Tra mito e storia, i castelli restaurati dagli architetti Le Duc e d’Andrade in Francia e in Italia testimoniano il successo di una filosofia dell’architettura romantica e utopista
Ogni opera, nel Medioevo, è a suo modo una somma; ex post, l’aforisma ripreso da Lumière du Moyen Âge, una delle pubblicazioni più famose curate dalla storica francese Régine Pernoud, pone un’interpretazione tanto narrativa quanto metodologica. La rinconsiderazione in chiave storica del Medioevo ha interessato un campo polivalente di discipline, soprattutto a cavallo tra il XIX e XX secolo: cio’ è evidente tanto nella letteratura, con l’affermazione del romanticismo letterario attraverso autori del calibro di Hugo, Chateaubriand e Mérimeée in Francia e di Manzoni, Pellico e Leopardi in Italia;
quanto nell’arte, in cui si riscontra l’ascesa della corrente resa celebre attraverso il “voyage pittoresque”, per arrivare all’architettura, poiché l’ottocento riscontra l’ascesa delle principali dottrine legate ai principi del restauro. In media res, il 9 marzo si è conclusa, presso la “Cité de l’architecture et du patrimoine” di Parigi, la mostra monografica dedicata ad uno dei massimi esponenti dell’ottocento in chiave di restauro monumentale, Eugéne Viollet Le-Duc. Architetto eclettico e realizzatore di numerosi progetti di recupero e riadattamento storico dei principali edifici religiosi appartenenti al patrimonio nazionale francese – tra cui vale la pena citare la Cattedrale di Notre Dame e la Saint Chapelle -, nel vasto elenco di opere di restauro civile da lui compiute si annoverano svariati castelli in tutta la Francia: dalla cité di Carcassonne in Languedoc – Roussillon, al castello des Tours in Gironda, fino a le Chateau de Pierrefonds in Piccardia. Le sue inclinazioni culturali, profondamente intrise nel romanticismo dell’epoca, lo porteranno ad abbandonare ben presto la carriera accademica per dedicarsi ai viaggi. Esortato dall’idea di ricercare i “colori locali” in ogni territorio, Le Duc visita dapprima tutta la Francia, dalla Normandia, alla Borgogna, all’Auvergne, per arrivare fino alle coste mediterranee della Provenza. In seguito compie un lungo viaggio in Italia; un’esperienza che risulterà determinante sia per la sua formazione che per il contributo innovativo offerto all’intero settore del restauro. Partito insieme all’amico grafista Léon Gaucherel e in compagnia della moglie Elisa e del fratello Adolphe, Le-Duc riesce a finanziare, grazie all’aiuto dell’”Academie de France” di Roma, i suoi itinerari nel Belpaese, visitando Genova, Napoli, la Sicilia, Pompei, Firenze, Pisa, Assisi, Padova, Venezia, Siena e Roma. Nel corso delle innumerevoli tappe in Italia saranno opere come la Cappella Sistina a Roma, il Palazzo del Doge a Venezia e il Teatro di Taormina ad influenzarlo in maniera precipua e decisiva. Non a caso Le-Duc trasmetterà tali ispirazioni in qualità d’ispettore dei lavori della “Sainte Chapelle” di Parigi, sotto la guida di prestigiosi nomi dell’architettura francese, come Duban e Lassus. Ex professo, Le-Duc decide di restaurare sia le scale che le guglie della cappella, seguendo in tal senso una prospettiva assonometrica ispirata alle costruzioni del XIII secolo. A posteriori, vent’anni dopo il passaggio dell’architetto francese, l’Italia avrà l’occasione di offrire i propri scenari alla crescita e alla formazione di Alfredo d’Andrade, che ben presto si affermerà come uno dei maestri del restauro storico in Europa, al pari di Viollet Le-Duc. Nato a Lisbona nel 1839 da una famiglia di commercianti borghesi, a 25 anni d’Andrade decide di abbandonare ogni prospettiva di carriera finanziaria per trasferirsi in Italia e completare i suoi studi umanistici. Dopo un primo periodo trascorso come pittore a Firenze, il giovane architetto sceglie di trasferirsi a Torino. Ispirato dagli stessi principi elaborati da Viollet Le Duc, d’Andrade si specializza soprattutto nella realizzazione di opere di restauro e di tutela del patrimonio architettonico e archeologico. D’altro canto, il Nord Ovest dell’Italia si appresta a diventare il proscenio per numerosi suoi progetti. A lui si devono importanti opere di restauro realizzate tra la Valle d’Aosta, il Piemonte e la Liguria; come il maniero di Fénis, il castello di Pavone Canavese, il castello d’Albertis di Genova, la Chiesa di Santo Stefano, per arrivare alla spettacolare impresa del Borgo Medievale di Torino, realizzata all’interno del Parco del Valentino. I repertori presi in esame, risalenti per lo più al romanico e all’alto Medioevo, vengono restaurati da d’Andrade seguendo i principi dell’interpretazione storica e organica legata sia al concetto di paesaggio che alla valorizzazione della cultura locale. Ipso facto, il filone teorico che unisce gli stili di Viollet Le-Duc e d’Andrade è strettamente congiunto dallo studio dell’archeologia medievale. Un fatto che risulta evidente almeno in due progetti di restauro, in grado di emblematizzare i ritratti d’autore dei due architetti; nella fattispecie, i lavori compiuti al Castello di Pierrefonds da parte di Le-Duc e la ristrutturazione operata da d’Andrade al Castello di Montalto Dora. Nel primo caso, l’architetto francese ha preso in consegna il compito di restauro affidatogli nel 1857 da Napoleone III, con il fine restituire a questo incantevole angolo della Piccardia lo splendore medievale che, presubimilmente, regnava ai tempi del duca di Borgogna Luigi I d’Orléans. Con i suoi 103 metri di lunghezza, 88 di larghezza e 38 di altezza, la struttura del castello di Pierrefonds sembra perfettamente rispecchiare le architetture civili e militari che da Carlo V a Luigi XI si sono nel tempo succedute. Le prospettive che Viollet Le – Duc trasmette nel restauro dell’antica fortezza prossima alla Val d’Oise ripropongono un decoro architettonico corredato dalle tecniche di costruzione più all’avanguardia del suo tempo, come ad esempio il frequente utilizzo del ferro e del metallo per le porte e le coperture. In tal senso, si assiste per la prima volta alla comparsa di accessori studiati per arricchire le sommità del castello: vedasi lucernari, banderuole e striscioni. Nel complesso d’insieme, una visita effettuata alla fortezza di Pierrefons equivale ad un corso d’architettura a cielo aperto; dal ponte levatoio, alle torri, ai merli fino ai parapetti, il castello appare agli occhi dei turisti come un’incantevole illusione. In termini d’utopia, non da meno si presenta il progetto di restauro realizzato da d’Andrade a compimento del castello di Montalto Dora, situato nel Canavese. Qua, posto sulla sommità del monte Crovero, l’antica fortezza sentinella risalente al XII gode di una vista panoramica suggestiva sul lago Pistono. Ci troviamo nell’anfiteatro morenico d’Ivrea, sedimento geologico formatosi nel quaternario. A causa della sua posizione strategica, che lo proietta in funzione di vedetta verso le vie d’accesso alla Valle d’Aosta, il maniero di Montalto Dora ha sempre rappresentato un punto di riferimento per tutte le potenze che si sono intercorse della zona; dapprima i Savoia, che tra il XIV e il XV secolo vi fanno costruire il maschio rinforzando le mura difensive; in seguito il castello sarà infeudato alla casata di Jordano de Bard, a cui si deve l’edificazione della torre di Chiaravena. Dopo qualche secolo di danneggiamenti dovuti a diversi attacchi, la fortezza passa sotto la proprietà della famiglia Vallesa e successivamente, nell’ottocento, diventa un possedimento del conte Severino dei Baroni di Casana, che autorizzerà diverse opere di restauro. Quando nel 1890 l’architetto d’Andrade, insieme all’ingegnere Nigra, prende in consegna il restauro del castello, annovera già al suo attivo la progettazione del Borgo medievale di Torino. Rimanendo sempre sui canoni del medioevo immaginario, d’Andrade si sperimenta sul rimodellamento di una pianta irregolare con una doppia cinta muraria, collegata ad una grande torre che domina la parte interna. Il particolare che omaggia particolarmente questo capolavoro di restauro è rappresentato dalla cappella castrense, sulla cui facciata sono raffigurati San Cristoforo, protettore dei pellegrini, e la Madonna del latte con bambino, opere rinascimentali di Giacomino d’Ivrea. Nel suo complesso, il castello, con il suggestivo camminamento della guardia, ha affascinato numerosi esponenti del mondo dell’arte e del cinema, come il celebre regista Dario Argento, che nel 2012 sceglie la fortezza per girare alcune scene del film “Dracula 3D”. Ad libitum, neppure il castello di Pierrefonds si è fatto mancare l’occasione di prestarsi a set per il cinema; tra i diversi film girati qui, vale la pena citare Giovanna d’Arco di Luc Besson, uscito nel 1999 e la serie televisiva britannica Merlin. D’altro canto, le fantastiche cornici offerte dai castelli di Pierrefonds e Montalto Dora ricalcano perfettamente l’idea di un Medioevo immaginario e romantico, creato ad hoc in una simbiosi storica, organica e territoriale tra presente e passato. Se oggigiorno è possibile contare su una visione romantica, speculativa, maestosa e affascinante della vita nei castelli medievali, cio’ è gran parte dovuto agli sforzi prodigati dai maestri del restauro nel reinventare un’epoca ancora poco conosciuta. Sia a Le Duc che a d’Andrade, in particolare, va riconosciuto il merito di aver percorso i campi della filosofia, dell’arte, dell’archeologia e dell’architettura per generare quella “somma” culturale a tutt’oggi riscontrabile nei numerosi capolavori a cielo aperto sparsi tra la Francia e l’Italia.