Uno dei più begl'insegnamenti che ci ha lasciato Milton Erickson è anche fra i più semplici: quando tu dici «Non pensare!» finisci proprio per portare l'altro a pensare a quello che non avrebbe dovuto. «Libera la tua mente. Svuotala» è tutt'un'altra cosa. È un'indicazione espressa in positivo e pertanto semplice, lineare, chiara, senza impliciti.
Una frase che inizia con “non” invece è contorta per sua stessa natura. «Non andare ad Aramengo!», ad esempio costringe la tua mente – per quanto tu non te ne accorga – a farti un veloce giro fino ad Aramengo (se non altro perché non sai dov'è o per ricordarti se ci sei già stato) per poi tornare indietro a cancellare il tragitto – il che, tra l'altro è impossibile perché quello esiste e per di più l'hai ricreato mentalmente.
Troppo spesso si parla di “pensare positivo” come sinonimo di “logica benpensante”, mentre il vero significato di questo precetto sta proprio in questa natura sintattica e psicolinguistica.
Guardandoci in giro, di questi tempi viviamo un periodo pieno di “non” invece che di affermazioni positive, di proposte pratiche, di lavoro costruttivo. Riconosco che non è possibile non dissentire (e questa mia doppia negazione la dice lunga), ma è tutta questione di equilibri e di consapevolezza.
Bisogna essere consapevoli che quando si chiede ad una persona di «Non aver paura!» lo si porta implicitamente a provarla. E questo è due volte stupido: da un lato perché se lei in quel momento ha paura, oltre ad acuirla, non ci si rende conto che se bastasse proibirselo lo avrebbe fatto sicuramente da sola, senza aspettare il tuo ordine inutile; dall'altro, se lei non la sta provando, si instillerà il dubbio che possa esserci ragione di temere qualcosa e così la si risveglia.
Lo stesso vale per il «Non peccare!» di tradizione religiosa: nulla incita maggiormente al peccato che il suo divieto. La strada del “non”, potrebbe dire un antroposofo, è “luciferica” quanto quella del “seduttivo” arrendevolmente promiscuo è “mefistofelica” (o “arimanica”): due principi diabolici che vivono proprio della loro antitesi, si reggono sulla contrapposizione come uno specchio che non esiste senza immagine e viceversa.
L'unica via è quella del centro, dell'equilibrio dinamico, della passione morale, della spinta affermativa e generativa, della semplicità compassionevole, dell'era del Buddha Maitreya…
Tutto questo può essere espresso con una parola universalmente facile e che solo per questo ha spesso perso di significato e di comprensione, ma oggi meno che mai di valore e di importanza: la parola è “amore”.
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Suggerimenti per un festeggiamento lontano da Sanremo. Riproposizione di un post esattamente di un anno fa. Per la lettura è consigliata la presenza di un adulto mentalmente flessibile.
Un San Valentino sensuale non è da tutti, ma meglio niente che da coatti
Come ogni anno, preparato da innumerevoli inviti agli acquisti, anche questo febbraio è arrivato il periodo della festa degli innamorati coincidente con il giorno del San Valentino, uno dei tanti sfortunati martiri della chiesa cattolica a cui sono attribuiti diversi miracoli che vedono come protagonisti giovani innamorati, fra cui lo stesso santo.
Tuttavia, come per molte altre festività, la chiesa è andata a sostituire festeggiamenti pagani con figure rituali. Si sa, ad esempio, che molte delle feste religiose comunemente celebrate coincidono in maniera più o meno precisa con equinozi e solstizi (inizi di stagioni astronomiche) che hanno da sempre avuto significati simbolici per i cicli naturali corrispondenti.
Non fa eccezione la festività di S. Valentino che la chiesa, per non perdere il seguito del popolo comune senza per questo volere riconoscere culti giudicati peccaminosi, introdusse per sostituire la diffusa festività pagana delle Lupercalia.
Le Origini Pagane
Non tutti ormai sanno che febbraio è il mese in cui si comincia a seminare molte delle piante perché possano iniziare una gestazione che si manifesterà solo con i primi caldi primaverili. Questo periodo dell'anno viene visto dai culti naturalistici anche come la metafora della fertilità e del concepimento. Non è un caso che all'origine dei Lupercali vi fosse un preoccupante periodo di sterilità delle femmine che ricevettero come risposta dalle divinità l'indicazione di venire penetrate ripetutamente dal fauno a cui queste festività si riconducono. Queste semi-divinità dall'aspetto poco rassicurante di caprone avevano la caratteristica di un'erezione inestinguibile cui si rifà anche la medicina attuale che chiama questo sintomo “priapismo” in onore del fauno. Le donne corrono nei boschi nude inseguite dagli uomini-fauni e più o meno così si continuò a fare anche se la versione attenuata vede la loro fustigazione con pelli di capro che avrebbe dovuto indurre la fertilità.
Non è un caso che ci si trovi nello stesso periodo dell'anno famoso come i Carnascialia, giunto a noi come Carnevale, ovvero la liberazione della carne. A Venezia, dove il Carnevale è da sempre famoso e che, ben prima di Parigi, è stata patria del libertinismo di casanoviana memoria, i banditori che annunciavano l'arrivo della Quaresima nel medioevo assieme alle altre notizie si raccomandavano di non abbandonare i feti nei canali per il rischio di pestilenze (nel profondo medioevo le cose andavano così e dove non c'erano i canali c'erano le letamaie).
Ma il S. Valentino che meglio conosciamo è un festeggiamento che è stato coltivato soprattutto nelle culture anglosassoni ed lì il romanticismo ne fece perdere i connotati pagani per portarlo a noi passando per i fidanzatini di Peynet fino a farlo diventare l'orgia consumistica benpensante a tutti nota.
Una festa per tutti i gusti
I modi di festeggiare S. Valentino sono tutto sommato di due o tre tipi.
Il Modo Indifferente. Grazie al cielo una gran parte delle persone, se non ci fosse la televisione e gli SMS pubblicitari o lo spam, non si sarebbe neppure accorta che è passato il 14 bebbraio e se qualcuno al lavoro chiede loro: “che cos'hai regalato per S. Valentino al tuo fidanzato”, rispondono con un “Eh? Coosa? San che?…”. D'altro canto, si tratta della festa dei fidanzati, degli innamorati, degli ormoni in agitazione e, per quanto si cerchi di convincerci che siamo tutti eterni adolescenti, non tutti cadono nella trappola e molti, guardando il comportamento dei figli adolescenti, benedicono il fatto di essere usciti sani e salvi da quel periodo di fragilità irrazionale. Per questo non solo è giustificabile, ma è addirittura salutare che non si sentano coinvolti da questa giggionata.
Modo Ritualista e Distratto. Si tratta in fondo di due faccie della stessa medaglia. Per quanti siano gli indifferenti, per molti le date rituali segnano lo scandire del tempo e aiutano a dare un senso alla vita. Come Natale o Pasqua che hanno dalla loro il fatto che non si lavori, anche quella della mamma, del papà, dei nonni (a dispetto del loro numero conseguente alle famiglie allargate frutto delle tante separazioni), anche la festa degli innamorati è un impegno che ci fa sentire parte di una realtà condivisa. Come ogni impegno, i più organizzati se lo segnano nel calendario o nell'agenda dello smarphone, evitano di andare a casa troppo tardi per trovare ancora un fioraio o un cravattaio aperto così da non arrivare a casa a mani vuote. Cosa che non capita invece alla loro versione distratta, che “accidenti a me ho combinato un guaio, me lo sono dimenticato ma recupero domani”. In fondo, memoria a parte, si tratta di due facce della stessa medaglia, quella dell'uomo e della donna gregari che cercano ogni giorno di non essere troppo diversi dal mondo che hanno attorno. In alcuni casi, anche i loro figli che non devono essere da meno, fanno il regalo di S. Valentino ai genitori che magari ricambiano la cortesia con un pensierino: “prendete questi soldi e andate a divertirvi che mamma e papà stasera sono fuori”.
Modo Narcisista. Dice Woody Allen che la masturbazione in fondo è fare l'amore con la persona che ami di più, e non si può non riconoscergli una discreta ragione. Le cose cambiano quando per fare l'amore con te stesso hai bisogno di usare un altro. Per fortuna spesso queste cose capitano fra persone con gli stessi gusti. Per costoro la festa degli innamorati arriva a proposito e in genere è un'occasione in cui l'amore fa rima con potere. Lei si aspetta dei regali costosi e si darà o meno in funzione dell'afrodisiaco ricevuto della dimensione di un gioiello o di un bene di lusso in genere, sperando che il ricevuto sia superiore alle aspettative di per sé già sufficientemente alte. Lui consumerà più per dimostrare il potere di cui gode suggellato dall'esborso, ma non è improbabile che non si tratti dell'unico regalo del giorno con quanto ne consegue. In definitiva entrambi sperano di essere compiaciuti da se stessi più che dall'altro, ed essendo l'immagine che hanno di sé superiore a quella che gli arriva dall'altro, quando baceranno o si uniranno in realtà lo faranno con il proprio avatar.
Suggerimenti per un S. Valentino alternativo
Per chi si ama veramente, per i fidanzatini di Peynet nostri contemporanei di tutte le stagioni, come canta Battiato, tuttavia questi festeggiamenti possono essere un'occasione in più per lasciarsi andare alle effusioni e qualche regalino, dal fiore al cioccolatino, può non starci male. Tuttavia, il regalo migliore non è la sorpresa che si fa all'altro, ma la complicità nel progettare la festa insieme. Cari fidanzatini appassionati, voglio quindi suggerirvi due proposte semplici semplici per uscire dal S. Valentino dei coatti. Potete ispirarvici oppure prenderle solo in considerazione per inventare qualcosa che piaccia di più a voi, sempre all'insegna della complicità.
Intimità sensuale. Prendetevi tutta la giornata per voi stessi. Se lavorate, mettetevi in ferie, altrimenti datevi per contumaci. Incominciate a cercare insieme della biancheria intima chiedendo all'altro come piace senza lesinare suggerimenti arditi. Nei preparativi andate a ricercare afrodisiaci di ogni genere, da quelli olfattivi, come essenze o incensi, a quelli alimentari, le ostriche, le uova, il prezzemolo, il tartufo, l'aglio (che però devono assaggiare entrambi in misura contenuta), i fichi d'India, la vainiglia… Che ognuno regali a sè stesso un tattamento estetico e rilassante (perché il segreto dell'eccitazione è il rilassamento intimo) e poi compri un olio caldo e sensuale per potere poi dedicare il dopo cena a dei massaggi reciproci molto prolungati. Fate durare a lungo le coccole, perché almeno fino a mezzanotte è sempre festa e vivetela come un modo per rinforzare la vostra intesa intima (invece di disperdervi in feste o discoteche come tutti gli altri giorni) per finire a dormire insieme nella posizione a cucchiaio.
La festa di non-S. Valentino. Come nel paese delle meraviglie di Alice festeggiavano la festa di non-compleanno, il suggerimento che amo di più è quello di festeggiare S. Valentino tutti gli altri 364 giorni dell'anno. Allora come passare la festa degli innamorati? Anche qui con la complicità. Accordandosi entrambi di trascorrere la giornata, il più a lungo possibile insieme, ma negandosi ogni tipo di effusione, dal bacio al contatto, dalla parola innamorata, al regalo, persino agli appellativi come “cara”, “tesoro” e, ovviamente, “amore”. Potete però manifestare all'altro la frustrazione di questa rinuncia, e l'altro giocherà a rinforzare la volonta dell'astinenza amorosa. Fare un po' come il giorno di digiuno che si usava nelle religioni, come il ramadan o come il venerdì senza carne. Potete giocare a fare all'altro le confidenze sui pensieri più reconditi su di lui/lei ma solo in terza persona, come se li raccontaste ad un'amica o a un amico e l'altro dovrà rigorosamente evitare il tranello di entrare nella parte, a rischio di pagare un pegno salato. Trascorrete in questo modo la giornata di non-festa sapendo che allo scoccare della mezzanotte si aprirà il resto dell'anno tutto festivo. Non è un peccato regalare all'altro l'assunzione della pillola blu, non perché non ne sia capace, ma proprio per esagerare, oppure bevete moderatamente degli alcolici il giusto indispensabile per attenuare le barriere inibitorie, guardatevi negli occhi in attesa che lo scoccare della mezzanotte (che avrete impostato nella suoneria del cellulare) vi risvegli, poi, lì dove siete, badando di non incorrere in un arresto per turbamenti al pubblico pudore, denudatevi e rincorretevi e assalitevi, come licantropi o come vampiri, o più semplicemente come primitivi pagani inebriati dalla transe e possedetevi facendo tutte quelle cose amorose che non avreste mai pensato di concedervi. Scappate e poi fatevi riassalire dal desiderio, trascorrendo una notte brava che – attenzione – funzionerà però solo in proporzione a quanto avrete rinunciato durante il giorno e, non ognuno per conto suo, ma indissolubilmente uniti nell'astinenza vogliosa.
Una recente ricerca mostra quanto la depressione possa influire nelle malattie cardiocircolatorie. In particolare nel caso di chi è colpito da infarto o ictus triplica o quadruplica le aspettative di morte precoce. Un rischio che oggi potrebbe essere facilmente ridotto se non escluso, solo a volerlo includere nei protocolli di trattamento
Uno studio recente realizzato dal reparto di Amytis Towfighi, MD con la Keck School of Medicine dell'University of Southern California e il Rancho Los Amigos National Rehabilitation Center di Los Angeles e l'American Academy of Neurology ha stabilito che le persone colpite da infarto che manifestino una concomitante storia di depressione hanno tre volte più possibilità di incorrere in una morte precoce e quattro volte quella di morire d'infarto rispetto a quanti non manifestano questo quadro clinico.
Non si tratta comunque di una iattura, ma piuttosto della segnalazione che nella profilassi delle malattie cardiache gioca un ruolo fondamentale il trattamento dei comportamenti e più in generale dello stato emozionale.
La sopravvivenza dei giornali è legata anche ai ricorrenti articoli di costume sul genere “Ditemi come dormite e ti dirò se avrete un futuro”, oppure “Scoperto il punto K dell’erotismo della Donna!” Coerentemente i lettori sono convinti che in materia d’amore ed erotismo si debba scoprire sempre qualcosa di più.
Il più delle volte invece il rapporto di una coppia è legato ad un perfezionamento della propria particolare personalità di squadra e all’affiatamento del quale la sessualità è un importante sistema di feedback, comunicazione e taratura. Introdurre qualche cambiamento nel modo di amarsi è certamente stimolante e pertanto utile, ma mai quanto le conferme dell’investimento reciproco e lo scambio di informazioni dello stato individuale e relazionale costituito soprattutto dalla continuità della formula affettiva.
Ogni coppia ha una propria particolare ricetta erotica e sentimentale della quale si sente fiera, ma con il passare del tempo (e con le coppie di oggi prima di quanto non si pensi) questa finisce per affievolirsi disperdendosi o trasformandosi in qualche cos’altro che si dimostri maggiormente in grado di resistere all’usura del tempo.
Per esprimere e accordare tutto questo serve decisamente a poco la conoscenza del punto G, la pratica di qualche nuova posizione di contorcimento kamasutrico o la frequentazione di club privé dediti allo swinging. Per questo esiste la pratica più diffusa fra amanti, la più ricorrente, ma anche la meno curata e la più sottovalutata al punto di diventare sempre meno praticata negli ultimi anni.
Sto parlando del caro vecchio Bacio.
Parlarsi d’amore con le labbra
A parte fare da apostrofo rosa fra le parole je t’aime, il bacio è un rituale estremamente complesso, una raffinata danza dei volti in cui entrano in azione tutti i sensi, certamente molto più di quanto molti ragazzi tendano a considerare nella fretta e nella furia di una performance chiacchierata o per seguire i manuali d’uso dettati da qualche scuola infantil-vampiresca.
Intanto il tatto: prima di essere un’esplorazione gastro-esofagea linguale, il bacio è una reciproca carezza di labbra. In maniera simile alle raccomandazioni fatte dal taoismo dell’eros, non è necessario dedicarsi al contatto profondo ogni volta che ci si bacia e comunque la parte più importante è costituita proprio da quei preliminari fatti di contatti, sfioramenti, morsicchiamenti e così via, che costituiscono la parte più poetica del gesto, una specie di corteggiamento delle bocche e un “frammento di discorso amoroso” spesso più ricco di dialogo che non altre pratiche sessuali. Nel bacio entra in causa anche l’udito, con una colonna sonora fatta di mormorii, gemiti, risolini che guarniscono il contatto rendendolo un piatto vivace e colorato.
Ma prima ancora il bacio è uno scambio di respiri, un ascolto del desiderio, la comunicazione dell’attesa fatta appunto dall’avvicinamento. Quasi tutte le culture arcaiche avevano la rappresentazione che l’anima vivesse nel respiro. Non è a caso che quando una persona perde il bene della vita si dice che ha esalato l’ultimo respiro; così come il bambino entra a contatto con la vita quando la levatrice gli sferra la classica sculacciata per fargli prendere il primo respiro. Le anime entrano in unione prima con i sospiri che con il contatto e gli amanti che sanno aspettare, sospirano vicino, mentre si guardano in viso, scrutano le reciproche espressioni degli occhi e si riscoprono innamorati ben prima di entrare in contatto e molto di più.
Quindi nel bacio non è da meno il ruolo della vista. Pertanto non bisognerebbe dedicarcisi troppo al buio e non sempre ad occhi chiusi, ma casomai in penombra o tenendoli socchiusi, salvo nei momenti più intensi in cui si vuole escludere tutto quello che non è l’intimità.
Tuttavia, quello che mi capita di vedere quando passo accanto a degli innamorati sulla panchina sono due ragazzi che mentre sono incollati l’uno all’altro approfittano del fatto che gli occhi dell’altro sono nell’altra direzione per guardarsi attorno annoiati. Nello stesso modo la preoccupazione principale di scambiarsi i respiri nasce dal dubbio che si sia mangiato pesante e se si siano prese mentine e spray in tempo utile. Eppure gli uomini e le donne si baciavano prima che avessero introdotto i dentifrici e, a meno di casi clamorosi, non mi risultano molte pagine nella letteratura erotica in cui gli innamorati titubassero ad unirsi per verificare le reciproche esalazioni alimentari.
L’ultimo bacio?
Con l’aumentare della conoscenza, ognuno di noi sviluppa una propria espressione di carattere attraverso il bacio ed esso diventa distintivo. Se gli innamorati dedicano abbastanza tempo ad ascoltare l’altro non possono non comprendere il linguaggio del suo bacio e quello che comunica, anche se è vero che, come ognuno di noi è più concentrato su quello che vuole dire e su quanto esso sia importante e unico, anche nel bacio è frequente che ognuno faccia più attenzione a quello che fa e magari anche a quanto è bravo nel farlo (“ma come bacia bene lei…!”) di quanta ne presti a quale sia il momento interiore dell’altro.
Sta di fatto che il primo sintomo della caduta di desiderio non sta affatto nel numero di volte in cui la coppia si dedica al coito, ma da quanti baci è disposta a scambiarsi. Come ho detto prima, non importa che siano baci speleologici, ma neppure il bacetto di sfuggita prima di andare al lavoro o al ritorno a casa: un avvicinamento, un istante di titubanza e il contatto creativo delle labbra.
È vero che con la convivenza queste effusioni si scambiano nelle camere da letto, ma non bisognerebbe mai smettere di farlo anche nei parchi, lungo il mare e alle stazioni, ad esempio.
Siamo in un periodo di crisi di relazioni causate da modelli stereotipati che fanno riferimento ad uno stile emancipato estremamente povero e foriero di solitudini. Si va dai sessuologi a farsi insegnare le manovre di ponte e si considera “sfigato” chi si dedichi al bacio invece che ad esperimenti arditi e numerosi.
In questa stagione avanzata della cultura occidentale, non di rado ci si scandalizza solo a vedere due genitori che si baciano appena poco più in là che sulla guancia che la scena dei nonni in preda ad effusioni sentimentali diventa più orripilante di un film dell’orrore fino a spingersi a fare fantasie di dentiere pazze.
Tuttavia, quello che dovremmo provare è una profondissima invidia per delle persone che sono riuscite a conservare, nonostante le tante difficoltà che sicuramente anche loro avranno incontrato nella vita e nel rapporto di coppia, la stessa spontaneità e l’innocenza del primo bacio di ragazzi. Non c’è nulla di più bello e di più dolce e non c’è ragione per non ostentarlo davanti a tutti come una conquista rara ed un bene prezioso: la capacità di amarsi con tenerezza di fronte al mutare delle passioni.
Perché il più delle volte, per molte delle nostre storie, l’ultimo bacio è stato il primo!
Con questo articolo Quotidiano Piemontese apre una nuova rubrica-blog che occupa quel territorio fatto di luci e di ombre compreso fra il romanticismo e la sensualità, il desiderio e l’angoscia, le relazioni interpersonali e le dinamiche familiari, la crescita e i traumi. Lo cura Ennio Martignago, un professionista del counselling relazionale e uno psicoterapeuta che, oltre ai commenti pubblici accessibili nello spazio in fondo alla pagina, riceverà le vostre comunicazioni in merito all’indirizzo pellecuore«chiocciola»aiuti.com, quando potrà risponderà privatamente o attraverso la rubrica stessa in ogni caso rispettando l’anonimato di chi scrive.
Quello che non ci permettiamo di guardare, le parti di noi stessi che più allontaniamo dalla nostra vista, ritornano nella notte dell’anima distorte, spesso, nelle rabbie e nei tormenti a cui la società non manca mai di trovare spazi di etichettatura, anche se nei casi più diffusi trova loro uno spazio più istituzionale come legittimi incubi kaffkiani, carceri dell’istinto.
Chi è veramente innamorato di un’altra persona dovrebbe riuscire facilmente ad esprimere un’affermazione di questo tipo: «Quello che più amo di te non sono le parti che piacciono a tutti, ma quelle debolezze e quei difetti che spesso odii di te stessa, ma che ai miei occhi ti rendono speciale e unica».
L’amore e la morte sono così legati che il coito, nato proprio da una carica di desiderio che idealmente sfocia in un tentativo di generare la vita, si conclude di fatto in un senso di finitudine, di tristezza, di morte. “Post coitum omne animal triste est”, sentenziavano i nostri antenati latini.
Gli apparati della gestione delle pulsioni della sfera privata fanno da omeostati delle crudeltà sociali e i periodi in cui gli istinti intimi sono più repressi sono densi di orrori, sangue e crimini del potere. Ma in ultima le cose non sono così facili e la nostra infelicità spesso affonda nei compromessi a cui dobbiamo assoggettarci per riuscire ad andare d’accordo con il nostro prossimo, inibendo comunque i nostri spazi espressivi più profondi.
Roberto è un professionista stimato nel suo settore ed è una persona che a tutti gli effetti trasmette un senso di equilibrio, saggezza e anche di un discreto successo sociale.
Lungo la sua strada un giorno ha incontrato Francesca e, dopo numerose relazioni che crollavano sotto il peso delle forti emozioni che sentiva la necessità di esprimere nel suo spazio privato, credette di trovare in lei la persona che poteva comprendere al meglio la sua sensibilità. Al contrario, Francesca aveva un trascorso di diversi tentativi di assecondare le pulsioni personali e quelle dei suoi partner e riteneva di non spaventarsi più di fronte alle proposte più spinte e stravaganti, ma quello a cui puntava, avendo traguardato da alcuni anni l’età in cui tutto è concesso in merito alla giovane età, era una relazione matura in cui potere esprimere i valori sociali del suo essere donna, a partire dalla famiglia e dalla maternità e credette di avere incontrato in Roberto il partner ideale.
I loro rapporti esterni erano felici, con un discreto equilibrio fra momenti di coinvolgimento sociale e culturale e il disbrigo delle incombenze quotidiane, dal menage alle compere.
Nel privato, vivevano in maniera provvisoria, un po’ nell’appartamento dell’uno, un po’ in quello dell’altra e le loro notti, ma non solo notti, erano animate al punto da far trasalire i vicini di casa che si lamentavano di questo.
Francesca dava sfoggio del repertorio di disinibizione che meglio conosceva per soddisfare il desiderio di Roberto e questo era fatto di andare in giro senza biancheria intima, di concedersi ad atti in luoghi pubblici o di racconti di esperienze erotiche. Roberto riteneva queste esperienze banali, da “puttanella liceale” e questa rappresentazione di lei strideva con l’affetto per la semplice e trasparente persona che amava nella quotidianità, ma soprattutto si sentiva insoddisfatto perché riteneva che lei non sapesse recepire i suoi più intimi desideri passionali.
Lei riuscì a cogliere che poteva esserci una differenza nell’elaborazione delle passioni e gli propose di offrirsi a lui come più lui avesse desiderato. All’inizio lui non amava dovere chiedere: avrebbe desiderato che lei avesse cercato di scoprirlo, di avvicinarsi gradualmente al quel suo mondo che neppure lui riteneva di conoscere così a fondo. Poi si rassegnò a guidarla al suo sentire. Prima le fece provare l’amplesso avendo ostruito tutte le vie d’accesso sensoriale diverse dal cenestesico – essenzialmente vista e udito – e la cosa a lei piacque parecchio. Poi cominciarono a fare giochi di soffocamento reciproco e lei cominciò a vacillare più per le sue stesse sensazioni di stare perdendo il controllo che per una vera e propria paura fisica. Infine, quando lui le chiese di graffiarlo e morderlo fino a farlo sanguinare durante il coito perché in quel modo sentiva più forte la sensazione della vita fatta di piacere e dolore lei cominciò a spaventarsi e ad indietreggiare. Fino a che lui non le chiese di essere da lei penetrato invertendo i ruoli. Questo fece esplodere i conflitti in Francesca che disse di essere disposta ad assecondarlo ma solo per quella volta. Lui colse questo strappo e si sentì tradito.
A questo punto le cose non stavano più come prima. Lei si ritagliò il ruolo di donna perbene che era nei suoi obiettivi e cominciò a pensare che anche lui era come gli altri e che presto l’avrebbe lasciata per una più giovane, mentre lui pensò che lei era una puttanella vestita da santa come le altre e si adattò al ruolo sociale.
Smisero di parlare di quello che non fosse la quotidianità. Non riuscivano più a confidarsi, non si sentivano più complici e forse proprio per questo si sposarono quando lei rimase incinta. Dopo di che lei stabilì un rapporto ai confini dell’incestuoso con la figlia e alle rimostranze di lui sul fatto che non avevano più una vita privata, lei gli spiegava che l’amore che destinava alla figlia lui doveva sentirlo come rivolto alla sua persona, cosa che Roberto non riuscì mai ad accettare.
Di fatto pensarono più volte nel corso degli anni di separarsi, ma mentre per lei si sarebbe trattato di far fallire quel progetto di equilibrio che aveva perseguito, lui perse del tutto stima in se stesso e si convinse che la vita non gli avrebbe mai dato quello che cercava, così si buttò sul lavoro riuscendo a stare il più possibile lontano da casa. Ebbe anche alcune relazioni extra-coniugali, più accettate che ricercate, ma poi ebbe a disgusto questo genere di esperienze che, seppure non influirono in alcun modo nella vita di coppia, diedero il colpo di grazia per la sua considerazione dei rapporti con il sesso femminile (e tra l’altro anche con quello maschile, visto che attraversò da molto vicino anche un avvicinamento omosessuale).
Si presentò da noi lamentando una coazione all’onanismo particolarmente accentuata, con svariati atti nel corso della giornata e nei luoghi più disparati a cui non riusciva più a resistere, dovendo scaricare la tensione il più possibile nell’immediato. L’atto però non gli dà piacere, è come una forma di violenza simbolica che rivolge al suo essere dipendente dalla natura e dagli altri esseri umani. L’eiaculazione alla fine gli dà sia pace che senso di sconfitta e di morte. Lui li chiama “i miei piccoli suicidi quotidiani”. Rifiuta di mettere in discussione il rapporto con la famiglia e in realtà in casa sono escluse tutte le forme di comunicazione dei vissuti personali che non siano rivolte alla vita della figlia che già non ne può più di loro. L’unica lagnanza della moglie è che trova eccessiva la sua conversione alla vita religiosa che dai quarant’anni in poi si è fatta sempre più forte, assorbendo quasi tutto il suo tempo libero, ma che non porta mai in famiglia e che lei vive come il suo grande tradimento. Questo tuttavia fa parte dei ruoli socialmente accettabili, mentre lei nel suo tempo libero si dedica alla cura del corpo, andando in palestre, a consumare massaggi e trattamenti estetici.
Qui si interrompe la storia e credo che chi la letto con più attenzione abbia attraversato vissuti diversi nei confronti di questa coppia. Mi riesce difficile non immaginare che bene o male si siano mentalmente espressi giudizi, anche molto differenti nei vari passaggi, e ricerca di colpe e patologie. Forse siete entrati e usciti più volte nel dominio della normalità, ricercata o rifiutata.
Non spetta certo a me dire che cosa sia giusto e che cosa sbagliato. Sta di fatto che, una volta che si è compiuta la maggior parte della vita dentro un copione, tutti i cambiamenti che puoi fare non possono non risentire degli investimenti affrontati.
Fortunatamente, se accetti di chiudere il capitolo principale della tua storia, puoi cambiare copione per quello che ti resta da vivere e non di rado capita che la fase finale della vita abbia degli esiti più soddisfacenti della tanto mitizzata libera gioventù o della sensata mezza età, ma con tutto quello che puoi fare sarebbe stupido che sperassi di ricominciare da capo.
Di fatto il più delle volte è proprio questa invece l’idea che alberga nel nostro istinto e che rifiuta di lasciarlo, assieme al senso di non-finitudine e di ideale immortalità.