatura? Azzeccato, invece, l’abbinamento del pesce con i carciofi croccanti ai pistacchi.

STAFF [VOTO: 7]

Uno dei quattro amici-fondatori, sorridente ed esuberante, gira tra i tavoli come uno sposo nervoso durante il pranzo di nozze. Il personale, giovane ed effervescente, ostenta gentilezza e voglia di fare. Ancora qualche incertezza nel servizio, che il tempo e l’esperienza smusseranno.

PREZZI [VOTO: 5]

Il menu da 28 euro, che non include le bevande, prevede antipasto, primo, secondo e dessert. Anche affidandosi alla carta, è comunque difficile restare sotto i 30 euro. Per la clientela giovane a cui sembra rivolgersi, Anselmo potrebbe essere impegnativo, specie se la cena è solo l’inizio di una lunga serata.

PIATTO FORTE

Il vermouth, va sans dire.

PIATTO DEBOLE

La scelta tra due soli desserts (crème brûlée alla vaniglia e mousse al cioccolato con nocciole croccanti) rischia di deprimere i golosi.

TOILETTE [VOTO: 7]

Fresco di vernice, palchettato, stiloso. A parte quell’orribile tubo esterno per l’acqua, che produce l’effetto “scarico della lavatrice”.

CONSIGLIO NON RICHIESTO

Un brain storming approfondito aiuterebbe le “4 giovani menti creative torinesi dal brillante spirito imprenditoriale” (citazione dal sito ufficiale) a chiarirsi le idee su cosa vogliano fare da grandi: gli intrattenitori o i ristoratori?

Trattoria Bon… bon!

Trattoria Bon… bon!
Via Renato Martorelli, 43 TORINO
Tel. 011 2052155





VOTO FINALE: 8+





ATMOSFERA [VOTO: 8]

Che piacevole sorpresa, la Bon… bon! Se questa piola fosse a San Salvario farebbe soldi a palate. Invece è nel cuore della popolosa e multietnica Barriera, a metà di una via che collega i corsi Vercelli e Giulio Cesare, regno della doppia fila selvaggia. Trovare parcheggio nei dintorni è un terno al lotto. Ma una volta giunti a destinazione, sarete immersi in un’atmosfera accogliente e rilassante in cui tutto – tovaglie, tende, pareti – è declinato sulle tonalità del verde. Le due salette sono arredate con sobrietà, giusto un espositore di vini, un paio di quadri e una pergamena che ricorda la data in cui Davide e Silvana hanno inaugurato il locale (23/10/1998). Più che i giovani modaioli, qui troverete gruppi di manovali in relax da dopolavoro, comitive di anziani, qualche coppietta con poche pretese.

CUCINA [VOTO: 8]

Bon… bon, di nome e di fatto. Cucina semplice e genuina, menu ricco e mai banale. Su tutto spiccano la pasta fatta in casa e una sfilza di sfiziosi antipasti. Dai grandi classici (vitello tonnato, lingua in salsa verde, lardo di Arnad miele e nocciole) ai più veraci (roastbeef verza e bagna cauda, polentine salsiccia e funghi, robiole calde speck e crostini). Da sollucchero gli involtini di peperoni e tomino speziato, l’insalata di carne cruda olio e limone, i vols au vent rustici (ripieni di fonduta, spinaci e pancetta) e il brie fritto in salsa di mirtillo. Anche i primi sono molto convincenti: gli gnocchi fatti in casa, patatosi quanto basta, si sciolgono in bocca, e i maltagliati di castagne (anche questi fatti in casa), deliziano il palato senza appesantire, nonostante il ragù di cinghiale. I secondi sono un invito a nozze (fritto di melanzane e mozzarella, battuta di vitello al castelmagno, trippa alla parmigiana, scamorza e radicchio alla griglia, coniglio con carciofi e olive…). Da non perdere i dolci della casa: la crêpe suzette, colesterolo allo stato puro, è da sballo, il semifreddo al torrone una libidine.

STAFF [VOTO: 8]

L’oste e la ragazza che lo aiuta ai tavoli sono seri, discreti, efficienti. Poche cerimonie, testa bassa e lavorare.  

PREZZI [VOTO: 9]

Oltre alla carta, che ha prezzi onestissimi, sono disponibili tre formule-risparmio: il menu degustazione (4 assaggi di antipasti, due primi, due secondi e dessert) a 22 euro, il menu sfizioso (10 antipasti a fantasia dello chef e dessert) a 20 euro, e il menu degustazione “un po’ meno” (4 assaggi di antipasti, due primi o due secondi, e dessert) a 19 euro. Scegliendo quest’ultimo e aggiungendo un litro d’acqua e un quartino di barbera, non si arriva ai 21 euro a testa. Meno di così, c’è solo un cheeseburger di plastica da zio Mc.

PIATTO FORTE

L’esperienza del formaggio francese in pastella immerso nella salsa di mirtillo è indimenticabile.

PIATTO DEBOLE

Si fatica a trovarlo.

TOILETTE [VOTO: 5]

Pulito ma molto, molto basico.

CONSIGLIO NON RICHIESTO

Via i fiori di plastica dai tavoli, please. Per il resto, alla Bon… bon non hanno bisogno di consigli.

La Maison di Chez Rinoò

La Maison di Chez Rinoò     
Via San Francesco Da Paola, 9 TORINO
Telefono: 011 8125125
Aperto sempre a pranzo, a cena giovedì, venerdì e sabato

 
VOTO FINALE: 6/7

 
 
 
 
ATMOSFERA  [VOTO: 9]

Un pranzo da Chez Rinoo è un’esperienza di vita. Uno psicodramma collettivo. Un esperimento sociologico. Al centro di tutto, lei: Brunilde, la titolare, un donnino biondo che sembra uscito da un film di Almodovar e che, dietro l’atteggiamento rude e scontroso, nasconde un’insospettata simpatia. Il posto è piccolo e accogliente, i tavoli minuscoli e attaccati uno all’altro. Chi non teme il freddo, può pranzare nel dehors su via San Francesco. Una volta entrati, dovrete completamente abbandonarvi a Brunilde: sarà lei a decidere dove vi siederete e dove appenderete borse e cappotti. E sarà sempre lei a elencarvi a voce il menu. Guai a distrarsi o fare troppe domande. Basta saperlo e stare al gioco. Qui vale la regola: il cliente non ha MAI ragione. Suggerimento: studiate il menu prima di entrare, lo trovate su una lavagnetta accanto alla porta d’ingresso. Arrivando a tavola già preparati, eviterete i maltrattamenti di Brunilde. Dopodiché, sedetevi e gustatevi lo spettacolo. La signora snob che pensava di essere entrata al Cambio e si guarda intorno schifata. Lo studente timido che non osa contraddire Brunilde per paura di essere rimproverato. La ragazzina spocchiosa che replica con acidità. La coppietta che sperava in un pranzo romantico e non si capacita di essere finita in una gabbia di matti. La turista francese che si alza e se ne va perché non capisce il divertente slang piemontese-franco-inglese di Brunilde. La sedicente giornalista della Stampa che minaccia di scrivere un articolo diffamatorio e che, con i suoi due amici, va via senza pagare il conto da 54 euro, commettendo un furto sotto gli occhi esterrefatti degli altri clienti e della stessa Brunilde. Insomma, più divertente di un cinepanettone. Anche per il cameratismo che si crea con i clienti dei tavoli vicini, purché siano persone pazienti e dotate di sense of humour.

CUCINA  [VOTO: 8]

In linea di massima la cucina è sempre di buona qualità, se si considerano i prezzi contenuti. Sovente si comincia con uno stuzzichino offerto dalla casa: pane tostato con olio e una gustosa salsina verde che farebbe scappare Dracula. In genere la scelta è tra 5 o 6 primi (orecchiette o tagliolini con broccoli e pecorino, alla bolognese, con salsiccia, con ragù di fegatini o cinghiale…) e 5 o 6 secondi (stinco di maiale, agnello al forno, scaloppine, involtini di pollo, merluzzo in umido, salmone alla griglia…). Fondamentale lasciare sempre un posto per una fetta di torta: qui i dolci sono una garanzia di bontà e freschezza. Per finire, ai più mansueti verranno offerti i potenti zuccherini sotto spirito di Brunilde: un’autentica fiammata in gola.

STAFF [VOTO: 6]

Su Brunilde non serve aggiungere altro. E’ lei a far abbassare o alzare la media, a seconda dell’umore del giorno. I giovani e gentili camerieri, con l’aria stropicciata di chi ha fatto le 6 di mattina in discoteca, rimangono assolutamente impassibili di fronte ai plateali rimproveri della titolare. Non si può non simpatizzare con loro, nonostante le imprecisioni nel servizio.

PREZZI  [VOTO: 9]

Col menu fisso da 10 euro, a pranzo mangi un primo, un secondo e un contorno. La rissa è inclusa nel prezzo.

PIATTO FORTE  

Le famose torte di Brunilde realizzate con la pasta sablé: paradisiaca quella alla crema di marroni e panna, ma anche il tiramisù in crosta, la torta con polpa di arancia, bucce caramellate e cioccolato, o la fragolosa, con una  meravigliosa crema di yogurt alle fragole.

PIATTO DEBOLE

I paccheri cacio e pepe annegati nell’olio e sepolti sotto una spolverata di pecorino “nun se possono vedé”. Felice di Testaccio, il mago romano del cacio e pepe, si rivolterebbe nel forno.

TOILETTE  [VOTO: 3]

Praticamente inesistente. Un metro quadro, forse anche meno, e senza chiave. Ma discretamente pulito.

CONSIGLIO NON RICHIESTO

Non è un ragù per vecchi. E nemmeno per deboli di stomaco. In realtà sarebbe da segnalare tra i piatti forti, per quanto è buono, ma il ragù di cinghiale della Maison richiede imponenti dosi di Citrosodina. In generale, i condimenti sono talvolta troppo pesanti. Sperimentare ingredienti alternativi?