Cara C,
Buon Natale! A te e famiglia! Buone feste! Tanti cari auguri! Quante formule, lette e rilette trite e ritrite, già sentite, scontate e che suonano nell’etere come frasi di circostanza. Leggi tutto “Bigliettini di Natale”
Compagne di banco è un diario sentimentale a due voci, due compagne di banco chiacchierano e si confrontano su temi culturali sociali e di attualità tra note, lodi e compiti a casa.
Cara C,
Buon Natale! A te e famiglia! Buone feste! Tanti cari auguri! Quante formule, lette e rilette trite e ritrite, già sentite, scontate e che suonano nell’etere come frasi di circostanza. Leggi tutto “Bigliettini di Natale”
Car* compagn* di letture,
torniamo e raddoppiamo! Leggi tutto “A Natale puoi”
Cara E.,
se c’è una cosa che manca in questo nostro nuovo mondo digitale è scrivere lettere. Scriverle a mano, dedicare del tempo a sé e all’altro per riflettere, tenere traccia, raccontare, chiedere, aprire il proprio cuore, magari piangere tra le parole. Leggi tutto ““Caro compagno, ti scrivo…” – Francesco Antonioli”
Cara E.,
Eccoci a novembre, il mese dei morti, un mese che con un nome così si porta addosso un biglietto da visita di non poco peso. Leggi tutto “Ma siamo più morti o più santi?”
Cara C.,
tutto cambia e cambiamo anche noi e cambiamo anche noi, “anime fragili” come dice il buon vecchio Vasco, profeta transgenerazionale che tanto ha cantato la precarietà del cambiamento e dei cambiamenti. Leggi tutto “Cambio di programma”
Cara E.,
autunno sì o autunno no? Tu di che partito sei? Stai nella gang del “L’autunno fa schifo, voglio andare in letargo fino ad aprile!” oppure stai nella truppa “odio l’estate, finalmente il foliage”? Leggi tutto “Cambiamento e trasformazione, tra passaggi esteriori e interiori”
Cara E.,
a te capita che mentre vivi le cose non ti rendi del tutto conto di cosa stia accadendo e dopo, nei giorni dopo, piano piano, come piccole schegge luminose di un puzzle, i ricordi, le sensazioni, le parole dette e ascoltate, ritornano dentro di te e compongono il quadro di cosa è successo e di cosa hai provato in quel momento? E le emozioni sono forti e chiare e limpide e potenti, più che mai. Leggi tutto “Gesti semplici, come leggere in silenzio e scrivere un biglietto”
Cara C,
oggi sono ferma immobile, in contemplazione davanti alla mia libreria nel tentativo di scegliere il libro giusto da portare alla festa che stiamo per dare. Leggi tutto “Silenzio! Ora si legge. No books no party! Non c’è George Clooney (forse) ma da bere sì!”
Cara C.,
eccoti la mia “to do list” per il nuovo anno.
1 ricominciare a fare qualcosa
2 smettere di fare qualcosa
Gli inizi cominciano da un chiudi una porta ed apri un portone per poi rientrare dalla finestra. Leggi tutto “Ricominciamo – To Do list”
Cara C.
anni fa eravamo sotto un ombrellone rosso e bianco algida, coi nonni, su qualche riviera italiana, a bere Coca Cola e a ripensare a quello lì, a sospirare per quello là.
Sotto il fungo con i gelati disegnati sulla testa, walkman nelle orecchie, coda al calciobalilla.
Un’estate italiana di calcio, creme abbronzanti, un festivalbar itinerante che se ne fotteva di tutto e tutti, -”il mondo può attendere”-, cara C., così ci è stato insegnato negli anni 90.
“Forse non sarà una canzone
A cambiare le regole del gioco
Ma voglio viverla così quest’avventura
Senza frontiere e con il cuore in gola”
La conquista delle ferie da parte della classe operaia ha realizzato la rivoluzione fascio-borghese, un’opera pacifica di lobotomizzazione generale alla conquista di premi aziendali, vacanze premio e “l’estate non si tocca”.
“In spiaggia non c’è la guerra, gli italiani d’estate non votano e soprattutto signora mia non parliamo di politica!!” diceva la Pina vicina di ombrellone di mia nonna dall’85.
Mio nonno con la pipa e il giornale masticava il bocchino incazzato, scuotendo la testa di fronte al quotidiano di turno e mia nonna sospirava alzando le spallucce rassegnata, mentre con gli occhialoni da Virna Lisi controllava le ”fie” sul bagnasciuga.
Mi passava riviste di moda ma io volevo leggere “Cioè”.
Capisco C., da dove è cominciata la deriva della nostra generazione, da una semplice congiunzione con funzione dichiarativa ed esplicativa che si è fatta Verbo, giornale degli adolescenti sui temi di sesso gossip e poster delle stelle delle tivù.
Ci stavamo preparando così alla “New era All inclusive” e non lo sapevamo.
Eravamo nella grande rivoluzione culturale del post tutto.
In Cina sono passati dalle campagne alle città per fare una grande rivoluzione culturale e portare giustizia sociale.
Noi siamo passati dalla campagna al villaggio turistico.
Avranno bonificato l’Emilia per creare un gigante villaggio italiota?
Quando sono arrivati i primi villaggi, i miei nonni che volevano essere moderni in tutto mi hanno portata in un bel villaggione Emiliano, con mia sorella e mio fratello, alla scoperta del nuovo mondo.
La prima esperienza in villaggio turistico è stata illuminante e definitiva.
Siamo arrivati al villaggio turistico “all inclusive” con le offerte tutto compreso: colazione pranzo cena buffet aperto per l’abbuffata tutto il giorno e animazione alle 6.00 in spiaggia alle 12.00 al campo da tennis alle 14.00 a bordo piscina alle 18.00 in anfiteatro finto romano greco.
(le virgole non servono, devi leggere tutto d’un fiato è una challenge)
Bans balli di spiaggia rulli di tamburi afro etnici, balcanici non credo perchè nei Balcani c’era la guerra.
Aldilà dell’Adriatico sull’altra costa stavano bombardando l’ex jugoslavia con bombe intelligenti.
Nella mia testa pensieri e senso di colpa e scissione etica morale su quanto detto e quanto non fatto.
Pensavo C., a tutto quello che avevamo studiato e che la storia ci avrebbe dovuto insegnare, ma mia nonna mi spingeva a non stare con quei libri in mano e a partecipare all’animazione “che ci vanno tutti, tutte.”
“Oh suvvia ma dai, cosa fa lì impalata!!”
Mi ricordo che il ballo di gruppo era scandito dal bans:
“non pensare non pensare ti devi riposare che ci siamo noi a farti divertire”
E poi l’animatore capo, l’ultima sera, mi cacciò via perché mi impossessai del megafono del team staff animatori con cui improvvissai una manifestazione per tutto il villaggio, evento ora chiamato flash mob.
Nel mio rocambolesco flash mob cercai di portarmi dietro i partecipanti al trenino perepepè con lo slogan: “Mettete fiori dentro ai cannoni ! Lì davanti a noi c’è una costa che è in guerra!! Lanciamo fiori ai fratelli e alle sorelle dell’ex jugoslavia!!”
Una signora mi guardò con commiserazione e alzate le spalle mi disse:
“Oh povera illusa, cosa vuoi da noi! Noi siamo qui per divertirci! Facciamo così, per farti contenta me lo metto nella lista dei buoni propositi per l’anno prossimo!”
Disarmata del megafono, mentre mi trascinavano nella cabina bianca della punizione e del silenzio, mi arrivò un’illuminazione profetica: “Italiani che brava gente, noi faremo la nostra parte e metteremo fiorelli e fiorellini non nei cannoni ma nei tubi catodici”.
Cara E.,
il tuo racconto mi ha fatto tornare di colpo ai bei tempi andati delle vacanze selvatiche su spiagge assolate, in bilico sotto l’ombrellone tra le pagine della settimana enigmistica, ultimo strascico di serietà, e quelle di Cioè che svelavano cose indicibili e facevano sognare cose impraticabili mentre succhiavi l’ultimo ciupa-ciupa alla CocaCola-che ti fa bene.
E più tardi, archiviate le pagine dei giornaletti, le giornate estive erano perfette per dare slancio alle prime perdizioni proibite: le prime sigarette, le prime birrette e le prime chiappe chiare, ma sotto la Luna d’agosto. Si cresceva, nel corpo, meno nella mente, almeno molti di noi. Io per prima. Probabilmente mentre tu urlavi slogan pacifisti nei megafoni dei villaggi vacanza, io mi ritrovavo ben distante dal format “estate all-inclusive” grazie ai miei genitori che mi regalavano delle lunghe vacanze mare&monti in luoghi che persino gli anziani reputavano adeguatamente noiosi e immobili. Protetta dalla bolla del nulla di sabbia e prati puntellati di mucche, non restava che la perdizione di cui sopra: mentre osservavo torva il mio corpo cambiare, vedevo sempre lo stesso panorama e cedere alle tentazioni era la strada perché la vacanza avesse la forma di qualcosa degno di essere vissuto.
Perdersi, sognare e leggere. Questa era la formula della felicità nei miei anni ‘90 che giunti alla meta della matura (ricordi E.? anno 1995, maturità classica, scritto di italiano, traduzione, matematica e 4 materie all’orale, e personalmente un fidanzato che aveva osato forzare le porte dell’aula in cui i vari membri della commissione mi interrogavano, tra cui uno psyco di greco che mi aveva costretto a tradurre al contrario un brano di chissàchi per controllare che non avessi studiato a memoria… – e oggi leggo di quelli che fanno ricorso e denunciano per scorrettezze e nefandezze, ma noi, ma chi di noi mai avrebbe osato pensarci?!) mi hanno aperto il mondo dei viaggi in giro per il mondo.
Prima tappa, la Grecia, seconda tappa, in giro per l’Italia, terza tappa Spagna, quarta Londra, Amsterdam, Parigi, Bruges e via andare fino in Oriente, Sud America e gran finale, SudAfrica.
“Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”. L’ha detto John Steinbeck. E quant’è vero. Non sono mai tornata la stessa, da nessuna parte del mondo in cui sia stata allora. E ancora oggi, nei pochi viaggi che posso permettermi oggi che tutto il mondo gira in senso contrario alla libertà e allo spazio-tempo per fermarsi, ancora oggi, granelli di me si formano, si sbriciolano o si saldano, mutano nelle visioni, negli odori, nei colori, nelle voci del viaggio.
E un altro grande, Paulo Coelho, dice: “Quando si viaggia, si sperimenta in maniera molto più concreta l’atto della Rinascita. Ci si trova dinanzi a situazioni del tutto nuove, il giorno trascorre più lentamente e, nella maggior parte dei casi, non si comprende la lingua che parlano gli altri. È proprio quello che accade a un bambino appena nato dal ventre materno. Con ciò si è costretti a dare molta più importanza alle cose che ti circondano, perché da esse dipende la sopravvivenza. Si comincia a essere più accessibili agli altri, perché gli altri ti possono aiutare nelle situazioni difficili. E si accoglie qualsiasi piccolo favore degli dei, con grande gioia, come se si trattasse di un episodio da ricordare per il resto della vita”.
E’ così per davvero, molti episodi si ricordano per tutta la vita, alcune sensazioni, emozioni, alcuni sguardi si scavano un posto per sempre dentro di noi e rimangono, pietre preziose che arricchiscono la mente. Il bonzo che prega sul ciglio del santuario in Sri-Lanka, gli occhi neri di quel bimbo scalzo in Cambogia, il sorriso sdentato del raccoglitore di canne in Brasile, il sapore del primo fish&chips con l’amore nel cuore, la scalinata del Sacre Coeur, passo dopo passo, per mano a quel ragazzino biondo.
E’ questo, il formato vacanza all inclusive che auguro a tutti.
…e così anche Compagne di banco va in vacanza… ci rivediamo a settembre!