Vermouth Anselmo
Via Belfiore, 14/c
Tel. 347 1583695
Aperto dal lunedì al sabato
dall’ora dell’aperitivo
VOTO FINALE: 6/7
ATMOSFERA [VOTO: 8]
Essere o non essere, questo è il problema di Vermouth Anselmo, “the next big thing” di San Salvario. Se sia più nobile presentarsi come laboratorio per la produzione e la mescita del vermouth, o proporsi come l’ennesimo aperibar per fighetti, o come ristorante finto-sofisticato per cenette a lume di candela, o ancora come cocktail-bar da dopocena per un bicchiere con gli amici prima del tuffo nella movida. Qui è l’ostacolo: avere troppe anime e, alla fine, nessuna identità. Gli architetti, va detto, hanno fatto un ottimo lavoro: recuperato alcuni dettagli d’epoca, lasciato a vista i pilastri in cemento, scaldato l’ambiente con massicce dosi di legno, ricavato un paio di salette più raccolte, oltre a quella principale. Simpatica la trovata della fontanella alla quale i clienti, muniti di caraffa, possono rifornirsi di acqua naturale o gasata. E poi: cucina a vista, centinaia di bottiglie perfettamente allineate sulle mensole, un bellissimo bancone rialzato su cui troneggia, come fosse un deejay alla consolle, il barman in coppola e gilet. Look&feel, come dicono loro, studiato nei minimi dettagli: luci basse, musica jazz in sottofondo, tavolini apparecchiati con elegante semplicità, menu con disegni d’autore. Clima vivace, gente che va e che viene, l’illusione di essere a Tribeca.
CUCINA [VOTO: 7]
Encomiabile l’obiettivo: ridare al vermouth, amabile vino liquoroso nato a Torino due secoli fa, la dignità che merita. Non a caso si comincia con un cicchetto gentilmente offerto dalla casa. Nonostante gli apprezzabili sforzi dello chef, la cucina non sarà la ragione per cui ritornare da Anselmo. Il menu, che cambia ogni 15 giorni, si concentra su quattro antipasti, tre primi, tre secondi e due (soli) desserts. Di ogni ingrediente è indicata la provenienza (ravioli artigianali del pastificio Gran Madre, acciughe siciliane, tapinambour del contadino, e via degustando). Proviamo le castagne cotte nelle spezie con lardo d’Arnad, pane al cioccolato e nocciole (combinazione felicissima) e delle gustose sarde alla beccafico con riduzione di Vermouth e arance al vivo. I primi piatti hanno descrizioni promettenti (gnocchi con spinaci novelli, squacquerone e melograno, ravioli ai carciofi con fonduta di pecorino e creste di gallo, vellutata di barbabietole e tomino) ma questa volta ci buttiamo sui secondi. La cocotte di lonza di maiale arrosto con mele al forno, se pur gradevole, è tanto zuccherosa da risultare, alla fine, stucchevole. Difficile riconoscere il tonno scottato: sa (e ha la consistenza) di prosciutto affumicato. Colpa della marinatura? Azzeccato, invece, l’abbinamento del pesce con i carciofi croccanti ai pistacchi.
STAFF [VOTO: 7]
Uno dei quattro amici-fondatori, sorridente ed esuberante, gira tra i tavoli come uno sposo nervoso durante il pranzo di nozze. Il personale, giovane ed effervescente, ostenta gentilezza e voglia di fare. Ancora qualche incertezza nel servizio, che il tempo e l’esperienza smusseranno.
PREZZI [VOTO: 5]
Il menu da 28 euro, che non include le bevande, prevede antipasto, primo, secondo e dessert. Anche affidandosi alla carta, è comunque difficile restare sotto i 30 euro. Per la clientela giovane a cui sembra rivolgersi, Anselmo potrebbe essere impegnativo, specie se la cena è solo l’inizio di una lunga serata.
PIATTO FORTE
Il vermouth, va sans dire.
PIATTO DEBOLE
La scelta tra due soli desserts (crème brûlée alla vaniglia e mousse al cioccolato con nocciole croccanti) rischia di deprimere i golosi.
TOILETTE [VOTO: 7]
Fresco di vernice, palchettato, stiloso. A parte quell’orribile tubo esterno per l’acqua, che produce l’effetto “scarico della lavatrice”.
CONSIGLIO NON RICHIESTO
Un brain storming approfondito aiuterebbe le “4 giovani menti creative torinesi dal brillante spirito imprenditoriale” (citazione dal sito ufficiale) a chiarirsi le idee su cosa vogliano fare da grandi: gli intrattenitori o i ristoratori?